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15. Scintille

— Chi è Iris? — chiede Rohkeus, spezzando il silenzio teso che è calato su di noi come un sudario. Callàis solleva le sopracciglia, esortandomi a rispondere con quel suo sorrisino che ora vorrei strappargli dal viso per vederlo morire tra le mie mani.

— Mia sorella — rispondo, ancora incredula.

— La sua adorabile gemella, per la precisione.

Sapere che è scomparsa mi sconvolge. All'improvviso mi sento vuota, come se tutto quello che ho fatto finora nella vita non abbia significato nulla. Ogni cosa ha sempre girato intorno a lei: tutte le mie scelte, giuste o sbagliate che fossero, sono state prese in funzione di Iris, della sua perfezione, della sua bontà e della sua dolcezza.

In funzione di Iris. Sempre e solo Iris.

Iris.

È sempre stata la mia stella polare e ora che non so dove sia mi sento persa.

— Dobbiamo trovarla — dico in un sussurro strozzato.

— Ninfa — mi richiama Rohkeus, facendo girare sia me che Callàis. — Concentrati sulla tua attuale missione, non puoi salvare tutti contemporaneamente. Troviamo Alveus, lasciamo l'inferno e poi potrai cercare tua sorella, che di sicuro si trova in un posto meno pericoloso di quello da cui veniamo noi. Anche perché mi pare di capire che la stiano già cercando.

Ancora una volta il mezzelfo ha ragione, dobbiamo concentrarci su Alveus e riportarlo a casa prima che sia troppo tardi. Mi alzo in fretta, facendo stridere la sedia sul pavimento in legno.

— Dobbiamo capire cosa si intende per "scintilla d'acqua", stiamo perdendo tempo — li esorto, mentre mi avvicino allo scaffale dominato da una grande lettera "S". Tutti i libri sono disposti in ordine alfabetico e spero di trovare qualcosa alla voce "scintilla". Come se avesse intuito le mie intenzioni, anche Rohkeus si alza e si avvicina allo scaffale "A", come acqua.

Sorprendentemente trovo più di un libro il cui titolo comincia con la parola da me cercata. Il primo che attira il mio sguardo, "Scintille di luce – La magia dalle origini fino ai tempi moderni", diviso in tre volumi, sembra molto promettente. Essendo una grande enciclopedia illustrata sulla magia in tutte le sue accezioni spero contenga qualcosa anche riguardo all'indovinello che devo risolvere.

Speranza vana, perché di magia demoniaca si parla pochissimo e, quando finalmente arrivo alla fine dell'ultimo volume, ho imparato che gli elfi traggono potere dalla linfa degli alberi e che alcune streghe invece aumentano la loro magia assorbendo la forza vitale altrui attraverso il sangue, ma riguardo a "scintille d'acqua" ne so quanto prima, con in più però una certa dose di isteria nervosa pronta a esplodere. Come potremmo mai arrivare a una risposta? Riuscire nell'impresa è praticamente impossibile.

Con rabbia infilo nuovamente il libro in mezzo agli altri e sposto lo sguardo su quello successivo, "Scintille e lame affilate – Storia e costumi dei mezzelfi", che in realtà pare non avere nulla a che fare con il mio obiettivo, ma che comunque attira la mia attenzione. Lo estraggo dallo scaffale sollevando una nuvola di polvere e lo apro sulle mie gambe incrociate.

Dopo un'introduzione lunga una decina di pagine, che salto a piè pari, il volume incomincia descrivendo com'è strutturata attualmente la società dei mezzelfi, dove per "attualmente" si intende circa quattrocento primavere fa, come scopro leggendo la data di stampa riportata sull'ultima pagina. D'altra parte, non potevo aspettarmi diversamente, visto che da allora ninfe e mezzelfi non sono più venuti in contatto.

Da una lettura veloce apprendo a grandi linee la struttura gerarchica della società: sul gradino più alto c'è il re, la cui parola è legge, e poi sotto di lui nobili di sempre minore importanza fino a giungere al popolo, formato perlopiù da fabbri artigiani.

