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167: Tu sei la mia forza [parte 1]

Il giorno seguente, Flor e Fede si alzarono presto.
"Buongiorno, principessa" disse Fede, prendendole la mano e posandovi su un bacio.
"Buongiorno, principe" rispose lei, stampandogli un bacio sulle labbra.
"Stai meglio, oggi?" chiese il giovane. "Guarda che anch'io ti ho giudicata male."
"Sì... sì, sto meglio. Insomma: sento che quel finale felice di cui mi hai parlato si sta avvicinando, e ne sono tanto felice... tanto felice."
"Anch'io... e oltre a questo... sento che ho tanta voglia di mangiarti di baci... e non solo te... anche i nostri angioletti." E prese a ricoprirle il volto di baci, godendosi ogni secondo, senza far rumore, senza farle male. Poi prese in braccio i piccoli, a turno, e si mise a giocare con loro, che comunque non stavano dormendo. Erano così belli, e i loro abbracci erano caldi e morbidi come solo quelli dei bambini sanno essere. Gli piaceva tanto coccolarli, giocare con loro, far smorfie per farli ridere... e Flor non era da meno, ma si perdeva a guardarlo nella sua versione più dolce in assoluto. Era un padre meraviglioso, un marito meraviglioso... un fratello meraviglioso... se solo avesse avuto anche i genitori, al suo fianco, era certa che entrambi, persino quel ghiacciolo al quadrato di Fritzenwalden senior, sarebbero stati fieri di lui e l'avrebbero manifestato apertamente.
"Oh... vi piace giocare con papà, vero?" chiese Flor, orgogliosa, mentre prendeva in braccio Margarita. La piccola rise, mentre Flor le dava il latte e le coccolava la testolina.
"Ma amano tanto giocare anche con la mamma, i principini di casa, vero?" chiese Fede, facendo la "boccuccia a coniglietto" che non solo piaceva alla sua Flor, ma anche ai gemellini. "Aurora, cosa guardi?" chiese poi, vedendo gli occhi della bambina puntare qualcosa. "Aaah, lui... lui è Frank. È stato lo zio Franco a regalarlo alla mamma... dai, te lo presento." Lo tirò giù dalla mensola su cui stava e lo mise tra le braccia della bambina. "Ciao, Aurora... io sono Frank" disse Flor, muovendogli la bocca. "Lo sai che hai una famiglia che ti ama tanto tanto tanto? E anche i tuoi fratelli. E io ti voglio tanto tanto bene, e voglio giocare con te."
E stavolta era Fede a guardare incantato Flor, che mentre allattava Margarita faceva parlare il pupazzo di Aurora e dondolava le culle dei maschietti, in quel periodo, quelli che dormivano di più. Ma la famigliola non sapeva che qualcuno stava ascoltando tutto da dietro la porta. Era la piccola Emma, che si era svegliata presto per esercitarsi con la lettura in Braille. Finito il periodo buio, desiderava andare a scuola, visto che quello che sapeva l'aveva imparato da libri sparsi o da sua sorella. Suo padre non voleva che altri sapessero dell'esistenza di quella stramboide di sua figlia, con quei poteri inquietanti, magari indemoniata, e la teneva sempre chiusa in casa.
"Amore mio... che ci fai qui?"
"Niente" rispose Emma. "Guardavo... tuo fratello e Flor che... che curavano i loro bambini... e pensavo a mio padre" rispose Emma. "Ammetto che sono preoccupata per lui, per la sua vita, insomma... ma la verità è che... preferirei essere nata sotto un cavolo piuttosto che avere un padre così... una madre assente... mi dispiace solo per mia sorella, che ha praticamente dovuto crescermi... ma a me bastava così poco... sentirmi dire "brava", per esempio. Per una volta sola."
"A questo si può rimediare, piccola... anche perché anch'io ho molto bisogno di te." disse Franco. "Ma dimmi: che facevi con quel libro in mano?"
"È di Bella... anche lei legge in Braille. Sai, per le ferite che ha sul viso... i nervi ottici sono distorti, e quindi... non riesce a leggere la scrittura stampata, ecco."
"Sì, lo so... Lettura facile, si chiama. Se non sbaglio ne ho anche una copia in nero... la usava anche mio fratello. Vieni, andiamo in giardino, che all'aperto si legge meglio..."
Si misero sotto l'albero di Flor e la piccola Emma aprì il libro alla prima pagina in cui c'erano scritte delle parole.
"A-ala... al-ba... al-be-ro... al-bo-re... questa era difficile, però" disse piano Emma.
"Ma sei brava... è normale esistare un po' all'inizio... hai sentito? Ho detto "brava"!"
