UNA SETTIMANA DOPO...

Quel giorno, quando andai dalla mia amica, arrivata l'ora in cui dovevo tornare a casa (ordini stabiliti da Maggie), Perrie mi salutò con un abbraccio e io ripresi goffamente lo zaino e il cellulare, per poi uscire dalla villa della mia amica.

Abbiamo parlato tutto il tempo di un suo nuovo amico, John, un tipo che ha conosciuto un paio di mesi fa su Instagram. Ne parla benissimo (e tutti i santi giorni) e dice che non vede l'ora di conoscerlo meglio. Io ho i miei dubbi su questo ragazzo.

Quando tornai a casa, felice e senza rabbia, però, Maggie scoprì la E che presi nell'interrogazione di trigonometria e altri brutti voti che cercai di celare nel mio libretto scolastico, ma non funzionò e la donna, con il consenso del mio caro padre, mi segregò in casa una settimana per punizione. Per di più senza cellulare e computer.

Le volevo tirare un bel pugno e spedirla in Thailandia, ma mi trattenni.

Da lì non sentii più Aiden e se mi aveva scritto qualche messaggio io, ovviamente, non ci potevo fare nulla.

Ma ora la punizione è finita, per fortuna, e ora, camminando a zonzo per le vie della mia città, acciuffo le cuffiette e il cellulare, il mio caro cellulare, dallo zaino, clicco sullo schermo riproduzione casuale e parte a tutto volume Erase and Rewind dei The Cardigans.

Ripenso a tutto ciò che mi è successo in questi diciassette anni, dalle cose più brutte alle cose più belle (e devo dire che le cose belle sono veramente poche nella mia vita, purtroppo).

In alcuni momenti vorrei tanto che la maggior parte dei miei ricordi infausti si cancellassero tanto da avere molto più spazio per quelli più favorevoli, ma so che è impossibile.

Improvvisamente questi due gruppi, nella mia mente, si materializzano subito come persone.

Le cose brutte diventano Maggie, mio padre, Ryan e Jessica; invece quelle belle si materializzano come mia madre, Perrie, mia zia Annie e...

"Aiden!" Esclamo, vedendo una figura conosciuta camminare a testa bassa nella mia direzione.

È strano da ammettere, ma mi è mancato dopo il nostro litigio.

Ha le mani in tasca, il cappuccio del cappotto chinato in testa e delle cuffiette bianche nelle orecchie.

Adesso ho capito perchè non mi sentiva!

Lo faccio camminare ancora, senza farmi vedere tanto, quasi a farlo arrivare di fianco a me e, con un gesto veloce, lo blocco per una spalla, dato che più in alto non ci arrivo.

"Aiden!" Ripeto, mentre alza il capo e mi guarda, sgranando gli occhi.

Si strappa le cuffiette dalle orecchie e lo faccio anch'io.

"Sarah..." dice in un sussurro, che si mescola con la nuvoletta ghiacciata che gli esce dalla bocca per via del freddo.

E tutto si contorce, e tutto diventa parte delle cose belle.