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39. Il raccolto (parte 2)

Cado in ginocchio sul bordo del canale mentre il libro affonda e poi torna in superficie galleggiando, e immergo le mani nel liquido, estraendole scarlatte ma strette intorno al volume. Anche la copertina è rivestita da una patina rossastra, che scorre in rivoli sottili fino a cadere gocciolando sul pavimento e sul mio vestito. Lo apro in tutta fretta e tiro un sospiro di sollievo non appena mi accorgo che le pagine hanno fatto in tempo a bagnarsi solo agli angoli, ora macchiati, mentre invece le scritte e le immagini sono ancora tutte perfettamente distinguibili.

Mi rimetto in piedi e ritorno al sicuro, lontana dal canale. Nel farlo, incrocio per un istante lo sguardo di Alveus, ancora arrabbiato ma in un certo senso smarrito, come se non riuscisse a capacitarsi del suo gesto. Nei suoi occhi leggo una punta di senso di colpa che mi impedisce di avercela con lui, anche perché sicuramente al posto suo io avrei fatto di peggio.

Mi siedo con la schiena appoggiata alla libreria e mi pulisco le mani sul vestito, poi con una sorta di venerazione timorosa apro il volume alla prima pagina, dove sono riportate una serie di informazioni che non riesco a leggere ma di cui in questo momento non mi importa.

Iris mi si avvicina curiosa ma circospetta, probabilmente indecisa su quale fronte schierarsi e su quale ruolo sarebbe più corretto rivestire: la sorella fedele o l'innamorata devota? Ovviamente dal mio punto di vista non è che ci siano dei veri e propri fronti, anche se forse Alveus interpreterebbe come un tradimento un eventuale gesto amichevole di mia sorella nei miei confronti e lei di sicuro non vuole contrariarlo.

Gordost si accuccia al mio fianco, scrutando il volume che ho in grembo, mentre io vado direttamente all'ultima pagina, da cui Rohkeus mi fissa con sguardo truce. L'immagine lo rappresenta a mezzo busto, mettendo in evidenza la camicia sporca e rovinata e i capelli spettinati, ma anche così malridotto possiede la fierezza del principe che in realtà è.

Per dare un senso a quell'illustrazione torno indietro di un paio di fogli, fino ad arrivare a un'immagine che ci rappresenta insieme alla festa della bhanrigh, nel momento in cui lui cerca di farmi scendere dal tavolo. Respiro, sapendo che, se lasciassi al libro la possibilità di mostrarmi gli avvenimenti, tutti assisterebbero al bacio, ma purtroppo non ho scelta: questo è l'unico modo per sapere cosa è successo al mezzelfo da quel momento in poi. Quindi accarezzo l'illustrazione e aspetto che la magia accada di nuovo.

Come in un assurdo sogno, mi rivedo da fuori mentre tento di convincere Rohkeus a ballare con me, rendendomi ridicola in un modo che anche adesso mi fa arrossire per la vergogna. Poi, nel momento in cui le nostre labbra si sfiorano e una sensazione calda mi avvolge tuttora il ventre, vedo le guardie afferrarmi e scaraventarmi in terra con violenza.

Concentro la mia attenzione su Rohkeus, che subito cerca la spada con la mano destra, perdendo così tempo prezioso prima di rendersi conto del suo errore. Nel frattempo Gordost fa un balzo in avanti, nel tentativo di raggiungermi, ma alcuni elfi drow lo bloccano in terra con un paio di mosse tanto veloci che non saprei dire cosa esattamente abbiano fatto.

Lasciando perdere la spada, Rohkeus tenta di seguirmi, ma due donne ubriache gli tagliano la strada, facendogli gesti osceni e leccandosi le labbra in modo provocante. Quando finalmente il mezzelfo riesce ad aggirarle, di me non c'è più traccia, fagocitata dalla folla danzante e fuori controllo.

Lui si immobilizza, scrutando attentamente ogni volto, e per un attimo riesco a scorgere una nota di panico nel suo sguardo, ma dura solo un istante. Poi il suo viso riacquista la solita imperscrutabilità e mi pare quasi di sentire il lavorio del suo cervello che cerca una soluzione.

