Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

XXVII. Venus de Milo



Folie à Deux

XXVII.

Venus de Milo



Dopo una doccia veloce, Alistair si stende sul letto matrimoniale con la schiena appoggiata alla testiera, recuperando il portatile comprato di recente.

Eleanor, che da lì non si è mai alzata, si allunga accanto a lui, a pancia in giù. Il lenzuolo avvolto intorno alle sue membra giovani è il suo unico indumento. Da quella stoffa bianca emergono a sprazzi, su quella carne immacolata, i segni rossi lasciati da lui qualche ora prima con la cintura.

Per fortuna si è trattenuta, ha stretto i denti e non ha gridato. Arthur Payne ha già ricevuto una lamentela dagli inquilini del piano di sotto, nell'ultimo fine settimana.

« Non ti sei ancora vestita? »

Lei scuote la testa, smuovendo qualche ciocca ondulata di capelli. « Che bisogno c'è? Non uscirò di casa nemmeno oggi, anche se è la vigilia di Capodanno. O forse vuoi portarmi a vedere i fuochi d'artificio da qualche parte? »

« Scordatelo » ribatte laconicamente. Avvia il computer senza aggiungere altro e si collega alla rete wifi dei vicini indiani, a cui ha chiesto la password la settimana prima, con la scusa di un malfunzionamento della propria linea - linea che non esiste, naturalmente, non può permettersi di essere rintracciabile con un numero di telefono o una rete fissa.

« Cosa stai cercando? » gli domanda Eleanor, con il mento appoggiato alle nocche di una mano. « Di nuovo quella lista di denunce per stupro a Londra degli ultimi anni? Te l'ho detto, non è mai stato trovato... »

« No, stavolta voglio solo soddisfare qualche curiosità. »

Nell'ultimo mese le ricerche sullo stupratore non sono progredite. Eleanor non ha ancora ricordato nulla. Le ha chiesto più volte di raccontargli i pochi brandelli che le sono tornati alla memoria, ma lei insiste per riottenere la storia completa prima di rivelargliela. È ostinata. La sua determinazione lo turba.

È davvero disposto ad andare a uccidere quest'uomo quanto lei, semmai lo troveranno?

Sì, non mentire a te stesso.
Vuoi vederlo morto quasi più di Eleanor.

Si sforza di abbandonare l'istinto di quel pensiero, tornando con gli occhi sulla tastiera. "Esperienze pre morte" è ciò che digita nella barra di ricerca della pagina internet che ha appena aperto.

La sensazione che ci siano altre persone con la loro capacità gli ha sempre inflitto delle contrazioni allo stomaco. L'ansia che non siano i soli degni di quella distorta immortalità ha contagiato un po' anche lui. Colpa di Eleanor, ancora.

Lei si fa più attenta, quando comincia a scorrere i risultati. Definizioni, articoli, video documentari, testimonianze. Si soffermano su un forum dalla grafica minimale che cattura l'attenzione di entrambi.

Le persone che vi hanno trascritto le proprie esperienze sembrano sincere, in qualche modo, nonostante l'anonimato. Una donna racconta del proprio coma in ospedale e subito ad Alistair viene in mente sua madre; una ragazza di ventidue anni parla di essere uscita dal proprio corpo e di essersi vista dormire; altri rispondono, condividono, si allarmano, altri credono di essere dei fantasmi.

Eleanor ricade con la testa sul cuscino dopo qualche secondo. « Non è quello che stiamo cercando. »

È scossa? È indifferente? Non riesce a capirlo.

« Nessuno scriverebbe su un sito pubblico di aver ammazzato una persona per vendetta dopo che questa l'ha ucciso, Eleanor. Accontentiamoci di quel che c'è. »

« Quel che c'è non basta » ribatte lei. « Siamo gli unici, secondo me. Ne sono sempre più convinta. »

« Hai ucciso tutti e sette miliardi di persone per accertartene? » Non può che sfuggirgli un sorriso sarcastico. Lo faresti, oh sì, se questo provasse che sei una divinità.

« Non ancora. » Si rigira nel lenzuolo, scoprendo ancora di più il suo corpo, spingendolo a distogliere lo sguardo dal computer solo per guardarla. La sua pelle lattiginosa è una calamita, è disgustosamente stupenda e Alistair non riesce a fare a meno di toccarla. Allunga una mano sul suo fianco, percorre quella curva fredda, sorpassa uno dei segni rossi e dritti in rilievo, sul fondo della schiena, che lui - lui - le ha dipinto, intaccandola, tra i rantoli e le lacrime mai cadute agli angoli degli occhi, e ora lei emette un suono sordo tra le labbra, perché le fa ancora male.

Silenzio, prima. « Starti accanto mi ha intossicato » poi, le dice, interrompendo il contatto e tornando a guardare lo schermo. « Un giorno dovrò liberarmi di te. Liberarmi... sì, è la parola giusta. »

Eleanor risponde subito: « Non lo farai mai. Non ti libererai mai di me. » Si mette a sedere e gli sottrae il portatile senza lasciargli il tempo per ribattere. « Ora metto un po' di musica. »

Alistair constata che la voglia di fermarla è nulla.

La musica gli manca.

Loro due hanno uno strano legame, con la musica. Da quando Eleanor ha nominato Beethoven, da quando le ha suonato Chopin durante il blackout nelle Highlands, da quando pensa a lei come la musa ispiratrice di qualche canto antico - eppure non l'ha mai sentita cantare - ha capito che li unisce nel loro dolore, nel loro significare.

La ricerca di lei è veloce. Canzoni popolari ucraine. Seleziona una playlist di una ventina di brani e poi si alza goffamente dal letto, con il lenzuolo avvolto intorno al corpo, reggendoselo come se fosse un abito da sera dalla gonna ampia e svolazzante. Tutto inizia col suono allegro di una fisarmonica, con una piroetta delle ballerine nel video che lei prova a imitare. Qualche saltello, le mani sui fianchi, dei passetti rapidi, un braccio che si muove delicato. Altre piroette, due, tre, quattro, consecutive, Eleanor per poco non inciampa nel lenzuolo. Si libra in una risata genuina, non l'ha mai vista ridere così. Non riesce a guardarla a lungo: è disarmato dalla tenerezza di quella scena.

Sta ballando per lui, davanti a lui, seminuda, sorridendo, ragazzina.

Tutto quello gli stringe lo stomaco. Meglio quando stanno per ammazzarsi, meglio quando lei gli chiede di prenderla a cinghiate, quando pronuncia il suo nome in maniera strozzata durante un orgasmo perché lui le tappa subito la bocca perché i vicini, cazzo, i vicini, non urlare, Eleanor, ecco, brava.

Se la vede così, adesso, non può odiarla.

Ostenta la sua supremazia su di lui in tutta la sua inconsapevole audacia. Gli dimostra che lei ha vinto anche se non può esserci un vincitore.

Punta per qualche secondo lo sguardo sulle ballerine del video, notando che, oltre alle gonne larghe e i corpetti rossi da cui spuntano le maniche a sbuffo, hanno tutte un aspetto tipicamente slavo: i menti tondi, gli zigomi pronunciati, l'arcata sopraccigliare ben definita, le fronti spaziose. Lei, se davvero viene da lì, ha poco di quelle terre. Quelle guance senza uno spigolo, quella pelle senza una macchia. Ha poco dell'Ucraina, ha poco della Scozia, ha poco di terrestre.

Chi sei?
Da dove vieni?
Perché sei capitata nella mia vita, proprio tu?

Lei continua a ballare nello spazio ristretto del monolocale fino a quando la musica non si esaurisce in un ultimo giro di note e in una sua ultima breve risata.

« Ti è piaciuto? » domanda, un po' affannata.

« Ti sei ricordata tutta la danza. » È l'unica cosa che riesce a dire. Non è nemmeno una risposta. Non può rispondere.

« Sì, me l'hanno insegnata quand'ero piccola. »

C'è qualcosa di iperattivo in lei, quel giorno, qualcosa di instancabile.

