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Epilogo

Rosalyn si convinse che non avrebbe mai potuto farcela, non con il cuore che batteva a rotta di collo nel petto e che le dava la parvenza di dover scoppiare da un momento all'altro.

Sollevò il capo solo in quell'istante, incontrando il proprio riflesso impresso sulla superficie levigata dello specchio, rischiarata unicamente dal riverbero flebile delle candele in disfacimento all'altro lato della stanza. Lunghe ciocche di capelli e petali di ogni sorta le ricadevano sulle spalle nude, velate unicamente dai merletti finemente elaborati che rampicavano fin sulle spalline con le proprie tonalità iridescenti; i cristalli preziosi che ne appuntavano i ricami sulla trama lucente dell'organza che finivano per impigliarsi tra i fiori che le erano stati applicati tra gli intrecci dei capelli.

Per un attimo la ragazza si ritrovò ad abbassare lo sguardo sul riverbero di luce catturato dalla superficie lucente dell'anello che portava al dito, chiaro simbolo della cerimonia che ne sarebbe seguita di lì a breve.

Contrariamente ad ogni aspettativa, ad ogni pensiero che per via della loro natura l'aveva indotta ad immaginarli come creature che bandivano la sacralità di qualsivoglia atto di religiosità, Rosalyn si stupì nello scoprire che il popolo dei Liliam conservava con severità tradizioni e riti che perduravano da secoli: scritte in una lingua arcaica, ultimo lascito di un passato troppo remoto per esser ricordato, avrebbero inciso parole d'amore all'altezza dei loro cuori per portare anche a fior di pelle il sigillo della loro unione.

Si mosse soltanto quando la mandarono a chiamare, l'immagine di sé impressa sul cristallo dello specchio che prendeva sempre più spazio nel riquadro della preziosa cornice dorata, per poi dissolversi del tutto.
Era venuto il momento.

La luminescenza gelida del plenilunio proiettata dalle alte vetrate del corridoio della navata centrale, dissipava le ombre disseminate dai passi esitanti di Rosalyn, prima di rifulgere nelle iridi di cristallo del giovane innamorato che l'attendeva poco distante.
Per un momento, il respiro della ragazza venne meno.
Lo sguardo di lui non aveva mai lasciato nulla al caso e in quel preciso istante catturava la completa attenzione di lei, in un tacito invito che le suggeriva di avvicinarsi ancora annullando ogni distanza, come se non esistesse nulla di cui aver paura e a desistere da ogni esitazione.

Gli ultimi passi, con il cuore che le martellava nel petto, gli occhi velati da un pianto di gioia che non sarebbe riuscita a trattenere a lungo e gli ultimi pensieri ad avvicendarsi nella mente.
Ripensò al proprio passato, alle vicissitudini di una intera esistenza condensate nella risolutezza di un istante, a quei momenti in cui l'oscurità e lo sconforto l'avevano avvolta nella propria tenebra; alle malefatte toccatele in sorte per la sua diversità che l'avevano distrutta da dentro, disfacendole l'anima, e che a lungo andare l'avrebbero indotta a togliersi la vita se non fosse stato per lui.
Per amore, lui l'aveva ricercata in ogni dove, fino a ritrovarla.
Per amore, era ritornata a vivere come se un passato di cui rammaricarsi nemmeno esistesse.

Il tocco bruciante del ferro incandescente la ferì soltanto per un istante, il tempo di un sussulto, il dolore straziante della pelle mortificata dal fuoco dissipato dallo sguardo di lui che in quel momento la stava guardando con una intensità tale da far dolere anche l'anima.

Se ne accorsero solo in quel momento, dalle alte vetrate ancora impolverate dal cobalto della notte, di quanto stava accadendo.
Flebili spiragli di luce riemergevano dall'abisso dell'orizzonte in cui erano sprofondati per secoli, velando di sfumature iridescenti il cielo ancora trapunto di stelle e ricamando con fili d'oro zecchino l'orlo delle nubi lontane. Fiotti di una luminescenza improvvisa che presero a trapelare fin nel fitto della vegetazione al di fuori di quelle mura, tra le giunture dei tronchi e i germogli ancora inumiditi di rugiada; che presero a inondare l'intera navata mescolandosi ai radi bagliori dei moccoli di candele quasi del tutto consumati, il pulviscolo che aleggiava nell'aria che iniziò ad accendersi come faville d'oro incandescenti.

Nessuna notte è mai eterna per davvero, si ritrovò a pensare Rosalyn, le dita ancora strette con quelle del giovane innamorato che sorrideva al suo fianco.
E una luce, per quanto impercettibile e lontana, arriva sempre ad irradiare il sentiero sotto i nostri passi.

Per amore, si era scosso anche il cielo.
Per amore, si erano diradate anche le tenebre destinate altrimenti a perpetuare nei secoli.
Forse era sempre bastato questo, un amore capace di spezzare i capricci delle stagioni e delle stelle. Un amore dalle fattezze di una rosa.

***

L'avevano lasciata sola, Eliza l'artemisia.
Sola a distruggersi nella disperazione della sua ritrovata solitudine.
Non vanno lasciate sole, le persone. Sole a pervadersi di malinconia, a struggersi nei rimpianti di una intera esistenza. A disfarsi l'anima, nella sensazione devastante prodotta dall'assenza di qualcuno.
Sole a logorarsi di questo sentimento che non possono dominare. Non si sa mai cosa possa derivarne. Meno che mai con una creatura della notte che può fare di tutto, che può anche distruggere il mondo.

Per amore, le si era spezzato il cuore. Le si era raggelato da dentro, poi un tonfo sordo, un battito appena più accelerato del sopportabile, e le crepe prodotte dal colpo che ne era seguito che avevano preso a spandersi sulla superficie vulnerabile del suo cuore, fino a mandarlo in frantumi.

Vederla vagare nell'oscurità assoluta e negli anfratti più remoti del paese, relegata alle rade zone d'ombra rimaste intoccate dalla luce, era qualcosa di straziante, e ad ogni suo passo era possibile avvertire il tintinnio dei cristalli che si rinfrangevano l'uno addosso all'altro, in quell'atrio deserto che le era rimasto al posto del cuore.

Una vita per una vita, le aveva predetto quell'ignobile fattucchiera, solo in quel momento Eliza se ne rammentò. Il prezzo da riscuotere a tempo debito.

Da allora, le artemisie nacquero senza cuore, forgiate così senz'anima dalle loro stesse madri, per preservarle dai patimenti inflitti dall'amore.
Chissà se avrebbero mai potuto trovare redenzione.
Ma questa, in fondo, è un'altra storia.

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