117: Flashback: settembre 1993
Fede e Matias, l'uno accanto all'altro, camminavano per il cortile della scuola. Non avevano molti contatti con gli altri ragazzi: la maggior parte di loro credeva di poter tenere il mondo tra le mani e farne ciò che voleva. Loro no. Forse perché erano venuti su dal nulla, erano stati poveri anche loro e per questo non disdegnavano la povertà.
Un ragazzino se ne stava lì, in un angolo. Doveva essere quello nuovo. Indossava abiti rattoppati e portava gli occhiali attaccati con lo scotch.
"Dev'essere il ragazzo nuovo" disse Fede, rivolto al suo migliore amico. "Dovremmo andare a salutarlo. Sembra spaventato."
Ma qualcuno li aveva preceduti.
I due ragazzi non lo conoscevano bene, nonostante fossero nella stessa classe, perché non gli davano molta confidenza, ma era loro ben chiaro che non si fosse avvicinato a quel ragazzino per fare gli onori di casa, anzi, di scuola.
"Ci hanno spedito un poveraccio!" esclamò il ragazzin.o "Da dove sei uscito, da un cassonetto o dal mercatino dell'usato?"
Altri ragazzini scoppiarono a ridere. Da bambino Fede era un tipo allegro, ma aveva sempre avuto quel senso di giustizia tipico dei Fritzenwalden, e Matias altrettanto. I due si scambiarono uno sguardo.
"Dobbiamo portarlo via o si sentirà male" disse sottovoce Matias. "Passiamo da dietro, corri!"
I due si misero a correre, andarono alle spalle del capobranco e presero entrambe le mani di quel ragazzo. Lui si mise a tremare, ma Fede si chinò su di lui e gli disse piano: "Tranquillo, non vogliamo farti del male!"
Il ragazzo, Claudio, si voltò a guardare gli occhi dolci dell'altro, e alla fine si lasciò condurre.
"Siediti qui" gli disse Fede, conducendolo verso una panchina. "Respira lentamente... così, bravo." Aveva avuto spesso a che fare con attacchi di panico: suo fratello Nicolas, pur avendo tre anni scarsi, aveva praticamente paura di tutto.
"Grazie" biascicò Claudio.
"Io sono Matias e lui è Fede" gli disse l'altro ragazzo.
"C-C-Claudio" balbettò il più piccolo, abbassando la testa. "S-scusate, io... i-io non... non s-so p-parlare bene."
"Non fa niente, tranquillo. Se non ti senti a tuo agio parlando, puoi sempre scrivere" gli disse Fede. "C'è ancora tempo. Vieni."
"Ma che vuoi fare, tedesco?" gli chiese Matias.
"Vieni con me e vedrai" rispose Fede, ridendo.
Claudio s'irrigidì, ma i ragazzi lo rassicurarono passandogli le mani sulle braccia.
Arrivarono ad una cartoleria.
"Ah, il piccolo Fritzenwalden, il suo fratello acquisito e...?" chiese la commessa.
"E un amico. Si chiama Claudio" le disse Fede. "È per lui che siamo qui. Ha una lavagnetta?"
"Una lavagnetta, dici? Ecco qua, con tutto l'occorrente." rispose la commessa, allungandogli un pacco da dietro al bancone. "No, no. È un mio regalo" aggiunse, vedendo che lui e Matias facevano l'atto di prendere dei soldi per la lavagnetta con tanto di accessori.
"Grazie, veramente!" esclamarono i due ragazzi, all'unisono.
"Siete dei ragazzi veramente ricchi... perché le cose più preziose le avete nel cuore. È il minimo." disse la commessa.
"Grazie" ripeterono, stavolta a turno, i due ragazzi. "Tieni, Claudio."
Il piccolo tremava: era molto magro e il peso dello zaino e del pacco sembravano opprimerlo. Le sue gambe tremavano a tal punto che Matias gli tolse dalle mani il pacco.
"Ora andiamo, o faremo tardi." disse gentilmente, e i tre ragazzi si diressero verso la classe.
Purtroppo Claudio capitò accanto al bullo, e non furono rari gli insulti.
"Prof,per favore!" esclamò il ragazzino, guardando la donna in un modo tutto particolare. Fede lo guardò con disappunto: non sapeva che anni dopo quel ragazzino sarebbe stato proprio la sua spina nel fianco, ma aveva già l'animo del seduttore. "Non mi faccia sedere accanto a questo poveraccio! Chissà da dov'è uscito! Mi attaccherà le pulci, i pidocchi, e..." Prese a grattarsi, facendo ridere tutti. Il povero Claudio riprese a respirare male, voltando il viso dalla parte opposta.
"Facundo, piantala di..." esclamò la donna.
Fede e Matias si scambiarono un'occhiata.
"Te la senti, tedesco?" sussurrò Matias.
Il ragazzo si limitò ad annuire. "Non sopporto chi se la prende con la gente come se... come se fosse..." Non sapendo che altro dire, alzò la mano.
"Federico! Tutto bene?" chiese la professoressa, in tono più dolce.
"Ecco... mi dispiace separarmi dal mio migliore amico, ma se Claudio vuole e se per lei non c'è problema, lui può mettersi qui e io..."
"Va bene" disse la professoressa. "Credo che tu debba andare a prenderlo, però... è molto scosso..."
Fede si alzò dal suo posto. Il suo amico lo guardava orgoglioso, ma non lo invidiava per niente. Sembrava che fin da piccolo Fede avesse avuto la vocazione della sopportazione, perché, Matias ne era certo, a lui non sarebbe bastata la pazienza di sopportare quel tale. Non sapeva che poi i ruoli si sarebbero invertiti e che, tra l'altro, nessuno dei due avrebbe riconosciuto quel ragazzino.
"Hai la vocazione di tirare su il morale ai poveracci, Fritzenwalden?"
Il ragazzo fece finta di non sentire. "Vieni, Claudio. Andrà tutto bene, tranquillo."
Mentre Claudio camminava, incerto, il bulletto aveva iniziato a lanciargli pezzi di carta o palline di gomma, ma quando si arrivò ad un quaderno, Fede spinse leggermente Claudio e inarcò la schiena, parando il colpo.
"Ecco, siediti" disse quando furono arrivati.
Claudio si mise a sedere accanto a Matias, che gli posò dolcemente una mano sulla spalla.
"Andrà molto meglio, te lo prometto." disse il ragazzo, in tono affettuoso.
Fede non se la passò molto bene, accanto a quel ragazzino, ma sembrava che nemmeno lui si divertisse tanto, perché il ragazzo aveva chiaramente deciso di non dargli retta.
Gli toccò ricordare quel nome, ma non sapeva che un giorno sarebbe riuscito a vendicarsi veramente di lui...
Alla fine delle lezioni, il trio si ricongiunse.
"Come stai, amico?" chiese Matias. "Non te la sei passata molto bene con quel tale, eh?"
"Lascia perdere. Alla fine pensare a chi ci fa delle cattiverie è una perdita di tempo. Noi soffriremmo e lui ne godrebbe. Dobbiamo fare una cosa molto più importante."
"Cioè?"
"Cioè, aiutare Claudio a non bruciarsi gli occhi."
Ripresero a camminare tutti insieme e raggiunsero uno studio ottico.
Un giovane li accolse sulla porta.
"Fede! Matias! Che sorpresa!"
"Ciao Alex!" salutarono i due ragazzi.
Claudio era sconcertato: era possibile essere così buoni pur essendo molto ricchi? Eppure quei ragazzi lo avevano difeso, gli avevano procurato l'occorrente per scrivere, si erano divisi per proteggerlo e poi avevano deciso di procurargli un paio di occhiali nuovi, decenti.
"Avremmo bisogno di un favore" disse Matias. "Vedi, il nostro amico Claudio dovrebbe cambiare gli occhiali. Gli faresti una visita?"
"Oh, naturalmente! Vieni, Claudio. Non aver paura, siediti."
Claudio si sedette, incerto. "Fai cenno di sì o di no con la testa se vedi bene o no, d'accordo?" disse Alex, capendo che il ragazzino era decisamente timido. Dopo una decina di minuti riuscirono a stabilire i gradi degli occhiali.
"Aspetta, li ho già pronti." disse Alex. Andò nel retrobottega e prese un paio di occhiali. Claudio, con mani tremanti, li indossò.
"Allora? Come va, Claudio?" chiese Fede, circondandogli le spalle con un braccio.
In quel momento, capendo che né lui, né Matias né Alex avrebbero riso, Claudio parlò.
"V-v-vedo!" balbettò. "V-vi posso... a-a-abbracciare, p-per favore?"
I tre sorrisero e il primo fu proprio Fede. Prese delicatamente la mano di Claudio, che era ancora insicuro, e se la portò dietro la schiena, abbracciandolo e dandogli dei colpetti sulla schiena. Dopo di lui, lo stesso si ripeté con Matias, e poi con Alex.
Finita la visita, i due ragazzi si fecero dare l'indirizzo di casa di Claudio e lo accompagnarono.
I genitori, due medici che si occupavano proprio delle persone indigenti, rimasero sorpresi di vedere due ragazzi decisamente ricchi esteriormente, accompagnare il loro figlio, e capirono che quei due giovani erano ricchi anche nel cuore.
Ma rimasero ancora più stupiti nel vedere che il ragazzo indossava un paio di occhiali nuovi.
Il padre rimase immobile, sconcertato, ma la madre scoppiò a piangere e corse incontro ai due giovani.
"Oh... che il Cielo vi protegga!" esclamò la donna, con gli occhi pieni di lacrime, stringendo entrambi a sé.
"Non... non è niente, davvero" balbettò Fede.
E la cosa migliore fu che Claudio ritentò di parlare: "Loro... m-mi hanno... s-s-salvato... mamma..."
La donna pianse più forte.
"Grazie, ragazzi! Grazie! Non cambiate mai, vi supplico! Mantenete il cuore buono che avete... presto o tardi tutto torna... e a voi tornerà tanto bene... tanto bene!"
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