Si volta verso Gordost, che è stato rilasciato dalle guardie e ora è al suo fianco, come sempre, e cerca nel lupo una conferma. L'animale lo fissa con i suoi grandi occhi sinceri e Rohkeus sembra quasi trarre da essi la forza per andare avanti.

Spintonando e venendo spintonato, si fa largo tra gli elfi fino a raggiungere il baldacchino dove avevamo lasciato la bhanrigh ad amoreggiare con uno strano essere alato, ma ora sul divanetto su cui erano distesi non c'è più nessuno dei due e anche il numero delle guardie è notevolmente diminuito. Il mezzelfo però non si fa prendere dallo sconforto e subito si rivolge al soldato più vicino.

Dov'è la bhanrigh? — chiede senza tante cerimonie. L'elfo fa un sorriso allusivo che da solo vale più di mille parole e poi risponde, perentorio: — Al momento è impegnata.

È tornata nel castello?

Ma non aspetta nemmeno la risposta, forse decidendo da solo che quella deduzione è corretta, e si avvia verso il palazzo senza perdere altro tempo, come se ritrovarmi sia la cosa più importante del mondo. Riesce a entrare nell'edificio senza difficoltà e con passo spedito attraversa i corridoi fino alla sala con la cupola nella quale la regina ci aveva ricevuto la prima volta, ma lei non c'è. A tutte le persone che incrocia lungo la strada chiede informazioni su dove può trovare la bhanrigh, ma nessuno è in grado di dargli una risposta soddisfacente. O quantomeno nessuno è intenzionato a farlo.

Alla fine, senza sapere che altro fare, si siede su uno dei cuscini sotto la grande volta di cristallo con Gordost accucciato al suo fianco e aspetta, come se fosse sicuro che la regina prima o poi tornerà lì. Ed in effetti ha ragione, anche se la donna si fa attendere a lungo, per quelle che potrebbero tranquillamente essere svariate ore.

Quando la bhanrigh fa il suo trionfale ingresso nella stanza, vestita di leggerissimi veli e circondata da un manipolo di guardie capitanate da Deamhan, il mezzelfo balza subito in piedi e, senza nemmeno aspettare che lei si sia accomodata, si affretta a spiegarle il problema. È visibilmente arrabbiato, le sopracciglia folte gli oscurano lo sguardo rendendolo minaccioso, ma la sua voce si mantiene calma e le parole risuonano chiare alle orecchie dei presenti.

Tuttavia quello che dice mi fa preoccupare: infatti non solo chiede ma esige spiegazioni sul perché la donna mi abbia fatta catturare quando aveva promesso che ci avrebbe consentito di andarcene se avessimo partecipato a quella festa, e lo fa con un tono autoritario che temo alla bhanrigh non piaccia affatto.

E difatti è così, lo si capisce dall'espressione infastidita che le si dipinge sul volto, tanto più che inizialmente pare non capire nemmeno di cosa il giovane stia parlando, ma d'un tratto il suo viso si illumina di comprensione e un sorriso divertito le deforma i lineamenti da bellissima serpe. Con un paio di gesti imperiosi ordina alle sue guardie di andare a liberarmi e intanto si accomoda sul suo divanetto, invitando Rohkeus a fare altrettanto, ma lui rifiuta, preferendo restare in piedi. All'apparenza sembra calmo e padrone della situazione, ma vedo il suo braccio destro cercare l'elsa della spada con un movimento quasi impercettibile prima di riportarlo dritto lungo il fianco, il che mi dimostra che calmo non lo è affatto.

Le guardie ci mettono un po' a tornare, ma quando finalmente rientrano nella grande sala hanno in volto un'espressione stupita e preoccupata. Gesticolano in modo concitato rivolti alla loro regina, il cui volto si fa cupo e ombroso; l'aria sorniona e calma, di chi ha il controllo su ogni cosa e non ha nulla da temere, scompare, sostituita da una rabbia crudele. Dà ordini alle guardie, sempre gesticolando, e tutti corrono a svolgere i loro compiti senza farselo ripetere due volte. Poi la donna si gira verso il mezzelfo, che ha scrutato tutte la scena con sguardo indagatore e imperturbabile, e il suo solito sorriso seducente le sboccia nuovamente in viso.

