XI
Erano passati un paio giorni dalla simulazione e Jane sembrava finalmente sentirsi parte di qualcosa. Dopo il termine della prova aveva preferito andarsi a riposare e Tony aveva così stabilito che avremmo trovato un altro giorno per dedicarci alle baldorie. Nat non era ancora tornata dalla sua missione, il ché significava che avrei dovuto gestire io il primo allenamento della ragazza.
E, a essere sincero, la cosa non mi dispiaceva affatto. Dopo la nostra discussione ero ancora più interessato a voler stringere un'amicizia con Jane, che continuava a essere un mistero non solo per me, ma anche per la restante parte della squadra. Infatti, nonostante fosse ormai gentile e cordiale con tutti, nessuno era ancora riuscito a inquadrarla o a farla aprire del tutto. Nessuno aveva ancora capito chi fosse la vera Jane Winters.
Lentamente entrai nell'ascensore, così da poter raggiungere la cucina e poter fare colazione.
«Steve, vieni a fare colazione?» mi urlò Tony infilandosi nel vano prima che le ante si chiudessero.
Io annuii vagamente, mentre l'ascensore iniziava a scendere.
«Hai intenzione di festeggiare stasera?» chiesi a Tony riferendomi ai presunti festeggiamenti in onore di Jane che continuava a rimandare.
«Se non ci sono problemi, sì, festeggeremo stasera. Ho parlato con Fury, e quella di stasera dovrà essere una festa per "pochi intimi"», decretò l'uomo imitando il tono di voce autoritario e severo di Nick, «Perché ancora non possiamo pubblicamente annunciare Jane come nuovo Avenger. Quando Fury avrà finito di organizzare la conferenza stampa potremo organizzare una festa come si deve» terminò il milionario, uscendo dall'ascensore ed entrando in cucina.
Lì, Thor e Jane stavano discutendo seduti al bancone, mentre Clint chiacchierava con Wanda seduti sul tavolo in vetro al centro della stanza da pranzo adiacente.
«Thor, devi stare fermo o non posso farti un ritratto decente!» sbraitò Jane sollevando la testa dal blocchetto e dando un morso alla mela che teneva poggiata sul bancone.
«Ma non mi avevi detto che fosse così difficile... Mi stai facendo le braccia come ti ho detto vero?» domandò Thor sbirciando nel disegno.
«Sì, ma se non mi lasci concentrare ci saranno solo le braccia in questo ritratto! Ora mettiti in posa per favore... E resta fermo! Buongiorno ragazzi!» affermò Jane salutando poi me e Tony con un cenno del capo. Il Dio mosse la mano per salutarci ma venne subito squadrato gelidamente dalla ragazza che lo fulminò con lo sguardo. Il Dio si ricompose in un attimo, rimettendosi in posa. Tony si avvicinò ridacchiando alla ragazza, restando stupito dal disegno.
«Da quanto disegni?» domandai sedendomi accanto a lei e sorseggiando una spremuta d'arancia.
«Un po' da sempre, fin da piccola ho avuto questa passione» rispose voltandosi a guardarmi.
«Anch'io disegnavo, sei brava sai?» affermai osservando il ritratto di Thor che nel frattempo prendeva forma. La ragazza sorrise, continuando a delineare i contorni del volto del Dio.
«Jane, oggi incomincerai i tuoi allenamenti?» chiese Clint avvicinarsi.
«Sì, oggi sono con il Capitano» rispose Jane tracciando una linea fluida che costituiva il contorno viso. Il Dio aveva una faccia esilarante, non vedeva l'ora che la ragazza finisse.
«A che punto sei con il disegno?» biascicò Thor senza muovere il labbro superiore per restare in posa.
«Abbiamo quasi finito bel fusto» rispose Jane ridacchiando, perfezionando il gioco di luci e ombre che costituiva il disegno.
«Quindi oggi ti allenerai con il Capitano, eh?» ripeté Tony con un ghigno sul volto, facendomi un occhiolino con fare ammiccante. In tutta risposta sbuffai, ignorando la sua provocazione.