Un paragrafo a parte è riservato alle streghe, che vivono ormai da qualche secolo a fianco dei mezzelfi, ma decido di non leggerlo tutto. Salto invece alla pagina conclusiva del capitolo sulla storia, che parte dalle più remote origini per concludersi con l'incoronazione di Kuningas, della dinastia dei Terävästä Terästä, divenuto re dopo la morte del fratello Teho Terävästä Terästä, precedente sovrano, deceduto per colpa di una ferita riportata in combattimento. La descrizione dell'evento è lunga e complessa, corredata ovviamente da altri nomi impronunciabili.

Quando volto pagina, un foglio di carta leggera scivola fuori dal libro. Non fa parte della rilegatura originaria, sicuramente è stato aggiunto in seguito per dare una conclusione definitiva al volume. Scritto a mano con una grafia elegante e ordinata, riporta infatti le ultime notizie sui mezzelfi giunte alle ninfe, prima che i due popoli perdessero ogni contatto. Come già ci aveva detto Callàis, il foglio afferma che l'uccisione del legittimo erede, il figlio del re Kuningas, da parte del figlio del precedente sovrano ha portato a una sanguinosa guerra civile di cui tuttora le ninfe non conoscono l'esito.

— Scintilla — esclama d'un tratto Callàis, spezzando il silenzio e facendomi sobbalzare. — In senso figurato, illuminazione improvvisa delle facoltà intellettive o creative dell'ingegno; causa determinante di qualche cosa. Sinonimi: idea, causa, origine, oppure anche brillio e luccichio.

Mi volto verso di lui, seduto sulla sedia con un dizionario aperto in grembo. Anche Rohkeus abbandona quello che stava facendo per avvicinarsi all'altro ragazzo.

— Acqua — continua intanto a leggere la ninfa. — Liquido, linfa, mare, fiume, pioggia... e va avanti così per una decina di righe.

— Quindi tu sostieni che "scintilla d'acqua" sia solo un gioco di parole? — domanda il mezzelfo con espressione seria.

— Potrebbe. Escludendo che l'acqua possa avere un'idea improvvisa, avrebbe invece senso qualcosa come "origine dell'acqua" o, meglio ancora, "origine del fiume".

— Ossia la sorgente — affermo, concludendo il ragionamento di Callàis.

— Dobbiamo prendere dell'acqua dalla sorgente del fiume? — domanda pratico Rohkeus. — E poi cosa ne facciamo?

— Non lo so, la sacrifichiamo al Principe con un rituale — rispondo io, d'un tratto rinvigorita. — Secondo me è una buona idea, vale la pena tentare.

— Anche perché non ne avete altre, se non erro — afferma Callàis, soddisfatto, beccandosi un'occhiata in tralice dal mezzelfo. Il ragazzo biondo chiude di scatto il dizionario e si avvicina alla porta. — Non avevate mica tanta fretta? Che cosa stiamo aspettando?

— Tu vieni con noi? — domanda Rohkeus, con aria sospettosa.

— La cosa ti crea qualche problema? — risponde la ninfa in un soffio, facendo partire una gara di sguardi tra i due tanto intensa da rendere l'aria che li circonda più affilata di un coltello. A rompere la stasi è Gordost, che si struscia sulle gambe del mezzelfo catturando la sua attenzione.

Callàis è il primo a uscire dalla biblioteca e io sto per seguirlo quando Rohkeus mi blocca, afferrandomi il braccio.

— Quel tipo non mi piace per niente — sussurra, in modo che solo io possa sentirlo.

— Non preoccuparti, è Callàis, non piace a nessuno.

Lui resta un attimo zitto, sempre tenendomi per il braccio, ma poi pare arrendersi, come se avesse valutato i pro e i contro della situazione e avessero vinto i pro, e si decide a seguire la ninfa all'aperto. Fuori, il cielo ha già cominciato a schiarirsi tingendo di rosa i nostri volti. Sono sorpresa, non mi ero accorta di quanto tempo fosse passato. Do un'occhiata fugace al mio braccio per notare con raccapriccio che ormai è completamente nero anche il quinto cerchio.

Sono già a metà.

— Sei mai stata alla fonte? — mi domanda Callàis, gli occhi nascosti dai capelli chiari resi rosa dalla luce dell'alba.

— No.

— Io sì, una volta. Volevo vedere se è davvero così piena di incanto e magia come ci raccontava la vecchia Aranea da piccoli, ma sono rimasto profondamente deluso. Non è altro che un buco nella roccia.

All'improvviso il rumore di una finestra che sbatte ci fa sobbalzare.

