132: Ricordi e scoperte
Alberto se ne stava seduto su di una scogliera. Guardava il Mare, chiedendosi come diavolo gli fosse stato possibile innamorarsi di una donna come quella... di una donna fredda, acida, cattiva e interessata solo al denaro e al benessere fisico... e la sua più grande paura era che anche sua figlia fosse deviata da quei comportamenti, che iniziasse ad agire come lei.
Sperava di trovare una risposta nel Mare, una risposta qualunque, non gl'importava... e mentre guardava l'acqua incresparsi e distendersi, senza posa, improvvisamente la risposta gli piombò addosso come un uragano.
Una ragazza, rincorsa da un suo amico, correva e saltellava, cercando di sfuggirgli e ridendo come una matta.
"Dai, lumaca, prova a prendermi!" gli disse ridendo. E mentre correva, distrattamente, andò a cadere proprio addosso al povero Alberto. Per fortuna, poiché in quel punto l'acqua non era troppo profonda, nessuno dei due si fece male. La ragazza, però, fu presa dal panico ed esclamò: "Aiuto, non so nuotare, aiuto!"
Alberto la sollevò tra le braccia e l'adagiò sulla scogliera, arrampicandosi a sua volta. Le sorrise, amichevole, e le sfregò le mani sulle braccia, nel tentativo di scaldarla.
"Mi scusi, davvero... mi scusi..." balbettò la ragazza, imbarazzatissima. Alberto doveva esserle sembrato un tipo piuttosto burbero, data l'espressione del suo viso.. ma non lo era mai stato.
"Non c'è problema. Tutto bene, signorina? Si è fatta male?" le chiese gentilmente.
"Oh, no... non è nulla, sul serio." rispose lei, ridendo. "Non me ne sono accorta... ma lei cosa faceva lì seduto?"
"Niente... ero assorto nei miei pensieri, non l'ho sentita arrivare." spiegò con calma Alberto. "Penso a quanto sono stato idiota!"
"In che senso?"
Alberto rimase per un attimo stupito dalla domanda: nessuna delle persone che conosceva si era mai soffermata a chiedergli il senso di un malessere... così, a bruciapelo. E per di più quella giovane non lo conosceva neanche... come mai era tanto interessata?
"Nel... nel senso che... sono innamorato di una donna che non mi ricambia... una alla quale importa soltanto dei soldi! Che se li prendesse pure, i soldi!"
Non disse alla ragazza che era sposato... non sapeva perché, ma non voleva che lo sapesse.
"Provi a darsi tempo e a darne a lei." propose la giovane. "Magari... è semplicemente un periodo un po' particolare, tutto qui... e magari, se lei provasse a fare così... potrebbe riscoprirsi e star meglio con questa persona."
Alberto sorrise con affetto: la ragazza era saggia, certo... forse doveva provarci sul serio... darsi tempo, darne a sua moglie...
"Non credo che qualcuno si possa avvicinare a lei per quello, sa? Lei è un uomo molto bello, affascinante, e con degli occhi così profondi... che ci si può perdere dentro."
Quelle parole spiazzarono completamente l'uomo: quella ragazza era così dolce, così spontanea, da destabilizzarlo.
Avrebbe voluto chiedere il nome di quell'angelo, ma non ne ebbe il coraggio. Le stava ancora asciugando le spalle alla meno peggio e per questo erano molto vicini. I lunghi capelli umidi della giovane gli solleticavano il viso... e gli piaceva sentirne il contatto: erano morbidissimi, quasi accoglienti per quel viso che non sorrideva più da un pezzo.
"Margarita! Margarita, che fine hai fatto?"
"Arrivo, Eduardo!" disse la ragazza, alzandosi. "Se ha bisogno di sfogarsi, mi cerchi... Margarita Valente. Lei?"
"Alberto Santillan." rispose l'altro, sorridendo. "Allora... arrivederci, Margarita!"
"Arrivederci, Alberto!"
Alberto guardò quell'angelo allontanarsi lentamente, con gli occhi luminosi... era così bella... tanto bella, quanto inafferrabile...
