(11: Ancora un ultimo sforzo!)
I macchinari sul corpo di Fede, che fino a quel momento avevano dato di matto, smisero di suonare e anche di funzionare. Il masso stava tornando indietro. Flor, che per qualche ignota ragione era collegata a Fede, vide che la pietra stava tornando indietro, che rotolava verso di lui, e in quel preciso istante il cuore di Fede ebbe un sussulto e si fermò. I dottori provarono un brivido d'orrore e si scambiarono sguardi preoccupati. Si procurarono un defibrillatore e iniziarono a dargli delle scosse elettriche.
"No, amore, non puoi farmi questo!" esclamò Flor, capendo cos'era accaduto, e, incurante della sua febbre, tornò a collegarsi a lui. Il masso si era dilatato.
Flor infilò le braccia nella caverna ed afferrò l'oggetto. Nel frattempo Fede spingeva. I medici non si erano accorti di nulla, ma vedevano che sembrava che il cuore di Fede provasse a ripartire per poi fermarsi e ripartire di nuovo. Ogni volta che si fermavano restavano in allerta e puntualmente dopo una decina di secondi il cuore tornava a fermarsi.
La strega gongolava: "Arrenditi, ragazzina! Non c'è più niente da fare!"
Flor la ignorò.
"Amore, fermati, è pericoloso!" la supplicò lui, ma a lei non importava.
Tirò e tirò, fino a quando metà della pietra non fu tra le sue mani.
"Non puoi farlo, sssignorina" ripeté la voce sibilante.
"Non m'importa" rispose lei.
"Lasciami, sssignorina. Il suo posssto è qui con me." ripeté la voce.
"Lui ha lottato per tornare! Non è più tuo."
"Chi ssse n'è andato... non appartiene più alla vostra terra." le disse lui.
"Non se la sua anima non si è rassegnata, e l'anima di Fede è finita qui per sbaglio" intervenne Margarita.
Il masso prese ad agitarsi tra le mani di Flor, che strinse più forte la presa. Le parve che da lì provenisse un urlo, ma dopo quello che quella voce le aveva detto, lei non se ne curò.
La cosa andò avanti così per diversi giorni. A Flor sembrava quasi che quel lavoro servisse a poco o niente, ma non aveva notato che il masso non ritornava più indietro e, dopo tre settimane, si rese conto che non faceva più tanta fatica a tirarlo e sembrava che Fede non dovesse sforzarsi troppo a spimgere.
Quel progresso, però, parve perdere il suo valore una notte di tempesta. La luce era saltata, quindi c'erano solo un paio di macchinari disponibili per ogni paziente, rigorosamente collegati ad un generatore elettrico. Per fortuna Fede riusciva almeno a respirare da solo, per cui gli furono lasciati lo stetoscopio ed un defibrillatore per i casi di emergenza.
In quella notte tempestosa, però, il masso ritornò indietro e premette il corpo etereo di Fede contro la parete di fondo della minuscola caverna.
Flor non ebbe bisogno di guardare lo schermo, sul quale i numeri si erano immobilizzati: impallidì di colpo e un senso di tensione s'impadronì di lei.
"Il cuore..." riuscì a sussurrare.
"Cosa dici, Flor?" chiese Reina, che era seduta accanto a lei.
"Il cuore! Gli si è fermato il cuore!"
Reina si precipitò fuori dalla stanza e andò a chiamare il medico, che corse dentro e, con la massima gentilezza che gli fu possibile, disse: "Vi prego, ora dovete uscire!"
"No! Io voglio stare con lui!"
Flor si aggrappò disperatamente alla maniglia della porta.
"Signorina, per l'amor del cielo!" la supplicò il medico. "Deve uscire!"
"Io da qui non mi muovo!" esclamò lei.
"Piccola..." le disse Reina, avvicinandosi a lei e abbracciandola da dietro. "Se noi non permettiamo al dottore di fare il suo lavoro, metteremo in pericolo Fede!"
Tenendo stretto il suo corpo con le braccia, le fece lasciare la maniglia e la portò via.
"Perché mi fai questo? Avevi promesso che non mi avresti separata da lui! Me l'avevi promesso!"
"È proprio per questo che ti ho portata via, ma non lo capisci? Non puoi tornare tu a tirare la pietra! Il tuo corpo non potrà sopportare un'altra lotta con quella cosa, qualunque cosa sia."
Passarono ore prima che Fede venisse riportato nella sua camera. Purtroppo, nonostante tutti gli sforzi dell'équipe medica, i risultati delle visite e i valori riportati sulle macchine che aveva addosso non erano di buon augurio.
Erano tutti in pena per lui, che con il suo corpo materiale era costretto a starsene sempre là, rigido, immobile e pallido come un cencio, ma con il suo corpo fuori dalla portata dei vivi, cercava in tutti i modi di liberarsi. Flor lo guardava e gli si avvicinava ogni tanto per sussurrargli all'orecchio parole d'incoraggiamento, cosa che lo esortava a continuare a lottare con quella pietra che viveva di vita propria e gl'impediva di tornare alla sua vita.
"Cenerentola non ha mai avuto di questi problemi" si diceva Flor, "e di arpie contro di lei ce n'erano tre, non una... solo che la mia vale per tre!"
Flor si portò le mani alle tempie che battevano e le facevano male. Si disse che doveva provare ancora a togliere quel masso che bloccava il passaggio a Fede e si concentrò per cercare di spostarlo.
"Flor, che cosa fai?" le chiese Reina.
"L'unica cosa che posso fare!"
"No! È troppo pericoloso, non te lo permetto!"
"Reina, aspetta!" intervenne Dominick.
Afferrò la mano di Flor e, senza sapere perché, disse: "Lo faremo tutti insieme, Flor!"
Si presero tutti per mano e si unirono al disperato tentativo di Flor. Videro la caverna e Roberta, che aveva la possibilità di entrarvi per il suo corpicino esile, saltò a cavalcioni della pietra come su un destriero e passò dall'altra parte. La pietra rotolò in avanti, per sbalzare via la ragazzina, e in quel momento i ragazzi l'afferrarono e presero a tirare con tutte le forze. La strega provò a instillare in loro il dubbio che tutto quello che stavano facendo sarebbe risultato inutile e avrebbe messo in pericolo le loro stesse vite, ma in quel momento Maria e Derick si misero in mezzo, creando una barriera protettiva tra i loro cari e la strega.
"Fede, guarda!"
Margarita gl'indicò quel piccolo esercito che lottava contro la natura stessa, per lui!
"Oh mio Dio... non ci posso credere!" esclamò Fede, sconcertato.
"Hai visto, ragazzo? L'amore ti ha riportato indietro e l'amore ti salverà" gli disse il Capo, prima di sparire, tenendo stretta la pietra con una mano immaginaria.
"Non c'è molto tempo!" disse Margarita.
"Che devo fare?" chiese lui... poi si accorse del fatto che i suoi cari, stremati, avevano tolto la pietra dal buco, aprendogli il passaggio.
"Vai!" gli disse Margarita. "Sei libero!"
"Grazie!" disse lui, gettandosi verso l'esterno. Appena fuori, fu sollevato da un vento vorticoso e chiuse gli occhi. Il vento gli fischiava nelle orecchie e si sentiva sballottato qua e là, ma riuscì a gridare: "VI VOGLIO BENE!", per sovrastare quel fischio prima di ritrovarsi nel suo corpo. Erano tutti intorno al letto quando lui si riscosse.
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