121: Una cura piovuta dal cielo
(Nota autrice: vorrei fare un piccolo sondaggio. Potreste scrivermi nei commenti se preferite la coppia FlorFede o la coppia FlorMax? Io amo il Freezer, quindi è palese. Comunque... vado a travestirmi da narratrice, così non vi secco più. Spero che il capitolo vi piaccia. Tre... due... uno... via!)
I tre entrarono in casa e Fede accese velocemente la stufa, visto che Titina sembrava alquanto intirizzita.
"Allora? Come hai fatto a confondere la strega?" domandò Flor, curiosa, mentre a davanti un bicchiere di latte caldo con il cacao e si affrettava a prepararne un altro anche al suo compagno, nonostante quest'ultimo muovesse continue proteste guardandola in tralice... ma in fondo il fatto che lei volesse occuparsi di lui in quel modo risvegliava in lui un profondo senso di tenerezza. Era certo del fatto che quella ragazza, in casi estremi, l'avrebbe seguito anche in una grotta... e a volte pensava che non sarebbe stata una cattiva idea liberarsi di quei soldi che l'avevano costretto a circondarsi di vipere, tra cui proprio la strega.
"Vedi, anch'io ho dei poteri... per questo ho potuto confondere la strega." spiegò Titina. "Solo che quando li ho sentiti, all'inizio, non li sapevo usare. In ogni caso ho saputo che un socio della strega è stato aggredito da lei stessa... se volete posso occuparmeno io."
"Ma... Titina, sei sicura di sapere come si fa?" chiese Fede.
"Ma stai tranquillo, ragazzo! Se la strega ha usato il veleno che penso, gli preparerò un rimedio che lo farà saltellare come un grillo!"
"Forse mi dirai che sono un idiota a preoccuparmi così per quell'uomo, ma una volta era mio amico, e..."
"Sei semplicemente un bravo ragazzo e sono felice che la mia Flor... stia con te." E lì Titina abbassò la voce.
"Vedi? Che ti dicevo, Titina? È un amore, il mio Freezer!" esclamò Flor. "E credimi: se io l'ho contagiato con la mia follia, lui ha contagiato me con la sua bontà d'animo." E prese a rigirare il cucchiaino nel bicchiere destinato a lui.
"Flor, davvero, lascia stare... posso farlo io" disse Fede.
"Hai fatto fin troppo, lasciati servire." ribatté la ragazza.
"Tu devi stare attenta ai nostri figli!" ripeté Fede per l'ennesima volta.
"Ma come? Quando litigavamo volevi che ti servissi, e ora che voglio farlo io ti metti a fare storie? Andiamo, signor Freezer!" rise Flor, continuando a mescolare fino a quando non sentì che la soluzione di latte e cacao si era amalgamata.
Gli mise davanti il bicchiere e si mise a sedere tra lui e Titina.
"Dov'è il malato?" domandò la donna, tranquillamente.
"In salotto. Ma devi scaldarti, zia!"
"Non ti preoccupare, Flor. Il latte caldo mi ha rinvigorita."
E detto questo, Titina si alzò.
"Ariel? Ma che ci fai tu qua?"
"Eh... devo la mia vita al padrone di casa" rispose Ariel.
Titina sorrise: due persone che volevano tanto bene alla sua Flor da scontrarsi si erano ritrovate nella stessa casa.
"Beh, vedo che la tua ferita non è grave, eh?" disse sollevata, per poi voltarsi dal lato opposto e guardare l'uomo disteso sull'altro divano. Gli si avvicinò e subito avvertì un forte calore.
Gli posò una mano sulla fronte per pochi secondi, ma subito la ritrasse. Lo guardò attentamente e si soffermò sulle sue innumerevoli ferite. Vi posò delicatamente le dita, tastandole senza fare troppa pressione e sentendone tra le dita la consistenza, le dimensioni e il tipo. Come aveva detto Flor, sembrava che la pelle fosse stata corrosa dall'interno da una sostanza pressocché acida. Si portò un dito alle labbra e riconobbe il sapore del liquido. Una goccia non avrebbe fatto male, ma ingerirne una tazza poteva essere molto pericoloso.
Titina corse in bagno, a lavarsi le mani, poi tornò in cucina. Lì trovò Antonio e Oscar.
"Scusate, ma appena avrete finito di preparare la colazione per la famiglia, avrei bisogno della cucina. È per il ferito che è di là" spiegò. "Anzi: vi aiuto io, così faremo più in fretta."
Ai due non dispiacque più di tanto di avere una mano in cucina, e i tre misero su rapidamente la colazione.
"Ah, Frau Titona!" esclamò Greta, sopraggiungendo.
"Cara Greta, come sta?" chiese sorridendo Titina.
"Me un poco preoccupata per Her Federica e Floricienta... però me stare bene!" rispose Greta. "E lei? Come mai tornata da Brasile?"
"Le cose sono andate male, Greta. Ora io e mio marito stiamo cercando casa. Per fortuna abbiamo ancora il negozio, ma abbiamo molti debiti e c'è il rischio che sia noi che nostro figlio rimaniamo per strada."
Greta sospirò: avrebbe voluto chiedere ai signori Fritzenwalden di ospitare Titina e famiglia, tanto più che Titina era la zia acquisita di Flor e Bata era il cugino acquisito e cognato, essendo fidanzato con Sofia, ma la casa era piena come un uovo e non voleva che si sentissero in imbarazzo.
"Però non dire nulla a Flor e al biondino... quei poveri ragazzi staranno soffrendo molto e sono buoni di cuore... insomma, potrebbero volersi far carico anche di noi." disse infatti Titina.
Una volta finito di preparare tutto, servirono i ragazzi, che, ovviamente, erano decisamente affamati.