Non c'è più, se n'è andata.

Lo stupore si fa strada nel volto di granito di Rohkeus, ma subito lui si affretta a nasconderlo.

È scappata? Com'è possibile? — le chiede scettico, restio a crederle, ma lei non risponde e fa un gesto con la mano per invitarlo ad andarsene. Il mezzelfo però non si muove, analizzandola minuziosamente come a cercare altri indizi e informazioni su tutte le cose che non gli ha detto.

Ma evidentemente per lei il discorso è chiuso, perché con un movimento secco delle dita ordina a un paio di guardie di portarlo fuori e loro obbediscono, cercando di afferrare Rohkeus per le braccia, ma lui se le scrolla di dosso e si avvia verso la porta sulle sue gambe. I soldati lo accompagnano, marcandolo stretto, fino al grande portone che immette nel palazzo e lì lo abbandonano, chiudendo i battenti alle sue spalle con un tintinnio di cristallo.

Non mi fido di loro — spiega il mezzelfo a Gordost, una volta rimasti soli. — Stanno mentendo, probabilmente lei è ancora in prigione ma per qualche motivo non vogliono liberarla.

In effetti potrebbe anche essere, imbrogliare per girare le situazioni a proprio vantaggio è una cosa che la bhanrigh farebbe senza pensarci due volte, ma non riesco a capire perché Rohkeus pensa che lo stia facendo ora: non avrebbe nessun vantaggio a tenermi imprigionata, soprattutto dopo essersi accorta dell'errore delle guardie che hanno catturato me invece che mia sorella. Vorrei che il mezzelfo se ne accorgesse, che interpretasse come autentica l'espressione sconvolta dei soldati di ritorno dalle prigioni e che aspettasse in quella piazza il momento della mia esecuzione, ma è una speranza vana perché in realtà so già che non è andata così.

È impossibile che sia riuscita a fuggire, non sa assolutamente combattere e contro quelle guardie armate non ha nessuna speranza. — Resta un attimo in silenzio e abbassa il capo, prendendo un respiro profondo. — Devo liberarla.

Il mio cuore salta un battito, in parte per la paura e in parte per una sorta di soddisfazione personale, di piacere purissimo nel sapere che Rohkeus ha davvero deciso di affrontare l'esercito della bhanrigh per me e solo per me. Ma dura un istante, poi il terrore mi attanaglia la gola perché si tratta di un'impresa disperata e sicuramente senza lieto fine.

Il mezzelfo si siede su uno dei tavoli usati durante la festa e aspetta. Osserva, immobile e attento come una marmotta di vedetta, tutti gli elfi drow che passano, facendo particolare attenzione alle guardie, finché non riesce a individuare con assoluta certezza la posizione delle prigioni.

Spero che abbia un piano geniale e che la sua non sia una missione suicida, perché non potrei accettarlo: se prima la consapevolezza che era pronto a rischiare tutto per me mi ha riempita di orgoglio ora mi fa solo sentire in colpa.

Si avvicina all'ingresso che conduce alle celle sotterranee e aspetta che escano anche gli ultimi soldati entrati, poi si china a livello di Gordost e gli sussurra: — Tu aspettami qui, bello.

Cammina quindi fino alla porta e la spinge a palmo aperto. Questa si apre senza fatica e senza cigolii: com'è logico nessuno si è premurato di chiudere a chiave una prigione vuota. Sicuramente ora anche Rohkeus penserà a questo dettaglio, mi dico sperando con tutta me stessa di avere ragione. Invece lui entra cauto nel piccolo atrio e si guarda intorno circospetto, analizzando le pareti di cristallo e poi il grande buco che si apre nel terreno e che sprofonda nell'oscurità.

Non capisco come sia possibile che proprio Rohkeus stia cadendo in errore così facilmente: non è da lui giudicare così male una situazione e finire in trappola come una falena impigliata in una ragnatela. Come può pensare di cavarsela in una situazione del genere? Ma d'altra parte è facile per me giudicare, dal momento che so esattamente come sono andate le cose; a voler ben vedere non sta facendo niente di diverso da quello che ha fatto anche Iris. Entrambi hanno rischiato tutto per liberarmi, solo che mia sorella ha vinto mentre Rohkeus...

