135: Rivalsa
(Nota Autrice: ho modificato un po' il capitolo precedente... l'ho scritto di getto, ma quando l'ho riletto mi sembrava un disastro).
Appena tutto fu pronto, Fede si preparò per recarsi in banca, con un foglietto in manoper assicurarsi di non dimenticare il numero di quel dannato conto corrente. Aveva l'adrenalina a mille, e, nonostante facesse di tutto per mostrarsi forte, il cuore gli martellava nel petto come non mai. Mille interrogativi gli si affollavano in testa: e se la strega avesse capito le intenzioni di Reina? E se lo scudo che la giovane aveva creato attorno alla bambina non fosse stato abbastanza forte da impedire alla strega di farle del male? Se, saltata la protezione del fioretto e del Cristallo, la strega fosse entrata in casa loro e avesse fatto del male a Flor, ai ragazzi, ai tre gemellini finalmente addormentati? Se la piccola Agostina, che si era ammalata, si fosse aggravata in sua assenza? Ma non poteva, non voleva, assolutamente, che Flor, già provata dal dolore per la figlia che le era stata tolta, lo scoprisse. Era già un miracolo che non fosse letteralmente impazzita, dopo quell'evento... dopo tutto quello che avevano passato.
"Non me lo fanno fare al telefono, sai? Il fatto è che... le procedure telefoniche sono molto lunghe... ci andrò di persona, così nostra figlia tornerà prima."
La giovane si limitò ad annuire. Non sapeva nemmeno da dove uscissero le altre lacrime che le solcavano il profilo delle guance sciupate. Lui le accarezzò il viso stanco, un tempo sempre luminoso, eppure ancora illuminato da qualcosa di speciale, anche in quel momento.
"Amore, ti prego, sta' attento!" supplicò Flor. "Potrebbe succedere qualcosa a te, o alla bambina... per favore!"
"Lo accompagnerò io, Flor" disse Lorenzo, facendo un passo in avanti. Era rimasto lì ad ascoltarli per tutto il tempo e aveva anche sentito parte della conversazione tra Fede e Reina, capendo che probabilmente non l'avrebbe più vista per un bel po'.
"Lorenzo, potrebbe essere pericoloso!" protestò Fede, ma Lorenzo scosse la testa.
Non avrebbe detto davanti ad un'atterrita Flor che forse sua sorella stava per correre un grosso rischio.
"Va bene" accettò infine Fede, sapendo che se avesse ribattuto ancora Lorenzo avrebbe potuto, anche involontariamente, scoprirsi le carte. I due giovani si allontanarono lentamente, accompagnati dalla voce di Flor che gridava loro di fare attenzione.
Quando i due se ne furono andati, Flor si alzò lentamente dal letto e si avvicinò alla piccola Agostina, distesa poco lontano da lei. Le sfiorò delicatamente il viso, e oltre a sentirla febbricitante si rese conto del fatto che anche lei piangeva silenziosamente.
E Santiago? Il povero bambino se ne stava lì, inginocchiato, con il viso tra le mani, e allargando le dita guardava la sorella, il suo petto che faceva lentamente su e giù, a ripetizione, e le sue dita che avevano artigliato letteralmente il lenzuolo.
"Va tutto bene, tesoro" disse Flor, teneramente, prendendo la mano bollente di Agostina. La piccola si aggrappò saldamente a lei e le sue labbra presero a muoversi... fino a quando non riuscì a formâlare una parola: "Scusa."
"Per cosa, piccola? Non è colpa tua... la tua sorellina tornerà, stai tranquilla."
In fondo lei lo sapeva bene quali erano i pensieri che affliggevano la mente di Agostina, i tormenti che le straziavano il cuore. E la cosa peggiore era che faceva ancora molta fatica a parlare.
"Dovevo fare io il turno" singhiozzò Santiago. "Ago era sfinita..."
"No, amore, non è così. Voi ragazzi dovete giocare, è giusto così... va' con gli altri. Resto io qui con lei..."
Ma non fu Santiago ad andare dagli altri ragazzi: furono piuttosto loro a raggiungerlo. Dominick, in particolare, gli posò affettuosamente una mano sulla spalla e disse piano: "Tiago, vieni con noi... se Ago ti vede piangere, anche se non ho capito perché, sarà ancora più triste. Portiamo un po' i gemelli per il giardino... possiamo, Flor?"
"Rimanete dove possa vedervi, capito?" disse Flor, seria. I ragazzi non sapevano nulla di cosa fosse effettivamente successo a Margarita, ma il tono di Flor fece scattare in loro qualcosa. Thomas, il suo nanetto pestifero, le si avvicinò e le afferrò le mani.
"Flor, che hai? Che succede?"
"Niente, tesoro... è che con la casa ridotta ancora così, voi che vivete alla bell'e meglio e lo scudo saltato sono preoccupata... poi, ho partorito da poco... depressione da parto, credo si chiami..."
