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(147: L'ennesimo aiuto al Conte Minimo)

Per qualche strano motivo, Massimo pensava proprio a lui. Segundo aveva trovato casa e vi aveva ospitato sia lui che Evaristo. Lui aveva dato l'indirizzo a Flor, appena l'aveva saputo, in caso di necessità.
"A che pensi?" chiese Segundo.
"Non so perché, ma... penso a Fritzenwalden... a Fede... è passato esattamente un anno da quando è successo quello che è successo" rispose il giovane. "A questo, penso... ho un'angoscia dentro... ma lui mi ha mandato via e non capisco perché."
Evaristo serrò la mascella. Lui sapeva perché Massimo era stato cacciato, ma ciononostante non riusciva ad odiarlo.
Lui l'aveva illuso, ma non riusciva ad odiarlo.
"Che cos'hai?" chiese il Conte, rivolgendo uno sguardo al maggiordomo.
"Niente" rispose semplicemente il giovane. Il Conte in realtà sapeva cosa lo affliggeva, ma non approfondì la questione.
Improvvisamente qualcuno suonò il campanello. Il maggiordomo andò ad aprire e si ritrovò davanti il viso stravolto di Maya, accompagnata da Matias.
"Signorina Maya... signor Matias... che cosa fate qui? Cos'è successo?" chiese preoccupato.
"Evaristo, io... io non te lo chiederei, se fosse per me... ma mio fratello è malato e ha chiesto di Massimo... ho sentito che parlava con Flor, per questo sono venuta a cercarlo..."
"Ah... tuo fratello mi cerca?" domandò Massimo. "E perché dovrei tornare?"
"Nessuno ti sta chiedendo di tornare a vivere da noi!" esclamò Maya, infuriata. "E poi glielo devi! Finché non ci hai messi in pericolo ti ha ospitato in casa e ti voglio ricordare che se non fosse stato per lui a quest'ora avresti ben poco da fare il prezioso!"
"Maya, calmati" disse Matias. "Lui non ricorda quello che è successo!"
"Perché? Cos'è successo?" chiese Massimo.
"Ah, non lo sai, poverino... adesso stammi a sentire! Ti ricordi che sul tetto di casa mia era incastonato un fioretto? Eh?" chiese Maya. "Una notte, non so bene perché, tu hai pensato di fare un bel giro sul tetto e di spiccare il fioretto dalla fessura del Cristallo che ci proteggeva... ti abbiamo spiegato quello che ci è successo da dopo l'incidente che guardacaso è avvenuto perché tu eri troppo occupato a badare ai fatti tuoi per guardare la strada... ne avrai per tutta la vita, di favori da fare a mio fratello, per ripagarlo, mi hai sentita?"
"Maya, smettila!" esclamò Matias, preoccupato. "Non lo vedi che è sconvolto? Per favore, lascialo stare!"
Maya lo guardò, visibilmente sorpresa, e vide la sua faccia sconvolta.
"Segundo... per favore, mi presteresti l'auto? Ti prego!" supplicò Massimo, terrorizzato.
"Non ce la farai a guidare, Massimo" disse Segundo, comprensivo. "Andremo tutti insieme... su, coraggio!"
"Per questo la casa era distrutta, vero? È per questo!"
"Sì, signore" rispose Evaristo. "Per questo ci hanno mandati via..."
"Hanno mandato via me... tu non volevi abbandonarmi" lo corresse il Conte.
Salirono tutti in auto, (quella dei Fritzenwalden non si sapeva se fosse affidabile, date le incursioni della strega, per cui Maya e Matias erano andati fin lì a piedi).
Quando arrivarono fu Nilda ad aprire loro la porta.
"Ah, per fortuna! Entrate, coraggio!" disse. Entrarono tutti in casa e Massimo, senza far tante cerimonie, andò al piano di sopra. Non chiese se la casa fosse tornata agibile, ma sembrava di sì, dato che non aveva avuto problemi a percorrere il corridoio e a salire le scale.
Si guardò intorno, spaesato... poi una piccola mano gli toccò la spalla. "Lì!" indicò Maya, riferendosi alla stanza di Flor.