— Andiamo, dobbiamo lasciare il villaggio prima che la gente si svegli — li sprono, avviandomi verso nord, intenzionata a risalire il fiume fino alla sua origine. Camminiamo in fila indiana, ognuno perso nei propri pensieri, e stiamo per superare le ultime abitazioni quando sento una voce dietro di me gridare.

— Mamma, davanti a casa c'è un lupo nero enorme!

Mi giro di scatto verso Gordost, che chiude la fila, e nel farlo incrocio gli occhi spalancati di un bambino affacciato alla finestra, i capelli ancora arruffati dal sonno.

— Mamma! — esclama ancora, a voce persino più alta e meravigliata. — C'è Iris! No, è Lympha? Insomma, quella con gli occhi viola!

Il cuore comincia a scalpitarmi in petto mentre mi faccio prendere dal panico. Non possono fermarmi ora, non mi lascerebbero più andare. Io e Rohkeus ci guardiamo per un attimo e poi, come se avessimo raggiunto un muto accordo, cominciamo a correre in direzione del bosco.

Alle nostre spalle sento il rumore di porte e finestre che sbattono, mentre altre voci si aggiungono a quelle del bambino che continua a gridare. Le ignoro e cerco di concentrare i pensieri sul mio respiro sempre più corto e sulla sagoma scura di Gordost, che ora ci precede guidandoci nel folto degli alberi. Superiamo un numero infinito di tronchi e arbusti che, con i loro rami, mi graffiano le gambe e le braccia, finché alla fine ci fermiamo.

Ansimando senza ritegno, mi volto indietro per verificare che nessuno ci abbia seguito. Per fortuna tutto tace, probabilmente le ninfe del villaggio sono state prese troppo alla sprovvista per poter fare alcunché.

— Questo imprevisto allunga di molto il tragitto — afferma Callàis non appena ha ripreso abbastanza fiato da riuscire a parlare. — Costeggiare il fiume sarebbe stato molto più semplice e veloce.

Si guarda un attimo intorno prima di continuare. — Anche perché non ho idea di dove siamo finiti.

Un silenzio di tomba cala sulle sue parole. E ora da che parte dovremmo andare?

— Ninfa, l'anello — ordina Rohkeus all'improvviso, facendomi sobbalzare. Ma certo, l'anello indica sempre la retta via. Lo sfilo dal dito e, non appena penso alla nostra destinazione, la freccia comincia a girare per fermarsi infine puntando dritta verso il mezzelfo.

— Dietro di te — lo informo, avviandomi.

— E quello cos'è? — domanda Callàis, riducendo a due fessure gli occhi seminascosti dai riccioli biondi. Allunga la mano per afferrare il gioiello, ma io mi ritraggo con uno scatto fulmineo.

— Non ci provare, l'anello è mio.

— Lym, volevo solo vederlo, come sei sospettosa.

Probabilmente è così, ma non riesco a togliermi di dosso una sensazione di sospetto e irrequietezza. Neanche io mi fido del tutto di Callàis, per quanto abbia cercato di persuadere Rohkeus del contrario.

Riprendiamo la nostra marcia silenziosa per un tempo che mi pare infinito, poi però gli alberi cominciano a diradarsi, lasciando il posto a una prateria dall'erba bassa e giallastra. In lontananza, dei tronchi ritorti si stagliano solitari contro il cielo azzurro e senza nuvole. Mi fermo, sorpresa.

— Non manca tanto — mi informa Callàis, affiancandomi. — Me lo ricordo, questo posto. Non sembra un po' l'anticamera dell'inferno?

— Per niente — risponde laconico Rohkeus.

— Prima di continuare dovremmo mangiare qualcosa — afferma poi, sedendosi di fianco al lupo e cominciando ad armeggiare con la bisaccia. Per tutta risposta il mio stomaco comincia a gorgogliare in maniera imbarazzante, perciò, anche se non abbiamo abbastanza tempo per fermarci, mi accomodo anch'io in terra. Estraggo dalla mia borsa un pezzo di carne essiccata e mi concedo un attimo per guardarlo con disgusto. Sto per portarlo alla bocca quando scorgo dei cespugli di mirtilli ai margini del mio campo visivo, così rimetto la carne al suo posto e mi avvio a cogliere le bacche bluastre.