Emma si riscosse. Era vero: le aveva detto che era brava.
"Perché hai tutta questa urgenza d'imparare il Braille? Cioè, è giusto, ti fa onore, ma perché così in fretta?"
"Perché vorrei andare a scuola con gli altri, l'anno prossimo" rispose Emma. "Fede mi ha detto che se avessi voluto e fossi stata pronta, mi ci avrebbe mandata" rispose la ragazza. "Io non sono mai andata a scuola. Mio padre non voleva."
"E tua madre?"
"Neanche per lei era un vanto avere una figlia mezza strega."
"Avrebbe dovuto vantarsi di una figlia come te, invece" ribatté Franco.
"Neanche di mia sorella, erano contenti... ma lei reagiva. Forse per questo sono stata educata a botte e indifferenza." rispose lei. Non piangeva più, mentre lo raccontava. Forzava un sorriso, ma di sicuro non piangeva, perché non aveva più lacrime. "E io, da stupida, le ho provate tutte per... per farmi voler bene... ma forse non..."
"Dai, piccola... non fare quegli occhioni tristi, ti prego. Così mi fai sentire male... e mi fai venir voglia di cercarlo, quell'idiota, per suonargliele di santa ragione."
"No, no, Franco, ti prego! Cancella tutto, non ho detto niente! E poi... siete voi, la mia famiglia. Tutti quanti... compresa mia sorella, che è stata sempre così buona con me..."
"Oggi avrei voluto chiederti un abbraccio... un po' di carica... ma mi sa che poi non ne avrai più, per te..."
"Perché, che succede?" chiese lei, preoccupata.
"Oggi inizio il nuovo lavoro." rispose Franco.
"Sì, lo so... ma non ti facevo uno che non ama lavorare... non mi deludere..."
"No, a me va bene lavorare... ma la proprietaria della casa in cui andrò... la signora a cui devo fare da autista... è una vera strega..."
"Eddai, non essere così cattivo, Franco!" disse la ragazza, sorridendogli.
"Dai, ho tanto bisogno di un tuo abbraccio, ti prego!" disse Franco, facendo la boccuccia a cuoricino. Lei naturalmente non poteva vederlo, ma rise di gusto, immaginandoselo.
"Mmm... sicuro che io non debba diventare gelosa?" domandò lei, ovviamente scherzando. Aveva capito che Franco faceva sul serio.
"Te lo giuro... è una vera strega! Anche Flor lavora lì, puoi chiedere a lei, se vuoi... pensa che le ha detto: "Non portare più quella porcheria di bicicletta nel mio giardino!" E la bici era più pulita di lei."
"Vediamo se indovino" disse Emma, "la bici è quella che Flor usava all'inizio, per lavorare al negozio di frutta e verdura, vero?"
"Sì, quella."
"E va benissimo che la bici venga sempre pulita, per non sporcare la merce, o che Flor l'abbia ripulita, dopo tanto tempo, per presentarsi al lavoro... ma le ruote strisciano sulla strada... come può essere più pulita della bici, la signora?"
"Avresti dovuto vederla. Sì, vederla, perché so che non t'infastidisce."
"E questo va benissimo... quindi ora dimmi com'è, spara!" disse ridendo Emma.
"Ha i capelli tutti scomposti, tutti dritti in testa, unti e bisunti... anche l'argenteria le sta alla larga, ti giuro! E poi si dà tante di quelle arie!"
"Oh, povero amore mio! Lo so che non ti piacciono, le persone che si danno tante arie."
"Sì, e per sopportarla avrò bisogno di un abbraccio dei tuoi, davvero... solo tu riesci a darmi l acarica."
"Vieni qua, biondino tenero, vieni!" esclamò la ragazza, attirandolo a sé e stringendolo in un abbraccio.
Rimasero lì, fermi. Franco avvicinò il suo viso a quello della ragazza. Sfregò la sua guancia contro quella di lei... il cuore della ragazza batteva a mille... e Franco in quel momento si sentiva sbandato. Non gli era mai successo, con una ragazza... lui ed Emma si erano trovati, si erano conquistati e legati... e lui sentiva la voce del vecchio se stesso, che letteralmente gli diceva: "Senti quello che sente lei... senti il suo respiro... come batte il suo cuore..." E lui si concentrò sul suo respiro, sul suo corpicino esile che tremava, sul cuore che le batteva all'impazzata... e si sentiva pronto ad affrontarne mille, di vecchie isteriche e boriose, pur essendo povero in canna anche lui, ormai.
"Come accidenti faceva quell'imbecille di tuo padre a non riempirti di coccole? È così bello, abbracciarti" le disse. Parlò così, d'istinto.
"Grazie" disse piano lei. Non era molto abituata ai complimenti, ad un contatto fisico che non facesse male, anche se stava con i Fritzenwalden da qualche mese.
Ma qualche mese di protezione e affetto, seppur collettivo, non possono cancellare una vita di soprusi.
"Ti dico anche il perché... e ti dovrai abituare a essere riempita d'affetto e di complimenti... ecco, quando ti abbraccio è come se mi autococcolassi."
"Cosa? Questa non l'avevo mai sentita... ho fatto spesso il sacco da boxe, ma in quel caso era" e qui fece la voce grossa di suo padre, "quando te le suono fa male anche a me, stupida! Quando la smetterai con le tue buffonate?"
"Sei così bella... hai i riccioli morbidi morbidi..." La fece sedere sulle sue ginocchia e prese ad attorcigliarseli attorno alle dita. "E poi... hai la pelle candida... e morbida, anche quella." Con una mano lasciò andare i suoi capelli e le accarezzò le guance, la fronte e il dorso della mano sinistra. "Mi piace tanto quando mi parli, quando mi racconti come stai... perché hai la voce vellutata e perché ho sempre paura di non fare abbastanza, per farti stare meglio."
"Ma non è vero. Non è vero che non fai abbastanza" disse lei, arrossendo, e lui la baciò sulla spalla.
"Vedi? È di questo che parlavo" disse sorridendo contro la sua pelle. "Mi piace tanto il... il profumo della tua pelle..." e premette di nuovo le labbra contro il suo collo bianco, con delicatezza, senza fare pressione, senza far rumore. "...E dei tuoi capelli..." Prese un ciuffo dei suoi capelli e se li portò sul viso, premendovi contro le labbra. La ragazza era diventata un peperone, ma lui in quel momento non stava guardando il suo volto. "mi piacciono queste belle guance rosse..." continuò il ragazzo, quando si accorse di quel dettaglio. "E accidenti, mi piace il fatto che tu mi destabilizzi, perché sono stato una specie di seduttore per tanto tempo, e tu sei capace di farmi dimenticare tutto quello che pensavo di sapere... e quella volta che siamo usciti per strada... tu non ci hai fatto caso, certo, ma molti ragazzi ti facevano l'occhiolino, perché non sapevano che tu, insomma... non potessi saperlo. E avrei preso a pugni tutti. Tutti, davvero!"
"Ma chi me l'ha fatto fare, di dirti che non sono abituata ai complimenti?" disse la ragazza, diventando tutta rossa in volto.
Tese le mani e gli accarezzò il viso, sorridendo.
"La vuoi sapere una cosa? Anche per me abbracciarti è come farmi le coccole da sola. Ecco... quando sono venuta qui e ti ho visto la prima volta... la verità è che mi hai incantata, però... però ho pensato che... che tu fossi irraggiungibile, così bello e buono, e... e... insomma, hai presente... quel film di Cenerentola, quello in cui si parla di quello che si sente... quando ci si tocca la mano? Ma no... magari non è roba che fa per te... ma comunque, quando ci siamo salutati dandoci la mano... non lo so... è stato come se... come se un'elettricità... mi avesse pizzicato tutto il braccio... e i nostri baci... e tutto quanto. Ma la verità è che ora che ci confronteremo con il mondo, mi chiedo cosa te ne farai di una come me... non per gli occhi... insomma: con una ragazza cieca, anche se finta, ci hai avuto a che fare... ma io non sono come lei... sono più riservata, timida... e non sopporto l'idea di legare le persone a me. Questo l'ha fatto mio padre con mia madre... e con la forza. Scusa, torno sempre su questo... ma mi devi giurare che se tutte queste belle cose che mi hai detto un giorno dovessero passarti, venir meno... se dovesse piacerti l'abbraccio di un'altra, attorcigliarti i suoi capelli attorno alle dita, come..." Rise sommessamente, mentre Franco le intrecciava i capelli, giocandoci. "Come stai facendo ora con me... la sua voce e tutto quanto... giurami che me lo dirai, ti prego!"
Flor e Fede erano vicino alla finestra e li ascoltavano.
"Non credo che mio fratello avrà bisogno di dirle niente del genere." disse piano Fede. "Ti giuro che questo genere di cose, in questo modo, non gliele ho mai sentite dire."
"È vero che vorrebbe andare a scuola? Emma, voglio dire..."
"Sì, è vero. L'unica persona della mia famiglia che mi abbia mai chiesto una cosa del genere... prima c'era Martin, è vero, ma... ma ora dubito che gli farà piacere."