Il mezzelfo si crea una fiaccola con un bastone raccolto nella radura e, dopo aver dato un'ultima occhiata all'ambiente circostante e aver stabilito che è tutto tranquillo, comincia a scendere l'infinita scalinata che porta alle celle. A ogni gradino su cui si poggiano i suoi piedi il livello della mia ansia cresce: ho paura che si stia infilando in un vicolo cieco e che da un momento all'altro sbuchi fuori un soldato pronto a catturarlo; spero che non accada, anche se in fondo so già che deve essere andata così perché non c'è nessun'altro motivo per cui Rohkeus avrebbe abbandonato Gordost.

Arrivato in fondo alle scale, analizza il luogo in fretta ma attentamente e si dirige subito verso le celle, lanciando solo uno sguardo fugace alla stanzetta delle guardie, all'interno della quale non si scorge altro che una massa gelatinosa e indefinita. Ovviamente, le prigioni sono tutte vuote.

L'istante in cui il mezzelfo se ne rende conto è anche quello in cui realizza il suo errore, quello in cui comprende che la sua è stata una mossa avventata e folle, che in fondo non c'era nessun motivo per cui la bhanrigh avrebbe dovuto mentirgli su questo e che io non sono poi così importante da essere oggetto degli intrighi di una regina infernale. Riesco a identificare con esattezza il momento in cui accade perché è come se un velo gli cadesse dagli occhi, rendendogli di nuovo lo sguardo nitido e non più offuscato dalla brama di ritrovarmi.

Scappa!, gli grido nella mia testa.

Lui si volta verso le scale, come se mi avesse realmente sentito, ma fa in tempo a salire solo i primi gradini che l'ululato di un lupo raggiunge le sue orecchie e il rumore di altri passi si unisce ai suoi. Subito Rohkeus si ferma, facendo dietrofront e ritornando nell'atrio che precede le celle. Con lo sguardo cerca un posto in cui nascondersi, ma tutto quello che si estende davanti ai suoi occhi sono sbarre bloccate e porte chiuse; per questo non può fare altro che girarsi verso le scale e prepararsi a fronteggiare i soldati.

Spegne la lanterna, sperando di coglierli alla sprovvista, magari di riuscire ad aggirarli e correre su per gli scalini, ma evidentemente gli elfi ci vedono benissimo al buio perché lo scorgono non appena mettono piede sull'ultimo gradino e subito gli sono addosso. Come le altre volte, Rohkeus non riesce a opporsi, benché ci provi con tutto se stesso, e fa male vedere un grande guerriero qual era reso impotente in pochi istanti.

Le guardie lo trascinano all'aperto, nella radura, dove Gordost cerca di aiutare il suo amico, ma altre guardie, accorse subito in aiuto di quelle che tengono prigioniero il mezzelfo, riescono a tenere a bada il lupo e così Rohkeus viene trascinato all'interno del palazzo attraverso infiniti corridoi, per poi giungere nuovamente nella sala con la cupola.

Qui la regina, sdraiata sul suo divanetto e immersa nella storia che uno dei suoi favoriti le sta raccontando con i gesti eleganti delle mani, si volta con uno scatto verso i nuovi arrivati, infastidita dall'interruzione. Scocca al mezzelfo un'occhiata tanto tagliente che, se uno sguardo potesse effettivamente affettare la carne, lui in questo momento starebbe sanguinando agonizzante sul pavimento.

Le guardie si affrettano a spiegarle gli avvenimenti e lei annuisce, la rabbia che le deforma i lineamenti e i corvi che le svolazzano furiosi sopra la testa.

E così hai osato mancarmi di rispetto, ingrato mezzelfo. Hai dubitato della mia parola e ti sei intrufolato nelle mie prigioni, quando da me non hai ricevuto che ospitalità e gentilezza, e dunque ora per te non c'è salvezza.