Quando, con le mani e la bocca piene, mi volto nuovamente verso i miei compagni di viaggio, noto che Callàis si è seduto al mio posto e, senza chiedere niente, ha tirato nuovamente fuori il cibo da me scartato. Lo guarda solo un istante e poi lo porta alla bocca, senza esitazione.

Sbalordita, incrocio lo sguardo di Rohkeus e riesco senza fatica a leggere la domanda stampata sul suo viso: ma le ninfe non sono vegetariane? Alzo le spalle, non sapendo cosa rispondere.

Mi accomodo di fianco al mezzelfo e, mentre mangio gli ultimi mirtilli, comincio ad analizzare le mie gambe rovinate dalle escoriazioni provocate dagli arbusti.

— Perché non te le curi? — domanda Callàis, dopo aver deglutito un boccone particolarmente grosso. La sua domanda pare quasi un'accusa, anche se probabilmente si tratta di semplice curiosità. Faccio finta di non aver sentito e non rispondo.

— Ehi, Lympha, gradirei una risposta.

Alzo gli occhi dalle mie gambe, guardandolo con astio, giusto in tempo per vedere il suo solito sorrisino sbocciargli sul viso.

— Non puoi? Che ne è stato del tuo spettacolare potere?

Se uno sguardo potesse uccidere, ora Callàis sarebbe morto. Perché non lascia cadere la conversazione?

— Alveus sparisce e contemporaneamente tu perdi la tua abilità magica. Che strana coincidenza, non trovi? — continua invece lui, imperterrito. — Provo a indovinare: ti sei fatta dare dal demone il tuo potere e in cambio lui ti aveva chiesto la vita di Alveus, tu però non hai rispettato il patto e così lui se l'è presa da solo, riappropriandosi anche della magia che ti aveva donato, giusto?

Un altro dei motivi per cui odio Callàis è che è estremamente intelligente, oltre che un ottimo osservatore, e nascondergli qualcosa è praticamente impossibile. Non rispondo, ma so che il mio silenzio vale più di mille parole.

Mi rendo conto all'improvviso che anche Rohkeus non era a conoscenza del motivo esatto per cui Alveus si trova all'inferno ed essere consapevole che ora invece lo sa mi fa sentire a disagio. In fin dei conti non mi importa molto che lo abbia scoperto Callàis perché lui di me ha sempre visto la parte peggiore, è sempre stato lo spettatore privilegiato delle mie bassezze, ma per qualche motivo invece ci tengo che il mezzelfo abbia una bella immagine di me. Mi chiedo come mi giudicherà ora che ha scoperto che tutti i guai in cui mi trovo derivano solo dalla mia sete di potere e gloria.

Lui però si alza senza dire niente e, rimessosi la bisaccia in spalla, aspetta a braccia conserte che noi lo imitiamo. Mi guarda e nei suoi occhi non c'è nemmeno la più piccola traccia di accusa. Nella mente mi risuonano le sue parole: chi sono io per giudicare?

Ci rimettiamo in marcia attraverso quella prateria desolata. Rohkeus mi cammina al fianco, i passi perfettamente sincronizzati ai miei e, sebbene non possa fare a meno di pensare continuamente al fallimento a cui probabilmente andrà incontro questa missione, la sua presenza mi è di conforto. Al contrario di quella di Callàis, che ora cammina spedito davanti a tutti, come se sapesse dove stiamo andando, anche se in realtà sono io a guidare la nostra piccola combriccola. La sua figura alta e sottile appare diafana nella luce accecante del pomeriggio e per un attimo mi fa venire in mente quegli angeli di cui la vecchia Aranea ci raccontava le gesta da bambini.

Pian piano l'erba giallastra diventa più rada, facendo spazio alla roccia, e la strada comincia lentamente a salire.

— Ninfa — mi chiama all'improvviso Rohkeus, con una nota di panico nella voce. Mi volto a guardarlo, spaventata dal fatto che, se un'emozione è trapelata così chiara dalla sua voce, dev'essere sicuramente successo qualcosa di terribile. Lui si è fermato e si sta guardando le mani tese davanti al volto. All'inizio non capisco, ma poi, quando sposto anch'io lo sguardo sulle sue dita squadrate e tozze, noto con orrore che stanno diventando trasparenti. Così come le mie mani e la coda di Gordost.

Stiamo sparendo.

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