87: L'angelo del parco
"Ehi, Fede! Dai, prendimi!"
Erano al parcogiochi... Thomas correva come un forsennato, mentre il fratello, ridendo, faceva finta di non riuscire a stargli dietro. In realtà era più scattante che mai e rimaneva apposta un pochino indietro.
"Non sei molto in forma o forse non ti ricordi più come si fa, Fede?" domandò, con una risatina, la piccola peste.
"Tu credi, gnomo che non sei altro?" lo schernì affettuosamente il Freezer, scattando a sorpresa in avanti e prendendo in braccio quella piccola peste.
"Ehi! Non sono uno gnomo, io!" mugolò Thomas, facendo il finto offeso.
"Oh, sì che lo sei! Anzi: sembri un folletto!" gli disse Fede, ridendo e toccandogli le orecchie.
Thomas guardava lontano, vedeva un'altalena dondolare in lontananza.
"Vieni" disse il Freezer mettendolo giù. C'era un'altra altalena vuota e Thomas vi saltò sopra, contentissimo.
"Mi puoi spingere tu?" chiese il bimbo.
"Non sai farlo o vuoi essere trattato come un principino?" chiese Fede, ritornando con la mente a quando era ragazzo e faceva giocare un quasi neonato Thomas con l'altalena, per fargli provare, anche se solo in minima parte, l'ebrezza del volo. Dopo quello che era accaduto a suo padre non osava proporre al piccolo Thomas di volare in elicottero, ma con l'altalena poteva gestirsi.
"Ti prego, fallo!" supplicò Tommy.
"Bene. Chiudi gli occhi, allora" disse Fede, e Thomas obbedì. Quando fu pronto, Fede si mise dietro l'altalena, l'afferrò e prese a correre avanti e indietro, stando attento a non far ribaltare il fratellino, ma facendogli sentire il vento tra i capelli e gli spostamenti veloci dell'aria sul volto. Una donna, che faceva lo stesso con la sua nipotina, lo guardava da lontano, incantata da tanta dolcezza, e sorrideva sognante, sperando di poter fare lo stesso.
"È davvero un bravo padre, signore." disse indicandolo, senza peli sulla lingua.
"No, non è mio figlio... è il mio fratellino."
"Oh... mi scusi... e i suoi genitori... dove.. ehm..."
"Beh, loro sono andati via quando lui era ancora piccolo."
"Mi dispiace... sa, anche mia nipote è rimasta orfana e l'hanno affidata a me."
La donna era tesa, agitata. Non sapeva come fare.
"Sa, io... io non lo direi ad un estraneo, ma lei... non so perché, m'ispira molta fiducia."
Lo guardò esitante, poi continuò: "Ho appena vent'anni... mia sorella era un po' più grande e io... ho paura di non riuscire a crescere questa bambina."
"Se posso darle un consiglio, non permetta che le responsabilità la induriscano o le facciano dimenticare il lato migliore di sé. Sia se stessa, in modo che la piccola non abbia paura di confidarsi con lei... a me è successo, e fa molto male... ma per fortuna qualcuno mi ha aiutato a capire che con la durezza non si va da nessuna parte."
La donna rimase in silenzio per qualche attimo, poi delle grida attirarono l'attenzione di entrambi. Una donna alta e di corporatura più che robusta teneva per un braccio una bambina, mentre un bambino poco lontano le urlava di lasciarla andare.
"Thomas... tesoro, potresti continuare da solo?" chiese Fede. "Io vado e torno."
La donna finalmente lasciò la bambina, che, spaventata, scappò via, e guardacaso si diresse proprio verso di lui. I bambini sentono subito se una persona è speciale, il loro cuoricino li guida, spingendoli a fidarsi o meno, e quella bimba fu attirata dagli occhi dolci dell'"angelo del parco", come lo chiamava nella sua mente.
Quando l'ebbe raggiunto, tese le braccia e lui, quasi avesse capito il messaggio, si abbassò per raggiungere la sua altezza e l'abbracciò.
"Piccola, che hai?" chiese, mentre ogni tanto si girava a controllare Thomas.
La bimba non parlò, ma si strinse di più a lui.
"Non riesci a parlare, tesoro?"
La piccola negò con la testa. Le sue esili braccia erano coperte di segni.
"Sai scrivere?"
Finalmente la bimba fece un cenno affermativo con la testa.
"Benissimo! Dimmi: conosci qualcuno qui nel parco? Indicamelo con il dito."
La piccola indicò il bambino che stava poco più indietro, e Fede fece un segno con la mano al piccolo, non conoscendo il suo nome.
"Ago, che fai?"
La piccola guardò il bambino, che probabilmente era suo fratello. "Se la signora ci scopre..." Agostina, così si chiamava la bimba, iniziò a tremare tra le braccia di Fede.
"Ehi, che cos'hai, piccola?" chiese lui spostandole i capelli dalla fronte.
"Mia sorella non parla... ha paura" disse il ragazzino. In genere non parlava con gli sconosciuti, ma quell'uomo sembrava una persona buona.
"L'ho notato. Tu come ti chiami?" chiese lui, rivolto al ragazzo.
"Santiago" rispose il ragazzino.
"Okay... tieni, Santiago. Va' a comprare una lavagnetta, così Ago potrà dirci cosa le succede." disse Fede, dando dei soldi al bimbo.
