Ormai avevo capito che ogni giorno, dopo scuola, incontravo su quella brutta e vecchia panchina Aiden e sinceramente la sua presenza non mi dava tanto fastidio come all'inizio. I problemi di essere sua conoscente erano, però, che mi sembrava più stupido giorno dopo giorno e che disturbava la mia lettura quotidiana di Colpa delle stelle.

"Quando mi dirai il tuo nome?"

"Il trenta febbraio, se non ho impegni."

"Ironia portami via..."

"Ma chi ti vuole."

"Sai, di solito non vengo rifiutato così dalle ragazze."

"In realtà io ti riciclerei, magari diventi più simpatico..."

"Non l'hai detto."

"Sì, invece."

Ridacchia e tira fuori il cellulare dalla tasca del suo solito zaino blu.

Per qualche secondo, per me infinito, sembra contemplare lo schermo, cercando qualcosa all'interno.

"Scusami, Ironia, ma devo andare. Il dovere mi chiama!" Dice, per poi alzarsi dalla panchina.

"Compiti?" Chiedo. La mia perspicacia non mente mai, per cui Aiden annuisce tristemente.

"La mia professoressa di matematica ci ha dato almeno otto pagine di esercizi per domani. Domani, capisci? Io mi suicido."

Scoppio a ridere. "Muori pure, tanto ho ancora i tuoi soldi"

"Ancora con questa storia?"

"Già, ti devo pure ricordare in qualche modo!" Dico. "e tu sarai sempre il 'ragazzo rincretinito che ci casca a tutto'"

"Si, si... a presto, Ironia." Detto questo si incammina via, verso la strada per il taxi giallo che lo aspetta. Mentre io? Io rimango seduta, ad aspettare qualcosa, un momento specifico.

Vedo che è già lontano e allora grido. Grido per farmi sentire. Grido per far sentire a tutti e non solo a nessuno. "Sarah!"

Prontamente il ragazzo si gira verso la mia direzione.

"Mi chiamo Sarah, non Ironia la ragazza che se ne va via!" Esclamo. "Per adesso sto qui!" E indico la panchina dove sono beatamente seduta.

Vedo anche da lontano che sul suo viso si modifica un sorriso e scoppia in una risata fragorosa.

E, come se non bastasse, sorrido anche io, dopo tanto che non lo facevo.