Capitolo 01 - Un Mondo Che Brucia
La ferita era rigonfia e calda e quando Seamus la premette ne colò un denso biancastro liquame maleodorante, odorava di morte.
Si tolse la cintura e se la infilò in bocca.
Si fermò un secondo ad osservare il coltello che aveva infilato tra le braci calde, la lama ormai si era fatta rossa e rovente.
Deglutì ricercando la sua determinazione, andava fatto.
Premette con forza, doveva rimuovere il più possibile dalla ferita quell'ammasso di morte. Quando si allungò verso l'impugnatura della lama detestò i tremori delle proprie mani. Serrò la morsa sul cuoio della cintura e con un gesto veloce e deciso premette l'acciaio incandescente contro la ferita pulsante.
Seamus ringhiò ricacciando in gola il grido di dolore che d'istinto gli gorgogliò in gola. Se non si fosse aggrappato con forza al suo obbiettivo avrebbe perso i sensi ma non se lo poteva permettere.
La squadra speciale per la caccia alle creature fatate stava per piombare su di loro da un momento all'altro.
Le sue dita si dischiusero e il coltello cadde a terra, Seamus prese il pezzo di stoffa che più gli parve pulito e lo premette con forza contro il fianco.
Il volto di Neil, lo guardava con occhi scuri così simili ai suoi, forse aveva compreso? Non voleva essere causa di preoccupazione per il suo dono dal cielo, era il Dottor Schloss il pericolo, il più grande cacciatore di magia mai esistito.
Neil non era pronto, non lo era mai stato, era troppo puro per quel mondo dilaniato dalla guerra.
Quella mattina aveva accompagnato il suo dolce fratello all'ospedale da campo più vicino a trovare un suo, anzi, un loro commilitone.
Ma se fosse dipeso solo da Seamus non sarebbe mai andato a trovare qualcuno che non fosse Neil, perché in tutta la sua vita solo di lui gli era importato.
Suo fratello era diverso, lui aveva fatto amicizia con moltissime altre persone, anche nell'esercito era riuscito a penetrare in profondità nel cuore delle altre persone. Perché era il tipo che si preoccupava, che si recava al loro capezzale quando si ferivano, che li aiutava a recuperare il rancio quando restavano indietro per le marce troppe estenuanti.
Era fatto così...
Ci stava ripensando perché l'odore che aveva avvertito in quel luogo era maledettamente simile a quello che emanavano i suoi stracci, la ferita, il suo corpo.
Emanava tanfo di morte, per questo gli era tornato alla mente il volto cereo di quel soldato di cui non rammentava il nome.
Avrebbe potuto andare alla tenda medica e chiedere dei medicinali, qualcosa per il dolore e per non far guastare la ferita, ma ammettere le proprie debolezze era qualcosa che non poteva concedersi, lo avrebbero fatto rimanere indietro.
Un nodo allo stomaco lo piegò in due, rivedeva il corpo di quel ragazzo, così giovane, una salma a malapena viva. Gli avevano reciso le gambe sopra al ginocchio.
Pareva che avesse calpestato un ordigno nel campo che stava sminando, Seamus aveva pensato che fosse ironico rimanere feriti dalle armi del proprio esercito e non dagli artigli e dalle zanne delle fiere magiche.
La nausea divenne incontrollabile, si girò da un lato e vomitò.
Era quello il suo destino? Ritrovarsi rinchiuso in un corpo putrescente in disfacimento?
Neil non doveva sapere, per questo si era nascosto per compiere quelle manovre, non importava se questo comportasse piangere e reprimere il dolore in perfetta solitudine.
Avrebbe continuato a mentire e a sorridergli beffardo.
Proprio come quando quella mattina avevano lasciato l'ospedale, quando con il miglior tono rassicurante che avesse mai avuto gli aveva detto «si riprenderà vedrai...»
Una bugia agrodolce, ma che aveva donato al suo Neil un sorriso speranzoso.
Suo fratello aveva ripetuto con rinnovata convinzione «Si riprenderà! Gli daranno gambe nuove e sarà più forte che mai!»
