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113: Recitare

(Nota Autrice: sono stata ferma per un po' perché avevo un vero e proprio blocco... poi mi è venuta un'illuminazione. Ci sarà qualche sorpresa che riguarda Evaristo, ma... tutto a suo tempo! Ringrazio di cuore
veronicagreco3982
con la quale ho scambiato due parole poco fa e che mi ha dato un suggerimento per sbloccarmi. Ho dovuto leggere poco, alla fine, però paradossalmente un aggancio l'ho trovato in Flor 2, (che in casi estremi sfrutterò solo per quello.) Okay, la smetto di rompere... mi vesto da narratrice... tattaratàààà! Buona lettura!)
A Fede erano bastate quelle tre parole.
"Fidati di me."
Quante volte Flor aveva risolto tutto solo dicendogli quelle tre parole... quante volte lui le aveva dette a lei! E alla fine, in un modo o nell'altro, quelle parole magiche li avevano ripagati dalle sofferenze subite.
Flor si alzò dal suo posto, si diresse rapidamente fuori e radunò i ragazzi nella playroom.
"Ragazzi... Agostina e Santiago non conoscono bene la fiaba della Sirenetta... vogliamo recitargliela noi?" chiese Flor, entusiasta.
I ragazzi si scambiarono uno sguardo: erano felici di riavere con loro la solita Flor, allegra e pimpante, piena di energie come quando aveva varcato la soglia di quella casa.
"Perché no? Ma come faremo?" chiese Roberta.
Flor si avvicinò ad un baule e ne estrasse una vecchia tenda che piegò con cura, poi prese un po' d'ago e filo e chiuse le pinne improvvisate con delle cuciture.
"Indossa queste, Robertina" disse lanciandogliele.
Roberta allungò le braccia, afferrò le pinne e le infilò rapidamente.
"Flor... ma le sirene dovrebbero stare in acqua." disse Roberta.
"Vero! Vediamo... la piscina di casa! Quella è riscaldata, quindi non ti farà male! Ora finiamo di prepararci, poi la recita verrà fatta all'esterno! Su, veloci! Chi fa il principe?"
"Quella è una parte da mocciosi!" esclamò Thomas.
"Dillo che non vuoi fare il principe perché lui e Ariel si baciano, fifone!" esclamò Dominick.
"Va bene, vorrà dire che il principe lo farò io!" disse Ramiro.
"Cosa? Guarda che ti gonfio, scemo!" esclamò Thomas, scattando in avanti, pronto a colpire Ramiro.
"Ragazzi, fermi, fermi! Niente baci, e il principe lo farai tu, Thomas... tu, Ramiro, potrai fare il pesciolino amico della sirenetta, visto che sai nuotare molto bene!"
"Okay." dissero all'unisono i due ragazzini.
"Vediamo... Martin, ti andrebbe di fare Sebastian? Tu sei un tipo molto serio, un po' come lui, ma se ti si gratta un po'... eh?" ammiccò Flor. Martin sospirò, ma alla fine le rivolse un sorriso.
"Bravo il mio piccolo Freud!"
E via dicendo, man mano furono trovati tutti i personaggi. Amélie, che aveva un debole per i cattivi, decise d'interpretare la strega del mare, una delle sorelle di Ariel fu assegnata a Greta, un'altra a Reina, la terza a Sofia, e per le altre tre si proposero Bella, Emma e Maya. Nicolas si propose come padre della sirenetta, anche lui per il suo fare serio, Franco improvvisò delle quinte e dei cambi di look come a teatro e Sandra e Pedro, che sembravano andare decisamente d'accordo, isarono assistenti alla regia. Antonio e Oscar rimasero nel loro ruolo di chef, mentre Beba affiancava Fede nel mettere le basi della Disney. Flor avrebbe avuto il compito di aiutare gli attori ad asciugarsi in caso di necessità, e di tenere d'occhio Agostina e Santiago, mentre Amalia doveva sorvegliare la strada e avvisare nel caso in cui fosse arrivata la vera strega o una sua spia.
Alberto, infine, faceva da narratore, e da come parlava, da come raccontava la storia, sembrava che fosse sempre stato un cantastorie.
"Lasciate che vi mostri il passato di una donna... una donna che prima d'esser donna è stata una creatura figlia del Mare... il suo nome era... Ariel."
E Roberta, con una grazia fuori dal comune, prese a nuotare avanti e indietro per la piscina, poi venne circondata dalle sorelle... ma solo per un istante, perché, poco dopo, approfittando del loro sgomitare continuo per piazzarsi davanti ad uno specchio improvvisato, si diresse dalla parte opposta, dove doveva probabilmente trovarsi un finto relitto.
Greta, che non era esattamente un'esperta in quello sport, finì con l'inciampare e, presa dal panico, esclamò: "Me fuori allenamenta! Me aiutare, bite!"
Reina da un lato e Maya dall'altro l'aiutarono a tirarsi su e dissero: "Vedrai, sorellina... con un po' d'allenamento tornerai a nuotare bene come prima!"
"In quel momento fece irruzione il Re del Mare, che con espressione dura e gelida intimò..."
"Allora, ragazze? Che aspettate a prepararvi?"
"Papà Tritona, noi preparare!"
"Benissimo! Ma dov'è Ariel?"
"Ariel? Ehm, dov'è Ariel?"
"Mi sta prendendo un flikiti, dov'è Ariel?"
Flor si morse la lingua per non ridere: quella battuta non era prevista e poiché era tutto improvvisato non sapeva cos'altro aspettarsi.
"Ragazze, se sapete dov'è Ariel dovete dirmelo!" Le "sorelle" si scambiavano sguardi incerti.
"Ve lo dico per l'ultima volta: dov'è Ariel?" ripeté Nicolas-Tritone. "Guardate che se la prendo io... io..."
Mentre Nicolas improvvisava quella scenetta, Martin, seppur lentamente, cercava di muoversi verso Roberta e Ramiro, ma la difficoltà che aveva con le sue finte chele lo rendevano fin troppo visibile, tanto che anche Alberto fu costretto a improvvisare.
"Intanto Sebastian, il granchio più fedele al re, seguiva la sirenetta acquattato... non troppo acquattato, nell'ombra."
Sistemandosi le finte chele, improvvisamente, Martin s'impigliò con una mano tra i filidi cui erano fatte, strattonò per liberarsi e involontariamente si ficcò un dito in ucchio.
"Ahia..." biascicò, continuando a strattonare.
"Devi dire Ariel, Martin" sussurrò Roberta. Ramiro le diede una leggera gomitata per lasciarle intendere di stare zitta.
"Ahia... Aria... AAAAAAAAAH!" urlò, tirando ancora e finendo per darsi da solo una gomitata all'altezza del fianco.
"Allarme! Spia! Strega della Terra!" esclamò Amalia, e, prima che Bonilla potesse entrare, tutti si misero al lavoro: mentre Matias e Gonzalo, il padre di Ramiro, aiutavano gli attori a salire rapidamente, Sandra e Pedro asciugarono il pavimento dalle gocce che colavano dai loro corpi e Fede, Amélie e Alberto fecero sparire l'attrezzatura, mentre Agostina e Santiago, che avevano capito, fingevano di abbracciarsi, spaventati, e Flor e Fede fingevano di litigare. Fede dovette improvvisare alla grande, urlando ai ragazzi: "Se fate un altro disastro come questo vi sbatto tutti in collegio!", come nello stile del buon vecchio Freezer, per poi dire a Flor: "È stata una tua idea, questa squallida recita in piscina in pieno inverno, vero?"
"Dovresti proprio cacciarla via, questa stupida!"
La strega parlava dall'esterno della casa, ma Bonilla, che era la sua marionetta, aveva ripetuto quelle parole, esasperando la povera Flor.
"Maledetto, io ti..." scattò per l'appunto la ragazza, scagliandosi su di lui, ma Fede la trattenne: "Shhh... non una parola di più, Florencia!" disse a tono piuttosto alto, perché Bonilla potesse sentire, poi, a voce più bassa, sussurrò all'orecchio di Flor: "Lascialo perdere, è un completo idiota, lo sai. Lascialo dire."
"Oh, è proprio con te che volevo parlare!"
Bonilla si avvicinò a Flor e le posò una mano sul polso, in modo così viscido che Flor, disgustata, ritrasse di scatto la mano, facendo quasi cadere Fede, che era alle sue spalle.
"Oh, povera Florencia... il tuo papà adottivo si è beccato una brutta polmonite... certo, ora hai quello vero, quindi non te ne importerà niente, ma..."
"Tu sei una carogna!" esclamò Flor, scattando nuovamente, ma stavolta fu Alberto ad intervenire.
"Lascialo perdere. Sai che non è così."
"Bene! Ora vieni, stupido!"
E, sentendo quella voce lontana, Bonilla si allontanò dal giardino di casa Fritzenwalden.
Quando Bonilla se ne fu andato, Flor crollò in ginocchio.
"Papà è malato! Papà è malato" ripeteva come un automa.
Alberto posò una mano sul braccio di Fede e gli disse sottovoce: "Vado ad informarmi sui ricoveri in ospedale di oggi. Se dovesse essere vero ti chiamerò io. Nel caso, per favore, accompagna Flor in ospedale..."
Fede si limitò a fare un cenno d'assenso con la testa e Alberto lasciò lentamente andare la figlia, che crollò tra le braccia del suo principe.
"Amore, non piangere... non piangere!" disse dolcemente. "Eduardo è uno dalla fibra forte... vedrai che starà bene!"
E mentre Fede provava a calmare Flor abbracciandola, Massimo aveva ricevuto una visita speciale.
"Ho saputo che stavi male, Massimo." disse una donna, con la bocca impiastricciata di rossetto che formava un cuoricino.
"Con te al mio fianco qualunque malanno scompare, fiorellino" disse Massimo, allungandosi verso la donna.
"Pardon, mio signore... io... vi lascio soli" balbettò il povero Evaristo, defilandosi rapidamente.
Michelle, questo era il nome del "fiorellino", inarcò la schiena all'indietro, mettendo in evidenza i doni che la natura le aveva dato e facendo risvegliare nel conte quell'istinto da seduttore che da molto tempo era rimasto dormiente. Massimo si allungò verso la donna, la baciò sulle labbra e, subito dopo, scese lentamente lungo la curva del collo, prendendo respiri profondi e godendosi le sensazioni paradisiache che quella pelle gli trasmetteva.
E mentre il Conte si dava al suo passatempo preferito, il povero Evaristo era rimasto fuori dalla camera d'ospedale, chiedendosi come avesse fatto quella donna ad entrare, e intanto calde lacrime gli rigavano il viso pallido e marcato da occhiaie di diversi giorni.
"Non devi piangere, idiota!" continuava a ripetersi, rabbiosamente. "Lui non potrà mai amarti! Sei solo il suo maggiordomo e nient'altro! Sei soltanto questo! E poi a lui piacciono le donne! Non ti guarderà mai. Se almeno fosse stato come i lsignor Fritzenwalden... sarebbe stato comprensibile... ma come puoi volere così bene ad una persona così... così..."
Ma serviva veramente a poco seguire quella linea di pensiero: nulla era valso a cambiare i sentimenti di Evaristo, neanche il fatto che il Conte fosse un codardo e un seduttore.
Senza esitare oltre, Evaristo si alzò da terra: non ne poteva proprio più di quello che sentiva e vedeva. Reprimeva da tempo tutte le sensazioni che provava ogni volta che lo sguardo seducente del suo signore si posava su di lui per chiedergli questo o quello.
Da tempo soffocava i brividi che lo scuotevano ogni volta che la voce profonda del Conte gli parlava. E quante volte l'aveva aiutato a sfuggire all'ira dei mariti delle donne che seduceva, fingendo che la cosa che più desiderava al mondo fosse vera! Il suo comportamento era ineccepibile: non vi erano crepe che potessero lasciare qualche sospetto perché il poveretto impostava un sorriso ogni volta che vedeva quell'uomo tra le braccia di un'altra, lo riempiva di complimenti per la sua capacità d'ingannare le donne, nonostante fosse la cosa che più lo urtava di lui, e sopportava quegli atteggiamenti per non perdere il posto... per non perdere lui.
Ma aveva raggiunto il limite massimo di sopportazione. Aveva bisogno di sfogarsi con qualcuno, di parlare, e per qualche assurdo motivo sentiva che la signorina Florencia e il suo futuro sposo, (lui aveva capito che loro fingevano di litigare, ma non l'aveva detto a nessuno, nemmeno al suo signore), erano i soli con i quali potersi confidare senza essere giudicato uno scherzo della natura o qualche sciocchezza simile.
In quel momento incrociò Alberto, che per la tensione aveva sbagliato corridoio e invece di andare all'accettazione si era diretto verso le camere.
"Oh... santo cielo, scusami!"
Evaristo sentì un braccio robusto aiutarlo ad alzarsi dopo un urto del quale non si era quasi accorto.
"Oh... perdonez-moi, signore... ehm... volevo dire, mi scusi."
"Tu sei l'assistente del Conte, giusto?" chiese Alberto.
Evaristo poté solo annuire, costringendosi a non piangere, ma Alberto capì subito che qualcosa non andava.
"Stai male? Hai bisogno di qualcosa?" chiese premuroso.
"Lei... è il padre... biologico di mademoiselle..."
"Di Flor" gli venne incontro lui. "Se posso aiutarti, dimmi pure. Solo... sai se di recente è stato ricoverato qualcuno? Qualcuno... proveniente dal carcere?"
"No... nessuno" rispose Evaristo, e Alberto tirò un sospiro di sollievo.
"Bene... dimmi: cosa posso fare per aiutarti?"
"Se lei sta tornando a casa, potrei... venire con lei?"
Ad Alberto fu chiaro che Evaristo non se la sentiva di confidare direttamente a lui le sue pene.
Ma, guardandolo, gli fu chiaro anche altro: i suoi tormenti avevano a che fare con il suo capo.
Alberto chiamò Fede, per avvisarlo che stava arrivando insieme ad Evaristo, e il giovane, che da un lato era decisamente sollevato, dall'altro provò un senso di pena per il povero maggiordomo.
"Amore, cosa succede? Papà sta male davvero?"
"No, tranquilla. Tuo padre sta benissimo... ma il tuo altro padre... quello biologico, dico, sta venendo qui con Evaristo."
"Cosa? Percré? È successo qualcosa?"
"Sembra che sia Evaristo ad aver bisogno d'aiuto... e a quanto pare ha molta fiducia in noi."
Flor sospirò: aveva sempre visto una sorta di malinconia negli occhi del povero maggiordomo e le faceva una tremenda tenerezza.
Dopo circa dieci minuti, Alberto ed Evaristo arrivarono e, vedendolo affranto, Flor e Fede si scambiarono uno sguardo d'intesa. Avevano capito che quel malessere doveva essere contrastato con uno sfogo, e anche in fretta.

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