«Sì Tony, non ci senti per caso?» replicò Jane senza degnare il milionario di uno sguardo.
«Sappi che ti toccherà un allenamento intensissimo, il Capitano e Natasha ci andranno pesati» affermò Clint riponendo la tazzina da caffè vuota nel lavabo.
«Credo di riuscire a reggere, sempre che non mi vogliate morta» rispose Jane ridacchiando.
«Per carità, non mi va che la mia Torre venga macchiata da un atto così spregevole. Se devi proprio morire, fallo fuori!» affermò Tony armeggiando con la macchinetta del caffè.
«Da quando mi desideri morta?» chiese la rossa storcendo le sopracciglia e impuntando un braccio alla vita, consegnando con la mano libera il disegno al Dio.
«Ma soprattutto, da quando questo palazzo appartiene solamente solo a te?» chiese Thor ammirando il disegno.
«L'ho costruita io con i miei soldi, quindi credo da sempre» rispose Tony sorseggiando la bevanda marrone contenuta nella tazzina.
«Fury non sarebbe d'accordo» replicò Wanda, che da lontano continuava a seguire la discussione.
«Ma Fury non è qui, carissima Wanda» affermò Tony, in risposta la ragazza sbuffò.
«E in ogni caso, il sangue macchia il pavimento, poi è difficile da togliere» affermò Tony.
«Credo che la pulizia sarà una spesa che riuscirai ad affrontare» rispose Jane sarcastica.
«Ma state tranquilli, state creando un problema sul nulla, d'altronde, ciò che è mio è anche vostro» illustrò Tony osservando tutti i nostri volti che lo ammiravano in cerca di una risposta.
«E voi due,» affermò poi rivolgendosi a me e a Jane, «vedete di non ridurvi all'ultimo che voglio gente puzzolente alla mia festa di stasera!»
«Festa?» chiese confusa Jane guardandosi intorno, come se cercasse una risposta sul volto di ognuno di noi.
«Abituati, è Tony Stark. Ogni occasione è degna di essere festeggiata per lui!» scherzò Clint dando una pacca sulla spalla a Jane, come a incoraggiarla, «Che si celebra oggi, il compleanno di FRIDAY?» chiese poi.
«Intanto, mi spiegate perché nessuno in questa squadra tranne me apprezza il buono e sano divertimento? Capitano, qui la colpa è tua, li hai addestrati troppo bene, sono fin troppo seriosi», sbuffò Tony indicandomi, «E poi, qui non si onorerà soltanto l'arrivo di Jane tra gli Avengers. È solo una piccola festa prima della grande festa che faremo dopo la conferenza stampa che ufficializzerà il tutto!» illustrò poi gesticolando teatralmente.
«Non siamo tutti, manca Nat» affermai, cosciente del fatto che magari le sarebbe piaciuto far parte di un evento tanto importante per la squadra.
«Le ho già chiesto e dice che non se ne farà un grosso problema, festeggerà con noi a tempo debito» ribatté pronto Stark.
«Allora ci tocca proprio prendere parte a questa festa» biascicò Wanda terminando la sua tazza di tè.
«Tranquilla Wanda, una festa non ha mai ucciso nessuno» puntualizzò Tony ridendo.
«Ci hai messo tanto eh?» annunciai vedendo Jane entrare nella palestra.
«Non mettermi fretta, ho i miei tempi», rispose gettando l'asciugamano rossa sulla panca, «E hai pure iniziato senza di me, sei davvero un pessimo allenatore!»
La voce di Jane risuonò nella palestra mentre continuavo a colpire il sacco con colpi secchi e decisi.
«Eri in ritardo, ho solo pensato di iniziare a riscaldarmi», precisai dando un pugno nella zona bassa del sacco, «Allora, vogliamo iniziare o no?»