La playlist cambia automaticamente canzone, lui è ancora steso a guardarla - non si sottrarrà mai a quello spettacolo, anche se vorrebbe - e lei si prepara per ricominciare a ballare.

La seconda canzone, però, non è movimentata come la prima.

C'è una voce femminile che intona parole tristi, parole che lui non comprende e che eppure lo angosciano.

Sam ne znayu de pohynu,
Sam ne znayu de pohynu.

Hey, pohynu ya v chuzhim krayu,
Pohynu ya v chuzhim krayu.
Khto zh my bude braty yamu?
Khto zh my bude braty yamu? (1)

« Oh » commenta Eleanor. Torna a sedersi sul materasso accanto a lui e per un attimo gli sembra piuttosto turbata.

« Che canzone è? La conosci? »

« Sì... è la canzone dell'anatroccolo che galleggia sul Tisyna - sul Tibisco, lì lo chiamano così. »

« E perché mai è così triste? »

« Credo parli della rivoluzione. Dice... Non so dove morirò... morirò in terre straniere... chi preparerà la mia tomba? » Le sue frasi finiscono in un soffio. Fissa un punto nel vuoto, adesso, e corruga la fronte.

Già, chi preparerà la tua tomba, se non puoi morire?, pensa lui, lasciando assorbire quella musica dentro di sé.

Eleanor rimane in silenzio per un po'. Lo sguardo cupo diventa uno sguardo terrorizzato dopo un altro paio di strofe.

Alistair riesce a leggere una paura primitiva in quell'espressione, la paura di qualcosa che riemerge.

Sta per sfiorarle un braccio, perplesso per quel repentino cambio d'umore, ma lei scatta in piedi e fugge nel bagno, chiudendosi a chiave dall'interno.


*


Bussare alla porta non è bastato. E nemmeno sbattervi i pugni violentemente. Alistair si è arreso dopo mezz'ora di risposte mancate. L'ha chiamata, l'ha invocata, più disperato che preoccupato, ma lei è rimasta lì dentro a piangere senza degnarlo d'attenzione.

Ha pensato anche di buttare la porta a terra, ma alla fine si è detto che ricorrerà a questa misura solo se passerà troppo tempo dall'inizio di quella reclusione.

Sono trascorse due ore quando Eleanor decide di uscire. La porta cigola appena e lui alza subito lo sguardo sul viso stravolto di lei, che compare timidamente da lì dietro. Il suono dei suoi singhiozzi si è spento, ma l'orrore dal suo volto non si è cancellato.

Non sa cosa dirle. Non sa cosa pensare esattamente.

Lei non parla, non è ancora pronta.

Il lenzuolo intorno al suo corpo si è stropicciato e bagnato dei residui d'acqua raccolti intorno alla doccia. Le lacrime sembrano averle avvelenato gli occhi e scavato dei solchi sulle guance. Come se lui non esistesse, tra quelle mura, si lascia cadere sul letto rannicchiata in una posizione fetale, le ginocchia piegate, le mani strette tra loro sotto il cuscino, i sospiri tremanti.

Lo ignora.

Lo ignora ed è quello a fargli più male.


*


« Quando ti alzerai da quel letto? » le domanda laconicamente. Guarda l'orario in basso allo schermo del computer: le ventitré. Sa che non sta dormendo, sa che sta fissando il vuoto da ore, dandogli le spalle sul materasso. Non si è mai alzata, nemmeno per bere o mangiare, nemmeno per sgranchirsi le gambe. Si muove a stento.

Anche adesso Alistair non riceve risposta.

Sta cominciando a innervosirsi. Interpretarla è già complicato e in queste situazioni diventa sfiancante. Avrebbe voluto bersi una birra in santa pace, quel Capodanno, con un film in sottofondo. Oppure uccidere Eleanor, sì, d'altronde resta il passatempo migliore di ogni sua giornata. Se non riceverà risposta entro mezzanotte probabilmente la strangolerà - in fin dei conti l'omicidio a mani nude è quello che preferisce. Se non avessero stabilito delle regole l'avrebbe già fatto da tempo. Certo, potrebbe infrangerle, quelle regole, ma non gli conviene. Non gli conviene subire altrettanti attacchi d'ira improvvisi di Eleanor. Il loro accordo sulle morti a turno, in fondo, non gli è mai dispiaciuto.

« Eleanor, dannazione, rispondi. »

Si sarebbe aspettato dell'altro silenzio, invece lei si mette a sedere debolmente, come un cadavere che si sta rialzando dalla propria tomba. Si tira in piedi a fatica e prende a vestirsi con gli abiti che lascia quotidianamente appoggiati sulla sedia sotto la finestra. Nella penombra notturna gli sembra un fantasma, è illuminata solo dalla luce esterna dei lampioni e dallo schermo del portatile.

« Che stai facendo? »

« Devo prendere un po' d'aria. » La sua voce è bassa e roca, ma anche distaccata, in qualche modo, come se la paura le fosse scivolata di dosso all'improvviso, come il lenzuolo di cui si è liberata.

Indossa i pantaloni neri e un maglione largo, s'infila gli stivaletti e recupera il cappotto dall'armadio. Anche Alistair si è messo scarpe e giubbino, nel frattempo.

Escono insieme senza nemmeno essersi dati una meta o un perché, alla vigilia di un nuovo anno a cui sono totalmente impreparati.



Il resto del palazzo è silenzioso, eccetto il secondo piano da cui, scendendo le scale, sentono le urla gioviali di qualche bambino. Il Capodanno in Scozia è una festività importante, dopotutto, da trascorrere con i parenti intorno a una tavola imbandita, con haggis (2) come prima portata e dolci al caramello per dessert.

« A Edimburgo organizzano ogni anno una fiaccolata » dice Eleanor, quando escono dal portone principale. Un vento impertinente e freddo investe loro la faccia. Infilano di riflesso le mani nelle tasche, entrambi. « Si festeggia l'Hogmanay: artisti, giocolieri, musicisti... la gente viene da ogni parte del paese per vedere lo spettacolo nel castello. Poi tutti a cantare insieme l'Auld Lang Syne a mezzanotte. È... commovente. I miei mi ci hanno portato solo una volta, dopo avermi adottata. Ricordo quel giorno come uno dei più felici della mia vita. C'erano persone ovunque... ed erano così unite. »

Alistair cammina in silenzio accanto a lei - ora è lui a starsene zitto, vuole lasciarla parlare - per quella stradina deserta. Sono tutti in casa o in centro, a festeggiare. Manca poco a mezzanotte. Manca poco a mezzanotte e forse, solo ora, sta per scoprire un altro tassello di quel puzzle che prende le sembianze di Eleanor. Ogni volta che aggancia un nuovo pezzo, però, si sente sempre più lontano dalla soluzione, come se il quadro finale fosse una copia distorta della realtà che non riuscirà mai a rappresentare dignitosamente.

« Sai, mi chiedo... mi chiedo cosa stiano facendo i miei genitori adesso. Mi staranno ancora cercando? »

« Presumo di sì. »

« Tu avresti continuato a cercare tuo figlio, se ti avesse scritto di non volerti più vedere? »

Alistair stringe le mani a pugno nelle tasche. « Sì. »

Il respiro di lei si trasforma in un sospiro triste. « A loro devo tutto. Mi hanno allontanato da una vita orribile. Sono stati un porto sicuro per tanto tempo. Ma non riesco a sentire la loro mancanza, né mi pento di essere scappata così. Mi rendo conto... di non aver mai provato affetto per nessuno. C'è stata solo una persona di cui mi sono fidata, in tutta la mia vita. Ed è la stessa persona che mi ha tradito. »

Si fermano lì, sul marciapiede, vicino alla scuola elementare che in quel momento sembra decadente e abbandonata, senza vita.

I primi fuochi d'artificio esplodono nel cielo, in lontananza.

È mezzanotte.

« Alistair, mi sono ricordata tutto. » 




(1) - testo completo e traduzione (sono riuscita a trovarla solo in inglese, pardon) nel primo commento;

(2) - haggis: tipico piatto scozzese a base di frattaglie di pecora e farina d'avena

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro