Pensieri spiccati
È necessaria un'altissima dose di concentrazione per controllare i nostri pensieri. Certe volte, però, non basta nemmeno quella. Certe volte è inevitabile lasciarsi sfuggire pensieri che non vorremmo mai sentir spiccare sulla coltre indistinta di tutti gli altri per farsi ammirare.
Esattamente: ammirare. Perché, personalmente, trovo tutti i pensieri appartenenti alla categoria degli spiccati estremamente egocentrici. È questo che li rende così seccanti, a volte.
Sono sincera nel dire, tuttavia, che questa non è una di quelle volte. E il fatto che stia ringraziando le mie sinapsi è da collegare proprio a ciò che mi hanno fatto venire in mente alla vista del reparto dolci. Meglio conosciuto come Cimitero dolci.
Forse è stupido, ma davanti a questi quattro prodotti in croce non posso fare a meno di ripensare al giorno in cui ho parlato a Gabriele la prima volta.
Non perché abbia voglia di ricordare sdolcinatamente il nostro romanticissimo primo incontro, è chiaro. Solo perché non riesco a fare a meno di pensare al giorno, a quel giorno, e al fatto che non fosse un martedì.
Mi rendo conto di essere ancora estremamente curiosa riguardo questa... cosa. Peccato che sembra io faccia di tutto pur di non giungere ad ottenere una risposta.
"Sara, non abbiamo tutta la notte!". Susanna mi supera lanciandomi un'occhiataccia e istintivamente riporto lo sguardo sul pesante scatolone che tengo in mano, ricordandomi così in che corsia vada sistemato.
Il mio pensiero spiccato torna, senza troppa fretta, nel suo stato di quiescenza, ed io con lui.
Vi rimango più o meno fino a quando, mentre sto registrando la spesa di una madre attenta alla linea, non lo vedo sbucare dalla corsia numero quattro.
Esattamente come uno di quei pensieri spiccati... anzi, quasi esattamente: lui non potrebbe mai seccarmi.
L'unica cosa che riesco a provare in questo momento è semplicemente un tantino di panico, soprattutto perché non è mai venuto alla mia cassa durante la bellezza di nove lunghi mesi, mentre adesso pare proprio che la traiettoria del suo cammino punti esattamente qui.
Incollo immediatamente lo sguardo al registratore di cassa e m'impongo di fare mente locale.
Ad essere del tutto sincera, cerco spudoratamente di convincermi che a) lui non è Gabriele Stevens; b) è il suo sosia; c) è quel tipo di sosia che va a rubargli la felpa e le scarpe per rivestire al meglio il suo ruolo; d) essendo il suo sosia, non c'è alcun motivo per cui io debba preoccuparmi di quello che è successo l'altra sera; e) se proprio devo preoccuparmene, posso tranquillamente farlo dopo che il sosia di Gabriele se ne sarà andato, perché f) in questo momento non c'è ragione di sembrare scema di fronte alla donna - grissino che mi separa dal sosia di Gabriele, no?
La signora dei cibi senza grassi idrogenati, senza zuccheri aggiunti, senza olio di palma, senza niente di niente, se ne va pronunciando un meccanico "arrivederci" e io me lo ritrovo improvvisamente davanti al naso.
Non dice una parola.
Rimango un po' sorpresa, però non mi azzardo a rompere il silenzio. Sento crescere l'imbarazzo ogni secondo che passa. Non è una cosa a cui sono abituata: non alla mia cassa, in cui, mal che vada, gli unici che certe volte rimangono interdetti per qualche mia particolare uscita sono coloro che mi stanno di fronte, e non il contrario.
Registro la sua "spesa", che consiste in due confezioni di mentine e in un pacchetto di caffè, e invio la stampa dello scontrino.
Un rumore improvviso mi fa quasi sobbalzare sulla sedia. Il computer di cassa ha rifiutato il codice.
Ho sbagliato il codice. Non mi era mai successo.
Lo ricompongo, imponendomi di stare calma. La cassa si apre.
Gabriele appoggia i soldi sul ripiano di vetro, rimanendo in costante silenzio.
Li prendo e li metto nella cassa, sostituendoli con lo scontrino.
Sono giusti, contati al centesimo, dunque: niente resto. Non ricordo l'ultima volta che non ho dato il resto.
"Ha una penna?".
Nel sentire la sua voce sollevo di scatto lo sguardo, sbigottita, senza afferrare il significato di quello che ha detto. Lo guardo spaesata per qualche secondo, poi distolgo lo sguardo e lo punto alla sua destra.
È così che noto l'espressione perplessa del signore in coda dietro di lui e che mi rendo quindi conto di cosa mi abbia chiesto.
La sfilo dalla tasca della divisa e gliela porgo.
Gabriele gira lo scontrino dalla parte non stampata e comincia a scrivere.
Dopo qualche secondo rimette il tappo sulla penna. Poi torna a guardarmi e sorride, porgendomi lo scontrino dalla parte stampata.
Non dovrei prenderlo. Sembrerebbe evasione fiscale. Non appena lo penso, però, un pensiero spiccato riguardante una fumatrice dall'aria stanca che un giorno si rivolse ad una commessa dall'aria ancor più stanca emerge dal sottofondo composto da tutte le mie altre idee e mi fa chiudere le dita attorno a quel pezzo di carta.
L'attimo dopo Gabriele si avvia all'uscita, senza proferire altre parole.
Sul retro dello scontrino ci sono tre frasi.
Ci metto troppo tempo a comprenderle, anche se forse non le capirò mai fino in fondo, e quando istintivamente mi alzo, cercandolo con lo sguardo, non lo vedo già più.
Il mormorio concitato della gente che mi circonda torna a prevalere e cancella tutto ciò che è appena stato.
Mi ricorda che sto ancora lavorando e che manca più di un'ora alla chiusura.
Mi ricorda di tornare a sedermi per fare in modo di lasciare uscire i clienti dal supermercato con il portafoglio più leggero in tasca, una borsa pesante in mano e il testimone di tutto questo riposto, gettato o dimenticato da qualsiasi parte, purché toccato dalle loro dita almeno una volta.
Mi ricorda che, come tutte le migliaia di clienti di questo supermercato, anche Gabriele ha toccato il suo, di scontrino. Con la sola ed unica differenza che, con un semplice gesto, quale scrivere, l'ha condiviso con me.
Il suo testimone è in qualche modo il nostro, adesso, e non m'interessa se questo può sembrare un pensiero smielato, perché, in verità, si tratta semplicemente di un pensiero spiccato che riguarda una donna di nome Eleonora, un divano scontato, una foto e qualcosa che ora mi lega non più indirettamente a tutto ciò: un pezzo di carta nella tasca della mia divisa.
Grazie di tutto
Scusa per qualcosa
Non mi pento di niente
N.d.A.
Gabriele è riuscito a sorprendere Sara una seconda volta... ve l'aspettavate? Non so se sia riuscita a rendere bene l'importanza di questo capitolo... a voi il giudizio!
Grazie a tutti, a presto!
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