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XIV. Rotkäppchen

Note d'autrice: il titolo fa riferimento alla versione di Cappuccetto Rosso dei fratelli Grimm.
Come al solito, spero vi piaccia e spero riusciate a darmi qualche parere! ♥




Folie à Deux

XIV.

Rotkäppchen



Prima di quel giorno, Eleanor non avrebbe mai pensato di poter mostrare tanto coraggio e forza di volontà a se stessa. Adesso, nonostante la rabbia, può ritenersi soddisfatta.

Chiude la porta della propria stanza rumorosamente e gira un paio di volte la chiave nella serratura. Un buio ormai soffocante invade quell'ambiente. Il cuore è diventato un martello pneumatico nel suo petto, non riesce a calmarsi.

Eppure Eleanor sorride.

Ora ha una certezza, sa qual è la più grande debolezza di Alistair. Sa come fargli del male senza ucciderlo. Sa combatterlo, subdolamente.

Non pensava che l'astinenza dai farmaci le avrebbe trasmesso una dose inesauribile di energia. A parte i conati di vomito, le vertigini e il mal di testa, non si è mai sentita meglio.

Ha fatto bene a non portarli. Quegli antipsicotici la inibivano, la rendevano più normale di quanto lei avesse mai voluto. Ora si è resa conto di essere fiera della propria follia.

La notte di quattro anni prima - lo stupro - aveva tirato fuori dalla sua giovane mente tutti i deliri, le ansie, le paranoie, i desideri perversi che aveva tenuto ben nascosti sin da quando era uscita dall'orfanotrofio.

La dottoressa Munro l'aveva aiutata a ridarle un ordine, i farmaci l'avevano cristallizzata in un mondo ovattato e nebbioso.

Ora è libera, quel mondo non esiste più e la psichiatra è solo un ricordo lontano, una persona ambigua per cui aveva provato affetto e odio allo stesso tempo, una persona dimenticabile.

Tutti si sono rivelati dimenticabili nella sua esistenza. Tutti eccetto Alistair.

Lui è il punto fermo attorno cui gravita la sua vita. Il magnete che la attrae sempre più verso quel dolore meraviglioso di cui entrambi sono i creatori e i sacri custodi. Lui è ogni forma di giustizia che le è stata negata.

Eleanor sorride, mentre si intreccia i capelli ora quasi asciutti, mentre indossa la camicia da notte e si infila nel letto gelido rabbrividendo, mentre fa scivolare una mano sotto il cuscino e sente al tatto la canna fredda della pistola che ha rubato ad Alistair.


*


Il mattino la accoglie con un violento crampo allo stomaco.

Si rigira nel letto, dopo parecchie ore di dormiveglia e di sogni confusi, e infine decide di alzarsi.

Il pensiero di dover scendere al piano di sotto e doversi confrontare nuovamente con Alistair le fa quasi passare ogni voglia di mangiare. La voglia, certo, ma non il bisogno.

Eleanor non mangia da due giorni e di sicuro non può restare a digiuno ancora per molto. Non può permettersi un altro svenimento, non può permettersi di lasciare al proprio assassino completo potere su di lei.

Si stropiccia gli occhi e poi va ad aprire il borsone, recuperando un vestitino informale azzurro pastello, di cotone spesso, con lo scollo a barca, le maniche a tre quarti e una cintura sottile nera in vita. Ne accarezza la stoffa con nostalgia, ricordando quanti altri abiti come quello ha dovuto lasciare a casa, portando con sé solo i suoi preferiti.

È sempre stata un'amante di vestiti, lunghi e corti, di gonne e di camicie rétro o vintage. Le piace dare una certa immagine di sé, pur provando un'avversione immotivata per il trucco o gli accessori.

Non si trucca da anni e non ha mai sperimentato più di un mascara, un po' di correttore e una linea di eyeliner - del resto, non ne ha mai avuto occasione, sono state rare le volte in cui è uscita di casa escludendo gli appuntamenti con la psichiatra.

