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(79: Grazie, signor Freezer!)

Quella era una notte tremenda, perché dopo Maya, Fede e Martin, toccò a Flor sentirsi giù di corda. Tra meno di una settimana sua madre avrebbe dovuto compiere gli anni, e quando quel giorno si avvicinava, lei sentiva un peso opprimente premerle sul petto. Lei detestava i cimiteri. Parlava sempre a sua madre, le diceva tutto, ma andare in quel posto orribile era un'altra cosa. Non era nemmeno riuscita ad andarci quando credeva che per Fede fosse tutto finito e lui di certo non gliel'avrebbe chiesto. Margarita gli aveva detto della sua avversione per quei posti... cosa che lui condivideva. La sua mamma lo sapeva, ma Flor si sentiva terribilmente in colpa. Si alzò lentamente, mise Robertina sul letto e le rimboccò amorevolmente le coperte... e mentre lo faceva ripensava a lei, a sua madre, a quanto desiderava che quel gesto lo facesse lei con il suo tesoro. Così la chiamava Margarita: "Tesoro".
Uscì silenziosamente, si diresse verso il suo albero e gli s'inginocchiò vicino per poi stringersi forte al tronco.
"Alberello, alberello mio... il mio Fede è stato così dolce, l'altra volta, quando mi ha fatto parlare con la mia mamma... ma io la vorrei qui... la vorrei al mio fianco, ora che ho il mio principe, la grande famiglia che tanto desideravo, i miei figli che nasceranno tra pochi mesi... ora che la mia famiglia soffre, anche... ora che ho tanto bisogno di lei!"
"La tua mamma è sempre qui con te, Flor" disse la sua fatina, quella che vegliava costantemente su di lei. "Quelli che ci lasciano sono sempre qui con noi... vivono nel nostro cuore."
"Lo so... ma io la vorrei qui!"
L'albero parve piegarsi verso di lei e i rami si alzarono e presero a muoversi, come per accarezzarle i capelli. Flor si strinse al tronco, e delle lacrime le bruciarono la pelle delle guance.
Fede, che l'aveva sentita alzarsi, avrebbe voluto raggiungerla, ma aveva paura di allontanarsi da Martin. Emma lo sentì muoversi leggermente, gli andò incontro e gli posò dolcemente le mani sulle spalle.
"Fede, resto io con Martin. Sono una fattucchiera, come dice mio padre, posso tenerlo tranquillo." disse gentilmente.
"Non sei una fattucchiera, ma un angelo terreno, scricciolo" le disse piano lui.
"Flor ha bisogno di te... va' da lei." gli disse sorridendo Emma, prendendo il suo posto. Martin per un attimo si agitò. "No, no, amore mio, tranquillo."
"Questa ragazzina è un vero tesoro" si disse Fede, uscendo dalla stanza il più silenziosamente possibile.
Si diresse in giardino e, come credeva, trovò Flor seduta vicino all'albero. La vide lì, in lacrime, e per un po' esitò, ma alla fine si decise ad avvicinarsi all'albero e le toccò le spalle.
"Ehi... che ti prende, tesoro?"
Flor si voltò verso di lui. I suoi occhi grondavano lacrime e l'unica parola che riuscì a biascicare fu: "S-stringimi..."
"Flor... tesoro, vieni... va tutto bene."
L'aiutò ad alzarsi da terra e l'abbracciò stretta, facendole posare la testa sul suo petto. Il suono del suo battito regolare parve farle bene.
"Vieni... vieni dentro o prenderai freddo, Flor." le disse lui, premuroso.
"Non andartene, ti prego..." supplicò la ragazza, stringendosi a lui.
"Non ti lascio, te lo giuro" disse lui.
Entrarono e si sedettero sul divano, l'uno accanto all'altra. Lei posò l'orecchio sullo sterno del suo compagno, che le passò un braccio attorno alla vita.
"Cos'è successo? Ne vuoi parlare con il tuo signor Freezer?" chiese lui, che di solito si soprannominava così per farla ridere.