Dopo una buona mezz'ora di allenamento almeno avevo capito di che pasta fosse fatta Jane. E stava andando anche meglio di quanto pensassi. Il riscaldamento durò solo una decina di minuti, acconsentendoci di passare subito a un cardio più concentrato e ad alcuni circuiti di corpo libero, ma, a discapito di quando pensassi, le veniva più facile di bere un bicchiere d'acqua.
Più tempo passavamo insieme, più mi veniva difficile resistere alla curiosità di voler sapere di più su di lei. O all'impulso di osservare le sue curve sinuose fasciate da quella canotta aderente nera e da quel pantaloncino del medesimo colore.
In questo momento, l'unica cosa da poter fare era misurare la sua bravura e la sua forza in un ring, così da poter capire dove procedere con il potenziamento.
«Sai fare boxe?» domandai fasciandomi le mani e passando un paio di fasce anche a lei, indicando con un cenno del capo il ring.
«Più o meno» rispose seguendomi, oltrepassando le corde ed entrando nel quadrato.
Era una scena certamente inusuale. Da quando facevo parte della squadra, mai nessuno era salito con me nel ring. Nemmeno Nat, o Sharon.
«Pronta?» le chiesi. Annuì vagamente mettendosi in guardia, squadrandomi sull'attenti.
Incominciammo a girare per il ring, provando a colpirci di tanto in tanto.
«Lo capisco che ci stai andando leggero con me solo perché sono una ragazza» borbottò Jane menando un montante sul mio addome, che schivai per poco. Piano piano ci stavamo avvicinando all'angolo del ring.
«Dammi il tempo per riscaldarmi» spiegai afferrando il suo pugno destro e piegandolo dietro la schiena, così da poterla bloccare di spalle. Circondai le sue spalle con un mio braccio mentre con la mano continuavo a bloccare il pugno dietro la sua schiena.
«Fatti sotto!» fece Jane digrignando i denti. Subito dopo diede un calcio con la sua gamba sulla mia e una gomitata all'altezza dello sterno tanto forte da costringermi a liberarla. Velocemente si fece da parte, dirigendosi verso l'angolo del ring.
«On va voir!» risposi inarcando un sopracciglio e preparandomi all'attacco.
Scagliò un calcio sinistro che schivai abbassandomi e, appena mi rialzai, lei prontamente rispose con un altro calcio destro che bloccai con una mano. Con forza iniziò a muovere la gamba bloccata, strattonandomi fino a quando non mollai la presa, sbattendo addosso al bordo del ring, mentre Jane precipitava sul pavimento.
La ragazza sembrò inizialmente accusare dolore. Si contorceva sul pavimento mugugnando e borbottando suoni senza un apparente senso, con una mano poggiata sulla parte bassa della schiena.
Mi avvicinai a lei preoccupato «Tranquilla Jane, sei stata bravissima» la incoraggiai, porgendole una mano per aiutarla ad alzarsi. La ragazza afferrò con delicatezza il mio arto e si fece forza alzandosi in piedi.
«Sei stata brava, davvero» la rassicurai poggiando una mano sulla sua spalla, mentre la ragazza si avvicinava al mio volto.
«Credi davvero che mi arrenda così facilmente?» sussurrò al mio orecchio prima di colpire con una ginocchiata il mio stomaco. Mi piegai in due per il dolore ricevendo una gomitata tra le clavicole. Caddi per terra, ammirando Jane con uno sguardo stupito.
«Ti arrendi così facilmente?» domandò la ragazza osservandomi dall'alto.
Recupererai tutte le forze e mi misi di nuovo in piedi «Chi, io? Sbaglio o eri tu quella che prima si contorceva sul pavimento disperata?»
«Mi sta provocando, Capitano? Non ha speranze di battermi» esclamò sgranchendo prima il braccio destro e poi quello sinistro con tranquillità.
«Semmai quella che qui non ha speranze di vittoria sei tu» asserii facendo un occhiolino.
«Vedremo, Capitano» ribatté Jane scagliando un calcio con la gamba destra. Prontamente lo schivai abbassandomi, afferrando poi la caviglia sinistra e tirandola verso di me, facendo capitolare Jane al terreno.
Mi accovacciai sul suo busto, le bloccai i polsi in alto e mi avvicinai al suo volto. La rossa stava digrignando i denti e contraendo la muscolatura del collo. Mi scrutava con gli occhi in due fessure mentre borbottava qualche lamentela.
«Mai perdere di vista il proprio nemico» spiegai sussurrando.
«Allora non perderai di vista questo» proruppe Jane scagliando una testata sulla mia fronte. Istintivamente portai una mano a tastare il setto per verificare se fosse rotto. La ragazza approfittò di quella distrazione per stringere con la sua mano il polso che continua a ergere il mio corpo sopra il suo. Quella era rovente come un tizzone e per poco non ustionò il mio polso. Velocemente Jane invertì le posizioni, ritrovandosi adesso sopra il mio corpo.
«Ti sto provocando, Capitano?» sussurrò Jane mordendosi un labbro. Strinsi gli occhi in due fessure, non le avrei torto un altro capello.
Jane era agile, scaltra e rapida. Scagliava colpi ben assestati nei punti giusti, calibrando bene la forza. Era indubbiamente un nemico difficile da battere.
«Non male come prima volta» biascicai sorridendo, osservando lo sguardo fiero della ragazza che ora si stava alzando in piedi, seguita a ruota da me.
«Non male? Sbaglio o ti ho battuto?» scherzò Jane oltrepassando le corde del ring e iniziando a rimuovere le fasce.
«Solo perché te l'ho permesso. Erano bravi i tuoi allenatori...» risposi sedendomi nella panca accanto alla rossa e asciugando il sudore con un asciugamano.
«Sì, lo erano. Ma, anche se suona abbastanza strano dirlo, la maggior parte delle cose che so le ho imparate da autodidatta» precisò la ragazza togliendo il tappo da una borraccia metallica di medie dimensioni e tracannando sorsi d'acqua.
«Davvero?» domandai porgendo una stuoia alla ragazza, che nel frattempo si era seduta e aveva riposto per terra la borraccia.
«Più o meno. Hai presente la sensazione che si prova quando ti dicono che sei talentosa, con il potenziale, ma che devi ancora migliorare? Credo di averla impressa nella mente. Ai laboratori eravamo in due, e al mio migliore amico non lo dicevano mai» iniziò a raccontare Jane, stringendo i pugni, quasi a contenere la rabbia.
«Se non ti va di raccontarlo non sei costretta» puntualizzai vedendola stringere con forza la stuoia.
«Non è che non mi va, semplicemente mi manca il mio migliore amico, fa strano parlare di lui dopo... Insomma, sei la prima persona a cui ne parlo» rispose, malinconica. Velocemente tirò su con il naso, come se stesse cercando di trattenere le lacrime.
«Anche io ho perso il mio migliore amico tempo fa, si chiamava Bucky. O almeno credevo, pensavo fosse morto, ma lo avevano solo catturato. Continuo a cercarlo tutt'ora» raccontai poggiando una mano sulla sua spalla per rassicurarla.
«Sì, Barnes, giusto? Era tuo amico prima che tu... ecco... andassi a dormire per settant'anni... Dev'essere stata dura vero?» mi chiese voltandosi verso di me.
«Abbastanza, ma è stato più difficile il risveglio. Dove somatizzare tutte le novità, il fatto di essersi svegliato in un mondo totalmente diverso dal tuo senza neanche avere il tempo per riflettere... ma come fai a sapere tutte queste cose? Non mi avrai mica... googlato?» scherzai alzando un indice con fare accusatorio verso la ragazza.
«Che paroloni complessi!» fece Jane ridacchiandosela, «Ho solamente... fatto le mie ricerche. Comunque, stavo dicendo. Robb, il mio migliore amico, era sempre impeccabile ai loro occhi. E a me dava tremendamente fastidio perché cercavo sempre di dare il meglio, quindi continuavo ad allenarmi, anche da sola nella mia stanza. Non hai idea di quanti mobili abbia rotto!»
«Robb provava a farmi capire che era solo una mia fissa, ma non mi interessava. Forse perché lo facevo più per me stessa che per gli altri. Non lo so, a essere sincera. Per il momento sono solo fuori allenamento» terminò di raccontare la ragazza.
«A me non sembra che tu sia fuori allenamento», replicai riferendomi allo scontro di poco prima, «Capisco perfettamente ciò che dici, all'inizio ero l'opposto di ciò che sono adesso. Volevo dare una mano, ma tutti mi rifiutavano perché non ero abbastanza. Mi sentivo inutile... ma credo che questo già tu lo sappia considerate le tue ricerche»
«Cosa vuoi che le dica, sono cose che capitano» obiettò portando le mani avanti Jane.
«A che considerazioni sei giunta?» chiesi guardandola negli occhi.
«Ti ho già esposto le mie considerazioni, posso solo dirti che deve aver recato i suoi vantaggi il siero... Tony mi ha detto come ti guardano le ragazze per strada, mi ha detto tante cose a dirla tutta» ammiccò la rossa facendomi un occhiolino.
«Che altro ti ha detto?» domandai, preoccupato.
«Da ubriaco è un gran chiacchierone, ma non credo che ciò che lui mi abbia detto ti possa fare piacere, non sia mai che una certa Sharon ci spii...», constatò la ragazza, «Vi frequentate, vero?»
«Da quando la conversazione verte su di me? Comunque... è una situazione difficile», dichiarai cercando di non pensare alla gelosia della spia, «Ma la mia vita sentimentale non è tanto interessante quanto i retroscena della tua vita, perché non mi racconti qualcos'altro?»
«Mh, okay. Una volta io e Robb ci mettemmo a litigare durante il pranzo e allora iniziammo a lanciarci da mangiare... Avevo insalata pure tra i capelli!» narrò stramazzando dalle risate e scandendo il racconto con dei gesti, provocando anche le mie. Era piacevole vederla sorridere e aprirsi in questa maniera.
Ma la pace sarebbe durata poco. L'eco di alcuni passi, quasi dei ticchettii, sul pavimento si diffuse per la stanza, fino a diventare più forte.
«Eccoti Steve, ti cercavo... Lei che ci fa qui?» domandò Sharon, la sua figura si stagliò sulla soglia e per un attimo giurai di aver visto Jane lanciare un'occhiataccia verso la donna.
«Ci alleniamo insieme, te l'avevo detto, se solo tu mi ascoltassi...» biascicai osservando la bionda muoversi per la stanza con indosso il classico tailleur.
«Peccato che ti stavi per dimenticare del nostro invito a pranzo... Avevo prenotato un tavolo per oggi...» decretò Sharon, stizzita.
«Non credo sia il momento migliore per discuterne...» constatai riferendomi a Jane, non volevo che assistesse a uno dei nostri litigi.
«Proprio per questo motivo vi lascio alla vostra discussione, ho bisogno di una doccia» affermò Jane alzandosi in piedi e uscendo.
«No, resta un attimo», replicò Sharon avvicinandosi alla ragazza, «Il fatto che tu sia un Avenger non ti rende superiore o migliore agli altri. So cosa hai fatto nella tua vita, e disapprovo la tua presenza in questa squadra. Non posso proibirti di stare qui, ma posso proibirti di stare con certe persone. Spero che tu abbia compreso» aggiunse calcando con cattiveria le ultime parole.
«Sharon... tu...» biascicai, sconvolto. Avvertii un moto di ribellione dentro, sconvolto dalla violenza verbale con cui Sharon si era scagliata contro Jane.
«A meno che tu non abbia un ordinanza restrittiva nei miei confronti dubito che tu possa vietarmi di frequentare una persona piuttosto che un'altra», obiettò Jane avvicinandosi alla bionda.
«Detto questo, considerato che sai cosa io sia in grado di fare, quindi stai lontana da me prima che questa criminale ti faccia del male, ti ho avvertita» sbraitò gelidamente Jane, mantenendo il controllo. Rimasi stupito nel vedere la rossa affrontare con tanta freddezza Sharon, nonostante giurai di aver avvertito la temperatura nella stanza alzarsi e una ventata di calore provenire dalla soglia, da dove ora stava uscendo Jane.
«È pericolosa...» biascicò Sharon voltandosi verso di me. Qualche istante di silenzio aleggiò nella stanza prima.
«Sharon... noi...» mormorai gettandomi stanco sulla panca. Conoscevo Sharon, e, nonostante le buone intenzioni, non saremmo mai riusciti a concludere qualcosa di serio tra noi due. Le volevo bene, ma il nostro rapporto non stava andando come entrambi avevamo pianificato all'inizio, per tanti motivi. Forse anche a causa dei lavori di entrambi che non consentono la possibilità di incontrarci come delle persone comuni. Infondo, Sharon era una spia dello S.H.I.E.L.D a tempo pieno e io un Avenger. E la gelosia di lei non faceva altro che peggiorare le cose. E se da una parte ero tentato di dirle tutto in faccia, dall'altra parte non volevo farla soffrire.
«A proposito di noi due, stavo pensando che magari questo weekend saremmo potuti andare insieme da qualche parte...» affermò afferrando il telefono e controllando gli ultimi messaggi, «Se ti prepari subito potremmo riuscire ad arrivare in orario all'appuntamento, ne parliamo a pranzo!»
«Sharon, io non verrò...» mormorai.
«Va bene... disdirò la prenotazione, meglio così, ho una riunione tra qualche ora. Ti chiamo appena uscita per organizzare qualcosa questo weekend» esclamò posando il telefono in borsa.
«Temo che questo weekend non possa essere possibile, hai la missione, ricordi?...» biasciai alzando il volto e guardandola negli occhi.
«Allora usciamo stasera?» propose la ragazza sedendosi su una panca e accavallando le gambe.
«Stasera c'è una festa alla Torre...» spiegai cosciente di dove sarebbe arrivata a parare la discussione.
«Festa? Quale festa?» chiesa Sharon, stizzita.
Passai le mani tra i capelli in crisi, «Festeggiamo l'arrivo di Jane...» risposi dopo qualche istante.
«Ah... Quindi è più importante che passare del tempo con me... Capisco», fece Sharon alzandosi in piedi e raddrizzando la gonna, «Ora che ci penso, meglio così».
«Credo che sia meglio prenderci una pausa per riflettere...» constatai a voce alta osservando la figura di Sharon dirigersi verso la porta.
«Lo penso anch'io» biascicò Sharon lasciando la stanza.
«Sharon... aspetta! Mi dispiace che sia finita così» esclamai alzandomi.
«A te dispiace? A te non è mai interessato realmente il nostro rapporto Steve! Non vedevi l'ora che finisse!» sbraitò Sharon.
«Sharon non è assolutamente vero quello che stai dicendo» spiegai tentando di mantenere un tono di voce non troppo alto.
«Ma davvero, Steve? Ti auguro il meglio» urlò prima di uscire dalla stanza.
Bentornati miei cari lettori!
Sono tornata con un capitolo nuovo di zecca e anche decisamente più corto di quello precedente!
Le views aumentano, a rilento ma lo fanno. Sono contenta visto che, finalmente, siamo arrivate alle 2k visualizzazioni e spero di crescere sempre di più.
Grazie per tutte le stelline che mi regalate, non potrò mai ringraziarvi abbastanza!
Detto questo, Steve ha litigato con Sharon, che sia la fine della loro relazione? Lo vedremo nel prossimo capitolo!
Spero che il capitolo sia di vostro gradimento e ci vediamo al prossimo!
xoxo
JaneMargotValdez
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