Si domanda cosa penserebbe Alistair se la vedesse truccata, magari con un rossetto rosso, delle ciglia nere e lunghe e le guance imporporate, ma scaccia subito quel pensiero. Il modo in cui l'ha guardata quando era nuda davanti a lui, semplicemente nuda, viva e pronta, è impagabile e insostituibile. Le ha rivolto uno sguardo che non scorderà mai.

Alistair è stato il primo a guardarla così. Il primo e probabilmente anche l'ultimo.

L'ha fatta sentire

Esposta. Potente. Rinata.

L'ha fatta risorgere dalle ceneri della vergogna con il suo sguardo, uno sguardo arrabbiato e in conflitto, uno sguardo terribilmente e naturalmente umano. Uno sguardo che tradisce ogni impulso animale e nega con violenza qualsiasi barlume di raziocinio.

Eppure lui ha saputo resistere. L'ha cacciata e l'ha sconfitta ed Eleanor non può fare a meno di ammirarlo per la sua capacità di autocontrollo. Ma dovrà trovare comunque il modo per distruggerlo.

Il suo piano è quello di fargli perdere quello stesso controllo a cui lui tanto si aggrappa. Può fargli del male solo riducendo a pezzi tutto ciò che di Alistair Lane gli resta. E uccidendolo, ogni tanto.

Non è molto, ma se lo farà bastare.

Indossa quel vestitino dopo aver preso un respiro profondo. Nuove idee orribilmente stupende si intrecciano nella sua mente, infila le braccia nelle maniche, allaccia la cintura, pensa a quanto sarebbe bello stracciargli i vestiti da dosso con un coltello e tagliargli la gola mentre è sopra di lui sul letto, si aggiusta le pieghe della gonna e si rifà la treccia ai capelli prima di aprire la porta e scendere le scale.



Quando entra in cucina è sola. Sente il vociare soffuso della televisione provenire dal salotto. Alistair è lì.

Di sicuro lui l'ha sentita scendere le scale e, se non l'ha sentita, l'ha percepita nel suo avvicinarsi. Per un attimo spera di non vederlo, ma è un attimo che sfuma velocemente.

Deve stare a contatto con lui, per capirlo, per studiarlo. Non può evitarlo.

Le ha lasciato sul tavolo un piatto con due tramezzini triangolari con prosciutto, insalata e formaggio. Eleanor li guarda con un altro crampo allo stomaco, nonostante avesse sperato in qualcosa di più sostanzioso.

Prende il piatto e si dirige fuori dalla cucina. Oltrepassa l'arco e la porta aperta del salotto, trovando Alistair seduto sul divano con una gamba accavallata all'altra. Si guardano per un secondo, poi lui distoglie lo sguardo per puntarlo nuovamente verso il televisore.

« Sono avvelenati? » gli chiede lei, accennando al piatto che ha tra le mani.

« No. E comunque se lo fossero non te lo direi. »

Eleanor si siede sul divano accanto a lui, senza però provare a sfiorarlo. Non vuole toccarlo, vuole che sia Alistair a toccare lei, con le sue mani cattive, con i palmi ruvidi e le dita taglienti.

Si mette a mangiare lì in silenzio, gemendo appena per la spaccatura sul labbro, mentre il film che stava guardando Alistair si chiude con i titoli di coda e una colonna sonora malinconica. Il televisore non è nuovo, ma video e audio non sono particolarmente alterati.

Eleanor finisce i tramezzini in pochi minuti. Ha ancora fame, ma non vuole dirglielo. Non ha nemmeno scartato il formaggio come ha sempre fatto.

Si volta di nuovo verso Alistair, cercando di non pensare ai centimetri che separano le loro gambe. Lui indossa un jeans e una maglietta nera sgualcita e un po' slargata. Anche con quell'abbigliamento riesce ad apparire più vecchio - più vissuto - e soprattutto serio, imponente. È colpa della sua espressione perennemente cupa e minacciosa, è colpa delle sopracciglia dritte che cadono basse sul suo sguardo violento, è colpa della fronte appena stempiata e adornata di un solco che non si cancella mai, e dei tratti marcati, della mascella dura, degli zigomi abbastanza sporgenti per un canone maschile, del collo possente, delle spalle larghe, delle braccia che l'hanno trattenuta sotto la pioggia quando lei aveva provato a scappare dallo studio della Munro.

