Capitolo 4
C’era stato un tempo in cui l’amore si era concesso troppe pause dal proprio lungimirante pellegrinaggio di cuore in cuore: il gelo che animava le creature della notte era tale che l’amore sarebbe perito nel tentativo di combattere l’oscurità e sarebbe finito per dimorare in un sepolcro di pietra piuttosto che anelare nella passione degli amanti.
Ma non quella sera.
La tacita intesa che si era creata tra i due ragazzi era qualcosa di palpabile nell'aria; in quella stessa aria che soffiava sulla pelle accalorata dei loro visi, sui volti bagnati d'amore, respirando con i propri aliti di vento tra i capelli scuri di lui, che raccoglievano l'inchiostro nero della notte e che finivano per intrecciarsi a quelli purpurei di lei, che conservavano nella loro sfumatura accecante il sangue dell'ultimo tramonto.
Un passo dopo l'altro, tra rade confidenze sussurrate a lume di stelle, nel fitto della vegetazione dei boschi raggelati dall'inverno, rischiarati unicamente dal fulgore flebile della neve; tra i rami che si allungavano e intricavano sopra le loro teste, graffi di buio che riflettevano il riverbero delle loro dita allacciate le une alle altre.
Un incontro fortuito, la folgore del lampo che si abbatte inesorabile fin dentro il cuore.
Le ore slittarono via senza che potessero nemmeno rendersene conto, l'umido notturno che nel frattempo raggelava rapidamente sulla sterpaglia bruciata dall'inverno, perle di cristallo che catturavano nelle proprie sfaccettature la luminescenza gelida della luna. La natura che si mostrava in tutta la sua beltà, nonostante il gelo tipico della stagione che con furia cieca si abbatteva su di essa, aspettando una primavera che tardava troppo ad arrivare.
La persona che aspetti da una intera esistenza finalmente ritrovata.
«Perdonate la mia loquacità milady, ma non posso più tacere» proruppe lui d’un tratto, spezzando la sensazione d’incanto in cui si erano lasciati piacevolmente scivolare. «La vostra compagnia, seppur tacita e discreta, vi avvolge nel mistero, scatenando in me un interesse a cui non so porre a freno».
«Trovate sconvenienti i miei silenzi?» Rispose, la voce di lei ridotta in un sussurro aggraziato che tuttavia tradiva il sentore di rammarico che l’aveva travolta. «Spero di non arrecarvi troppa noia».
«Tutt’altro. I vostri silenzi catturano la mia attenzione più di qualsiasi altra parola.» Esitò lui con cautela, invitandola a restare in ascolto di una spiegazione che non sarebbe tardata troppo ad arrivare. «Qualsiasi dama del mio regno avrebbe tentato di catturare il mio cuore con parole lusinghiere e falsi sorrisi. Voi, invece, vi trincerate in un silenzio delizioso che fa respirare l’anima, ma che mi fa bramare ancor più l’ascolto dell’accordo melodico della vostra voce».
Il fremito di un respiro, prima di riprendere. «Ma rammentate: i vostri occhi tradiscono il silenzio impresso tra le vostre labbra».
La libertà finalmente ritrovata, la delizia lusinghiera delle parole di lui che mai aveva immaginato di ricevere in tutta la sua esistenza, furono semplicemente troppo. I passi di Rosalyn si arrestarono di colpo, lo sguardo improvvisamente abbassato sulla punta dei propri stivaletti per celare l’imbarazzo che il rossore degli zigomi già tradiva sul proprio volto. Le mani di lui corsero ad inseguire quelle di lei, dita che s’intrecciavano con un’intimità tale da far tremare anche l’anima.
