10
"Sai come si chiama il supereroe del cibo?"
"Super-scaffale?"
"Ma no! Ritenta."
"Super-corsia!"
"Sei proprio negata, Sarah." Dice ridendo. Piego la testa da un lato, mentre cerco di trovare una risposta. Niente, ma non perchè non lo sappia, perchè forse oggi non è il giorno della battuta.
Oggi Maggie si è infuriata con me come se avesse il ciclo quotidianamente. Mi continuava a strillare cose che, a dir la verità, poco mi importano. Cose del tipo: "qui siamo una famiglia", "bisognerebbe che tu la smetta di ascoltare quella porcheria ventiquattro ore su ventiquattro!", "anche tu devi imparare a cucinare, fare i letti, stirare, cucire all'uncinetto, ..." bla, bla, bla. Parole, solo parole fiatate.
Ascoltavo, sì, ma era come se non sentissi, ed è una cosa totalmente diversa, lo giuro.
"Tutto okay?"
Lo sento chiedere, con voce flebile, come uno spiraglio di luce nell'oscurità. E mi rendo conto, anzi, lo sapevo già.
Lo guardo negli occhi, quelle iridi piene di allegria e strana timidezza che non si trovano facilmente in ogni ragazzo.
"Aiden..."
Mi guarda.
"Supermercato!" Esclamo. "Vedi che lo sapevo?" Incrociando le braccia al petto lo spio mentre esibisce la classica risata da ragazzo.
Riprendo il mio libro tra le mani, ridacchiando subdola.
"Pensavo che lo sapessi!" Dice.
Giro pagina. "Ti ascolto."
"Quando vivevo nel Wisconsin, come ti avevo già accennato, mi ricordo che mio zio Robert lavorava proprio in un supermercato della città." Confessa. "E allora quando dovevamo incontrarlo andavamo io, mia madre e mia sorella lì. Non puoi immaginarti che odore di pesce c'era lì dentro, non lo sopportavo e non lo sopporto tutt'ora!" Assume un'espressione schifata e io rido.
"Aspetta, ricapitolando: se io un giorno ti invitassi a mangiare il sushi, tu rifiuteresti per questo specie di trauma?"
"Uhm... sì."
"Certo che sei strano."
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