Lui gli aveva annuito, non avrebbe mai infranto le sue pie illusioni.
Certo che avevano le capacità per creare nuove gambe al ragazzo, ma non lo avrebbero mai fatto per un plebeo con solo il misero stipendio dell'esercito.
Erano solo carne da macello, strumenti per la conquista.
La sua ferita pulsava, la carne rosso vivo ancora rovente gli rimandò una stilettata dolorosa.
Seamus si ritrovò a fare lunghe pause perché le sue stupide mani non smettevano di tremare.
Imprecò ricacciando indietro le lacrime di frustrazione che iniziavano ad affiorare. Non era un debole ragazzino, non si sarebbe steso in un letto ad attendere la fine tra i deliri della febbre a cui quell'infezione lo avrebbe portato, lui avrebbe continuato a marciare, si sarebbe fatto ammazzare piuttosto ma non lo avrebbero lasciato indietro.
Niente e nessuno gli avrebbe impedito di marciare anche febbricitante, zoppo, o anche senza un occhio. Si sarebbe suturato infinite volte, ustionato, rimesso assieme tutti i pezzi fino al suo ultimo respiro solo per restare accanto a Neil, lui era la sola cosa che contasse.
Si chiese se la pallida signora fosse già passata da quel giovane soldato sofferente e quanto tempo avesse anche lui, non doveva aver poi così tanto tempo, si disse tra sé e sé. Lo sapeva, lo sentiva nella febbre che iniziava a bruciare sotto la sua pelle, in quella maledetta infezione magica che il popolo sussurrante gli aveva inferto.
Ripiegò quello che restava della sua misera coperta, raggelò pensando alle notti che lo avrebbero atteso i giorni seguenti.
Non voleva morire, ma non era mai stato particolarmente bravo a mantenersi in vita.
Forse non gli aspettavano così tante notti, non poteva esserne certo ma sicuramente
Quando iniziò a fasciarsi il fianco con quel poco di bende pulite che aveva ritrovato nel suo zaino. La sua pelle rabbrividiva, mentre la febbre iniziava ad alimentarsi, era rovente e raggelato al tempo stesso. Una volta terminato si rimise la maglia e sorrise ricordando il caldo corpo di suo fratello stretto al proprio, il suo battito lento e regolare, forse avrebbe avuto qualche dolce notte stretto al suo tesoro prima della fine.
Seamus radunò le sue cose e le cacciò nello zaino di tela, il suo sguardo indugiò su una scatoletta di acciaio la aprì e ne rimirò quel piccolo fiore candido. La stella alpina era intatta, immacolata come quando era sbocciata nel punto esatto in cui la scintilla di stella era caduta dal cielo, esaudendo il suo desiderio donandogli Neil.
Se la portò alle labbra con solenne adorazione «Lo proteggerò finché avrò vita e anche dopo, te lo prometto!»
Forse le stelle non lo stavano più ascoltando da tempo, forse ormai non avevano più pietà da donare all'uomo che era diventato, ma il bambino che ancora stava rannicchiato nella neve voleva sperare che attraverso quel magico fiore ancora lui immaginava che attraverso quel fiore potessero avvertire le sue parole.
Ripose il fiore e si caricò lo zaino in spalla.
Una volta fuori dal suo nascondiglio cercò con lo sguardo tra i molti elmetti.
I suoi compagni stazionavano come sospesi nel tempo, attendendo che i tre colpi gli intimassero di mettersi in posizione e prepararsi alla nuova avanzata.
Seamus non ebbe il tempo di aprir bocca perché lo afferrarono e lo strinsero con forza, strappandogli un gemito sorpreso.
«Dove diavolo eri finito? Stiamo per avanzare!»
Un caldo sorriso e due caldi occhi scuri carichi di rimprovero, Neil gli afferrò il volto, le sue lunghe dita ripercorsero le cicatrici incise sulle guance e sulla fronte di Seamus, come se volesse accertarsi che non fossero cambiate.