Flor singhiozzò più forte.
"Respira... tranquilla... non ti voglio obbligare a parlare, tranquilla." cercò di calmarla Fede.
"No... è che... m-mi manca..." balbettò Flor.
"Chi, amore mio? Chi ti manca?" le domandò lui, tenendola più vicina a sé e scompigliandole i boccoli arricciati da angioletto.
"M-mi manca... la mia mamma..." rispose Flor, mentre le lacrime che le sfuggivano avevano preso a bagnare anche la maglietta del Freezer solo di soprannome, che non fece una piega.
"La tua mamma..." ripeté lui. Poteva capirla perfettamente, e immaginò che si stesse avvicinando un momento particolarmente importante. "Ti prego, non piangere. Ti capisco, povera la mia Flor... ti capisco."
Anche a lui prendeva spesso quella tristezza, ma se la faceva passare solo per consolare i ragazzi: in particolare Martin e Maya.
"Tra pochi giorni sarà il suo compleanno e io non riesco a entrare..."
"Al cimitero..." disse lui, capendo al volo.
Non aveva fatto in tempo a dirlo, ma avrebbe preferito scomparire che essere messo là dentro.
"Detesto quel posto! È il luogo più sacrilego che esista... è tutto così inquietante, è come un ritrovo per sconosciuti che non possono più comunicare tra loro né con altri, Fede. Sono tutti come prigionieri, chiuso quel cancello finisce tutto, tutto... è un posto in cui non ti puoi più muovere, non puoi più parlare, non puoi più star bene, un buco nero..." E man mano che proseguiva, il pianto diventava più forte, tanto da farle fare molti sforzi anche solo per respirare. Fede si sentiva straziato: Flor era sempre così positiva e sentirla parlare in quel modo lo distruggeva. "Anche lei li odiava, i cimiteri... ma non avevamo abbastanza denaro per portarla con noi o gettare le ceneri in Mare, come lei avrebbe desiderato... e io non riesco ad entrarci, perché ogni volta svengo o me ne devo andare perché mi manca l'aria e sto male per giorni... forse sarò una figlia indegna, ma..."
"Non dire così, Flor! L'amore non si dimostra mettendo dei fiori vicino ad una pietra... non solo così, almeno! Chi se la sente può farlo... ma è giusto che ognuno abbia il suo momento con chi non c'è più, che ognuno lo viva come crede... se il cimitero ti fa quest'effetto vuol dire che non ci devi andare..."
"Vorrei fare qualcosa... ma non posso."
"Certo che puoi, piccola Flor... devi solo trovare il tuo modo."
"Credi?"
"Certo! I miei sono al cimitero solo perché erano tradizionalisti, ma io non vado lì, e nemmeno i miei fratelli ci riescono..."
"Allora cosa fate?"
"Io vado nei posti che loro amavano. O meglio: che amano, perché loro sono qui con me, sempre."
"Davvero?"
"Sì, davvero. All'eliporto per mio padre e in spiaggia per mia madre... ma ci vado a mezzanotte, così sono sicuro che non mi prenderanno per pazzo, visto che parlo con loro. Nico realizza dei collage di foto: mette delle nostre foto attuali insieme a quelle dei nostri genitori, in modo che sia evidente che loro ci accompagnano nel nostro viaggio. E forse a loro non dispiacerà: restano sempre giovani! Martin scrive loro delle lettere, le attacca ad un palloncino ad elio e le fa volare via... gliel'ho visto fare, ma lui non lo sa ancora... prima di riprendere definitivamente a studiare pianoforte, Maya vi si metteva solo due volte all'anno: per il compleanno dei nostri genitori, ma voleva stare sola... e quando la vedevo fremente, io mi portavo via i ragazzi e i nostri... ehm, aiutanti, perché loro sono persone di famiglia, non domestici e basta, con una scusa, in modo che non la sorprendessero a fare questo. Franco ci prova ad andare sulla loro tomba, ma mi sembra di capire che neanche lui ama più di tanto i cimiteri... allora si chiude in soffitta e registra quello che vuole dire a mamma o a papà su una cassetta, poi la chiude in una custodia, la sotterra in giardino e la tira fuori una volta all'anno, per cambiare le cose da raccontare e non creare un cumulo di cassette... Thomas ultimamente ha iniziato a venire con me. A lui dispiace di ricordare poco o niente della mamma e di papà... ne soffre così tanto, poverino."
