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XII

Il fluire dei miei pensieri mi aveva involontariamente condotta fino alla terrazza della Torre.

Avevo bisogno di un po' d'aria per smaltire la rabbia e soprattutto il senso di oppressione che mi aveva conferito la palestra. Quelle quattro pareti mi stava recando un insopportabile sensazione di asfissia, mi sentivo intrappolata. Così ero uscita fuori celermente, precipitandomi nell'ascensore. Premetti casualmente un pulsante nella speranza che potesse portarmi nel primo luogo disponibile per poter prendere una boccata d'ossigeno, pregando che nessuno entrasse nell'ascensore in quel momento.

Le ante si aprirono e mi ritrovai in un enorme salone delimitato da delle pareti in vetro. Mi fiondai a spalancare la porta a vetro, potendo finalmente uscire sull'attico.

Il vento sferzava da sud quella sera, e stanca com'ero mi lasciavo trasportare da quella brezza. Appoggiai le mani alla ringhiera, cosciente del pericolo che correvo se mi fossi sporta fin troppo. Per qualche istante rimasi a osservare il panorama, desiderando ardentemente la compagnia di una di quelle bottiglie di delizioso e prezioso whiskey che custodiva Tony.

Quella discussione con Sharon era riuscita a far risalire nella mia mente ricordi che volevo rimuovere, pensieri che non giravano nella mia testa da almeno un paio di giorni, da quando ero entrata nella squadra. In poco tempo mi ero integrata quasi del tutto, grazie soprattutto per la presenza di un gruppo di persone gentile e accogliente. Ma le parole da lei pronunciate continuavano a rodermi dentro, come un veleno che mi corrodeva dall'interno. Forse perché, sapevo che stesse dicendo la verità. Eppure, faceva male accettarlo.

Avevo perso il conto di quante fossero stati i nomignoli che la gente mi aveva affibbiato nel corso della mia vita. Ci avevo fatto l'abitudine dei giudizi sputati con odio dalle loro bocche, delle opinioni non richieste e delle definizioni crudeli e gratuite. Ma ogni volta bruciava sempre di più.

Dopo qualche minuto iniziai a sentire la pelle rizzarsi per il fresco. Gli ultimi giorni d'agosto stavano per finire, lasciando spazio al vento fresco di settembre, che, a contatto della mia pelle sudata, mi provocava dei brividi in tutto il corpo.

Le spalle erano scosse da fremiti e mi accorsi solo dopo un paio di secondi di aver incominciato a piangere. La gola pizzicava terribilmente, come se la rabbia che provavo fino a qualche istante prima fosse scomparsa lasciando spazio a questo tremendo bruciore agli occhi. Portai una mano sul mio volto tentando di bloccare le lacrime.

Un sospiro uscii dalle mie labbra, qualcosa di appena udibile ma carico di frustrazione. Potevo essere la supereroina più forte del mondo, ma mi mancava il controllo, non lo avevo mai avuto, e per questa mancanza avevo compiuto azioni di cui mi vergognavo. La potenza non era nulla senza il controllo, finalmente l'avevo capito. Quasi istintivamente, aumentai la presa delle mie dita sulla mia mano. Le mie unghie torturavano un esiguo lembo di carne sottostante, fino farlo sanguinare.

Malgrado i numerosi interrogativi che si impadronivano della mia mente, sapevo di non costituire un pericolo. Eppure, a volte, mi comportavo e credevo di esserlo.

«È bello qui, vero?» esordì una voce femminile alle mie spalle. Appena udì quel rumore sussultai, non aspettandomi che qualcuno potesse raggiungermi.

«Scusami, non intendevo spaventarti...» aggiunse avvicinandosi al punto dove mi trovavo.

Velocemente asciugai le lacrime con il palmo della mano osservando con la coda dell'occhio i lunghi capelli di Wanda.

«Vengo qui spesso, sai? Mi aiuta a riflettere, e poi c'è un panorama stupendo» affermò osservando lo skyline. Tirai su con il naso prima di voltarmi verso di lei e annuire vagamente.

«Sbaglio o stai... piangendo?» mi chiese, quasi preoccupata. Annuii di nuovo vagamente, continuando a osservare il tramonto.

«C'è qualcosa in particolare che ti turba?»

«Penso che Steve si meriti qualcuno di migliore al suo fianco, tutto qui...» spiegai sospirando.

«Ti sei scontrata con Sharon, capisco... Avrei dovuto immaginarlo, l'ho vista uscire dalla sala allenamenti poco prima che salissi qui sopra» rispose Wanda voltandosi a guardarmi.

«Non ho intenzione di dare molto peso alle sue parole, può sembrarti triste ma ci sono abituata, ma mi dispiace ancora di più per Steve, è una brava persona e non si merita una come lei» riflettei a voce alta, quasi per convincere me stessa delle mie parole.

«Sei sicura di non esserci rimasta male?»

«Penso di sì... Insomma, dopo un po' uno ci fa l'abitudine, me ne hanno dette anche di peggiori» raccontai sbuffando.

«Jane, credo che tu non debba permettere a persone come Sharon di etichettarti in questo modo, limita la tua personalità. Io ho iniziato dal lato sbagliato, eppure eccomi qui», decretò girandosi verso l'uscita e dando le spalle al panorama, «Se c'è una cosa che ho capito di Steve, è che se una cosa va fatta la farà» aggiunse prima di uscire e lasciarmi sola sulla terrazza.


Il soffitto davanti ai miei occhi non aveva alcune macchie o imperfezioni, candido come la neve. Di fronte al letto vi era un enorme ritratto di Edimburgo, la città d'origine dei miei genitori. Non ricordo molto di quella città, sono nata e ho vissuto lì fino alla morte di mia madre. Mio padre incontrò uno degli scienziati di Ivanov in un pub al centro.
Quel pub era il luogo dove tutto è iniziato.

Dopo la chiacchierata con Wanda, rimasi dici minuti sola sulla terrazza prima di dirigermi verso la mia stanza e farmi una dormita. Fu un tonfo contro la finestra a svegliarmi dal mio torpore allarmata. Velocemente scostai la tenda accorgendomi di essermi preoccupata per nulla, un piccione, dopo aver sbattuto sul vetro, svolazzava davanti ai miei occhi.
Io che mi aspettavo una navicella aliena.

Rimasi così coricata sul letto, troppo presto per recarmi alla festa, troppo tardi per riaddormentarmi. Ammirai il tramonto dal divano sotto la vetrata, la luce solare entrava perfettamente dalla finestra, risplendendo contro le mura bianche. Decisi di farmi una doccia, cambiarmi e poi scendere a mangiare.

Dieci minuti dopo ero già uscita dalla stanza. Fortunatamente mi ricordai la direzione per arrivare in sala da pranzo, facilitata anche dal vociferare che emanava la sala. Risate e urla si propagavano per tutti i corridoi.

Entrai nella stanza e il mio sguardo si posò su Steve, che conversava con Clint e Thor. Sembrava preoccupato, perso tra i suoi pensieri.

«Ma guarda chi abbiamo qui, la Bella Addormentata si è svegliata» esordì Tony venendo ad abbracciarmi.

«Tony, chiamami un'altra volta Bella Addormentata e me ne vado. Dopo averti preso a botte, ovviamente» risposi indicando con un dito Tony.

«Jane, non ti conviene andartene, ho deciso di stappare una delle mie bottiglie di whiskey più costose» concluse Tony aprendo una bottiglia e versando il liquido ambrato nei bicchieri.

«Quindi, FRIDAY accendi un po' di musica e facciamo partire questa festa» aggiunse rivolgendosi al suo alter-ego meccanico.


Passai la cena a discutere di tutto e niente con le due ragazze della squadra: Wanda e Natasha, che era riuscita a tornare prima del previsto dalla missione. Si erano rivelate le più mature del gruppo, e con loro avevo passato il tempo a ridere come delle matte, mentre gli altri scommettevano su chi di loro sarebbe riuscito a sollevare prima il martello di Thor.
Tra alcool, buona musica e qualche risata si fece mezzanotte.

Ero seduta sul divano in pelle bianco, accanto a me sedeva Tony, ubriaco fradicio, che continuava a osservarmi da un paio di minuti.
Gli occhi rivestiti da un barlume, lucidi e ottenebrati dall'alcol, il gomito appoggiato allo schienale del divano, la caviglia appoggiata sul ginocchio della gamba opposta. La camicia leggermente sbottonata e quell'aria da persona con la testa persa tra le nuvole.
Mi voltai scrutandolo anche io, alzando un sopracciglio in maniera sarcastica, considerato che questo suo osservarmi mi stava mettendo particolarmente a disagio.

«Tony, smettila di osservarmi, mi metti a disagio» esordì.

«Scusa, non credevo ti desse fastidio» rispose con un sorriso beffardo si dipinto sul volto, illuminato dalla luce emessa da un lampadario sul tetto.

«Non credi di aver bevuto troppo?» domandai sostenendo il suo sguardo, fissando poi il cocktail -probabilmente un bicchiere di Martini- che si stava gustando.

«No, piuttosto non credo di averti mai detto di darmi del tu, non so, rinfrescami la memoria»

«Se dobbiamo proprio dirla tutta, io non ti ho mai dato tutta questa confidenza», dissi rizzando la schiena, «Illuminami!»

«Suvvia, vorresti insinuare che preferiresti non avere alcuna confidenza con me?» chiese portando una mano al petto con fare teatrale. Annuii divertita, anche solo per dargli fastidio.

«Almeno io non ti approccio per arrivare a scopi ben diversi da una semplice amicizia. Perché qualcuno ci sarà stato, non negare l'evidenza» aggiunse puntandomi un dito vicino al volto.

«Tony!» esclamai portando una mano sulla mia fronte.

«Invece sì» insinuò Tony avvicinando il suo volto al mio orecchio così tanto da farmi sentire il pizzichino della sua barba sul lobo dell'orecchio. Sbuffai, probabilmente infastidita.

«Ti vedo tesa, è successo qualcosa?» domandò con fare petulante e pettegolo.

«Nulla degno di nota» risposi con noncuranza.

«Non raccontarmi balle» obiettò arricciando un angolo del labbro con fare provocante ma allo stesso tempo restio.

Strabuzzai corrucciando le sopracciglia con tono interrogativo «Da quando ti interessa così tanto ciò che faccio?»

«Perché un uccellino mi avrebbe informato in merito a una litigata tra te e una certa Sharon Carter e il motivo lo conosciamo entrambi» suppose Tony abbassando il tono della voce.

Sgranai gli occhi, «Ma sei impazzito!» declamai per poi abbassare il tono di voce

«Ci sta guardando, zitto!» sviai sbrigativa mentre le mie guance si tingevano di un leggero velo rosso.

«Non ti preoccupare non ci avrà sentito, sta facendo finta di ascoltare una delle solite leggende che racconta Thor su Asgard, ma in realtà ti divora con lo sguardo... credo abbia una cotta per te...» biascicò sorseggiando il drink.

«Tony, è ufficiale hai bevuto troppo. Su questo ti sbagli, pensavo che Steve avesse una cotta per te» replicai girandomi per osservare il suo volto stupito dalle mie parole.

Lui alzò le mani con fare colpevole, «Rilassati ragazza, discorso verginità chiuso».

«E comunque dubito che Steve abbia una cotta per me, anche se a volte il suo comportamento nei confronti del gentil sesso mi confonde» aggiunse poi, poggiando il braccio sinistro sullo schienale.

«Del tipo?»

«Del tipo che ogni volta che Natasha prova ad appiopparle qualcuna lui si lamenta dicendo che non è pronto di là, non è pronto di qua e bla bla bla. Non ho mai compreso il motivo...»

Rimasi in silenzio per qualche secondo, magari dal punto di vista di Steve erano buoni motivi.
«Magari ha solo paura di lasciarsi andare.»

«Anche tu ne hai?»
Sospirai appoggiandomi allo schienale. Non avevo paura. Ero terrorizzata.

«La cosa ti preoccupa?» chiese nuovamente Tony.

«Perché dovrebbe preoccuparmi?» replicai con uno sguardo interrogativo.

«Sai, non ho potuto fare a meno di notare una certa tensione sessuale tra voi due...»

Scoppiai a ridere, sbattendo una mano sulla coscia e inclinando la testa all'indietro, rischiando di morire strozzata con il liquido ambrato che stavo bevendo, «Incredibile a dirsi ma la mente più geniale del mondo ha appena sparato una cavolata».

«È una risata isterica? Perché si dà il caso che io non sbagli mai!»

«Ma lo hai visto? Dico davvero, ci conosciamo da due giorni e abbiamo passato un pomeriggio a litigare.»

«Certo, l'ho visto, e lo vedono tutte le donne, te compresa. Suvvia, non dirmi che ogni centimetro dei suoi muscoli turgidi fino ai suoi occhioni azzurri tutti orgoglio della Cara Patria non ti attraggono, perché questa sì che sarebbe una bella battuta» sbottò Tony con malizia, pietrificandomi all'istante.

«Aspetta, ti senti in competizione con capezzoli turgidi?» esclamai cercando di rigirare la frittata.

«Io non ho detto capezzoli turgidi!»

«Capezzoli turgidi?! Volevo dire muscoli. È stato un lapsus...» ripetei.

«Questa sì che è bella, tu pensi ai suoi capezzoli, e ci stai pensando proprio adesso!» continuò, soddisfatto.

«Non è vero, questa è follia!» affermai cercando di allontanare il pensiero dei capezzoli di Steve dopo un'ora di palestra.

«Bingo, stai arrossendo!» concluse dandomi una pacca sulla spalla.

«Non è vero!» decretai cercando di nascondere quel velo rosso che rivestiva le mie guance.

«Sì invece!»

«È colpa del bicchiere, questa roba è una bomba» dichiarai evasiva impuntandomi.

«Non avevi detto che non potevi ubriacarti?» alluse Tony sapendo di avermi in pugno. Rimasi in silenzio per qualche secondo.

«Non negare la realtà. Vi ho visti quella sera, insieme davanti alla finestra, eravate più che vicini...»

Sbuffai, quasi scocciata per dovergli raccontare qualcosa di così privato, «Non nego che ci fu un'alchimia tra noi, sarei sciocca a farlo, ma oltre a questo non è successo nulla».

«Ma come?! Nessuna palpatina? Niente sesso violento? Neanche dopo un'astinenza di settant'anni?»

Sbattei la mia mano sopra la fronte, «Tony, per la cronaca, queste cose accadono solo nei film a luci rosse, o nella tua vita».

«Non dire sciocchezze, sarà che il tuo rapporto con gli uomini è a dir poco catastrofico!»

«Non è questo il punto» risposi, scocciata.

«Discorso chiuso, rilassati. Però ammettilo che io sono la mente più geniale del globo, persino più intelligente dell'omone grande e grosso di colore verde...»

«Tony, lo sa tutto il mondo, te compreso» ammisi disperata voltandomi e osservando il suo volto. Incominciai fissandolo negli occhi, per poi passare a quel pizzetto fin troppo curato per sembrare vero, come se cercassi di trovare il punto dove lo attaccasse la mattina.

«Ma io voglio sentirlo dire da te» ripetè, deciso.

«E se non lo facessi?» domandai sostenendo il suo sguardo.

«Continuerei a importunarti per tutta la serata, diventerò una cozza» risi, non che non lo fosse già.
Ammetto che non ero mai stata capace di rifiutare una sfida, e se da una parte ero tentata a ignorarlo, dall'altra parte ero istigata a battermi.

«Anthony Stark, sei la mente più geniale della terra... e un disperato donnaiolo ubriacone» decretai abbassando progressivamente il tono della voce, quasi sperando che non mi sentisse

«Donnaiolo e ubriacone, mi descriveresti così vero? Intrigante!»

«Ed è in queste situazioni che preferirei nascondermi in un altro paese», mi lamentai sospirando, sorseggiando un altro sorso del drink, «Magari sarei dovuta scappare ad Asgard!».

«Scappare da cosa?»

«Da piccola vivevo a Edimburgo con mia madre. Da sempre l'unica che mi capiva. È morta quando avevo sei anni di un grave malore. Mio padre invece era uno sconosciuto per me.
Mi offrì come cavia in cambio di un mantenimento per alcuni esperimenti. Poi sparì, e io restai intrappolata in un qualcosa che neanche volevo. Forse da questo, oppure dalla mia vita in generale. Asgard non sarebbe stato male come prospettiva di vita» raccontai in preda allo sconforto.

«Dicono che sia un bel posto, Asgard, o almeno così sembra dalle leggende raccontate da Thor. Il palazzo è pieno zeppo di affascinanti Dee che camminano qua e là» rispose Tony cercando di risollevarmi l'umore.

«Ecco svelato perché ti piace Asgard. Troppo sfarzo, non fa per me...»

«Dimmi un posto, ti ci porto in un batter d'occhio!»

«Stark, non farmi ridere» replicai ridacchiando. Velocemente portai il bicchiere sulle labbra, voltandomi poi verso il mio interlocutore convinta di aver fatto una bella battuta. Dallo sguardo terribilmente serio di Tony compresi di aver fatto una gaffe.

Buttò la schiena all'indietro verso lo schienale, «Per una buona volta non scherzo, a volte ho pensato anche io di andarmene, fuggire in un isola. Il paradiso è sulla terra, basta costruirselo. Non saprei, comprare un'isola, avere una famiglia e una vita tranquilla!»
Aveva terribilmente ragione, il ché era incredibile per un ubriaco. Ma, d'altro canto, era facile per lui dire cose del genere, il denaro è potere, e Tony lo sapeva bene. Aveva basato un impero su questo.

«Tu vivi nelle favole, Stark. Nella mia vita rimpiango solo di non essere tornata a Edimburgo. Ma Fury mi avrebbe trovato anche lì, sarebbe riuscito a trovarmi ovunque, forse nemmeno Asgard sarebbe stata sicura...»
Mi appoggiai allo schienale, la verità era che firmato quel foglio non sarei più tornata indietro. Ero passata da una prigione di acciaio a una di sfarzo e costosi alcolici.

«Jane, quando si hanno questi poteri e succedono cose brutte, in parte è anche colpa tua, e in cuor tuo sai bene qual è la cosa giusta e quale quella sbagliata sennò non avresti firmato.»

Sospirai.

«Se rimpiangi così tanto Edimburgo, perché non sei scappata prima? Non sarebbe stato così tanto difficile» mi domandò alternando le parole a qualche sorso. Nel suo ciglio riuscivo a intravedere quel poco di serietà che gli rimaneva.

«In teoria no. Insomma, avrei potuto creare un documento falso. Un nome semplice, ordinario: Stephanie Meyers. Originaria del Texas, studentessa di una mediocre università che vive in un normale appartamento, magari con un cane e una famiglia nella "regola". Una di quelle che fa il tacchino il giorno del Ringraziamento e che poi il giorno dopo va a fare compere. Una semplice ragazza che si può permettere di andare a passare una serata da qualche amica, che dorme senza un coltello sotto il cuscino» cominciai a immaginare sorseggiando il mio bicchiere. Stark mi guardava affascinato. Involontariamente sorrisi, stavo sognando ad occhi aperti.

«Magari potersi permettere di viaggiare con i soldi della propria laurea donati dalla propria famiglia. Lamentarsi di non avere tempo, voltarsi indietro e accorgersi che tutto ciò di negativo del tuo passaggio era stato cancellato con un colpo delle dita. Potersi chiudere la vita alle spalle e andare avanti con una nuova. Una seconda chance» aggiunsi. Il mio sorriso si era ripiegato verso il basso. Ero certa che dal mio sguardo si potesse scrutare quel velo di amarezza che alleggiava nella mia mente.

«Poi ripenserei a mia madre, ai miei amici, e lì mi convincerei di aver fatto la stessa cosa che mio padre fece con me. Ripenserei a cosa provavo al solo pensiero di essere stata abbandonata, non riuscirei a fare lo stesso con altre persone. Pensare che i miei cari possano patire ciò mi fa impazzire» mormorai rattristata. Bevvi un altro sorso.

Tony provò a replicare, ma lo interruppi prima del tempo, «Menomale che dovevi smetterla di importunarmi!».

«Ammettilo che sono uno spasso, e comunque il Capitano continua a guardarci» disse Tony facendomi venire la pelle d'oca

«O forse dovrei dire guardarti?» aggiunse sussurrando.

«Ma anche se fosse, se veramente mi intrigasse Steve come tu cerchi di insinuare, sarebbe uno scandalo. Il beniamino di madre patria, adorato da grandi e piccini, con una ex-assassina proveniente dai sobborghi della Scozia!»

«Io non direi questo su di te, credo che stia meglio qualcosa come "La più focosa Donna del secolo"!»

«Uno scandalo...»

«Credo che dovresti essere disposta a rischiare» rispose.

«Sai Stark, se tu non fossi fidanzato crederei che tu ci stia provando con me. A proposito, quando mi farai conoscere Pepper?» domandai alzandomi dal divano.

«Non saprei, è una donna impegnata, si occupa della più grande fetta delle Stark Industries dopo FRIDAY» fece serio Tony.

«Perché, tu non sei in grado di farlo?» scherzai.

Sbuffò, «È una promessa, la mia» esclamò alzando il tono di voce.
Mi voltai guardandolo in maniera interrogativa, «Ti riporterò a Edimburgo».

«Sai Tony, con il tasso di alcool che hai nel sangue l'unico posto dove potresti andare è il tuo letto», replicai posando il bicchiere sul tavolo, «Dove ho intenzione di andare anche io».

«Sono uno Stark, Jane. Io posso tutto» concluse con noncuranza e sicurezza.

Sbuffai, «'Notte Tony» lo salutai, uscendo dalla stanza.

Le ante dell'ascensore stavano per richiudersi quando qualcuno iniziò a urlare il mio nome. Premetti il pulsante per stoppare il vano e appena si riaprirono le ante uscii fuori, trovando Steve al centro del corridoio che pian piano si avvicinava a me. Indossava una semplice camicia e dei jeans e teneva la mano destra serrata, come se stesse cercando di proteggere qualcosa.

«Steve, che succede, mi hai fatto prendere un colpo» chiesi avvicinandomi.

«Scusami, non era mia intenzione. Solo che stavo dimenticando di darti questo», rispose aprendo il pugno e mostrandomi un piccolo cofanetto, «Questo pomeriggio Fury mi ha contattato e mi ha detto di presentarmi un bar perché un tuo amico voleva darmi qualcosa».

«E tu ci sei andato nonostante il poco preavviso?»

«È Nick Fury, quando dice qualcosa è un ordine. Comunque ci sono mandato e te lo manda un certo Evans...» concluse consegnandomi il pacchetto. Il terreno sembrò quasi svanire da sotto i miei piedi appena udii quel nome, mi mancava da morire. Lentamente aprii la confezione, trovando all'interno la collanina con smeraldo che mi avevano confiscato in carcere. Per qualche istante sentii le mani tremare per la gioia, non riuscendo neanche a trovare le parole adeguate da dire. Sul momento, non posi neanche attenzione al motivo per cui Evans non mi avesse raggiunto qui alla torre, troppo emozionata per aver ritrovato un cimelio così importante per la mia famiglia.

«Steve, io non so come ringraziarti» biascicai afferrando la catenina e cercando di metterla al mio collo.

«Aspetta, ti... ti aiuto» sussurrò. Lentamente mi voltai spostando i capelli sulla mia spalla destra mentre Steve, dopo aver afferrato le due estremità, provvedeva ad agganciarle. Milioni di brividi mi fecero rizzare i peli su tutta la schiena.

«Grazie ancora!» replicai voltandomi e guardandolo negli occhi.

«Di nulla, piuttosto ti porgo le mie scuse per le parole di Sharon, non avrebbe mai dovuto dirti quelle cose, è partita per una missione e credo non la vedremo per un po'» aggiunse Steve poco dopo. Sorrisi, continuando a tastare con le dita la sottile catenelle dorata, incredula.

«Allora, ci vediamo domani...» affermò poco dopo, visibilmente teso.

«Certo, a domani!» concordai mentre mi dirigevo verso l'ascensore.

«Buona notte» concluse Steve per poi tornare indietro sui suoi passi.

«'Notte» sussurrai entrando nel vano e sospirando.

Buongiorno miei cari lettori, come va?

Piano piano iniziano a presentarsi tutti gli Avengers, quindi ecco un capitolo con Wanda Maximoff! E, sempre parlando di Wanda, in questo momento la mia storia è al primo posto nell'hashtag #scarletwitch!❤️

Sono contenta di questo risultato e, nonostante la storia cresca a rilento, mi auguro che possa raggiungere grandi risultati. Come sempre vi invito a lasciare una stellina se il capitolo vi è piaciuto e a lasciarmi un commento con il vostro parere.

Detto questo, Jane ha riavuto indietro una cosa a cui teneva tanto e vi anticipo già che il prossimo capitolo sarà un nuovo flashback della storia.

Mi auguro che il capitolo possa essere di vostro gradimento e ci vediamo al prossimo!

Sono iscritta anche al servizio di recensioni "Cosa ne penso del tuo libro" di Fenice_Bianca !

xoxo

JaneMargotValdez

02/07/2019

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