(107: Come curare un cuore ferito)
Fede camminava per la strada. Era teso perché stava per scoprire qualcosa sul complice della donna il cui nome all'epoca era Delfina. La donna che per anni l'aveva deliberatamente ingannato e tenuto nella sua rete.
Ma non era così sovrappensiero da non rendersi conto di quello che gli accadeva intorno. Riconobbe il Conte che camminava senza guardare, con il viso rivolto alle bellezze femminili, decisamente più allettanti delle auto e della strada lastricata... ma questo lo portò a non vedere un'auto che puntava dritta verso di lui.
Fede fece l'atto di lanciarsi, ma improvvisamente fu sbalzato via e si trovò accanto a Flor.
Al suo posto vide la figura gracile e minuta della sua figlia adottiva: Agostina. Dal lato opposto della strada c'era una donna in lacrime. Era talmente assorta nel proprio dolore da non rendersi conto dell'auto che le stava andando contro. Agostina cercava la sua voce, disperatamente, ma non la trovava... allora Fede cercò di gridare alla donna di spostarsi, ma lei non parve sentire. A quel punto Agostina si buttò addosso alla donna, mandandola a cadere dall'altra parte della strada con la forza della disperazione, ma non fece in tempo ad alzarsi che il veicolo sfrecciò sul suo esile corpicino.
Flor e Fede si destarono dall'incubo nello stesso momento. Fede si era portato la mano al petto, per placare i battiti frenetici del suo cuore, ma non aveva fatto in tempo a riprendersi perché Flor, disperata, si era messa a gridare proprio in quel momento e lui, colto dal suo istinto di protezione verso la donna che amava, era corso al piano di sopra.
Avevano appena scoperto di aver fatto lo stesso sogno quando Matias portò via un disperato Fede e Alberto rimase da solo con Flor e le sedette accanto.
"Flor! Piccola, per favore, calmati... respira!" le disse amorevole, passandole una mano sul viso come faceva con le altre due ragazze quando erano ancora piccole, per tranquillizzarle. E Dio solo sapeva quanto gli sarebbe piaciuto poter coccolare così anche lei!
"Papà... se succede qualcosa alla mia Ago io... io..." balbettò Flor, con le lacrime agli occhi mentre lui l'attirava verso di sé facendole posare la testa sul suo petto.
"Ehi! Calmati, amore mio, ti prego! I bambini che porti dentro ne potrebbero risentire, e poi se fosse accaduto qualcosa di grave ad Ago l'avremmo saputo da un pezzo" le disse piano.
"Sei mai stato così in pena per qualcuno, papà?"
"Sì, piccola mia" rispose lui. "Per te."
"Per me?" ripeté lei, sorpresa.
"Sì... quando sei stata ricoverata in ospedale per l'incendio."
La ragazza fu scossa da un brivido.
"Come? Lo sapevi?"
"Sì, lo sapevo. Tutte le cose peggiori che ti accadevano, io le sapevo. Mia moglie non mi risparmiava di certo i dettagli, e la cosa peggiore era che non potevo neanche venire a trovarti in ospedale, stare con te, tenerti per mano come qualunque padre... stavo esattamente come stai tu adesso."
Flor si sentì stringere il cuore. Suo padre era stato praticamente obbligato a vederla star male senza poter fare nulla né per lei, né per la sua mamma...
"Non mi lasciare da sola, papà!" singhiozzò lei, stringendosi forte a lui che prese ad accarezzarle le guance.
"No, luce dei miei occhi. Mai più." le promise, senza staccarsi da lei. Era incantato dalla bellezza di sua figlia, dal suo viso dolce, dalla sua pelle calda e delicata come quella di Margarita, da quella voce che sembrava provenire da un altro mondo, eppure poteva toccargli le corde del cuore con una sola parola, come se stesse maneggiando una chitarra... e tenerla tra le braccia gli dava quel sollievo di cui aveva un disperato bisogno. Lei, dal canto suo, lasciò che lui continuasse a cingerle il viso con le mani. Il suo contatto era forte, ma non doloroso. Era caldo e rassicurante. Tremava leggermente, ma cercò di non darlo a vedere. Lei era già molto scossa dall'incubo che aveva avuto sulla sua figlia adottiva, e lui lo capiva... gli era quasi scoppiato il cuore quando aveva scoperto che la sua Flor, la figlia che aveva visto una volta sola, quando la piccola era appena nata, aveva rischiato la vita gettandosi nel fuoco, per cercare di salvare Franco, il fratello di Fede. Lei era coraggiosa e lui lo sapeva, ma l'idea che potesse accaderle qualcosa gli faceva male, più male delle luci che la strega gli tirava contro quando cercava di torturarlo.
Flor guardava i suoi occhi buoni, la macchia sulla fronte. Era l'unica cosa vera che aveva: non assomigliava al tizio del ritratto... era un bell'uomo, e probabilmente un po' più giovane di come la strega lo stava dipingendo. E quante gliene aveva fatte credere, la strega! Le aveva lasciato intendere che a lui non fosse importato un fico secco di lei, solo perché, passando per defunto, lui si era vendicato con il testamento... e aveva riconosciuto le sue figlie, ma non lei... cosa che al tempo era stata omessa. Lui, invece, era stato in tutto quel tempo segregato, in uno scantinato squallido, viveva ogni maledetto giorno le pene dell'inferno... e lei non ne sapeva nulla! Odiava ancora di più la strega per questo, e voleva bene al suo papà biologico tanto quanto a quello adottivo, anche se li amava in modi diversi... e poi, in fondo, li aveva visti poco entrambi. Non sapendo che fare, Flor si lasciò guidare dal cuore.
Le parole le salirono alle labbra come se nulla fosse e lei le lasciò scorrere.
"Ho pensato così male di te, papà... ti prego, perdonami!" disse a mezza voce.
"Io non mi potevo difendere, però. Che ne potevi sapere di com'ero veramente?"
"Sofia aveva ragione! Sei così buono!"
"E tu sei una principessa... sei bellissima!"
Flor sorrise. Era tenero, il suo papà, quello biologico... come quello adottivo, ma lei lo scopriva solo allora perché lui, non per scelta ma per colpa di una strega, non aveva potuto crescerla.
"Papà, non... non ti farà male stare qui, alla luce?" chiese preoccupata.
"Ho risolto" le rispose lui. "E in ogni caso è vedere le mie figlie che soffrono a farmi male veramente. Amore mio, ti prego: asciugati le lacrime..." Lei si portò le mani al viso, ma queste presero a tremarle, quindi lo fece lui stesso. "Così sei molto più carina."
Lei si rilassò sotto il suo tocco leggero. Era pieno di graffi, specie sulle mani... chissà quanto aveva sofferto, poverino! Eppure continuava ad accarezzarla dolcemente, come se fosse stata ancora una bambina, come per proteggerla da chiunque osasse toccarla.
"Chiudi gli occhi" le disse gentilmente.
"Cosa? No, non voglio dormire! Ho paura di fare ancora quei sogni!"
"Ma quelli non sono sogni, amore mio... quelli sono incubi! I sogni sono quelli che ti fanno stare bene... come il tuo, di sposarti con il tuo Freezer, come dici tu, e metter su famiglia... o di cantare e illuminare il mondo con la tua luce magica. E poi... non devi per forza addormentarti... chiudi soltanto gli occhi."
All'inizio Flor non voleva. Aveva paura di addormentarsi ed avere incubi, ma un po' il potere innato di Alberto, eredità di famiglia, e un po' le fatine, la spinsero a lasciarsi scivolare nel mondo di quelli che suo padre chiamava sogni... quelli che ti fanno star bene, che ti accompagnano e non ti abbandonano neanche dopo tempo immemore... neanche se nel frattempo scendi all'inferno. Alberto rimase lì a guardarla. I suoi occhi si fecero d'improvviso lucidi, ma lui era riluttante a passarci la mano... sbatté gli occhi e continuò a tenere il volto della ragazza tra le mani, senza fare troppa pressione. La sua aura magica aveva avvolto la giovane, che ora se ne stava lì, tranquilla, e lui era sollevato... temeva che lei finisse per avercela con lui, soprattutto dopo tutte le carognate che la strega aveva detto, ma per qualche motivo, Flor aveva capito che lui era buono, che quelle ferite sul suo corpo indicavano quante ne avesse passate solo per aver amato...
Nel frattempo, anche Matias aveva preso da parte il suo migliore amico.
"Come va? Ti senti meglio, tedesco?" gli chiese affettuoso.
"Ho paura che sia accaduto qualcosa alla mia sirenetta" rispose Fede, teso.
"Si vede che ci tieni molto a quella bimba... e vedrai che presto la riconosceranno come tua figlia. E, guarda il caso: avrai sei figli, come la tua famiglia." gli fece notare Matias.
"Credi davvero che andrà tutto bene?" gli chiese il giovane, speranzoso.
"Ma certo! Perché Agostina dovrebbe rischiare quello che hai rischiato tu?"
"Eppure quell'incubo mi sembrava così... così reale da far paura, sai?"
"Ma non me lo devi giurare, amico! Comunque, se anche fosse, la piccina ha la pelle dura dopo tutto quello che ha sofferto. È gracilina, ma anche forte."
"Povera Flor... era così spaventata anche lei... e io non ho potuto aiutarla perché stavo come lei, se non peggio."
"L'ho notato, per questo ti ho portato via" gli disse gentilmente l'avvocato. "Ma adesso ti sei calmato un pochino?"
"Sì... mi sento decisamente meglio." rispose Fede, scompigliandosi i capelli con entrambe le mani e prendendo un lungo respiro.
"Perché non vai a vedere come si sente, visto che tu stai un po' meglio? Così ti passeranno un po' anche i sensi di colpa che nella tua famiglia, amico, sono una vera e propria calamità, sai?"
"Credo che tu abbia ragione, amico mio. Grazie" disse Fede, sorridendogli.
"Siamo amici. Se non ci aiutiamo tra di noi, chi vuoi che ci pensi, tedesco?"
Fede rivolse un sorriso all'amico, poi si voltò verso le scale e andò da Flor.
La trovò distesa sul letto, rilassata, avvolta nell'abbraccio di suo padre... quell'abbraccio che, per un motivo o per l'altro, non aveva mai potuto ricevere.
"Come sta?" chiese piano. Il suo padrino voltò soltanto il viso: scosso dalla voce del giovane, e gli sorrise.
"Si è tranquillizzata, non preoccuparti" rispose. "Certo che vi siete presi tutti e due un bello spavento con questa storia dell'incubo."
"È vero... comunque, non puoi immaginare quanto mi renda felice vedere che adesso potete stare insieme come un padre e una figlia, come dev'essere..."
Alberto si lasciò andare ad un sospiro.
"Magari avessi potuto farle prima, tutte queste cose!" si lasciò sfuggire. "Ma quando ho pensato di andare da Margarita, che stava male... è successo questo." E s'indicò la cicatrice tutta fasciata dai cerotti magici di Sofia.
"Non è mai troppo tardi, padrino. Ora puoi anche uscire senza problemi, a quanto vedo. Ce la farete a recuperare, e poi... Flor è molto matura, ma dentro è un'eterna bambina... ce ne vorranno di abbracci, per curare il suo cuoricino, e non basteranno i miei."
Il viso di Alberto s'illuminò.
"Sofia te l'ha raccontato?" chiese, guardando Fede con gli occhi sognanti al pensiero della complicità che aveva con sua figlia... che aveva sempre avuto con lei. Si poteva dire che almeno lei fosse riuscita a salvarla.
Aveva anche cercato di aiutare Reina a scappare quando lei si era innamorata di Lorenzo, ma non era servito a niente...
"Sofia mi raccontava tutto di te. Si confidava solo con me, se non c'eri tu."
Alberto chiuse gli occhi, immergendosi totalmente in quel ricordo...
"Papà, papà!" Sofia era piccola, aveva cinque anni scarsi. All'epoca era minuta, gracilina. Cadeva giù con un colpo di vento... e quanti gliene dava, di colpi, sua madre! La piccola Delfina all'epoca la proteggeva come poteva, ma il Gran Generale non lasciava scampo a nessuno... e persino Alberto, buono come il pane, se stava con quella creatura spregevole, lo faceva solo per le sue figlie, per non lasciarle completamente da sole con lei.
"Ehi. ehi... cosa sono quelle lacrime, tesoro mio?" chiese, chinandosi sulla sua piccola, che piangeva disperatamente e non osava guardarlo in faccia, come se sentisse di non meritare di guardare nemmeno il viso di suo padre.
"Si può spezzare un cuore, papà?" cercò di balbettare la piccola, singhiozzando come probabilmente non aveva mai fatto.
"Perché? Che è successo, piccola?" le chiese, anche se in fondo conosceva già la risposta.
"Mamma dice che vorrebbe che mi si spezzasse il cuore, papà! Così non le darei più fastidio!" singhiozzò Sofia, con quell'eterno luccichio negli occhi.
"E a te si è spezzato il cuoricino, non è vero?" le chiese Alberto. "Sì, in effetti può succedere... ma se trovi un bravo medico che te lo sa rimettere a posto, puoi andare avanti... oppure puoi imparare a curartele tu stessa, le spaccature al cuoricino, quando sei sola e non sai a chi rivolgerti. E da come sei ridotta, credo che ti serva una cura drastica."
"Farà male?" chiese Sofia, spaventata, guardando gli occhi dolci di Alberto.
"No... le cure per un cuore ferito non fanno mai male, tesoro mio. E il medico dei cuori spezzati dice che per guarire queste ferite ci vuole un abbraccio molto speciale."
"Davvero? E com'è?" chiese Sofia.
"Così" rispose lui, chinandosi sulla sua piccola, prendendola in braccio e stringendosela forte al petto, come il tesoro più prezioso.
Fu forse l'abbraccio più bello che si fossero mai scambiati, perché, cuore a cuore, lui sentiva che i pezzi separati del cuoricino di sua figlia tornavano uniti.
Alberto fu ridestato dal ricordo dallo squillo del cellulare di Fede, che lasciò la stanza per non disturbare Flor... ma quando tornò dentro, il suo viso era letteralmente cadaverico.
(Nota Autrice: questo capitolo si è incentrato molto sul rapporto padre-figlia, su quante ne ha passate il povero Alberto per amore delle sue figlie, (tutt'e tre, per inciso), perché ultimamente mi sono appassionata ad una fiction di una decina d'anni fa che si chiama: "Non Smettere Di Sognare", e anche la protagonista di questa fiction ha i suoi alti e bassi con suo padre... a proposito: l'attore che interpreta precisamente il ruolo di questo personaggio che mi ha toccato il cuore è anche quello che ho immaginato per la voce, e forse anche per il volto, di Alberto quando è in forma umana... l'attore in questione non ha, ma È, la voce più bella d'Italia, almeno a parer mio: Luca Ward... se riesco a trovare qualche video lo aggiungo al capitolo... io lo amo, ve lo giuro!)
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