Immagina di salire a cavalcioni su di lui, adesso, di prendergli il viso tra le mani e di respirare sulla sua bocca, assistendo da dominatrice a qualsiasi sua possibile reazione disperata.

La verità è che vorrebbe tanto, tanto sottometterlo.

« Che film era? » gli domanda, dopo aver appoggiato il piatto vuoto sul tavolino di fronte al divano. Ha scoperto con piacere che è una di quelle persone che non lasciano mai in sospeso nulla - che guardano anche i titoli di coda di un film, senza un motivo apparente. Come lei.

« Cosa importa? È finito » ribatte lui laconicamente, prendendo il telecomando e cambiando canale, una volta terminati anche i titoli di coda.

« Ero... curiosa. »

È curiosa di conoscere i suoi gusti, in realtà. Si possono capire molte cose di una persona dalle pellicole che guarda, dalla musica che ascolta, dai libri che legge. Eleanor pensa di poter essere decifrata da cima a fondo da chiunque conosca i suoi gusti e sia un attento osservatore. Ma nessuno la conosce così bene, neanche i signori Gayre.

« Il tuo regista preferito? » riprova a chiedere.

Alistair le rivolge un'occhiata d'ammonimento. Non vuole parlare con lei. E probabilmente sottovaluta la sua cultura artistica in generale. Non sa che nella sua adolescenza ha avuto talmente tanto tempo per stare da sola da potersi acculturare sotto innumerevoli punti di vista. Non sa che i suoi registi preferiti sono italiani, che ha guardato più film in bianco e nero che a colori, che conservava nella sua libreria diverse sceneggiature originali rilegate. Non sa niente di lei.

Niente.

Eleanor si zittisce e si stringe le mani in grembo, alzando gli occhi sul telegiornale trasmesso da un canale nazionale. Riporta varie notizie che ai suoi occhi appaiono del tutto trascurabili, politica, borsa, guerra, nulla del mondo le interessa più, la sofferenza altrui le passa davanti e lei sbatte le palpebre senza esserne minimamente toccata, perché la sua sofferenza sarà sempre maggiore, sempre più egoista.

Alistair è altrettanto impassibile e cerca di ignorarla. Eleanor sa che tra un po' cederà. Più sono vicini, più la sofferenza si materializza intorno a loro. È meglio lasciarsi trasportare, meglio cedere, piuttosto che lasciarsi dilaniare così.

La guarda sott'occhi per un attimo e sembra sul punto di rivolgerle la parola dopo minuti di silenzio, quando una notizia del telegiornale cattura l'attenzione di entrambi.

Eleanor impallidisce, Alistair tende la schiena in avanti, appoggiando i gomiti sulle ginocchia.

« La figlia del proprietario della Gayre Industry, Eleanor Gayre, è scomparsa da tre giorni, in circostanze poco chiare. Sembra trattarsi di una fuga premeditata, ma l'indagine non vuole escludere la possibilità di un rapimento » riporta la giornalista dal caschetto biondo, gli occhiali rettangolari e l'espressione neutra, dopo aver letto dal suo plico di fogli sulla scrivania. Una foto di Eleanor compare al lato dello schermo. « La polizia esorta a segnalare qualsiasi avvistamento. La famiglia non si è esposta più del necessario, ma ha rilasciato comunque una disperata richiesta d'aiuto. "Nostra figlia ha bisogno di noi, nelle sue condizioni non può restare da sola, è in pericolo" è tutto ciò che i signori Gayre hanno voluto esprimere in merito alla vicenda. »

La notizia è breve, non le viene dedicato alcun servizio in esterna e viene quasi immediatamente sostituita da un'indagine su una sparatoria causata da un noto gruppo di spaccio di Manchester.

Mamma e papà hanno ignorato la mia lettera.

Sono disposti a rischiare tutto
pur di trovarmi.

Eleanor non è sollevata da questa scoperta. Eleanor è furiosa.

I suoi genitori non hanno mantenuto fede alla sua richiesta. Lei non voleva essere cercata. Voleva essere abbandonata per sempre. Abbandonata lì con Alistair e la loro vendetta.