Se non fosse stato per Neil, Seamus non si sarebbe mai più fissato allo specchio, perché rimirare quei segni lo riempivano di dolore, rammentandogli un orrore che non riusciva a trattenere dentro il suo cuore.
Ma fin quando Neil gli avesse ripetuto che quei segni erano il ricordo della sua forza indomita lui ci avrebbe creduto.
Quando suo fratello allentò la presa Seamus gli sedette accanto, stando ben attento a non premere sulla ferita ancora gemente, doveva celare la sua debolezza, così sorrise e dette uno colpetto all'elmetto dell'altro prima di dargli un colpetto deciso.
Neil per tutta risposta gli strappò da sottobraccio l'elmetto e lo calò sulla testa di Seamus.
«Vedi di non toglierlo mai!»
Seamus ridacchiò, malgrado fossero quasi identici e tutti li scambiassero per gemelli, Seamus era il fratello maggiore ma fin troppe volte Neil lo trattava come un ragazzino scapestrato, così sorrise scostandosi l'elmetto e passandosi una mano sui cortissimi capelli con un sorrisetto di sfida.
Adorava stuzzicare quella chioccia protettiva perché in quei momenti Neil sembrava scordare che il fratello non solo fosse più grande ma avesse anche molta più esperienza militare.
D'altro canto, Seamus era ben consapevole di essere alquanto spericolato, quindi forse la preoccupazione di Neil non era del tutto immotivata. La stessa che mosse le sue attente mani che gli afferrarono nuovamente l'elmetto legandoglielo sotto al mento.
In quel preciso istante i colpi comunicarono loro che era arrivato il momento dell'avanzata e ogni sorriso giocoso si dissolse dal volto di Seamus.
Afferrò il fratello e lo spinse dietro di sé, intimandogli di seguirlo.
Quando si appostò verso la scala che li avrebbe indirizzati verso il ripiano oltre la trincea verso la via d'attacco, una fitta al fianco lo bloccò.
Un fiotto gli risalì in gola ma Seamus lo ricacciò indietro nel profondo.
Suo fratello gli strattonò la manica, cercando di dirgli qualcosa, Seamus immaginò che avesse visto la macchia di sangue allargarglisi sulla maglia.
Seamus sentiva la testa pulsare, i rumori si erano fatti ovattati, aveva l'impressione che la sua testa fosse avvolta da una pesante bolla puzzolente.
Neil tentò invano di attirare la sua attenzione ma in quel momento riecheggiò un nuovo colpo, Seamus afferrò il fratello e iniziò a correre oltre la trincea, verso la zona fantasma. Aveva in mente un solo pensiero, un'ossessione battente.
Devo portarlo lontano... Devo portarlo oltre il prossimo confine...
Radunò tutte le forse e afferrando il braccio del fratello balzò verso il pericolo. Seamus corse, l'arma imbracciata, deciso a non fermarsi fino al successivo punto sicuro.
Voleva correre fino a lasciarsi indietro tutti gli altri, ma il suo corpo era già pronto ad arrendersi.
La vista gli si offuscava velocemente, rendendolo quasi cieco in quella folle corsa.
Ormai era la sua sola determinazione a spingerlo avanti, lasciandosi una scia di sangue alle spalle.
Avanzando iniziò ad urtare ostacoli ormai primi di vita, la sua corsa aveva già iniziato a riempirsi di cadaveri.
Nonostante la vista opaca Seamus iniziò ad abbattere il nemico, le creature colpite dalle sue pallottole esplodevano come scintille di luce.
Avrebbe voluto gioire, ma quella polvere splendente gli si attaccava addosso, lasciandogli solo senso di disprezzo per le proprie stesse mani.
Fai quello che devi, sopravvivi!
Era come se quella voce volesse rassicurarlo, dargli una giustificazione come scusa.
Ricordarla però gli dette una nuova scossa, doveva sopravvivere, portare Neil oltre quella distesa di cadaveri
Vide altre creature esplodere in mille colori.
Selkie, Fairie anche loro erano solamente carne da macello, proprio come lui.
Intravide la bandiera che segnalava la trincea successiva, quella che avevano perduto solo pochi mesi prima alla carica del nemico.
