Capitolo 8
Si risvegliò soltanto alcune ore più tardi, con il bisogno impellente di spalancare gli occhi nella sensazione disarmante che si ritrovava a gestire. Mani accoglienti la cingevano all'altezza delle spalle in un abbraccio di una tenerezza tale da far tremare anche l'anima, le dita strette sulla pelle vulnerabile accendevano i sensi facendo venir meno il proprio controllo, mentre labbra tremanti indugiavano all'altezza delle proprie senza quasi permettersi di toccarle.
Poi accadde tutto in lampo.
La carezza bruciante di quelle labbra la raggiunse prima che potesse anche solo dischiudere gli occhi; la pressione della bocca del ragazzo che le stava accanto premuta contro la propria; il cuore che, dopo aver battuto a precipizio per un tempo che era parso interminabile, mancava di accordare qualche battito. E l'improvviso fluire di ricordi che in quel preciso istante avevano preso a riaffiorare dall'abisso in cui erano precipitati, accendendosi in ritratti più o meno nitidi, destinati a rincorrersi sotto le palpebre ancora socchiuse, allacciandosi e risaldandosi l'un l'altro nel tentativo di ricomporre un passato andato in frantumi.
Stranita e turbata per l'improvviso flusso di memorie che l'aveva travolta, Rosalyn si ritrovò a rimanere in ascolto del proprio corpo che riacquistava padronanza di sé, i lacci invisibili che l'avevano stretta da dentro che allentavano lentamente la propria presa lasciandola contemplare i ricordi di una intera esistenza, mentre dischiudeva gli occhi e si apprestava a ricambiare il bacio che l'aveva ridestata dall'oblio in cui era sprofondata.
Lasciandola contemplare il ricordo di lui.
Il ricordo dei suoi occhi, che in quel momento avevano assunto la sfumatura più cupa del cielo prossimo alla tempesta, il cobalto assoluto della notte screziato unicamente dal riverbero flebile delle stelle.
«Kassian» si lasciò sfuggire una volta libera da quel contatto urgente e devastante, percependo anche senza alzare lo sguardo il suo volto distendersi in un sorriso di una bellezza tale da far quasi male soltanto a guardarlo. «Siete voi».
«Non potrebbe essere altrimenti».
Senza nemmeno avvedersene, si ritrovò a sollevare le braccia, ad allungarle fino ad allacciargliele al collo; le dita dietro la nuca avevano preso a giocherellare convulsamente con alcune ciocche di capelli che gli ricadevano fin sulle spalle, così come aveva desiderato fare sin dal primo istante del loro incontro, prima di attirarlo nuovamente a sé, strappandogli ancora la carezza di un bacio.
Fu qualcosa di devastante. La pressione divina di quelle labbra, il respiro che veniva a mancare, il cuore che sembrava dovesse esplodere da un momento all'altro, furono semplicemente troppo.
«Perdonate la mia sconvenienza Onorabile Kassian, non avrei dovuto» disse ritraendosi di scatto, boccheggiando, lasciando fluire in sé un gettito d'aria gelida capace di gelare anche l'inferno. Ma non il suo cuore.
«Non avete di che scusarvi» riprese per un momento, crollando il capo in avanti; lo sguardo immoto, rivolto a chissà quale ricordo, il volto ottenebrato da un'oscurità che non gli era mai appartenuta. «Sapervi nelle mani di chissà quale trucida creatura, o peggio. Sapervi morta...ho creduto d'impazzire».
Un fiotto d'aria improvviso, il fremito di un respiro a tremargli tra le labbra prima di parlare ancora; sollevò il capo, gli occhi velati dal riverbero di una luce violenta, quasi febbrile, che rivelavano il sentore di assoluta disperazione che l'aveva afflitto in quei momenti in cui l'aveva creduta perduta per sempre, ora dissipato dal sollievo di averla nuovamente a sé.
«Dopo tutto questo, ora potete anche farmi tutto ciò che volete» riprese poi, la voce compiaciuta per il sentore di imbarazzo che ne sarebbe derivato e che lasciava percepire il sorriso ancora ritratto in volto. «Sono vostro».
Una vampa di calore improvvisa risalì ad imporporare con violenza il volto della ragazza, subito dissimulata dallo sguardo abbassato sulla punta degli stivaletti e dalla tempra del proprio controllo.
«Ma come...» si ritrovò a dire la ragazza senza nemmeno avvedersene, il volto rischiarato dalla ragione che tornava a dare percezione di sé prendendo il sopravvento sulla folgore di un istante. Si rammentò solo in quel preciso istante di un altro ricordo che riaffiorava tra i pensieri, un altro sprazzo di memoria che riemergeva dall'abisso in cui era precipitato, rivelando il ritratto di una madre solita narrarle storie di ogni sorta nel tentativo di invitarla a concedersi al sonno.
Le storie più vere, senza che potesse nemmeno sospettare che lo fossero. Quelle che avrebbero potuto salvarla quando il resto del mondo non avrebbe potuto nulla.
«Il bacio del vero amore» concluse lui, riallacciandosi alle parole rimaste incluse, a quei pensieri a cui la ragazza non aveva avuto l'ardire di dar voce.
Il bacio del vero amore, non poteva essere altrimenti.
«L'unico capace di spezzare il più cruento e inesorabile dei sortilegi» riprese lui senza esitare ed il sorriso ancora impresso nel volto era ancora percepibile nell'accordo gradevole della sua voce. Rosalyn sollevò lo sguardo, riscoprendo solo in quel preciso istante quello del ragazzo fisso su di sé, il riverbero gelido del plenilunio che per un momento parve fremere in quelle iridi cristallo in quell'incontro fortuito. «Non siamo mai liberi del tutto, almeno non come crediamo di esserlo. Portiamo lacci invisibili avvinghiati al cuore, a stringarci ali che non sappiamo nemmeno di avere, prigioni impalpabili in cui non ci rendiamo conto di essere e che ci precludono il cielo oltre l'orizzonte. Lacci che non riusciamo a disfare, che non riusciamo a percepire, ma che ficcano a forza nel cassetto i nostri sogni, illudendoci di mille scuse per indurci a desistere dalla nostra volontà. Solo chi ci ama davvero può aiutarci a percepirli per quello che sono, tirando l'estremità di questi lacci che portiamo avvinghiati all'anima fino a scioglierli del tutto; fino a disfare i nodi che portiamo dentro, qualsiasi essi siano. D'altro canto, non avrei mai potuto fare questo tutto da solo se non mi avessi concesso di aiutarti, se non mi avessi concesso il tuo amore. Se non mi amassi. Il cambiamento in fondo deve sempre partire da dentro, da noi stessi. Non è mai stato altrimenti».
Istintivamente si ritrovò a gettargli le braccia al collo, le mani nuovamente allacciate dietro la nuca, affondando il volto nell'incavo della sua spalla. Le dita premute contro di sé sulla pelle sensibile dei fianchi, che indugiavano con lentezza quasi esasperante, le spedirono un brivido giù di traverso per la schiena. Ed il cuore, che non smise per un momento di battere a precipizio e che premeva contro il petto, battendo e ribattendo all'unisono con quello del ragazzo. Cuore contro cuore.
Dischiuse gli occhi soltanto poi, quando avvertì l'aria sferzarle in pieno volto slittando via tra i capelli che le ondeggiavano oltre le spalle.
Quando il contatto con la superficie irregolare della roccia sotto di sé venne meno.
Quando il mondo sotto i suoi piedi iniziò a diradarsi fino a dissolversi del tutto.
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