Il Conte si diresse nella stanza e si avvicinò esitante al letto. Fede era in uno stato terribile: aveva gli occhi lucidi di febbre e cerchiati dalle occhiaie... il suo viso era pallido e la fronte ricoperta di sudore. Il suo sguardo vagava per la stanza, come se cercasse qualcosa nel vuoto.
"Amore, guarda chi c'è!" disse Flor. Il giovane fece saettare lo sguardo da lei all'uomo in piedi, dal lato opposto della camera, e viceversa... poi si aggrappò al braccio di Flor e, con un filo di voce, supplicò: "Amore, ti prego... mi... mi aiuteresti ad alzarmi da qui?"
"Non c'è bisogno... resta disteso" supplicò il Conte, premuroso... e per la prima volta da quando lo conosceva, Flor lo vide piangere come un bambino.
"Conte Minimo..." sussurrò, preoccupata. "Che succede? Ti senti male?"
"Mi dispiace... vi ho messi in pericolo, mi dispiace tanto!"
"Mas-si-mo..." balbettò Fede, cercando di tirarsi su a sedere.
"Sono qui. Dimmi tutto" disse il Conte, posizionandosi dall'altra parte del letto.
"Non... non far finta di non riconoscere l'amore... non fare lo stesso sbaglio che ho fatto io..." gli disse il povero giovane, allungando un braccio. "Tu sai cos'è... l'amore... lo sai... ma non devi far finta di non vederlo."
"Di che parli?"
"E... Evaristo..." balbettò in risposta Fede. "Ti prego... ascoltami... è... è molto importante... ti prego, non illuderlo più... digli la verità, Massimo..."
"Fede! Tesoro, che ti prende?"
Il povero giovane tremava, si stringeva le braccia tra loro e cercava ristoro nello stringersi su se stesso. Flor gli prese il viso tra le mani e sussultò: la febbre era salita ulteriormente e probabilmente le allucinazioni lo stavano ulteriormente sfinendo.
"Ehi... tesoro, sono io, Flor! Siamo... siamo nella nostra casa... nella... nostra casa..."
"Che... che faccio? Chiamo un medico? Apro la finestra?" chiese Massimo.
"Sì... sì... la finestra..." balbettò Flor, spaventata. "E... e dell'acqua... per favore... tesoro, ti prego! Ti prego, calmati... sono io, Flor... la tua Floricienta..."
"Piccola... Flor..." biascicò lui, prendendole il viso tra le mani. Le sue mani erano gelide rispetto al resto del corpo, insolitamente, ma la ragazza non si mosse di un passo da lui.
"FEDE! FEDE!" Thomas entrò gridando, terrorizzato... Greta non aveva avuto il tempo di avvisarlo. Thomas era "quello delle sensazioni": proprio come l'anno prima aveva sentito che era successo qualcosa di grave, stavolta aveva sentito che la presenza di Massimo non era casuale.
"Tommy... tesoro, non entrare, per favore... no!" supplicò Flor, ma era tardi. Il piccolo si arrampicò sul letto e si gettò tra le braccia di suo fratello.
"Fratellone, sono Thomas: la tua piccola peste! Non mi lasciare di nuovo, ti prego" singhiozzò Thomas, Poi si rivolse al Conte, che era rimasto bloccato lì: "È colpa tua... è tutta colpa tua se mio fratello sta così, ecco! Sei cattivo!"
"Thomas... piccolo, non dire così" disse Flor, conciliante. "Non è stato lui... non questa volta..."
"No... o-orfanotrofio... no... mi prenderò io cura di voi... lo giuro... su mamma e papà..."
Thomas rimase lì, impalato. Non poteva ricordare quel giuramento. Si strinse a suo fratello, mentre Flor, vedendo che Massimo era rimasto lì impalato, spalancò la finestra. Fede tese solo una mano per sfiorare un ramo dell'albero, mentre con l'altro braccio teneva stretto a sé Thomas, e, nonostante la febbre, cercava di rassicurarlo.
Maya, che era lì accanto, s'inginocchiò a terra e scoppiò a piangere. Lei sì che se lo ricordava, quel giuramento. Aveva spiato il fratello da dietro la porta, perché lo vedeva sempre preoccupato, e dopo quelle parole gli era saltata in braccio, non riuscendo più a resistere... lo ricordava come se fosse stato il giorno prima.

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