Rohkeus ascolta la sua condanna a testa alta, orgoglioso come sempre. A vederlo così, in piedi in mezzo alla stanza immensa e stoico nella sua immobilità, mi torna in mente una quercia che si trova ai margini del mio villaggio il cui grande e forte tronco non si piega nemmeno sotto le peggiori tempeste, quando i fulmini illuminano il cielo minacciando di ridurre l'albero in cenere in un istante. Non ha il minimo cedimento neanche quando la bhanrigh esclama, a conclusione del suo discorso: — Le prigioni non sono sicure, mandatelo a Measan-Ura.

Io rabbrividisco a sentire quel nome tanto sconosciuto quanto minaccioso. Invece le guardie annuiscono senza fare una piega e, guidate da Deamhan che abbandona il suo posto accanto alla bhanrigh, trasportano Rohkeus in un'ala del castello in cui non sono mai stata. Si trova nella zona in cui si affanna la servitù, probabilmente vicino alle cucine, ma non è lì che si dirige la piccola delegazione. Invece portano il mezzelfo lungo un corridoio con il pavimento in terra battuta, che conduce a una grande stanza in cui si trova una mezza dozzina di carri. Uno di questi è carico di oggetti utili al lavoro nei campi e ad esso sono legati con delle robuste corde quattro orchi grandi e muscolosi, che si voltano a guardare il gruppetto di soldati con aria preoccupata.

Deamhan si avvicina al carro, scrutandoli minaccioso, e loro si ritraggono impauriti, ma l'elfo è interessato ad altro. Infatti con un cenno invita Rohkeus a salire sul pianale di legno e a sedersi di fianco a una fatina tanto piccola da non essermi accorta prima della sua presenza. I suoi enormi occhi gialli si fissano spaventati sul volto imperturbabile del mezzelfo e cerca di alzarsi in piedi, ma una corda le lega i polsi tra di loro e li fissa a una parete del carro impedendole i movimenti, e così la piccola creatura ricade a sedere sulle dure assi di legno.

Lo stesso destino spetta a Rohkeus, che viene privato della spada e della bisaccia e fissato a un altro anello. In realtà il capo delle guardie ha un attimo di esitazione quando si rende conto che non ha due polsi da legare, ma risolve il problema fissando solo il braccio sinistro perché tanto il mezzelfo non ha nessuna possibilità di liberarsi usando l'altro.

Poi Deamhan fa un gesto a un elfo magro e dalla lunga barba, che finora era stato poggiato al muro senza farsi notare, il quale si avvicina a una grande porta che, una volta spalancata, mostra il mondo esterno. Poi sale a sua volta sul carro, insieme a due soldati, e con un colpo di frusta ordina ai quattro orchi di mettersi in moto. Loro grugniscono di dolore e cominciano a tirare, i volti deformati in espressioni di sofferenza e fatica.

Il mezzelfo si guarda intorno e per la prima volta noto sul suo viso un accenno di spaesamento e paura che mi fa stringere forte i pugni. Resisti, vorrei dirgli. Resisti, ché arrivo.

La piccola spedizione avanza nelle terre degli elfi a lungo, con il carro che sobbalza sul terreno dissestato e gli orchi che grugniscono a ogni colpo di frusta. Alla fine, dopo un viaggio di forse un giorno, arrivano a una radura in tutto e per tutto simile alle altre che hanno superato lungo il tragitto, ma questa volta il crudele cocchiere fa fermare il carro e dirige gli orchi fino a una grande pietra che i quattro sono costretti a spostare, in modo da scoprire un grande buco nel terreno.

La fata e Rohkeus, doloranti a causa del viaggio scomodo, si sporgono per vedere cosa sta accadendo, lei spaventata e lui valutando la piega che stanno prendendo gli eventi. I soldati allora sciolgono i nodi che tenevano i due prigionieri fissati alle assi di legno e li obbligano a scendere, mentre gli orchi scaricano il carro. La fatina distende le grandi ali luminose e prova a svolazzare in giro, ma subito una delle guardie la fa tornare bruscamente in terra, strattonando la corda che ancora le lega i polsi.

Rohkeus fa giusto in tempo a sgranchirsi le gambe, prima di essere spinto verso il buco in cui si stanno infilando anche gli orchi, ora carichi con sacchi e oggetti vari.