"Vedo che ci sono parecchi nuovi arrivi, in casa, eh?" notò con piacere Titina.
"Sì, in effetti è vero. Vieni, te li presento" disse Franco, facendo il giro delle presentazioni dei nuovi e concludendo con Emma. "Questa è la ragazza più bella di tutte: la più dolce, la più generosa, la più forte e..."
"E la meno indicata con questa descrizione" disse la ragazza. "Piacere, Emma."
"Oh, cara..." disse Titina, vedendo che la ragazza le aveva teso la mano, tenendola a mezz'aria in attesa che la donna la stringesse. "Scusa, piccola... non avevo capito..."
"Non si preoccupi, davvero. È da molto poco che i miei occhi sono entrati nel periodo della pensione!" rispose Emma. "Devo ancora abituarmi io stessa!"
"Però il fatto che ci scherzi è un buon segno."
"Sì, e quando le cose andranno meglio, vorrei diventare una tiratrice di scherma!" disse ridendo la ragazza.
"Allora t'insegno io" le disse Fede. "Ti assicuro che in tre giorni ti farò diventare così brava che non ti riconoscerai più."
"Il mio desiderio sarebbe battere mio padre, per una volta." ammise Emma.
"Tuo... padre?"
La ragazza chinò il capo. "È una lunga storia" sussurrò stringendosi le mani tra loro.
La ragazza non portava più addosso molti segni di violenza e quelli che aveva erano nascosti bene, ma Titina parve capire, dall'atteggiamento che aveva assunto, in cosa consistesse la storia complicata.
"Senti, piccola" disse per cambiare discorso, "cosa ne dici di aiutarmi a preparare la medicina per il malato che è di là?"
"Ah... lei sa come curarlo?"
"Sì, cara. Vieni con me, che t'insegno la ricetta."
Ma Emma non fu l'unica a seguire Titina: tutti i ragazzi Fritzenwalden le si radunarono intorno, anche i figli adottivi di Flor e Fede, e la donna fu ben lieta di contare su un simile battaglione.
"Ah... signor Alberto, forse ho qualcosa anche per lei, se vuole." disse gentilmente.
"Dice sul serio?" chiese l'uomo, piuttosto sorpreso.
"Eccome! Si fidi, dopo le faccio vedere, e le assicuro che si sentirà meglio" disse Titina. Aveva notato le cicatrici che Alberto aveva addosso e voleva lenire il suo dolore, anche perché era il padre che Flor aveva tanto cercato, e da quel che aveva capito era molto diverso da come l'aveva immaginato.
Mentre i bambini mescolavano delle erbe in alcune ciotole, Titina si avvicinò alla sua nipote acquisita e le chiese: "Flor... tesoro mio... in confidenza..."
"Che succede, zia?" chiese la ragazza.
"Il tuo papà biologico... com'è?" chiese Titina, schietta.
"Non avrei mai immaginato di dirlo, zia... ma sono una ragazza fortunata. Ho due padri: uno biologico e uno adottivo, e tutti e due sono divini! Sono carini, affettuosi... e se anche papà Eduardo fosse qui, andrebbero molto d'accordo. Ci credi che tutti e due amano il Mare?"
Flor, nonostante tutte le disgrazie che le piovevano addosso, continuava a sorridere... ma nell'ultimo periodo, un velo di malinconia pareva oscurarle il cuore.
"Oh, povero papà... è finito in carcere e questa volta non è neanche colpa sua." sospirò. "E io non sono mai riuscita ad andare a fargli visita, tra una cosa e l'altra."
"Sa che gli vuoi bene, amore mio" disse Titina. "E me lo sento, tuo padre uscirà molto presto di prigione."
Titina tornò a tenere d'occhio le due pentole: una conteneva un infuso da bere, l'altra un unguento da spalmare sulle ferite.
Dopo quindici minuti sul fuoco, i due preparati erano pronti per essere utilizzati.
"Sofia, tesoro... mi aiuti a dar da bere al malato?"
Sofia esitò per un istante, ma alla fine si decise. In fondo non era colpa di Claudio. Sua madre non era una donna qualunque: era una perfida strega.
Lei e Titina si avvicinarono al malatoe mentre Sofia gli faceva bere l'infuso, Titina gli tolse tutti i cerotti, uno alla volta, e spalmò l'unguento sulle ferite.
"Non l'avrei mai detto, ma... sembra buona, quella medicina" disse Sofia.
"In effetti lo è" disse Titina, "ed è innocua se la bevi anche senza che ci sia qualcosa da contrastare."
Claudio sembrò migliorare: nel pomeriggio la febbre gli era scesa del tutto e verso sera, quando Flor e Fede gli sedettero vicino, finalmente si svegliò... ma non fu esattamente un lieto risveglio.
"Flor... Fede... perdonatemi..." balbettò Bonilla.
"Claudio! Claudio, calmati" gli disse Fede, prendendogli il viso tra le mani.
"Fede... perdonami per tutto quello che ho fatto alla tua famiglia..."
"Va tutto bene, va tutto bene."
"Flor... Flor, perdonami... voi siete così buoni... tutti e due... e io sono così idiota..."
"Che cosa c'è?"
"È colpa mia... è colpa mia, Flor... è colpa mia se tuo padre è in prigione... io... io ho rubato la valigetta al Conte, quando era malato... e l'ho fatta trovare ad Eduardo, perché lo accusassero. Sono stato io, Flor... io..."
"Cosa...?" biascicò Flor.
Prese a barcollare e Fede le si precipitò alle spalle, per impedirle di cadere a terra.
"Flor, no!" esclamò, afferrando al volo una sedia mentre teneva lei con l'altro braccio.
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