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178: Flashback: primavera 1996

(Nota Autrice: per questo capitolo immaginate che la voce di Fede da ragazzo sia quella di Stefano Crescentini, ovvero Stephan di: "The Vampire Diaries.")
Maria era a letto ormai da due mesi. La sua salute era sempre più precaria.
Fede faceva la spola tra i genitori e i fratellini: stava già crescendo.
"Tesoro... dovresti riposarti un po'... guarda che faccia bianca che hai!" sussurrò Maria.
Il ragazzo si chinò su di lei e la baciò sulla fronte.
"Sto bene, mamma" la rassicurò. Era dolce, attentissimo, affettuoso... solo con suo padre faceva il duro, perché l'uomo si era chiuso a riccio. "Coraggio, tirati su, mamma... ecco, ti aiuto... è l'ora della tua medicina!"
Maria non si lamentava mai: prendeva la medicina senza protestare, ma sentiva che la cosa non le serviva.
Thomas, nella culletta vicina, cominciò a piangere.
"Ehi, piccoletto... eccoci! Che succede?" gli chiese Fede prendendolo in braccio. Il bambino era tormentato dalle coliche, ma forse quelle dipendevano dal fatto che sentisse la tensione che c'era in casa. Si portò una manina al ventre e Fede cominciò a capile. "Ah, adesso capisco... stai tranquillo: ora ti passa tutto, gnomo."
"Sei proprio un bravo principino, lo sai?" disse ridendo sommessamente Maria, mentre il ragazzo cullava tra le braccia il piccino.
"Sì, del regno degli imbranati di sicuro, mamma!" scherzò il ragazzo. "E tu, folletto monello... guarda cos'ho per te!" Lo fece giocare con la palla di neve che portava sempre con sé, fino a quando il bimbo non si fu calmato e addormentato placidamente.
"Tesoro... ho tanto bisogno di parlarti." disse con tenerezza Maria.
"Ma certo, mamma!" le rispose Fede, sedendosi accanto al letto.
"Domani Maya ha la recita... non voglio che se la perda! La mia principessina vivace è già tanto triste! E poi... vorrei che tu portassi con te anche gli altri... anche Martin e Thomas... ti prego! Non voglio che stiano qui... quando me ne andrò via..."
"Mamma..." mormorò il ragazzo, prendendo la sua mano calda e baciandola dolcemente.
"Amore mio, tranquillo. Io starò bene, non ho paura... su, dammi un bacio!" Il ragazzo le baciò la fronte. "Bravo, il mio ometto coraggioso!" Coraggioso? Eppure quel ragazzo coraggioso non ci si sentiva per niente.
Qualche lacrima gli scivolò sulle guance accaldate. Cominciò a tremare.
"Ti chiedo solo questo, piccolo mio" disse Maria. "Fai in modo che i bambini non siano qui, quando accadrà."
Il ragazzo non ebbe la forza di ribattere. Si limitò ad annuire.
Uscì lentamente dalla stanza e si trovò di fronte Matias e Greta.
"Ehi, tedesco... che è successo?" gli chiese Matias, correndogli incontro.
"Non ce la faccio più..." balbettò il povero Fede, lasciandosi cadere in ginocchio.
"Mein Liebe, che succetere?" gli chiese Greta.
Il ragazzo si guardò intorno. Nico, Maya e Franco erano a scuola: Martin al nido.
"Dice che non ce la farà... dice che sta per fare un lungo viaggio... non vuole che i bambini siano qui, quando... quando..."
Cominciò a piangere letteralmente a singhiozzi. La buona governante lo accolse tra le braccia e prese a coccolargli la testa.
"Dice... che sono il s-suo... o-ometto coraggioso... ma io non ce l'ho, il coraggio... non ce la faccio più..."
"Amico mio, è normale! Stai giorno e notte con tua madre, i bambini, tuo padre che dà di matto... e la scuola... stai chiedendo troppo a te stesso!"
"Tuo amico afere racione, piccolino... restare qvi tranquillo, che me antare da Frau Maria e controllare febbre!"
"Da... danke... grazie..." biascicò il primogenito Fritzenwalden, stringendo le mani calde e accoglienti della brava donna.
Suo padre entrò in quel momento.
"Che storia è questa, ragazzo?" lo apostrofò severamente.
"Signor Fritzenwalden, la prego!" intervenne Matias.
"No, non importa... va tutto bene!" lo tranquillizzò Fede.