A poca distanza da lì c'era una cartoleria.
"Aspetta" disse Fede, vedendo che il bimbo si stava avviando. Controllò che la signora fosse distratta e per fortuna la vide chiacchierare con altre donne. Non gl'ispirava fiducia, e i graffi che Agostina aveva addosso ne erano la prova. "Bene, puoi andare."
Santiago corse a comprare la lavagnetta e una volta tornato indietro mise la lavagnetta in mano ad Agostina. La piccina, con mani tremanti, scrisse: "Voglio la mamma... la signora è cattiva."
"Signore... siamo orfani." disse Santiago.
"Anch'io lo sono" disse Fede. "Da otto anni."
Agostina scrisse: "E ti manca la tua mamma, angelo del parco?"
"Se mi manca? Non passa giorno senza che pensi a lei, ma sono sicuro che ogni notte, quando tu e tuo fratello chiudete gli occhi, lei viene a salutarvi con un bacio sulla fronte. Da dove si trova vi guarda sempre e anche se non può più farsi sentire, vi abbraccia quando siete tristi e quando avete paura..."
Thomas, incuriosito, si avvicinò ai tre.
"Ehi, ciao!" disse. Santiago ricambiò, mentre Agostina si limitò a fare un cenno con la mano. "Sei muta?"
"Thomas!" lo richiamò il fratello, ma senza suonare troppo duro.
"Scusa, non ti volevo offendere!" disse Thomas, notando gli occhi tristi di Agostina.
Ma non ebbero il tempo di approfondire, perché la signora che prima stava tirando la bambina corse verso di loro.
"Scusi, signore" disse, "mi perdoni, mi sono sfuggiti."
"E per cosa? Sono molto carini, non mi hanno infastidito per niente" disse sorridendo lui. Agostina tremava tra le sue braccia e lui posò una mano sulla spalla della donna e disse: "Non li sgridi, la prego! Io so cosa vuol dire essere orfano. Loro si sentono persi e non hanno punti fermi, ora... cerchi di capirli, la prego!"
Per qualche strana ragione, sentendo quella mano calda sulla pelle, la donna sentiva anche tutta la rabbia fluire via dalle sue membra.
"Ehm... bene... venite, bambini." disse con una voce stranamente dolce.
"Ciao Santiago! Ciao Agostina" salutarono contemporaneamente i due fratelli Fritzenwalden.
"Ciao." salutò Santiago, e Agostina nascose la lavagnetta sotto il suo vestitino logoro e rattoppato, poi entrambi i fratelli seguirono la donna.
"Fede..." sussurrò Thomas.
"Cosa c'è, Tommy?" chiese gentilmente il fratello.
"Sono molto fortunato... tu sei tornato e io come riferimento ho te e Flor. E poi non mi tocca stare in orfanotrofio, ma quei due bambini sembrano tristi..."
"È vero, sembrano tristi" confermò lui.
"Non si può fare niente per loro?" chiese Thomas. "Secondo me la signora li pic..."
"Shhh, parla piano!" lo avvertì Fede, vedendo che la donna non era molto distante. "Comunque non lo so... facciamo così: se ora stai meglio e ti sei divertito torniamo a casa e ne parliamo anche con Flor, va bene? Vedrai che qualcosa da fare per loro ci sarà sicuramente."
Thomas sorrise: per natura era un ragazzino sensibile, e le braccia graffiate della bambina l'avevano scosso molto, oltre al suo silenzioso dolore.
I due fratelli tornarono a casa e Flor li accolse all'entrata.
"Ehi! Che belli che siete, con il viso baciato dal Sole!" disse stampando un bacio sulla guancia a Thomas e uno al suo principe. "Ehi... che è successo? Non vi siete divertiti?"
"È stato strafico passare il tempo con mio fratello, Flor!" esclamò Thomas. "Però... poi abbiamo visto due bambini dell'orfanotrofio... sembravano molto tristi, sai? Io li odio, gli orfanotrofi!"
Al sentir parlare di bambini, Flor s'intenerì praticamente all'istante. Andarono tutti e tre in camera sua e Thomas le raccontò tutto.
"Oh, ragazzi... santo cielo, è orribile! Dobbiamo portarli via subito" disse Flor, decisa.
"Aspetta... se quella donna gestisce un orfanotrofio, potrebbe incastrarci e riprendersi i bambini, nel caso in cui decidessimo di portarglieli via così, di colpo." disse Fede.
"Ma se è vero che quella donna li picchia non possiamo lasciarli a loro stessi!" esclamò Flor.
"No! Certo che no" disse Fede. "Però... potremmo andare a vedere cosa si fa in quel posto... in incognito. I due bambini avevano una divisa con il nome dell'istituto."
"E come..." iniziò Flor, ma qualcuno suonò il campanello. Non era la strega, perché con il fioretto di Fede incastonato nel Cristallo non poteva entrare direttamente, ma Bonilla, che di poteri non ne aveva, non venne respinto dal fioretto, quindi lei decise di mandare lui.
"Pericolo! Pericolo! Pupazzo di neve, messaggero della strega!" esclamò Robertina entrando nella stanza.
"Oh santo cielo... ai posti di combattimento!" esclamò Flor.
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