"Credimi: non sei l'unico che desideri un po' di sana, noiosa normalità. A proposito: sei sicuro di sentirtela di fare due lavori? Guarda che me l'hai detto tu stesso: certi soggetti... sono degli avvoltoi. Ci riuscirai?"
"Sì... ho solo bisogno di pensare a te e ai miei figli... e ai ragazzi, e a quanto sono felice di essere vivo! Questo mi darà la forza di fare quello che devo... anche richiamare all'ordine il vecchio, austero e insopportabile signor Freezer" disse Fede, avvicinandosi al suo orecchio e sussurrando le ultime parole.
"E dimmi: scalcia così forte, il buon vecchio ghiacciolo?" chiese Flor, ridendo. Aveva visto tutto quello che era successo, mentre Fede era svenuto.
"Era peggio di un cavallo impazzito, o un'anguilla che ti sguscia dalle mani, non lo so!" rispose Fede.
"Lo sai, amore? Anch'io cercherò di non rispondere a quella vecchia strega acida che mi ha dato da lavorare."
"Ma guarda... è vero, allora... è come ha detto Franco."
"Oh, è terribile... mi ha detto della bici, quella vecchia serpe... a proposito: mi presteresti il parcheggio? Quello dell'ufficio?"
"Ma certo, così magari c'incroceremo... prima che finisca il turno, dico."
"Oh... pensando che il mio amore è vivo, che sta bene, che posso baciarlo, toccare il suo viso e sentirlo sotto le dita... e sentire la sua voce senza che mi prendano per matta... ecco: pensando questo, anche sopportare una vecchia boriosa mi sarà possibile."
"Ahi! Accidenti, certo che fa male!" esclamò Fede, infilando un paio di guanti.
"Eh? Perché li devi mettere?" chiese Flor.
"Se dipendesse da me non lo farei... ma devo pur pagare le bollette, gli studi dei ragazzi, la spesa, e quella povera Elena, che è sempre stata a servizio di mio padre... e quegli avvoltoi, come dici tu, hanno il radar per i caduti in disgrazia... secondo me ce l'hanno sotto la cravatta, e comincia a suonare, quando ne riconosce uno... din-din-din!"
"Io invece penso che le streghe acide ce l'abbiano per me, il radar. Insomma: dovunque io vada ce n'è almeno una. La signora Pancha, per esempio, quella della pensione in cui stavo, era veramente un generale!"
"Ma dai! Quella che ci ha fatto conoscere? Era peggio di me?"
"Sì... solo che tu eri e sei un principe bello da paura, lei era una strega e basta..."
"Capisco... ah, accidenti ai guanti!" disse il giovane, stringendo i denti. Flor gli si avvicinò e tenne allargato il guanto, in modo che non gli facesse male.
"Poverino, il mio principe!" disse dolcemente. "Ma ne abbiamo superate di peggiori, io e te... vedrai che sarai bravissimo come sempre! Non per niente, sei stato scelto come imprenditore dell'anno, ricordi?"
"Sì...magari quest'anno sarò l'operaio dell'anno, che non è niente male, come idea" rispose Fede.
"Bene... ehm... andiamo giù?" chiese Flor.
"Sì, ma... ma prima... io..." cominciò lui. Le si avvicinò e premette dolcemente le labbra su quelle di lei, assaporando ogni secondo di quel contatto. Flor sorrise: era da un bel po' che non si sentivano così liberi, lei e il suo Freezer... da prima di quel maledetto incidente che li aveva separati.
Quel pensiero la portò ad incupirsi, ma lui lo stroncò sul nascere.
"Shh... sono qui, piccola, e non ho intenzione di andarmene troppo presto" la rassicurò, senza staccarsi da lei.
Poi fu il momento di un'altra coppia.
Nicolas era stato davanti al computer per tutta la notte. Stava cercando di realizzare un video per un compleanno. Poiché er abravo in queste cose, si era messo a cercare annunci per fare video di compleanni, matrimoni e via dicendo, o semplicemente per realizzare videoclip di alcuni ragazzi della sua scuola.
Qualcuno entrò nella stanza con un vassoio tra le mani.
Il gemello timido si girò di scatto e i suoi occhi s'illuminarono quando riconobbe Bella.
"Buongiorno al mio videomaker!"
"Ehi, Bella... vieni, siediti" disse Nicolas, facendole spazio sul letto. Aveva due occhioni incavati da far pietà, un visetto pallido e smunto da non credere, e gli tremavano un po' le dita, mentre continuava a digitare comandi sul portatile.
"Come va il lavoro?" domandò la ragazza.
