3. Il patto
Il sole bussava insistente sulla finestra, quella mattina.
Prima ora, Divinazione. Rose rimpianse di aver superato l'esame del G.U.F.O. Persino i suoi genitori erano dispiaciuti per lei. La madre non faceva altro che parlare dell'incompetenza della professoressa Cooman, mentre il padre della noia delle sue lezioni, e Rose non poteva fare altro che capire le loro lamentele. La sua testardaggine l'aveva portata a scegliere quella materia, nonostante gli avvertimenti dei genitori e degli zii. Lei la considerava interessante e affascinante, fin quando, al quinto anno, capì che la Cooman era solo un'impostora, per ciò che le predisse. Nonostante quella predizione fosse arguta, era terribilmente falsa, e Rose ne risentí, quando si accorse che le aveva mentito.
Ad occhi chiusi, sentiva i cauti mormorii delle compagne che si alzavano dai letti e si preparavano per scendere a fare colazione. "Che nottata tremenda", sbadigliò una voce che riconobbe come quella di una sua rivale, Sarah.
"A chi lo dici", rispose un'altra, simile a quella di Evelyn, grande amica di quest'ultima.
"I ragazzi del primo anno facevano troppo casino, non credi?".
"E poi, hai sentito Rose? Parlava nel sonno", mormorò Evelyn, attenta a non farsi sentire dall'oggetto della sua discussione. Rose tese le orecchie. Temeva che avesse scoperto il suo segreto, o perlomeno, che sospettasse di qualcosa.
"E che diceva?", sibilò Sarah.
"Serpentese", rispose l'altra, più piano di prima.
Rose sussultò. Non era il suo segreto, ma era comunque qualcosa che nessuno doveva sapere. "Serpentese?", ripetè Sarah. "E da chi lo avrebbe ereditato?". Evelyn fece un mormorio dubbioso, e Rose sentí i loro passi allontanarsi attraverso i corridoi. Aprí un occhio e sbirciò nel dormitorio. Non c'era nessuno, tutte dovevano trovarsi nella Sala Grande.
Si alzò e indossò la tunica, ma mentre stava per uscire, la bambina dai ricci dorati e gli occhi verdi sbucò da un angolino. Le lanciò un'occhiata furtiva, prima di sgattaiolare fuori. "Aspetta!", esclamò Rose. Voleva sapere il suo nome. Non le sarebbe servito a molto, ma per una ragione a lei sconosciuta sentiva il bisogno di saperlo. Eppure la ragazzina era già lontana.
Scese anche Rose, e prese posto accanto a James nel tavolo di Grifondoro. "Buongiorno", mormorò questo.
"Buongiorno", borbottò lei, ma aveva gli occhi concentrati sulla bambina, che si era seduta lontano. Pareva non parlare con nessuno, e stringeva un piccolo libro rilegato in cuoio a sé. Sulla spalla aveva appesa una borsa, che a primo impatto sembrava piuttosto pesante. Strano, pensò Rose. Infatti doveva passare più di mezz'ora prima dell'inizio delle lezioni, e comunque le ore per gli studenti del primo anno non erano poi così pesanti. Si chiese cosa portasse lì dentro.
"Tutto bene?", chiese James, sventolandole una mano davanti al viso.
"Sì... certo", farfugliò lei, prendendo una forchetta e affondandola distratta nel piatto. Qualcos'altro catturò la sua attenzione. Scorpius Malfoy aveva l'aria di non voler fare colazione, rannicchiato in un angolino della Sala Grande. Senza avvertire, Rose si alzò, decisa a raggiungerlo, e quando lui la vide avvicinarsi, non oppose resistenza; al contrario, fu quasi felice di vederla, a giudicare dal sorriso malizioso che le sue labbra avevano formato. "Malfoy", sussurrò, acida.
"Weasley", ribatté con un ghigno. "Girano voci, qui".
"Che genere di voci?". Una fitta allo stomaco le impediva quasi di respirare, tuttavia si sforzò di mantenere uno sguardo impassibile. Scorpius fece spallucce.
"Su di te e le tue strane pensate".
"Non intrometterti in affari che non ti riguardano, Malfoy".
"Sembra che tutta Hogwarts si stia intromettendo nei tuoi affari, Rose", il modo goloso in cui pronunciava il suo nome la infastidiva. "Perché sei venuta da me?".
"Tu hai qualcosa che mi appartiene".
"Oh", mormorò lui. "Pensi ancora di poter riaverlo".
"È mio".
"Lo era. Fin quando non hai deciso di collaborare con me".
"Non collaboriamo più insieme, Malfoy".
Scorpius si avvicinò a Rose, al punto che neanche un ago sarebbe riuscito ad attraversare la distanza tra i due corpi, senza trafiggere la pelle di uno dei due. "Questo non vuol dire che non potremo più essere alleati".
Rose si allontanò bruscamente, guardando torva Malfoy. "Avevamo un patto", scandí, quasi con disprezzo, e tornò al tavolo dei Grifondoro.
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