"Quindi ognuno ha... il suo rito."
"Sì... e non importa che sia sacro per la gente... basta che sia speciale per chi lo compie."
"Quanto vorrei averne uno anch'io..." singhiozzò Flor, un po' meno scossa, ma comunque triste.
Poi Fede ricordò che Margarita gli aveva detto qual era il suo posto preferito.
"Ce l'hai una foto di tua mamma che ti saluta con la mano?" chiese.
"Sì, ce l'ho... ma perché, che ci devi fare?"
"Tu prendila! Ti prometto che ti farò tornare a sorridere!" rispose lui.
Flor andò in camera sua, a prendere la foto.
La mattina, molto presto, diede la foto al suo Freezer.
"Vieni... ti devo portare in un posto."
"Dove?" domandò Flor, curiosa.
"Ah-ah... non te lo dico!" rispose lui.
Reina, che grazie alle cure della dottoressa e a qualche cura speciale da Emma e Sofia era di nuovo in piedi, si avvicinò a Flor e le disse piano: "Fidati, quando Fede ci si mette ti sa sorprendere!"
"Lo so, ma..."
"Aspetta! Ti devi bendare!" disse Fede prendendo la sciarpa di Margarita e avvolgendola attorno alla testa di Flor.
La ragazza non riuscì nemmeno a protestare e Fede la prese per mano e la condusse all'esterno.
Salirono in auto, (fortunatamente Sofia era riuscita a rimuovere il sortilegio che vi aveva fatto la strega), e ci volle mezz'ora per giungere a destinazione.
"Dai, Fede, ti prego, mi dici qualcosa?"
"Fidati, non ti farei mai del male, mia piccola Flor."
"Come vuoi, ma non mi piace l'idea di non vedere dove andiamo, Fede!"
"Flor, parli come se fosse la prima volta. Ti ho già bendata in un'altra occasione, e sei stata contenta, ricordi? E poi forse non avrai troppo bisogno di vedere."
"Sì, ma..."
"Dai, fa' la brava, amore mio, ormai ci siamo" supplicò lui, con la voce da coniglietto che le piaceva tanto.
"Oh, e va bene, signor Freezer..."
"Signorina Floricienta, al suo servizio!" disse lui scendendo dall'auto e aprendole la portiera, da buon cavaliere.
"Ehi! Ma guarda chi si rivede: il giovane Fritzenwalden!"
Un uomo gioviale, più vicino ai sessanta che ai cinquanta, li accolse all'entrata, felicissimo di vedere Fede che a quanto pare lo conosceva da un bel po' di tempo.
"Ciao Christian!" lo salutò Fede.
"Come stai, ragazzo? E chi è questa deliziosa signorina?" chiese indicando Flor e sorridendole.
"Lei è Floricien... Florencia, la mia ragazza e futura moglie."
"È molto bella" disse Christian. Vide che Flor era bendata, le prese la mano e la tenne stretta nella sua. "Molto piacere, Christian Sanchez: sono il guardiano di questo... posto..." disse, indovinando lo sguardo supplichevole di Fede.
"Piacere. Lei conosce il mio Freezer, signore, eh?" chiese Flor, allegra.
"Freezer?" domandò il guardiano.
"È... una lunga storia, poi ti racconto" disse Fede, "sappi solo che questa meravigliosa signorina mi ha salvato dall'ansia e dalla tristezza, e io devo fare una cosa speciale per lei."
"Benissimo: come ti posso aiutare, figliolo?" chiese Chris.
Fede prese la foto di Margarita. "Questa è la mamma della mia ragazza... Margarita Valente." rispose Fede. "Chris, potresti trovare un posticino a questa fotografia... dentro?"
"Con piacere, caro... ma... Margarita, hai detto?" chiese l'uomo.
"Sì." rispose Fede.
"Forse la conosco... beh, non fa niente: a questo penseremo dopo" disse a mezza voce Chris.
"Bene... ehm... cosa posso fare per ricambiare il favore?" chiese Fede.
"Ah, caro ragazzo, tu non devi fare nulla! Non sei in debito... la tua mamma illuminava tutto, qui dentro, solo sorridendo, e mi aiutava tantissimo a curare questo posto, sai?"
"Tua madre veniva qui?"
"Sì, spesso, e a breve capirai perché."
"Entrate, ragazzi!" esclamò Chris, facendosi da parte. Posizionò la foto in modo che fosse in bella mostra e quando l'ebbe fatto, Fede scortò Flor, portandola all'interno della struttura.
"Adesso concentrati." disse tranquillo.
"Il vento... è diverso... più caldo, però piacevole..."
"Sì... e poi?"
Lui le prese la mano.
"Cosa senti?" le chiese.
"Vetro" rispose lei.
"Vetro!" confermò lui. "Ora ascolta: il vento sta muovendo qualcosa."
"Cosa sono, foglie?" chiese Flor.
"Quasi." le rispose lui, sorridendo.
Si chinò a raccogliere qualcosa, le fece aprire le mani e vi fece scivolare in mezzo quel qualcosa...
"Margherita..."
"Esatto! Una margherita! Aspetta, che te la metto!" disse prendendole di mano il fiore e sistemandoglielo tra i capelli. "Ecco... sei bellissima così."
"Siamo in una serra!" esclamò Flor.
"Sì... il posto preferito della tua mamma è tra i fiori, e se tu lo vorrai, una volta all'anno potrai venire qui a salutarla... meglio di un triste e austero cimitero, non credi?"
"Oh, signor Freezer, grazie!" esclamò, piena di gioia, Flor.
Gli gettò le braccia al collo e gli disseminò il volto di baci.
"La mamma mi aveva fatto capire che mi avresti protetta e avresti avuto cura di me... del mio cuore... l'aveva detto."
"Ciao Margarita! Stai bene qui?"
Margarita, che li stava guardando, sorrise.
"Sei un caro ragazzo... sto meglio qui, sai? Hai proprio ragione!" gli rispose elettrizzata. "Hai regalato un bellissimo momento anche a me... nessun Conte da strapazzo avrebbe potuto farlo meglio..."
"Dai, Margarita, poverino!" disse Fede.
"Perché, che ha detto?"
"Premetto che non condivido, eh? Dice che... parole sue... nessun Conte da strapazzo avrebbe fatto una cosa simile, o qualcosa del genere" rispose Fede.
"Come si diceva quella frase... quel miscuglio di suoni in tedesco che significa "ti amo"? Il ribes... il libro..."
"Dillo nella tua lingua. Anzi: se ti va canta." le disse lui. "Io la tua lingua la voglio bella sciolta e con la frase in tedesco ti si avvolgerà tutta."
"Dai, come si dice?"
"E chi se lo ricorda? Quando ti sono vicino poco ci manca perché mi dimentichi come mi chiamo!"
"Allora che si fa("
"Allora... proviamo a fare così." rispose lui, prendendole il volto tra le mani e facendo combaciare le loro labbra, che si unirono in una danza, e quello era un "ti amo" universale: un "ti amo" comprensibile in tutto il mondo.
"Che mi dici?" chiese poi, staccandosi, ma solo per respirare. "Ti va bene come "ti amo"?"
"Sì... non credo ce ne sia qualcuno più bello."
In quel preciso istante il cellulare di Fede prese a squillare.
"Oh, santo cielo!" disse tra sé, esasperato.
Tirò fuori il telefono e rispose.
"Pronto? Matias..."
Dall'altra parte, l'avvocato era molto scosso.
"Tedesco... c'è un problema. La casa del Conte è andata a fuoco."

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