Il gruppo cammina lungo un corridoio che si addentra sempre più nelle oscure profondità della terra finché, dopo una curva, si ritrova all'improvviso avvolto da un'intensa luce violetta che investe gli occhi con tanta violenza da spingere Rohkeus a chiuderli per un istante.

Quando finalmente riesce a guardarsi intorno, ciò che vede lo lascia meravigliato: davanti a loro si estende un'immensa caverna sulle cui pareti di pietra scura sono incastonate gemme luminose, come se fossero stelle nel firmamento notturno. Il soffitto altissimo sovrasta una pianura interamente coltivata con piantagioni di alberi da frutta, campi di grano e di tutti gli altri vegetali che è possibile mangiare, mentre in lontananza si sente il belare di un gregge di pecore.

E così è questo che è Measan-Ura: il luogo in cui gli elfi si procurano le grandi quantità di cibo che ogni giorno consumano e che riempie i loro tavoli e le loro pance durante le feste.

Ma Rohkeus non fa in tempo ad assorbire con gli occhi tutto questo splendore che una guardia strattona la corda che gli lega il polso e lo trascina con sé verso un campo di grano poco distante, mentre gli altri del gruppo si dirigono altrove. Subito il soldato lo affida a un altro elfo ancora, che lo scruta con sguardo indagatore (espressione che il mezzelfo ricambia immediatamente) e che, afferrato uno strano strumento dalla lama ricurva, lo guida in un punto del campo in cui il grano è alto e dorato.

Qui gli mostra in silenzio come deve fare per tagliare le spighe mature e poi gli porge quella che deduco essere una specie di falce. Rohkeus la afferra, soppesandola e osservando la corda che ancora gli stringe il polso. Un'espressione sconsolata gli si dipinge in volto non appena si rende conto che con un'arma del genere potrebbe benissimo recidere quel legame, ma che non può riuscirci con la mano sinistra. Tuttavia subito lo sguardo gli diventa duro e, con una mossa disperata, dirige la lama verso il suo attuale carceriere.

L'elfo però è pronto per un simile tentativo di fuga e schiva l'attacco, anche se nel farlo gli sfugge il capo della corda che teneva in mano. Rohkeus ne approfitta per darsi a una fuga molto azzardata, ma l'altro tira fuori una frusta che teneva legata alla cintura e che, con uno scatto del polso, fa arrotolare intorno alla caviglia del fuggitivo, che cade in terra sprofondando tra le spighe.

Nessuno fugge da Measan-Ura, mettitelo bene in testa, schiavo — lo ammonisce l'elfo, avvicinandosi a lui con passo lento e sicuro, come di chi sa di aver vinto. — Ora hai due scelte: lavorerai per noi con le buone oppure lo farai con le cattive.

Rohkeus lo guarda con odio, mettendosi in ginocchio, e risponde tra i denti: ­— Non mi piegherò mai.

L'elfo lo guarda con un'espressione che dice espressamente "peggio per te" e poi, alzata la frusta, lo colpisce con violenza sulla schiena. Uno squarcio gli si apre nella camicia bianca, che subito si sporca di sangue, mentre Rohkeus si piega su se stesso, tremando, ma trattenendo l'urlo che minaccia di uscire dalle sue labbra, deciso a non mostrarsi debole.

Grido io al suo posto, mordendomi poi le labbra e girando in fretta la pagina per non vedere, per non sapere: non ce la faccio ad assistere alla sua sofferenza senza poter fare nulla. Passo all'ultima immagine, quella dove il mezzelfo mi fissa dalla carta. Subito il disegno prende vita, mostrandomi Rohkeus che rigira la falce nella mano e si piega a tagliare un fascio di spighe che un folletto si affretta a raccogliere.

Poi il libro finisce e la visione scompare, riportandomi alla realtà della biblioteca, dove Alveus e Iris mi guardano senza parlare, dove Callàis è ancora disteso sul pavimento, dove Gordost uggiola annusando il volume che ora giace inerte sulle mie gambe incrociate.

Incontro gli occhi di mia sorella, mentre Alveus abbassa i suoi, e vi leggo una muta domanda disperata, alla quale rispondo senza esitazione: — È ancora vivo e io lo salverò.

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