Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

110: Lei non è lontana

La contessa Anna De La Hoya rimase impietrita, con gli occhi sgranati. Quel cognome era la più grande condanna e la più grande benedizione della sua vita. Non tanto Fazarino, ma Fritzenwalden.
Fritzenwalden... Fritzenwalden... FRITZENWALDEN!
Suo figlio le aveva raccontato di un certo Fritzenwalden che aveva perso la vita per salvarlo, che poi l'aveva recuperata, incredibilmente, e adesso era stata lei stessa ad investire una Fritzenwalden, anche se inconsapevolmente. E quella piccina era figlia di quel tale Fritzenwalden che le aveva permesso di non piangere sulla tomba di suo figlio. Un opprimente senso di colpa le pesava sullo stomaco. Sentiva il respiro venirle a mancare, il cuore le batteva all'impazzata e non faceva che rivolgere maledizioni a se stessa per essere svenuta, per non aver fatto fermare il povero Alfredo, per non essersi accorta del fatto che l'uomo si stava sentendo male... e a farne le spese era stata una bambina innocente...
"Signora Anna! Signora Anna, per l'amor del cielo!" la chiamò il dottore.
"I genitori sono qui?" chiese agitata.
"Il padre sì... la madre è incinta e si è sentita male, purtroppo" rispose lui.
"Dove si trova quel pover'uomo?" cbiese la contessa, alzandosi lentamente.
"Venga" le disse semplicemente il medico, capendo che non avrebbe potuto in alcun modo dissuaderla dal cercarlo.
Fede era nuovamente fuori dalla stanza, pallido come un cencio, con le mani sul volto e gli occhi chiusi. In qualche modo sentiva sua figlia molto vicina... come se non fosse ancora giunto il momento di separarsi da lei. Non sapeva come fosse possibile, ma lo sentiva.
Vide una donna avvicinarsi a lui. Ela pallida, aveva gli occhi cerchiati da un malessere, forse sia interiore che esteriore, e si reggeva malferma sulle gambe. Si alzò dalla sedia, da buon cavaliere, la prese sottobraccio e la fece sedere al suo posto, sorridendole.
"Salva" disse gentilmente, rimanendo in piedi accanto a lui.
"Lei è... il signor Fritzenwalden?"
Fede rimase sconcertato dalla domanda.
"Sì... ma lei come mi conosce, signora? Se posso chiedere, certo" domandò lui.
"Io... mi per... cioè, perdonami!" balbettò la donna. Aveva di fronte un ragazzo così giovane e già così maturo, colpito da un dolore dietro l'altro.
"Per cosa? Di che parla?" chiese lui.
S'inginocchiò a terra e le prese le mani. Erano fredde, ma morbide e lui sentiva che tremavano terribilmente.
"Va tutto bene" disse con tenerezza.
"Ero sull'auto che ha investito tua figlia... ero svenuta, e anche il mio autista lo era."
Fede trattenne il respiro per qualche istante, a causa della sorpresa, ma gli faceva male vederla così a disagio, così scossa dai sensi di colpa. In fondo, poverina, non aveva colpa per quello che era successo a sua figlia, ma non poteva neanche rivelarle che la colpa era di una strega priva di cuore.
"È stato un incidente, stia tranquilla" disse accarezzandole i dorsi delle mani con il pollice.
La donna si sentiva tranquilla, rilassata, sotto quel tocco delicato. Quel giovane aveva qualcosa. Sembrava che la sua aura venisse da un altro mondo. C'era qualcosa, dentro di lui, che trasmetteva un forte senso di calma.
"Caro... so che hai anche una compagna, che lei non sta bene ed è incinta... va' da lei, che io resto qui fuori... di' ai medici di avvisare me per qualunque cambiamento." propose la donna con gentilezza, guardando Fede. "Non hai una bella cera... dovresti riposare anche tu."
"Grazie, ma io... io vado a vedere come sta la mia ragazza, poi torno. Comunque la prego, tenga d'occhio la camera della mia sirenet... di mia figlia mentre sono via... per favore..."
"Ma certo, non preoccuparti." disse lei. Fede avvisò i medici di riferire a lei qualunque dettaglio su Agostina e si diresse verso l'auto. Anche Greta e Antonio erano stati costretti ad andare a casa mezz'ora prima: erano stravolti e lui non voleva che si sforzassero più del dovuto.
Quando Greta vide il suo figlio acquisito varcare la soglia, gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo avvolgendolo nel suo familiare calore materno.
"Her Federica! Come stare nostra piccioncina?" chiese amorevolmente.
"Sempre uguale, Greta" rispose  mestamente lui, "ma io non la sento lontana... sono sicuro che ce la falà." E non era una frase di circostanza.
"Papà!" Santiago gli corse incontro, saltandogli in braccio. Si era legato a lui praticamente subito e non aveva avuto problemi a a chiamarlo in quel modo. Era contento di vederlo, perché i suoi abbracci riuscivano a calmarlo. I bambini percepiscono i doni delle persone, percepiscono una persona speciale quando ce l'hanno di fronte, e Fede lo era.
"Ciao, campione!" esclamò Fede. "Quanto sei bello!" E sorrise: il viso di Santiago, quello di un bimbo innocente, era davvero bellissimo, e lui aveva bisogno di quegli occhi da piccolo eroe che aveva ripreso a sognare come faceva prima di finire in quello squallido istituto.
"Papà, come sta Ago? Si è svegliata?"
"Ago vuole svegliarsi, ma non trova l'uscita e noi dobbiamo aiutarla... hai capito, soldatino valoroso?" gli disse gentilmente Fede, e per la prima volta da dopo la scomparsa dei genitori biologici, Santiago si sentì utile. Inoltre tutti gli rispondevano sempre la solita cosa: "Devi avere pazienza... Agostina si sveglierà." E lui odiava quella risposta: odiava stare lì e non poter far nulla.
"E come, papà?"
"Se vuoi, dopo ti porterò da lei... e tu le dovrai parlare."
"Parlare di che cosa?"
"Non importa... parlale di qualcosa che ti piacerebbe fare quando si sveglierà, di quello che accade a casa, o racconta una fiaba che possa piacerle, anche se la inventi al momento. Ma parlale... ti deve sentire per trovare la strada."
"Ma lei non mi può sentire, papà."
"Ma sì, certo che può sentirti! È solo che, oltre alla sua voce, qualcuno ha imprigionato anche il suo corpo, per impedirle di rispondere... ma lei sente. Capisce tutto quello che le diciamo."
"Mi faranno entrare, se vengo con te?"
"Sì, soldatino. Diremo ai medici che sei venuto per una missione speciale..."
"Voglio che tu e Flor restiate sempre il mio papà e la mia mamma!" esclamò risoluto Santiago. "Sai, anche se sta male, mamma chiede sempre di me e di Ago e poco fa mi ha fatto stare sul suo letto, vicino a lei... ha la pelle morbida come la seta e la voce dolce, lo sai?"
"Sì... e ha anche il cuore grande, la tua mamma. Che dici? Andiamo a farle una sorpresa?" chiese dolcemente Fede, e il ragazzino si limitò ad annuire.
Entrarono nella stanza di Flor, che, pur essendo scossa dalla febbre, piangeva silenziosamente.
Amélie e Ramiro erano accanto a lei, da un lato del letto, e Alberto dall'altro, e le teneva la mano, cullandola come una bambina.
Fede e Santiago si avvicinarono piano al letto, e Fede si chinò su Flor e le baciò la fronte.
"Basta, amore mio, ti prego... non fare così."
Gli occhi di Flor erano completamente rossi.
Alberto, Amélie e Ramiro si scambiarono sguardi complici e lasciarono da soli i tre, proprio mentre il telefono fisso di casa Fritzenwalden prendeva a squillare.
"Mamma, non piangere... Ago ha bisogno del nostro aiuto!" le disse Santiago.
"Campione, ascolta: adesso io e te dobbiamo fare una cosa. Te la ricordi la canzone che ti ha insegnato la mamma, vero?"
"Quella sui bambini, dici?"
"Sì, quella. Gliela cantiamo io e te?"
Santiago fece un timido cenno d'assenso. Non sapeva definire se la sua voce fosse piacevole all'ascolto e la cosa lo intimidiva molto, ma con suo padre, adottivo o meno che fosse, accanto, sentiva di poterlo fare, senza contare che lo faceva per la sua mamma.
«Saben que los niños son angeles sin alas
que nos manda el cielo para ser mas buenos,
son los que nos marcan dónde está el camino,
dónde está lo bello de nuestro destino."
«Cuando rie un niño el sol aparece
y todo se aclara, el mundo florece.
Se enciende la vida, se encuentra el camino,
y nos damos cuenta que seguimos vivos."
«Los niños no mueren..."
«Los niños no mueren..."
«Solo van al cielo."
«Solo van al cielo."
««Se quedan en el alma, y se ponen alas y vuelan muy cerca"..."
«Los niños no mueren..."
«Los niños no mueren..."
«Se van por un tiempo..."
«Se van por un tiempo..."
""Ajuntan estrellas y nacen de nuevo en otro pequeïo"."
"Oh... ragazzi! Non ci posso credere!"
Flor si tirò su a sedere, lentamente, e Fede le prese il viso tra le mani'
"Mi sei mancata così tanto, angelo mio" le disse. "Come stai? Sembra che la febbre non ti voglia proprio lasciare."
"Signor Freezer... portami da Ago, per favore." supplicò la ragazza. "Mi ha fatto così bene sentirvi cantare!"
"Mmm, che testarda che è la mia Flor!"
"Sono una mamma e lei è mia figlia. Ti prego, Freezer! Per favore..."
"Facciamo così, Flor: ora tu prenderai qualcosa per far scendere un po' la febbre, poi ti coprirai bene e verrai in ospedale con me, ma ne approfitteremo e faremo un controllo anche per gli altri bambini."
Le alzò piano la maglietta e la baciò sul ventre, respirando lentamente, come se con quel gesto avesse potuto catturare una sensazione.
"Come state, angioletti? Non state facendo disperare la mamma, vero?"
Flor, intenerita come non mai, sorrise.
Era la prima volta da due giorni che sorrideva, che si sentiva felice davvero e non ostentava una serenità forzata per non far preoccupare i suoi cari.
"E sia!" esclamò convinta e Fede per un attimo rabbrividì al ricordo di chi aveva pronunciato quelle fatidiche parole.
Alberto, che era rimasto sulla porta ad ascoltarli, si avvicinò a Fede con un'espressione a dir poco sconvolta e il volto cinereo.
"Alberto! Ma che è successo?"
"Niente... però ti prego: abbi cura della mia Flor... lei, Reina e Sofia sono le persone che più amo e stanno già soffrendo in maniera indicibile. Per favore, Fede!"
"Tranquillo, padrino. Flor è la donna che più amo e la proteggerò sempre... anche se lei si protegge anche da sola."
L'uomo sorrise per poi abbracciare la ragazza e darle un bacio tra i capelli.
"Abbi cura di te, principessa della Terrazza" disse semplicemente. "E anche tu, giovanotto!" aggiunse battendo una mano sulla spalla di Santiago, che si voltò e gli batté il cinque.
I tre si diressero verso la porta. Alberto rimase in attesa, fino a quando non vide l'auto di Fede scomparire, poi uscì di soppiatto di casa, ma una donna lo fermò posandogli una mano sul polso.
"Che succede, Albertino?" cbiese Nilda, sorridendogli con dolcezza.
"Eduardo Fazarino, il papà adottivo di Flor, ha avuto un incidente in carcere e ora lo tengono in infermeria" rispose Alberto, sfregandosi una mano sul viso talmente forte da arrossarsi la pelle.
"Sei combattuto sull'andare a trovarlo, vero?"
"No... è l'uomo che ha avuto cura di mia figlia e di questo gli sarò grato per il resto della mia vita, però... non so se dirlo ai ragazzi. Sono già tanto preoccupati per la loro figlia e io..."
"È bello da parte tua. Ma io ti consiglio di andare prima a fargli visita per poi agire di conseguenza." affermò Nilda, stringendo una mano al figlio. "Posso accompagnarti, se vuoi."
"Grazie, mamma. Però... no, non ce n'è bisogno. Posso chiederti un altro favore?"
"Quello che vuoi. Di cosa si tratta?"
"Abbi cura di Flor... falle scendere la febbre, quando tornerà a casa... perché temo che dopo aver visto Agostina le salirà di nuovo e non voglio che stia ancora male... sai cosa si prova a perdere un figlio... e ho rischiato più volte di provarlo anch'io, sulla mia pelle... ti prego, aiutala!"
"Era questo? Tranquillo, ci penso io."
"Grazie." disse sorridendo Alberto. Poi, con il cuore che gli batteva forte, si diresse a piedi verso il carcere in cui era tenuto Eduardo.
"Permesso?" disse a mezza voce ad una guardia. "Sono Alberto Santillàn: ho risposto io al telefono di casa Fritzenwalden."
"Cerca il signor Eduardo Fazarino?" chiese gentilmente la guardia.
"Sì... sì, cerco il signor Fazarino... vorrei vedere come sta" rispose Alberto. "Vede, la figlia è molto preoccupata." Avrebbe voluto dire: "Mia" figlia, ma se l'avesse fatto avrebbe dovuto dare troppe spiegazioni, cosa che gli avrebbe fatto perdere tempo prezioso. Ci teneva a vedere Eduardo.
Era il padre adottivo della sua Flor, l'uomo che, insieme a Margarita, l'aveva resa la donna meravigliosa che aveva incontrato in quello scantinato, tenuta prigioniera dalla strega, come lo era lui da tanto tempo... anche se la sua prigionia vera e propria era iniziata quando aveva inscenato la sua stessa scomparsa.
"Mi segua, prego." disse gentilmente la guardia, accompagnandolo in infermeria.
"Fazarino, c'è una visita per te" disse entrando nella stanza. Eduardo si tirò su a sedere e Alberto gli mostrò la macchia che aveva in fronte, per fargli capire chi era. Sapeva che Flor gli aveva scritto per informarlo.
La guardia li lasciò da soli e Alberto si avvicinò ad Eduardo e lo guardò: il viso completamente tumefatto, gli occhi cerchiati e gonfi, cre probabilmente lo distinguevano a malapena. Eduardo non si lamentava mai, ma aveva un'espressione di dolore inequivocabile.
"Che bello! Sei vivo!" esclamò Eduardo.
"Così sembra." rispose tranquillo Alberto. "Chi ti ha conciato così...?"
"Così orribilmente? Quell'animale che ha ammazzato il povero Fede... e meno male che è riuscito a tornare!" sussurrò in risposta Eduardo. "Mi ha detto di Agostina, la figlia adottiva dei nostri ragazzi... come sta? È tanto grave?"
"Diciamo che bene non sta, ma è forte e poi Fede ha detto che non la sentiva lontana, quindi credo che starà bene..."
"Oh, grazie al cielo!" esclamò Eduardo passandosi una mano sulla fronte. Se ne pentì praticamente un istante dopo... un grido di dolore gli venne fuori dalle labbra, anch'esse piuttosto gonfie e ricoperte d'incrostazioni.
"Cerca di non toccarti il viso, però." disse Alberto prendendogli il braccio.
Sembrava che in quel luogo non ci si prendesse poi tanta cura dei detenuti...

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro