122: Una sorpresa speciale
"No... non è vero, non può essere!" balbettò Flor, esagitata, cercando di respirare, nonostante la cosa le costasse molta fatica.
"Piccola, resisti, ti prego!" disse Fede, mettendosi di fronte alla sedia e bloccando Flor e la sedia stessa.
"Non può essere..." balbettò nuovamente Flor. "Non può essere!" E un attimo dopo svenne tra le braccia del giovane.
"Amore mio... piccola, svegliati! Flor!" la riscosse luistringendola a sé.
"Che succede?" chiese Titina, entrando in salotto. Aveva appena preparato un unguento per Alberto e gliel'aveva portato, quando delle voci spaventate avevano attirato la sua attenzione. "Oh santo cielo..."
"Titina, per favore, aiutami" disse Fede. "Non so eglia! Ti prego..."
Anche il terzo divano fu preparato e Flor vi fu distesa.
"Tirale su le gambe, presto!" disse Titina. Le mise sotto la testa un cuscino sottile, per far affluire il sangue al cervello, mentre Fede prendeva le caviglie della ragazza e le sollevava lentamente.
Titina prese un fazzoletto, lo immerse nell'acqua e lo spalmò su tutto il viso di Flor, fino a quando la ragazza non riprese conoscenza.
"Flor! Flor, di' qualcosa! Come ti senti?"
Fede era terrorizzato. Flor lo guardò e avvertì un dolore terribile al petto nel vederlo così. Conoscendolo si sentiva persino in colpa per aver curato un uomo che le aveva procurato un grande dolore.
"Va meglio, tranquillo" disse accarezzando il dorso della sua mano. "Sto bene, mio povero Freezer, sto bene."
"Perdonami... io l'ho portato in casa... in casa nostra! Ma non potevo lasciarlo lì, mi capisci? Tu mi capisci, vero?"
"Io avrei fatto come te." disse Flor, vedendo gli occhi del giovane velati di lacrime. "Non fare così, ti prego! Non posso vederti in questo stato... credimi: mi fa più male questo che avere in casa la persona che ha incastrato mio padre... ti.. ti prego!" E pianse anche lei.
"Perdonami, ti prego... perdonami, Flor!"
"Amore ,guardami!" disse Flor, girando il viso del giovane verso di sé. "Tu hai fatto la cosa più giusta... anche se si fosse trattato della strega in persona io mi sarei presa cura di lei, e tu lo stesso, ne sono certa... tu non potevi... non potevi sapere che Claudio, il tuo amico d'infanzia, avesse fatto questo... e non l'ha nemmeno fatto con cattiveria. Lui amava la strega e voleva renderla felice. Si possono fare molte follie quando si ama, e tu lo sai."
"M-mi perdoni?"
"No... perché non c'è proprio niente di cui scusarsi né da perdonare. Ora abbiamo la chiave di tutto. Possiamo aiutare mio padre, forse..."
Lui si n cenno affermativo con la testa. Non si accorse del fatto che Claudio li guardava. Era spaventato, ma ora sapeva cosa doveva fare.
Il mattino seguente, prima dell'alba, Claudio si trascinò giù dal divano. Gli asciugamani che erano stati usati per lui, stavolta, non erano sporchi di sangue. Le ferite non c'erano più, e si sentiva rinvigorito come se fosse tornato bambino.
Non prese nulla per coprirsi meglio. Quella famiglia aveva già fatto troppo per lui, ed era certo che se ci fosse stata la vecchia Delfina al posto di Flor, sarebbero nate delle discussioni tra i due.
La porta era ancora chiusa a chiave, ma Claudio si trovò ad assistere ad un vero e proprio miracolo. Il quadro di Maria Fritzenwalden, senza che nessuno lo toccasse, si spostò lentamente dalla parete, rivelando un'apertura nella quale poteva passare una persona. Claudio, sorpreso, attraversò correndo l'apertura, con una forza che non poteva immaginare. Quando fu entrato, il quadro tornò al suo posto.
Claudio si trovò in una sorta di corridoio che girava, come un labirinto. Vide una sorta di luce che sembrava guidarlo e finalmente raggiunse la strada. Non sapeva neanche lui come fosse stato possibile, Fede non gli aveva mai parlato di un simile passaggio... eppure lui l'aveva attraversato.
Si recò al commissariato, quello presso il quale sapeva che era stata fatta la denuncia di furto e per fortuna incontrò un agente.