Ripensò a quella notte, alle tenebre che divoravano quello sguardo sorpreso ma i suoi pensieri si dissolsero.
Un lampo, un sibilo e senza pensare lanciò lontano Neil mentre si voltava a osservare il compagno che dalle spalle lo aveva colpito. Avrebbe voluto essere sorpreso di cadere sotto fuoco amico ma in realtà era sempre stato certo che quella sarebbe stata la sua fine. La sua natura diversa era impressa sul suo volto inciso in profondità.
Avrebbe solo voluto vedere il volto del suo assassino, ma inciampò e cadde sdraiato nel fango mentre dei soldati gli correvano attorno.
Nessuno lo guardò, sapevano? Lui non era solo umano, non era veramente un loro compagno. Parlava alle stelle, dalle sue mani nasceva la vita o la morte, possedeva la magia anche se l'aveva rinnegata per anni.
Il tempo rallentava, sbattè le palpebre mentre ogni respiro diventava agonia.
Nonostante il dolore cercò di rialzarsi, di urlare a Neil di avanzare.
Sul suo addome nuove purpuree macchie stavano apparendo.
Non erano ferite magiche, ma lo aveva compreso subito, qualcuno gli aveva sparato, uno dei suoi compagni aveva cercato di ucciderlo.
Ricercò suo fratello e lo trovò all'istante, a un passo dalla trincea, dalla salvezza.
Perché invece se ne stava fermo dietro quella carcassa di animale, era una pessima idea, ma mai come quella che gli leggeva impressa negli occhi.
Seamus scosse con forza la testa.
Vai!
Sillabò senza voce
Cercò di urlare, ma non avrebbe mai prevaricato il suono delle esplosioni.
Sperò che il suo sguardo gli urlasse contro di avanzare, che comprendesse l'urgenza.
«Vai!»
Odiò il tremore della sua voce, come sentirsi così esposto, così vicino alla solitaria morte.
Neil lo osservò senza distogliere lo sguardo e Seamus comprese quello che il fratello stesse per fare prima ancora di vederlo muovere.
Invano scosse la testa e gli indicò di avanzare, di seguire i compagni verso la nuova trincea, glielo leggeva negli occhi, non sarebbe andato oltre.
Neil si lanciò in avanti verso di lui, era terrorizzato ma determinato come non mai, la paura non lo fermò e il ragazzo continuò a correre.
Seamus fu certo di aver smesso di respirare finché Neil non gli piombò addosso strappandogli un gemito e un colpo di tosse e sangue.
Sentì le sue braccia stringerlo tremanti. «Ti porto in salvo io!»
La voce di suo fratello era debole e tremante ma decisa. Seamus mosse il braccio cercando di ricambiare la stretta, ma la forza lo stava abbandonando.
Non farlo mai più... potevi essere colpito, dovevi seguire l'avanzata e metterti in salvo... La trincea è vicina e le creature si stanno ritirando tu...
Questo Seamus avrebbe voluto dirgli, ma dalla sua bocca emerse solo una gorgogliante boccata di sangue.
«Non ti lascerò mai andare!» gridò Neil stringendolo con disperazione.
Seamus le sentì calde scendere lungo il suo volto, lacrime non di dolore ma di gioia.
Perché il suo Neil si era gettato nel fuoco per lui, gli aveva ricordato quell'ardente sensazione provata quella notte lontana la prima volta che aveva stretto suo fratello tra le braccia.
Neil si protese per attirare l'attenzione e accese un bengala di segnalazione, in cerca di aiuto ma poi tornò a chinarsi su Seamus.
«Andrò tutto bene...»
Le sue labbra un'amorevole carezza.
Seamus ansimò un flebile e doloroso «Sì...»
L'oscurità scendeva rapida su di lui, le stelle lo osservavano come quella notte.
Stai attento bambino, le bestie sono vicine, ti sbraneranno, dovete fuggire!
Una scintilla di magia gli illuminava la strada, gli mostrava ancora una volta l'abisso oltre la frontiera.
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