"Vieni con me, ragazzo" continuò seccamente Derick.
Entrarono in quello che un tempo era stato il suo studio e poi era passato al figlio. Il ragazzo era l'unico a non temere Derick, quando si arrabbiava.
"Voglio che tu vada a ritirare tua sorella dalla recita! E anche gli altri bambini non andranno a scuola!" esclamò Derick. "È stupido nasconderli dal dolore... loro staranno qui... mi hai sentito?" Il ragazzo rimase in silenzio, a fissarlo. Derick colpì con forza la scrivania con un pugno. "Hai sentito, ragazzo?"
"Sì, ho sentito, papà... ma queste stupidaggini a me non le racconti!" rispose il ragazzo, con un tono molto più calmo di quanto si aspettasse.
"Come ti permetti?"
"Non puoi imporre ai piccoli qualcosa che tu stesso non te la senti di fare! Sei quasi sempre in viaggio per lavoro, non ce la fai ad andare a trovare la mamma... e su questo non ti condanno: è umano non sentirsela di affrontare una cosa simile... ma non puoi imporre a dei bambini di restare a guardare la mamma che si spegne poco a poco!"
"Prima o poi dovranno..."
"Lo sai che Maya ha visto la mamma perdere i sensi? Stavano giocando a rincorrersi e la mamma si è sentita male davanti a lei!"
Derick rimase in silenzio.
"Ogni volta che c'è un temporale, Maya pensa che il buon Dio sia arrabbiato con lei, perché ha fatto ammalare la mamma! E non è neanche colpa sua, povera piccola! La mamma non vuole che i bambini stiano qui, domani, e io le ho promesso che lo farò per lei! Tu puoi fare quello che preferisci, papà... non posso importi nulla. Ma se imponi ai piccoli di stare qui a guardare la mamma che sta così, puoi scordarti di avermi come figlio!"
E, senza dargli il tempo di rispondere, Fede si alzò, raggiunse la porta e disse: "Ora, che tu permetta o no, io vado a prendere i bambini a scuola... e Tommy viene con me! Ha già visto troppo dolore per un bimbo di otto mesi!"
Detto questo, Fede uscì dallo studio e raggiunse Greta.
"Tutto a posto, Mein Kind?" chiese la governante.
"Sì... posso chiederti un grande, grandissimo favore, Greta?" chiese Fede.
"Qvello che tu fuole, piccolo" rispose la donna.
"Rimarresti tu, accanto alla mamma?"
"Yah, mein Liebe! E me te avvisare per qvalsiasi cosa!"
"Sei preziosa, Greta! Grazie, grazie, grazie!" esclamò il ragazzo, e, con un entusiasmo che non provava più da due mesi a quella parte, abbracciò e coprì di baci la governante.
"Ti accompagno, tedesco" propose Matias, e, senza che l'amico dicesse nulla, prese la carrozzina e il piccolo Thomas, con tutto ciò che avrebbe potuto servirgli. "Ehi, ometto... andiamo a fare un giro, vieni!"
Il ragazzo si sentì sollevato, vedendo il suo migliore amico giocare con il suo fratellino. Si diressero al nido per andare a prendere Martin, poi arrivarono alla scuola elementare. La signora Domenech, la direttrice, li vide fuori, in attesa.
"Fritzenwalden, io... avrei bisogno di parlare con tuo padre." disse la donna, senza troppe cerimonie.
"Mi creda: mio padre in questo momento non è in condizioni di parlare con nessuno" ribatté il ragazzo.
La donna lo guardò: era pallido, sciupato, stanco, e aveva due occhioni incavati da far tenerezza. Eppure quando stava con i fratellini si sforzava di sorridere, di non far vedere che stava soffrendo.
"Amico, aspetti tu i gemelli e Maya?" chiese esitante.
"Ma certo, stai tranquillo!" rispose sorridendo Matias.
"Grazie" sussurrò in risposta Fede, e lo sguardo sollevato che rivolse al'amico fu il più grande segno di gratitudine che potesse manifestare.
Quello per lui fu il primo colloquio genitori-insegnanti.
La direttrice guidò il suo ex alunno in ufficio. Era cresciuto t!oppo in un colpo solo, e questo non fa bene a nessuno. Sedettero alla scrivania e la donna disse con discrezione: "Ascoltami, caro... la piccola Maya non sta affatto bene. Non mi fraintendere: non si comporta male... ma è sempre triste. L'unico momento in cui si distrae un pochino è quando fa le prove per la recita di fine anno. Forse dovreste pensare ad uno psicologo infantile... e anche tu sei stanco, non puoi fare tutto da solo."
"Vede, il fatto è che la mia sorellina ha visto una cosa che una bimba di sei anni non dovrebbe vedere... e mio padre è chiuso nel suo dolore: non può farcela da solo... le prometto che farò tutto il possibile per... per lei e gli altri bambini."
"Sei un caro ragazzo, Fritzenwalden." gli disse la direttrice. "I tuoi genitori devono essere orgogliosi di te."
"Mia madre dice di sì... a mio padre non ho il coraggio di chiederlo" rispose Fede, forzando un sorriso.
Dopo quella rapida chiacchierata Fede tornò in cortile. Franco e Nicolas erano già lì e fu proprio quando arrivò lui che la piccola Maya, felice di vederlo, corse verso di lui e gli saltò in braccio.
"Fede, Fede, Fede! Sono così contentache sia venuto tu a prenderci!" esclamò la bimba, mentre lui la prendeva al volo e la faceva volteggiare.
"Ehi, diavoletto vivace!" la salutò con un sorriso. "Visto che mi hai regalato questo bell'abbraccio sai che facciamo? Andiamo tutti al parcogiochi! Che ne dite, ci state?" Thomas, nella sua carrozzina, cominciò a muovere le braccia e ridere: Martin esclamò un "Sì" storpiato dai suoi due anni e i gemelli, in coro, risposero: "Grande Fedeee!"
"Ti accompagno, così ci giochiamo insieme con queste piccole pesti... vero, signorina?" li stuzzicò Matias, avvicinandosi a Maya, ancora in braccio al primogenito, e scompigliandole i capelli.
"Ehi! Non siamo delle pesti!" protestò la piccola.
"Nico, dammi la mano" disse Fede. "E tu, Franco, stai vicino a Matias, d'accordo?"
Fede mise a terra Maya e la fece aggrappare al suo braccio dest!o, dopo aver preso sulle spalle Martin. Non era facilissimo tenere tutti quei bambini sotto controllo.
Giunsero al parco e lì Fede poté lasciare che i bambini corressero liberamente. Un po' li rincorreva, un po' controllava il piccolo Thomas, che dormiva placidamente per la prima volta. Tutto tuesto, sempre con l'aiuto del suo migliore amico. I più grandicelli fecero lì i loro compiti e fu lo stesso anche per Fede e Matias, che si stavano occupando di loro. La sera, quando i bambini si furono stancati, Fede riprese sulle spalle Martin e fece attaccare a sé Maya e Nico, mentre Franco, come all'andata, aiutava Matias a spingere la carrozzina di Thomas. Quando rientrarono a casa, il giovane lasciò andare i bambini, li guardò per un attimo e disse: "Coraggio, ora... uno, due, t!e: chi arriva primo al bagno per lavarsi vince!" Era l'unico modo che aveva trovato per far fare il bagno ai bambini senza che si lamentassero. La prima fu la piccola Maya.
"E b!avo il mio diavoletto! Ci vediamo dopo, d'accordo?" Fu Greta ad aiutare la piccola a lavarsi, mentre lui pensava a Martin e Thomas. I gemelli erano abbastanza grandi da fare da soli.
Quando la governante ebbe finito di aiutare la piccola Fritzenwalden ad asciugarsi, la bimba corse direttamente dal fratello.
"Ehi! Che cosa ti succede, diavoletto?" chiese con tenerezza Fede.
"Papà ci ha guardato male, quando siamo arrivati!" disse Maya, tristemente.
"Piccola... dai, vieni qui!" le disse Fede, prendendola in braccio. La bimba, rassicurata dal suo abbraccio, riuscì a sfogarsi.
"Papà non mi vuole più bene, perché mamma si è ammalata per colpa mia!" disse piangendo.
Fede dovette inghiottire il magone. Coprì di baci il viso della sorellina e con un dito le asciugò il viso.
"Shh, non dire così, piccola, non è vero... non è colpa tua se mamma non si sente bene. Tu eri solo lì in quel momento, e mamma voleva giocare con te, come sempre!" La lasciò sfogare per un po', poi le disse: "Eddai, me  lo fai un bel sorriso? Di quelli che sai fare tu? Eh? Dai, dai, per favore!" E sentendolo parlare così, la piccola finalmente rise. "E bravo il mio diavoletto!"