"La depressione post-partum" puntualizzò Martin.
"Sì, quella lì" rispose Flor, reprimendo a fatica le lacrime.
"Flor... posso rimanere qui con te e Ago?" chiese Ramiro.
"Certo. Vieni, piccolo" rispose amorevole Flor.
Questa volta, pur sentendosi chiamare "piccolo", il ragazzino non protestò. Prese la mano bollente di Agostina e vi lasciò un bacio.
Greta, che era lì vicino, disse: "No preoccupare, Floricienta. Io avere cento occhi per piccolini." Flor sorrise debolmente e le rispose: "Sei il nostro angelo custode, Greta."
"L'aiuterò anch'io, Flor."
"Oh, Amélie... grazie, davvero!" disse Flor, entusiasta. "Siamo tanti... non ci succederà nulla. E presto tornerà anche mia sorella, e..."
"Flor!" esclamò Sofia, sconvolta. "Reina mi ha chiamata... mi ha detto addio e ha chiesto sia a me che a te di perdonarla... cos'è successo?"
"Sofia..." sussurrò Maya, affettuosa. "Vieni, te lo spiego io."
Flor la guardò: era diventata brava davvero in quello. Non smetteva mai di notare quanto simile fosse al suo Fede. Ma lei era riuscita ad essere selettiva nell'ereditare atteggiamenti di suo fratello. Aveva preso da lui l'autocontrollo, ma non la freddezza; la capacità di sopportare un carico troppo grande per le sue esili spalle, ma _non aveva cancellato del tutto i suoi sogni e i suoi sentimenti: li aveva semplicemente accantonati, ma erano lì, vicino a lei.
Le due ragazze dovettero scegliere di parlare molto piano, perché entrare in casa era impossibile.
"Sofia... ricordi di aver incontrato tua madre e di aver perso conoscenza nella vecchia casa di tuo papà?"
"Sì, me lo ricordo."
"Vedi, il fatto è che... Reina in quel momento ha parlato con la stre... con tua madre... che le ha fatto capire che avrebbe portato via tutti i nostri nipoti, e forse anche gli altri ragazzi."
"No! Non può essere dalla sua parte! Mia sorella non... non può..."
"No, non l'ha fatto per quello, stai tranquilla! Margarita è protetta: Reina non la lascia mai e ha fatto in modo che la strega non le si avvicini... ma ha dovuto portarla via, per garantirle che noi soffriamo, che Flor e Fede soffrano, soprattutto... e per farsi dare dei soldi... ma da quello che ho capito..." E qui abbassò ulteriormente la voce. "Lei e mio fratello si sono messi d'accordo per riportarla a casa... non so cosa faranno, ma torneranno presto..."
Sofia cominciò a ricordare... nel suo stato d'incoscienza aveva sentito molte cose, ma al risveglio era come se il suo cervello avesse filtrato quello che era accaduto mentre era svenuta, archiviandolo. Sofia scoppiò a piangere e la piccola Fritzenwalden l'attirò a sé, abbracciandola. "Andrà tutto bene, Sofia" le sussurrò dolcemente. "Te lo giuro. Mi credi?"
In effetti qualcuno stava ascoltando... ma era Alberto, il loro padre... lui sentiva che qualcosa sarebbe andato storto, probabilmente, per cui tornò alla vecchia casa, quella in cui era stato torturato per anni.
Intanto, Reina stava per uscire, con la bambina tra le braccia.
"Ma che fai? Quella mocciosa è il nostro bottino di guerra!" esclamò la strega. "Non gliela vorrai restituire, vero?"
"La devono vedere, mamma... saranno più propensi ad aumentare anche la cifra, per riaverla, se me la trovano in braccio, frignante, in pericolo."
"Brillante, mia cara... ma perché non la fai tenere a me("
"Sei pazza? Chissà che le hanno fatto, le fatine del piccolo cardo!" rispose prontamente Reina. "Non hai notato che appena ti avvicini a lei ti fischiano le orecchie? Io a stento riesco a tenerla in braccio!" aggiunse, ed era decisamente vero. La teneva da ore, senza mai metterla giù, ed era sfinita, ma doveva proteggerla, a qualunque costo.
La strega non ebbe riserve, in quel senso.
"Fammi comunque venire, tesoro. Chissà che incantesimo potrebbe farti quello zuccherino di Fritzenwalden!"
Reina rimase di stucco: davvero l'aveva chiamato in quel modo? Davvero non suonava come una derisione nei confronti di Fede? Possibile?
"Va bene, ma seguimi da lontano... so che quegli idioti hanno già allertato la polizia, tu hai usato troppo i tuoi poteri e dietro le sbarre non potrai fare affidamento su quelli, lo sai."
"Hai ragione, vita mia" confermò la donna. Reina si diresse verso la porta e prese a camminare a passo svelto, ma senza esagerare. Non voleva che sua madre pensasse che stava tentando di seminarla.
Poi vide che sua madre veniva trascinata indietro da qualcosa di simile ad un enorme drago, paradossalmente, tutto bianco. La creatura non era altri che Alberto, che aveva sfruttato la sua trasformazione. Aveva imparato a gestirla: si era sottoposto alla luce per pochi minuti al giorno, per poi passare alle ore, e finalmente ci si era abituato. Aveva anche variato l'intensità della luce. Era da quando Fede l'aveva portato in casa che, senza dirlo a nessuno, ci aveva lavorato, e dopo la nascita dei bambini aveva visto il suo lavoro definitivamente ultimato. Ormai la luce non gli faceva più effetto.
"Dove hai portato Margarita, vecchio mostro?"
La strega, sentendosi insultare dal suo ex marito, provò a scagliargli contro un lampo da luce, ma rimase sconcertata quando vide che la cosa gli faceva un effetto lieve, come una sorta di prurito leggero, di pizzicore.
"Margarita? Sarà diventata un bel fiore, caro" disse la strega, decisamente senza scomporsi.
Alberto fu pervaso da un desiderio irrefrenabile di vendetta. Non le piaceva affatto il sapore della pelle di quella creatura... non più... ma bastava darle un piccolo morso per condannarla, in modo anche peggiore, alla sua stessa condizione. In quel caso, però, la trasformazione non sarebbe stata reversibile... e lei ci teneva troppo alla sua bellezza fisica.
"Ora sono forte... posso condannarti ad un destino peggiore del mio, se non mi dici dove si trova mia nipote e chi seguivi!"
La strega rise.
"Tu sei diventato for..." Ma non fece in tempo a dirlo. Alberto l'aveva agguantata con quelle che in quel momento erano le sue zampe anteriori.
La donna sussultò quando sentì il suo respiro caldo troppo vicino al braccio destro.
"Che... che cosa vuoi fare?"
"Dimmi dov'è mia nipote e chi seguivi... altrimenti puoi dire addio a quel bel faccino... diventerai così. Come me. Mostruosa. E purtroppo non avrai una via di scampo. Rimarrai così."
La strega lo sapeva. Era stata lei la prima a lanciare quella maledizione da molto tempo, ma aveva scoperto dopo che bastava un piccolo morso per condannare qualcuno alla stessa sorte, irreversibilmente.
Per la prima volta, la strega ebbe paura. Paura di suo marito. Paura di come sarebbe diventata. Paura del dolore, del suo probabile nuovo aspetto. Paura.
"Non... non lo faresti mai... perché ti piaccio ancora."
Alberto rise di gusto. "Tu? Piacermi? Povera stupida! Sì, stupida... quante volte me l'hai detto tu? Beh... il mio amore l'hai perso vent'anni fa... non ti voglio bene e non provo neanche più pietà per te! Potresti allontanarmi o impazzire, non me ne potrebbe importare un fico secco."
"E chi ti piace? La tua Margarita? La DEFUNTA Margarita?"
"Oh, sì! Eccome! In vita mi ha dato più di quanto mi abbia dato tu."
"Oh, i ricordi! Certo, come no" disse la strega, ma le tremava la voce.
"Allora? Me lo dici, sì o no?"
La strega rimase in silenzio. Alberto spalancò la bocca e appoggiò il viso sul braccio della strega. "Uno..." sussurrò contro quella pelle candida e gelida. "Due..."
"NO!" gridò la strega.
"Me lo dirai?" disse Alberto, spostando la bocca, ma stringendo la presa sul corpo della strega.
La strega cominciò a piangere. Alberto non avrebbe voluto essere cattivo, ma rise di gusto a quella scena.
Che soddisfazione vedere una donna che aveva schiacciato chiunque lì, prostrata, in lacrime... terrorizzata! Come lo era stato lui, in un certo senso.
"M-Mar-ga-ri-ta... è in banca... mia figlia l'ha portata lì... pagheranno il suo riscatto..."
"E tu stavi inseguendo lei?"
"S-sì..." balbettò la strega.
"Oh, così va bene! Adesso sai che faremo?"
La strega rimase lì, in silenzio. Alberto lanciò un incantesimo alla porta e a tutte le finestre, bloccandole. Sapeva che Reina voleva salvare Margarita e lui l'avrebbe aiutata.
"Perché mi hai chiusa dentro? Perché siamo chiusi dentro insieme? Cosa vuoi da me?"
"Oh, non ho intenzione di farti nulla, se è questo che ti preoccupa... ma finché non avremo qualche notizia, non ti muoverai di qua. Hai sentito, Marialaura?"
La strega si limitò ad un debole cenno d'assenso. Alberto la tenne vicina a sé, senza mutare le proprie sembianze. Non le avrebbe permesso di sgusciare via, e non sapeva trasportarsi fuori se qualcuno la teneva ferma, lui lo sapeva bene.
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