I due si videro anche nei giorni seguenti, all'inizio per caso, poi per libera scelta. Cominciava a nascere qualcosa tra di loro, ma naturalmente Alberto non trascurava sua figlia... era un uomo più felice, si sentiva più libero. E forse era stato proprio questo il campanello d'allarme per la strega, che un giorno lo fece seguire dall'avvocato Saldivar... il poveretto non era molto abituato, ma riuscì ugualmente ad avere un'informazione rilevante: suo marito intratteneva una relazione con un'altra donna. Una donna che la strega non credeva di conoscere, all'epoca... solo dopo avrebbe scoperto che proprio quella donna era stata la sua più cara amica, prima che cominciasse a desiderare ardentemente solo i soldi, e poi la più grande spina del fianco della sua vita.
Allora si recò presso la sua vecchia casa e lì preparò una pozione. per un rituale particolare. Visto che suo marito non la voleva più, gli avrebbe estorto un figlio.
A quell'affermazione Flor trasalì, decisamente spiazzata: "Che significa: papà? Cosa intendeva per "estorcere un figlio"?"
Alberto si passò una mano sulla fronte, decisamente a disagio. Prese le mani di Flor e si soffermò sui suoi quattro nipoti con lo sguardo. Respirò a fondo, stringendo più forte le mani di Flor, e disse: "Sofia non è nata esattamente in modo naturale... anche se per lungo tempo quella strega me l'ha fatto credere... vedi, lei non è una strega vera e propria... le sono stati dati dei poteri perché molto spesso nelle famiglie di streghe e maghi si prende in giro una persona senza poteri... non tutti lo fanno, ma non si può mai sapere. Solo che lei mi ha incastrato in questo modo. Quella sera... lei ha fatto cadere un bicchiere... e io mi ci sono tagliato... lei ha preso il mio sangue, l'ha messo in un bicchiere con un intruglio e l'ha bevuto... è una pozione che di solito si utilizza per le donne non naturalmente feconde, per consentire loro di avere un bambino allo stesso modo."
"Oh mio Dio, è una cosa orribile... povera Sofia!" sussurrò Flor, sentendo un peso sul cuore. Derick si mise a piangere, quindi Flor lo prese in braccio e iniziò a cullarlo dolcemente. "Quella donna non ha limiti!"
"Credimi: Sofia, insieme a voialtre, è tutta la mia vita... e ho paura di dirle questo... potrebbe sentirsi in colpa, capisci?"
E fu proprio in quel momento che iniziarono i guai post-terremoto: Sofia, che portava sulle braccia un cestino con delle bottiglie d'acqua per gli uomini al lavoro, passò lì vicino e ascoltò la conversazione... quando venne a sapere in che modo sua madre l'aveva messa al mondo, il cestino le cadde dalle braccia.
"Sofia! Sofia, aspetta!" esclamò Reina, che l'aveva seguita.
La ragazza si mise a correre nella direzione opposta, cercando inutilmente di reprimere le lacrime. Si fermò sotto l'albero di Flor, che parve tendere i suoi robusti rami verso di lei... un po' come per accarezzarla.
"Per questo mia madre non mi voleva... sono frutto di una magia, di un ostacolo alla felicità di mio padre... alberello, perché non si può tornare indietro? Perché non posso riavvolgere il nastro, perché?"
"Tu non devi riavvolgere proprio niente!"
"Lasciami sola, Reina, per favore!" supplicò Sofia.
"In questo momento hai bisogno di un abbraccio, non di stare qui da sola, sorellina. E ti dirò di più: lascia perdere come e perché ti ha avuto nostra madre... ma papà ti ama per quella che sei e ti devi concentrare su quanto ti ama lui, Flor... su quanto ti ama Bata... su quanto ti amo io, piccola... ora che non ho più il velo davanti agli occhi, so che tu sei la mia piccola, la mia sorellina, e questo nessuno potrà cambiarlo. Mai... anzi: alzati da lì che ti devo portare in un posto..."
"E dove dobbiamo andare, scusa?"
"Alla nostra vecchia casa."
"Che cosa?" chiese Sofia. "Ma non possiamo, magari la mamma... lei, insomma... l'ha ipotecata."
"No che non l'ha fatto... ci ho pensato io!"
Reina prese la sorella per mano e aggiunse: "Avanti, adesso vieni con me!"
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