Si alza in piedi, turbata, con il cuore che accelera nuovamente nel suo petto, raggiungendo picchi che lei non era nemmeno in grado di immaginare.

Non è abituata ad essere amata e non lo sarà mai.

« Ci troveranno » mormora, camminando avanti e indietro, prima a bassa voce, poi aumentando sempre di più il tono. « Ci troveranno, Alistair, ci troveranno, maledizione, te l'avevo detto! »

« Eleanor, stai calma » prova a dire lui. « Era una cosa che avevo messo in conto. Non ci troveranno facilmente, qui. Ci sposteremo tra un paio di mesi. »

Ma Eleanor non lo ascolta. Non fa nemmeno caso alla sicurezza con cui Alistair pronuncia quelle parole - ha davvero pensato a tutto?

Non fa nemmeno caso al velato stupore nella sua voce, derivato dalla consapevolezza che lei voglia restare lì con lui.

« Avresti dovuto ucciderli! » gli grida lei, in preda alla rabbia. « Hanno accennato alla mia presunta insanità mentale o sbaglio? Possono farlo, in televisione? Possono? »

Alistair si alza e le si avvicina, anche se più cautamente del solito. Non l'ha mai vista così nervosa, non l'ha mai vista così... sulle spine. Non sa che tutta quella tensione accumulata è frutto dell'astinenza dagli antipsicotici.

Ora Eleanor comincia a sentirne la mancanza. Si pente di aver pensato di non averne bisogno fino a qualche ora prima. Sente la mancanza di quella pillola liscia e insapore che scivolava sempre nella sua gola dopo mangiato, sente persino la mancanza dell'abbattimento fisico, dell'inibizione, delle giornate passate a dormire profondamente senza ansie e senza ricordi corrosivi.

Spera che non le venga un altro attacco di panico.

Alistair le si avvicina ancora, fino a prenderle il viso tra le mani. « Eleanor, calmati » le dice, rassicurante. Nessuno dei due avrebbe mai pensato di trovarsi nelle condizioni di dover rassicurare l'altro, eppure sta accadendo, adesso, Alistair cerca di tranquillizzarla e lei si focalizza sui suoi occhi, per la prima volta confortanti, limpidi. « Non so se possono dire cose del genere in televisione. E non so come tu faccia a rimproverarmi di non averli uccisi. Insomma, sono i tuoi genitori... »

« Non mi importa di loro » ribatte Eleanor, tremando. Tira un respiro più lungo dei precedenti, tenta di calmarsi, nonostante le lacrime che le pungono come spine ai lati delle palpebre e le mani bollenti di Alistair tra collo e guance. « Non mi importa di nessuno. Voglio solo essere... lasciata in pace... qui con te. »

« In pace? » sottolinea lui. « Sei così sicura di non voler tornare a casa? »

Eleanor annuisce e si impone di non piangere. Lui l'ha già vista piangere troppe volte. Va bene sembrare la ragazzina innocente, ma non ora, non ora che non sta nemmeno pensando ai suoi piani di vendetta né sta provando a manipolarlo.

Per la prima volta che è lì con lui, il pensiero principale di Eleanor non è ucciderlo.

« Beh, dovevi aspettarti che i genitori sarebbero andati a cercare Cappuccetto Rosso, prima o poi » continua lui, lasciando comparire sulle sue labbra l'ombra di un sorriso.

Eleanor lo guarda, rincuorata dal suo sarcasmo come non mai. Il panico allenta la presa nel suo petto. « E tu saresti il lupo? »

Alistair ridacchia quasi impercettibilmente, poi le lascia il volto e prende il telecomando per spegnere la televisione. Non risponde a quella provocazione, ma almeno riprende a parlarle. « Immagino tu abbia ancora fame dopo quei tramezzini. » Tira dalla tasca dei jeans il suo mazzo di chiavi. « Non sarò un cuoco, ma almeno- » e si blocca, d'improvviso, tenendo il mazzo immobile in una mano.

Eleanor capisce al volo cosa ci sia di sbagliato.

Alistair si è accorto che manca una chiave.

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