"Ho quasi finito... certo, se me l'avessero chiesto dopo e non a una scadenza così breve, sarebbe stato meglio, ma ora devo soltanto inviarlo sulla mail del tipo che mi ha mandato il materiale."
Bella vide pochi secondi del video scorrere e le s'illuminarono gli occhi.
"Lo sai che sei molto bravo?" disse sorridendo.
"Forse... ma questa non è la mia unica passione." disse Nico. "Però... però grazie."
"E qual è l'altra tua passione?" domandò Bella.
"I musical... insomma: io amo cantare e ballare."
"Davvero? Dai, allora fammi vedere qualcosa, ti prego" disse Bella, entusiasta. Poi vide il suo viso pallido.
"Ora sono stanco... e poi mi vergogno..." disse mestamente Nicolas.
"Per la stanchezza, hai ragione... ma per l avergogna, proprio no." disse Bella. "Di cosa ti vergogni?"
"Mi hai guardato bene, Bella?" chiese Nicolas.
"Ti ho guardato eccome... e allora?"
"Sono brutto, mostruoso... non mi hai visto bene, forse, se sei ancora qui."
"No... io ti ho visto bene... e mostruoso è quello che ha fatto mio padre, non tu" ribatté Bella. "Mettere sotto una persona con l'auto spontaneamente è mostruoso... alzare le mani sulla propria moglie o sulle proprie figlie è mostruoso... tu sei insicuro e basta."
Nico premette il tasto d'invio della mail e finalmente poté lasciare il computer. Bella gli diede un cornetto alla crema e, poiché era talmente stanco da non riuscire a tenere neanche più un foglio in mano, dovette imboccarlo. Dopo il cornetto, gli diede un bicchiere di latte, poi mise da parte il vassoio e spinse dolcemente Nico a distendersi sulle sue gambe.
Gli accarezzò il viso. Non era il volto del classico belloccio, ma di certo a lei non interessava. Continuò a muovere le mani su e giù per le sue guance e finalmente Nico si rilassò.
"Pensa a questa specie d'ironia della sorte. Io un piccolo problema alla vista ce l'ho, ma è un problema di lettura... che vorrei risolvere, anche se non so come. Il tuo viso lo vedo perfettamente, e non mi sembra quello di un mostro, ma di un ragazzo insicuro, che ne ha passate tante. Mia sorella ha perso la vista... e sta con Franco. Con Franco... il gemello migliore che tu possa avere, che ti vuole un bene dell'anima, ma al quale ti sei sentito inferiore... senza motivo, tra l'altro, perché lui ha sempre cercato d'incoraggiarti. Quando ti sarai ripreso un pochino, io vorrei tanto vederti ballare. Non sono un'insegnante, non ti giudicherò per quello... vorrei solo che fossi libero."
Nicolas sorrise debolmente. La verità era che gli sembrava strano. Sentiva di non dover costantemente dimostrare, dimostrare, dimostrare, come invece aveva fatto in tutte le storie che aveva avuto prima. Persino a Paloma, la finta cieca, aveva dovuto sempre dimostrare qualcosa. A Bella, invece, no. Lei voleva solo che lui si esprimesse, non che dimostrasse.
Bella gli baciò la fronte e Nico si lasciò cullare da quel bacio che aveva un sapore forte, ma non fastidioso. Quelle di Nicolas, invece, avevano il sapore dolce del cioccolato. A Bella piaceva che fosse così. Il solo uomo che manifestasse forza fuori dalla famiglia Fritzenwalden era suo padre, e la verità era che di uomini cosiddetti forti non voleva più sentirne parlare. Nicolas era dolce... così dolce da ricordare un cerbiatto sperduto, e a lei piaceva che fosse così. Era sensibile, il suo Nico, e a lei piaceva che lo fosse. Le piaceva che non fosse il solito spaccone, che non fosse il solito idiota... era sensibile, non stupido. Bella non aveva aveva avuto molte storie, ma quei pochi che aveva frequentato, escluso Nicolas, al confronto con suo padre si ritraevano sempre. Nico tremava, si arrabbiava, piangeva, ma non si ritirava mai.
"Ti amo" disse.
"Anch'io ti amo" sussurrò Nico. E si addormentarono così, i due innamorati. Lei seduta sul letto, china sul suo Nicolas, e lui appoggiato alle sue ginocchia, tranquillo, finalmente... come non lo era mai stato prima.
(Nota Autrice: questo e il prossimo saranno capitoli di passaggio... piccolo spoiler: sta per rientrare in scena un personaggio della prima stagione piuttosto antipatico... provate ad indovinare chi è!)

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