"Fede... dici che mamma non si arrabbierà se domani faccio la recita?" chiese Maya.
"Ti svelo un segreto. Mamma non potrà vedere quanto sei brava perché non si sente molto bene, ma mi ha detto di dirti che desidera tanto che tu reciti, e sai perché? Perché ti rende felice... e quando la principessina vivace è ielice è ancora più bella! Ora me lo dai, un bacino?" La piccola non se lo fece ripetere due volte.
"Puoi dormire con me, stanotte?" chiese Maya.
"Beh... la mamma potrebbe aver bisogno di un po' di coccole, ma io rimarrò con te fino a quando non ti sarai addormentata, d'accordo?" promise il ragazzo. E, come promesso, rimase accanto alla sorella fino a quando non si fu addormentata. Le rimboccò le coperte e lasciò silenziosamente la camera. Raggiunse la stanza di sua madre, silenziosamente, e si fermò sulla soglia. Suo sadre era lì, le teneva la mano e piangeva in silenzio.
"Fede! Tesoro, vieni!" disse Maria.
Il ragazzo entrò nella stanza, esitante.
"Ho spiegato io tutto a tuo padre... stai facendo un ottimo lavoro" disse dolcemente Maria.
"Io... io voglio bene ai bambini... e anche a voi... desidero solo che... che stiate bene..."
"Fatti dare un abbraccio, ometto co!aggioso!" disse Maria, stringendo a sé il ragazzo cresciuto troppo presto. "Ti voglio tanto bene, lo sai?"
"Anch'io, mamma" la ricambiò Fede.
"Derick, perché non dici al nostro Fede quello che pensi di lui?" lo esortò Maria, accarezzandogli le guance umide con le sue mani morbide e fresche.
"Ti voglio bene, ragazzo... sei molto coraggioso. Molto più di me" disse Derick.
"Posso... posso abbracciarti?" chiese Fede.
Derick non ebbe la forza di fare il sostenuto: strinse a sé il figlio e gli diede una pacca sulla spalla.
Il giorno seguente Fede iniziò a preparare Thomas e Martin. Nico e Franco volevano vedere la sorellina all'opera, volevano stuzzicarla un po', magari, perché la vedevano triste.
"Io non ce la faccio..." disse Derick. "Ho bisogno di stare qui. Pensaci tu, ti prego."
"Papà... va tutto bene" gli disse Fede.
Maria non aveva più parlato, dopo la sera precedente. Giaceva in un torpore senza sogni: aveva un'espressione leggermente tirata, ma tranquilla. Fede andò a salutarla con un bacio sulla fronte e, fingendo che la mamma dormisse e basta, che non si stesse spegnendo lentamente, lasciò che anche i bambini la salutassero. Nicolas e Franco avevano già capito che forse la madre non sarebbe più stata tra loro, tra qualche ora, ma si sforzarono di sorridere anche loro. Fede stava facendo tutto praticamente da solo e i due ragazzini volevano fare qualcosa per lui.
"Allora, piccola? Sei sronta?" chiese Fede rivolto a Maya, tenendole la manina mentre l'accompagnava dalla sua maestra.
"Ho saura che mamma non sarà contenta."
"E perché no?"
"Perché non sono abbastanza brava, e quando le faremo vedere la cassetta voglio che lei sia contenta."
"Piccola... la mamma è orgogliosa di te da sempre, lo sai. Tu ora fai un bel respiro, vai insieme agli altri bambini e fai del tuo meglio... che sicuramente sarà moltissimo. Abbraccio portafortuna?"
"Sì, ti prego!" E, detto questo, i due si abbracciarono.
"Siamo arrivati! Vai, piccola!" le disse il ragazzo.
La recita andò alla grande. I ,ambini erano così teneri, e Nico si stava esercitando con le riprese.
Quando ebbero finito, però, Maya volle fare una cosa.
"Maestra... posso fare una de... una deci... una..."
"Dedica?" chiese la donna. "Ma certo, Maya!"
"È per il mio supereroe... il mio fratellino! Mamma e papà non stanno tanto bene, e lui si sta prendendo cura di noi anche per loro."
Scoppiò un applauso. Una mamma toccò una spalla del ragazzo, seduto accanto a lei, e gli sussurrò: "È molto bello da parte tua, caro... se ti servisse aiuto, non hai che da chiedere."
"Gra... grazie..." rispose il ragaz"o.
Subito dopo ci sarebbe stata una piccola festa, ma nessuno dei bambini era dell'umore, e, nonostante provasse una stretta a;lo stomaco, Fede pensò che sarebbe stato meglio rientrare. Camminavano insieme, ma più si avvicinavano, più la stretta allo stomaco aumentava.
"Aspettate qui" disse quando furono a poca distanza dal vialetto. "Io vado e torno." Fece cenno a Matias, che si limitò ad annuire.
Fede corse avanti, aprì il cancello e raggiunse l'ingresso. Andò ad aprirgli una sconvolta Greta: scossa dai singhiozzi.
"Greta!" esc;amò il ragazzo. "Che ti prende? Stai..." Ma non ci mise molto a capire. "Oh mio Dio..."
E, come sarebbe accaduso qualche tempo dopo anche per lui, Greta riuscì solo a dire: "Frau Maria...", prima di cadergli tra le braccia.
"No... no, non può essere..." Distrutto, Fede si lasciò andare ad un vero e proprio pianto, con singhiozzi e lacrime. Come l'avrebbe detto ai piccoli? Come avrebbe fatto ad entrare in quella stanza e vederla così, immobile... per sempre? Come avrebbe fatto con suo padre?
"No preoccupa, Mein Liebe. Me ti aiutare a parlare con piccoli, eh? Tua mamma non folere tu e fratellini federe lei mentre antava... lei non folere, piccolo..."
"Devo andare a prendere i bambini... sono... sono qui fuori..." balbettò il ragazzo, cercando di alzarsi.
"No, piccolo mio... tu sconvolto... me va a prendere piccolini, eh?" disse Greta, baciandogli la fronte.
Il ragazzo si accasciò per terra e pianse tutte le lacrime che fino ad allora non si era concesso, se non nei pochi momenti di solitudine, o comunque quando non era con ipiccoli o con la madre.
"Fratellino!" La piccola Maya fu la prima a corrergli incontro. "Che ti succede? Perché sei triste?"
Non sapeva da dove trovasse la forza, ma in quel momento il ragazzo fu convinto di percepire una carezza sul volto, come quelle della sua mamma, e, con le lacrime agli occhi, si alzò dal pavimento e si rivolse ai bambini.
"Vedete..." Si spostò verso il giardino. "Vedete il cielo, da qui? È successo che... che la mamma... ecco... è stata scelta come angelo custode, perché lassù erano a corto di angeli..."
"Questo vuol dire che..." chiese Franco.
"Sì... vuol dire quello che pensi" rispose Fede. Il ragazzino gridò semplicemente: "NO!", e corse in casa.
"No... Franco, no, aspetta!" cercò di rincorrerlo Fede, ma anche Nico e Maya scoppiarono in lacrime.
"Mamma... non voleva che stessimo qui..." balbettò Nico. "Ne sono sicuro." E abbracciò la sorellina.
"È colpa mia! Non avete potuto salutarla per colpa mia!"
"Non è così, non è così!" le ripeteva Nicolas.
Derick rimase chiuso nella stanza che lui e la moglie condividevano per tutto il giorno, per cui fu il povero Fede a jestire le visite, le condoglianze e tutto il resto. Il suo amico e la governante gli rimasero vicino con discrezione, mentre una più smemorata che mai Amalia correva qua e là per accontenta!e tutti e Antonio insisteva con Derick affinché mangiasse qualcosa.
Finalmente giunse la notte, e con essa un brutto temporale. La piccola Maya, spaventata dai tuoni, corse a cercare Fede.
"Tesoro..." le disse lui. Era seduto sul suo letto, con il volto tra le mani, immobile.
"Mamma è arrabbiata con me... perché per colpa mia non ha potuto salutarvi..."
Il ragazzo si alzò e prese in braccio la bimba.
"Ehi... mamma mi ha detto che non vuole che la sua principessina vivace sia così triste. È stata lei a non volere che rimanessimo qui, oggi... e starà bene solo se staremo bene anche noi, lo sai?" La piccola continuava a piangere, quindi, con il cuore a pezzi, Fede prese a cantarle sottovoce la ninna-nanna che aveva scritto a Thomas.
Quella notte comprese veramente cosa intendevano quelli che conosceva, dicendogli che era cresciuto in fretta, ma se questo voleva dire far sentire tranquilli i suoi fratellini, per lui andava bene così.

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