«Mi parlano i vostri occhi, Milady. Intonano il canto più soave ed ammaliante che abbia mai avuto la delizia di udire». Fu quasi come morire, per lei, con il cuore che mancava di farsi sentire, seppur per un istante infinitesimale, dopo una corsa a rotta di collo che l’aveva lasciata stordita e confusa, a dibattersi tra mille emozioni contrastanti. Le dita di lui inseguirono la punta del mento, per sollevarle il volto; un tocco delicato, sotto cui la pelle impazziva tacitamente. «Sarebbe per me onore e diletto custodire il vostro canto tra i ricordi più cari del mio cuore e contemplarlo ogni giorno quando la lontananza avrà la malignità di separarmi da voi. Ma se il Fato non mi sarà avverso e se godrò del vostro consenso, non vorrei limitarmi ad adorare un semplice ricordo che finirà per sfumarsi nel tempo, ma vorrei conservare la vostra compagnia per il resto dell’eternità».
«Comincio a non capire, onorabile Kassian» biascicò lei, stranita e confusa, in quelle parole in apparenza incomprensibili in cui la stava lasciando a dibattersi.
«So che godo della vostra conoscenza solo da un tempo infinitamente breve e che la mia proposta possa presentarsi con una sfacciataggine che non mi appartiene, ma quando l’amore giunge a bussare alle porte del cuore, come si può rifiutarsi di lasciarlo entrare? Quando il Fato concede la rara opportunità d’incontrare l’anima che completa la propria, come si può non conquistarla, correndo quindi il rischio di perderla per il resto dell’eternità?» Esitò un istante soltanto, il fremito di un respiro per rimboccare con nuova aria il petto tremante di emozioni; l’amore che gli sfavillava negli occhi che catturava le sfumature più violente del cobalto, le sfaccettature del cristallo nella tempra delle sue iridi improvvisamente fuori controllo. S’inginocchiò, rivendicando quel posto ai piedi di lei che la fanciulla mai avrebbe creduto potesse spettare a qualcuno. «Rosalyn, mi concedete lo squisito onore di accompagnarvi all’altare e farvi così mia eterna sposa?»
Le si spezzò il fiato, il cuore che mancava di accordare il proprio battito, in quel silenzio straziante che avrebbe potuto distruggerli entrambi nel tempo di un’attesa.
«Chi respinge l’amore non merita salvezza, solo il girone peggiore degli inferi» riprese lei, la voce ridotta in un sussurro che avrebbe potuto spezzarsi da un momento all’altro. «Onorabile Kassian, sarà mio diletto e sommo onore conquistare i meriti per occupare il posto al vostro fianco; sarà mio dovere di sposa vegliare e custodire il nostro amore affinché mai si affievolisca. La mia unica e ultima dimora saranno le vostre braccia».
La maturità di una donna, immortalata nel corpo immutabile di una fanciulla, fu per lui sorpresa e tentazione. Quelle labbra, che lasciavano scivolare nell’aria promesse tanto profonde, avrebbe voluto farle sue, sentirle fremere contro le proprie, mentre si ritrovò a scacciar via quel pensiero tanto rapidamente così com’era sbocciato, mascherandolo con un sorriso, odiandosi invece per averle desiderate anzitempo.
Imboccarono la via del ritorno solo diverse ore più tardi, con una strana luce impressa negli occhi, con i loro cuori che non smisero per un istante di battere a precipizio e la solenne promessa di rivedersi il giorno innanzi, per sugellare anche nella realtà il loro sogno d’amore.
Una promessa che si disperse tra le labbra di lui, non appena queste raggiunsero la superficie carezzevole della mano di lei in un tenero bacio.
Il futuro erede della Reggenza dei Liliam riprese poi il volo interrotto dal loro incontro.
La figlia di una rosa, accolta nella Reggenza delle Artemisie, fece ritorno al suo giaciglio. Non chiuse la finestra, non serbando più alcun timore nella notte. Socchiuse gli occhi, saggiando le reminiscenze ancora fresche del giovane che le aveva rapito il cuore che si rincorrevano senza sosta dietro la tela fragile delle proprie palpebre.
Poi un rumore.
Secco. Improvviso.
Rosalyn si ridestò di scatto.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò in una notte più cupa di quanto ricordasse.
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