133: Una scelta obbligata
Sofia e Reina camminavano a passo svelto. Non faceva più tanto freddo e sembrava che il Sole stesse dando loro la sua benedizione.
Ci misero un po' ad arrivare, ma alla fine raggiunsero la loro vecchia casa. Reina spinse dolcemente indietro la sorella, cavò di tasca le chiavi e le inserì nella serratura.
Sofia rimase lì, in silenzio, ad osservarla. Il cuore le batteva forte: in quella casa c'erano troppi ricordi, e molti facevano male. Aveva paura di entrare: sapeva che, su qualunque oggetto si fosse posato il suo sguardo, avrebbe visto il volto adirato di sua madre, che le dava della stupida per un motivo o per un altro.
"Ci sono io con te, tesoro mio" le disse Reina afferrandole il polso con delicatezza. "Entriamo insieme: ti va?"
Sofia sospirò, poi fece qualche passo avanti, con le gambe che le tremavano. Reina intrecciò le dita a quelle della sorella e le strinse la mano così forte da farle quasi male... ma quello per Sofia era un dolore piacevole. Si guardò intorno, ma dovette chiudere gli occhi: le faceva male guardare quei mobili, quelle fotografie che erano rimaste lì dov'erano.
"Perché non hai voluto dirlo a Flor?" domandò, decisamente incerta.
"Perché Flor ha bisogno che papà le racconti tutto, e io ho bisogno di fare qualcosa per te, per una volta."
Reina staccò lentamente la mano da quella della sorella, ma si mise di tre quarti per guardarla, per trasmetterle coraggio. Si avvicinò ad un quadro di suo padre, quello che sua madre aveva rovinato, trasformando Alberto in quello che le due ragazze avevano sempre visto. Lo tirò giù con forza, rivelando una porticina. Poi vi premette contro due dita e le fece girare tre volte. La porticina si spalancò, Reina fece un cenno a Sofia ed entrambe entrarono in quello spazio. Quando entrarono, Sofia rimase incantata da quello che vide: c'erano decine e decine di foto delle sue tre ragazze, alcune montate insieme, perché gli fosse possibile immaginare di avere tutt'e tre le figlie accanto.
"Ma è... è meraviglioso!" esclamò Sofia, accarezzando le foto con le dita che le tremavano. Prese un lungo respiro, riprese a guardarle e vi si soffermò.
"Sì, ma non è questo che devi vedere, piccola" replicò Reina.
Andarono avanti, sistemando le foto con cura, e improvvisamente Reina ne prese una che passò a Sofia. La ragazza si soffermò su quell'immagine e rimase sbalordita: era lei, da bambina, stretta tra le braccia di suo padre.
"Girala." disse Reina, sorridendo. Sofia girò la foto e lesse una frase: "Non importa come e da chi nasci. Importa soltanto quello che sei... e sei una meraviglia della natura, amore mio."
"Non importa come e dove nasci, ma quello che sei." ripeté Reina, mentre il volto di Sofia s'inondava di lacrime. "E tu sei una meraviglia, sorellina mia... sei l'unico, vero capolavoro che la mamma abbia fatto... non piangere, amore mio... non piangere, ti prego!" Prese ad accarezzarle delicatamente la schiena, stringendola a sé, mentre lei piangeva sul suo petto.
"Grazie" sussurrò poi, calmandosi un po' alla volta. "Sono felice di avere una sorella come te, sai?"
"Ma smettila! E poi sono la più grande. Qualcuno direbbe che devo dare il buon esempio, tesoro" ribatté Reina.
"Oh, ma che tenerezza!" esclamò una voce da dietro le loro spalle. Le due ragazze si voltarono di scatto e videro il volto della loro madre. Reina scattò in avanti, pronta a reagire, ma la strega aveva i riflessi più rapidi: con una scintilla colpì Sofia in mezzo agli occhi, facendola cadere di schiena, sbattendo con la testa sul pavimento. Reina le si gettò addosso e le sentì il respiro premendole le dita sul torace.
"Ma guarda! La cicciona ha fatto un rumore tremendo quando è caduta, vero?"
Reina avrebbe voluto prendere a schiaffi sua madre, in quel momento le importava solo di Sofia, il cui corpo stava diventando incredibilmente freddo.
"Non mi lasciare, piccola... per favore... Sofia..." sussurrò Reina, abbracciandola e creando attorno a loro uno scudo protettivo. "Fatine dei pericoli, fate in modo che riesca a resistere, vi prego." supplicò tra sé, poiché quella pratica le toglieva molta forza.
"Stammi a sentire, tu" disse la strega, rivolgendosi alla figlia maggiore, "voglio i figli di quella sguattera... tutti e quattro, hai capito? Li porterai con te e li allontanerai da lei... siamo soce, noi due... te lo ricordi?"
"Sì, me lo ricordo... ma perché dovevi colpire Sofia?"
"Quella non deve sentirci... ma tu sei stata furba a fingere che t'importasse. Ci ho creduto persino io, lo sai?"
Reina rimase in silenzio per alcuni secondi. Era raggelata dall'idea di torcere un capello ad uno solo dei suoi nipoti... li amava già, e anche molto... ma l'unico modo per difenderli era contrattare con sua madre, in qualche modo.
Era sfinita: lo scudo era leggermente tremolante e Sofia non accennava a svegliarsi, in più il panico la portava a spendere ulteriori energie, ma non poteva permetterselo... poi, nonostante l'idea non fosse migliore di quella di sua madre, si decise a parlare.
"Ascoltami: tu non sopporteresti di portare via quattro bambini. I loro piagnistei ti darebbero alla testa, e per far soffrire Flor e la sua famiglia ti basta portar via uno solo di quei bambini. Lei tiene a tutti i bambini, capisci? È il punto debole delle mammine... così potrai anche prosciugare il patrimonio Fritzenwalden."
Ogni parola che diceva era una stilettata al cuore per lei, ma una cosa era certa: le fatine la stavano sostenendo. Lei non avrebbe voluto... ma era il solo modo che aveva per tener lontana sua madre dai Fritzenwalden.
"Sei decisamente intelligente, piccola mia! Questa è mia figlia!" esclamò la donna, sorridendo. "E sia! Porterai via una delle mocciose!"
"Allora lasciaci andare. Andrò io aprendere la bambina, e la terrò con me. Ci serve incolume, chiaro?" disse Reina. "Tu non sei più lucida da parecchio, ormai, e i bambini ti fanno impazzire... lo so bene che non eri tu a curare me e Sofia, ma delle tate."
La donna, ancora una volta, sorrise, e così com'era apparsa, scomparve.
Reina crollò a terra e lo scudo protettivo scomparve. Quando fu certa che sua madre non fosse più lì con loro, scoppiò in lacrime. Non voleva farlo. Non voleva portare via una delle bambine a Flor, non voleva rischiare di farla soffrire... eppure non aveva alternative: era il solo modo che aveva per proteggere non solo quelli che abitavano in quella casa, ma anche la bambina.
In quel momento Sofia riprese conoscenza e rimas>e stupita quando vide che ora era sua sorella a piangere.
"Reina, che succede?" chiese con dolcezza Sofia.
"Ho fatto una cosa orribile... ho dovuto farlo... per favore, perdonami... perdonami, Sofia! L'ho fatto per proteggerti... per proteggervi" rispose la ragazza, reprimendo le altre lacrime.
Le due ragazze ritornarono a casa. Si stava facendo tardi, e poiché non avevano potuto contribuire più di tanto ai lavori di ristrutturazione si occuparono delle pulizie.
Quando tutti, compresa Sofia, si furono addormentati, Reina prese un foglietto di carta ed una penna e scarabocchiò qualche parola. Una volta finito, si avvicinò a Flor e Fede, che erano addormentati accanto ai loro sei figli. Agostina stringeva le manine di Aurora, che era agitata, e poiché i suoi non avevano avuto pace tutto il giorno dormiva con un occhio semiaperto. Santiago teneva attaccate le carrozzine di Eduardo e Derick. Reina li guardò uno ad uno e sentì che il cuore le sprofondava nel petto. I suoi occhi incrociarono quelli di Margarita, e per un breve istante fu come se le due fossero entrate in contatto. Margarita se ne stava lì, tranquilla, con il viso quasi coperto dalle manine candide, ma i suoi occhi erano ben visibili. Reina li guardò e le sembrò che Margarita dicesse: "Vengo io!"
Reina le si avvicinò titubante e con le dita che le tremavano prese ad armeggiare con la carrozzina. Un piccolo gemito venne fuori dalla bocca della bimba: una sorta di risatina, e questa ebbe un effetto calmante sulla giovane. Alla fine riuscì ad aprire la carrozzina e prese in braccio la piccola. Margarita non pianse, non emise un gemito: era come se la stesse aiutando.
"Perdonami, amore dolce... perdonami" sussurrò Reina.
Se ne andò via di lì nel cuore della notte, lasciando solo il biglietto adagiato nella carrozzina e sperando che Flor e Fede potessero perdonarla per quel gesto. Non aveva scelta... non aveva scelta... non aveva scelta... o forse, se ne aveva una, era così preoccupata da non riuscire a pensare abbastanza in grande, da non riuscire a vedere le alternative. La pioggia sembrava lenire un po' il suo dolore, ma il pianto della bambina, che si era scatenato quando si erano allontanate da quella casa, le straziava il cuore. Faceva freddo e per una bambina di appena due giorni non era assolutamente l'ideale.
"Va tutto bene, piccola... va tutto bene... ti proteggerò io."
Aprì il mantello e lo avvolse attorno al corpicino di Margarita per tenerla al caldo. Le baciò la fronte e riprese a camminare, cullandola dolcemente tra le braccia.
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