"Buongiorno" disse quest'ultimo, vedendo l'uomo che entrava tutto trafelato.
"Sì... in effetti mi serve un aiuto... devo costituirmi."
"Costituirsi per cosa?" chiese l'agente.
"Per... per il furto... di una valigetta... ai danni del... del conte Massimo Augusto Calderòn De La Hoja.. di circa due mesi fa."
Claudio dovette rimanere lì per una mezz'ora buona, a rispondere ad alcune domande, mentre l'agente scriveva tutto.
"Per ora non posso tenerla qui, signor Bonilla." disse l'agente. "In ogni caso, le prove che ci ha fornito scagionano una persona... lasci che le faccia solo un'ultima domanda: indossava i guanti quando ha preso la valigetta?"
"No... no, non li avevo." rispose Claudio.
"Bene. Così sarà più semplice... se vuole seguirmi..." disse il poliziotto.
Dopo aver preso le impronte digitali a Claudio, l'agente indossò un paio di guanti per prendere la valigetta, che era stata riportata al commissariato per accertamenti.
Una volta finito tutto, Claudio fece l'atto di tornare a casa. Poi, però, ci ripensò.
Si avvicinò alla porta, scrisse un biglietto d'addio e lo infilò sotto la porta.
non sarebbe tornato lì, ma dalla strega... solo che lei non se ne sarebbe accorta.
Era deciso: sarebbe stato dalla parte dei buoni, stavolta.
Qualche ora più tardi, la famiglia Fritzenwalden si svegliò. I primi a scendere furono i bambini. Volevano vedere come stavano i due malati, ma rimasero decisamente sorpresi quando videro che uno dei due divani era vuoto.
"Ragazzi, venite!" esclamò Thomas, e tutti si avvicinarono. "Claudio non c'è!"
"Ma dove può essere andato?" chiese Roberta.
Agostina si diresse rapidamente verso l'ingresso.
"Ago, dove vai? Ago!" chiamò Ramiro, correndole dietro.
"Ha visto qualcosa!" biascicò Dominick.
E aveva ragione: pochi secondi dopo Ago tornò indietro, tenendo tra le dita un foglietto. I bambini presero a passarselo tra loro e si scambiarono sguardi incerti.
"Se n'è andato" disse Santiago. "È andato via... per noi!"
"Bambini, che succede? State bene?" chiese Flor, che in quel periodo era molto ansiosa.
"Flor, accidenti! Quante volte te lo devo dire di non correre?" le disse Fede, cercando di comporre la faccia in un'espressione severa, ma scoppiando a ridere subito dopo.
"È successo questo, Fede! Leggi" disse Martin, mettendo tra le mani del fratello la lettera di Claudio.
"Ragazzi... i miracoli esistono!" esclamò Fede. "Ecco, dice: "Mi dispiace per tutto, ragazzi! Vi ringrazio per avermi curato. Se non fosse per voi a quest'ora non potrei raccontarlo. Ho deciso che vi aiuterò, e per farlo devo allontanarmi da voi. Siate felici e se troverò un posto dove stare, vi manderò l'indirizzo... mandatemi tante foto dei ragazzi e dei figli che state per avere. Non chiedo altro. Vi aspetta una grande sorpresa, soprattutto per te, piccola Flor. Vi voglio bene. Claudio."
In quel preciso istante qualcuno suonò il campanello.
Flor andò ad aprire e rimase stupita quando si trovò di fronte il suo papà adottivo. Era piuttosto malconcio: indossava vesti rattoppate, era decisamente dimagrito e aveva sul viso delle vecchie ferite provocate da uno scontro, ma non sembrava stare molto male.
"Papà!" esclamò Flor, abbracciandolo e scoppiando in lacrime tra le sue braccia.
"Piccola!" esclamò in risposta Eduardo.
"Sono così contenta di vederti... così contenta!" esclamò Flor.
Alberto rimase in disparte, a guardare la scena. Si sentiva decisamente strano. Si trovava di fronte all'uomo che si era preso cura della sua Flor.
"Oh!" esclamò Flor. "Papà... tu e papà Alberto... vi conoscete?"
"Sì, ci conosciamo!" rispose Eduardo. "E siamo le persone più fortunate del mondo... vero, Alberto?"
Alberto sorrise e si aggregò all'abbraccio. Flor era incredula: era stretta tra le braccia dei suoi due padri... due persone che sua madre aveva amato e che l'avevano amata.
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