V- esci dalla mia testa.
Alyssa corse fuori attraverso il giardino buio dietro la casa. Nella foga di precipitarsi fuori si era dimenticata di infilare le ciabatte e vestaglia, perciò ora si ritrovava nella notte con addosso solo una canottiera e dei pantaloncini di cotone. Aveva udito una melodia che, all'improvviso, aveva riempito di vibrazioni l'oscurità. Come se stesse aspettando solo lei. Si fece strada fra erbacce e foglie cadute, calpestando un terreno a cui sarebbe bastato poco più di un soffio per sgretolarsi, e arrivò a pochi metri dalla staccionata di ferro. Ad attenderla c'era qualcuno. Era a torso nudo, la pelle scura -non che riuscisse a distinguerne chiaramente il colore a causa dell'oscurità- il volto abbassato verso il suolo. Quando Alyssa emerse dagli alberi, l'uomo rimase immobile. Lei poté giurare di avergli visto nascere un sorriso sulle labbra, anche se non poteva esserne sicura a causa dell'oscurità. Fu solo vari istanti dopo che lo sconosciuto sollevò il capo e piantò i suoi occhi dorati su di lei. Alyssa fu percorsa da un lungo brivido. Sentiva lo sguardo della luna sulla propria testa, una luna che si rifletteva perfettamente negli occhi dell'uomo che le stava davanti. Sentiva il freddo pungerle la pelle nuda delle spalle e delle cosce, e i battiti del proprio cuore farsi sempre più rapidi e potenti. Osservò immobile il corpo dell'uomo, come ipnotizzata. Il torace nudo, i muscoli scolpiti che sembravano tagliargli la pelle per quanto fossero netti, la lunga V che finiva appena sopra una cintura d'argento che gli stringeva in vita i pantaloni. Infine osservò il suo volto, la leggera barba scura che gli copriva la parte inferiore, le labbra carnose serrate in un sorriso ricurvo, gli zigomi alti, gli occhi di un oro talmente vivido da farle dubitare che al mondo esistesse davvero un colore del genere. All'anulare della mano sinistra indossava un anello che brillava nell'oscurità della notte. La ragazza sentì l'agitazione montarle dentro. Ma nonostante questo nulla la spinse a ritirarsi in casa. Nulla le gridò di allontanarsi dallo sconosciuto per mettersi al sicuro. L'uomo non sembrava così pericoloso. Continuava a sorridere, uno di quei sorrisi amabili ma che celano un mistero, e quel sorriso pareva illuminargli il volto scuro come la luna rischiarava quel vecchio giardino.
-Chi sei?
Sussurrò con la bocca secca, mentre un ennesimo brivido le correva lungo la schiena. L'uomo sollevò il capo verso la faccia scura del cielo e il suo sorriso si allargò ancora di più.
-La domanda giusta, ragazzina, sarebbe cosa sono.- La voce aveva una cadenza sensuale, morbida e dura al tempo stesso, come acciaio avvolto nel velluto. La fece fremere di paura e l'ipnotizzò al tempo stesso. L'aveva riconosciuta. Era la stessa voce che aveva sentito rimbombarle nella testa alcuni giorni prima, ma ora in essa Alyssa poté cogliere qualcosa di più della semplice paura: adesso percepiva una specie di melodia, una sinfonia di odio, amore, tenebra e mistero. Il riverbero della luna si rifletteva ancora nei suoi occhi dorati rendendoli una perfetta calamita vivente. Alyssa sentì una morsa allo stomaco, i polmoni cominciarono a fare pressione contro lo sterno. -Cosa sei e cosa vuoi da me? La sua voce era poco più che un sussurro animato dall'ansia, tanto che si domandò se lui l'avesse sentita.
L'uomo si accorse della paura nella sua domanda, della supplica che lei gli stava involontariamente rivolgendo. Allargò le braccia e rovesciò la testa all'indietro, chiudendo gli occhi. -Non è ancora giunto il momento- rispose in un sibilo che riempì la notte di paura.
-Quando arriverà, lo saprai.
Alyssa batté le palpebre quando un manto di piume nere cominciò a crescere alle spalle dell'uomo. E si sentì mancare l'aria quando quelle piume lo circondarono come il bocciolo di un fiore, divorandolo. Percepì la propria paura fino alle punte dei capelli. Ebbe l'impulso di gridare aiuto affinché qualcuno soccorresse l'uomo, ma scoprì costernata che la sua bocca era incapace di proferire parola. Il grido che le nacque in gola rimase intrappolato nelle sue corde vocali, senza mai uscire. Quando l'uomo scomparve nella notte, involontariamente sollevò lo sguardo verso il cielo. E nella faccia della luna rivide gli occhi dorati dello sconosciuto, occhi che le incussero terrore, mentre la melodia che l'aveva condotta fuori dal letto raggiungeva le note più alte, minacciando di spezzare tutte le sue percezioni mentali. Si tappò le orecchie, cercando di staccare i piedi nudi dall'erba secca del giardino, ma non ci riuscì. La terra cominciò a risucchiarla voracemente, tagliando e scorticando la pelle liscia. Alyssa smise di lottare. In un battito di ciglia venne inghiottita dal suolo.
Un grido ruppe il silenzio della notte, facendo tremare le pareti. Il sudore le incollava i capelli alla fronte, lo sentiva colare lungo tutto il corpo, rendendole la pelle appiccicosa e umida.
Sospettò di avere gli occhi arrossati; sentiva la bocca secca. Si portò una mano al petto e ascoltò i battiti del proprio cuore, talmente rapidi e potenti da farle temere che le avrebbero sfondato la cassa toracica. La porta si spalancò all'improvviso mentre la luce illuminava la stanza di Alyssa.
-Cosa diavolo è successo?- gridò Luthien mentre le correva incontro, e si inginocchiava sul letto accanto a lei. -Stai bene?
-Io...io ho avuto un incubo- ansimò Alyssa deglutendo la sua saliva amara. -Non è niente, Luth.
Le braccia di Luthien le circondarono il collo stringendolo forte e la sua testa le si posò sulla spalla, delicatamente.
-Cos'hai sognato?- chiese mentre le accarezzava la schiena in un gesto materno. Alyssa si abbandonò contro le sue carezze, come avrebbe fatto se sua madre fosse stata ancora in vita, chiudendo gli occhi. Attese che il respiro tornasse alla normalità.
Non seppe spiegare il motivo per cui decise di celare alla sorella anche quell'avvenimento. Ma ultimamente, si rese conto, non sapeva spiegarsi troppe cose strane che succedevano.
-Sono stanca, Luth. Ne parliamo domani, okay?
Luth rimase in silenzio per alcuni istanti, poi annuì contro la sua spalla, sospirando.
-Allora ti lascio dormire. Buonanotte Ally.
La abbracciò forte e poi lasciò la stanza, non prima di averle rivolto uno sguardo di rassicurazione sulla soglia della porta. Alyssa sospirò forte, abbandonandosi contro la testiera del letto e chiudendo gli occhi. Il sonno arrivò solo qualche minuto più tardi. Non fece altri incubi. Ma sognò il volto dell'uomo che sorrideva, rivide i suoi dorati occhi da gatto che la scrutavano fin dentro l'anima. E risentì il proprio nome uscire dalla sua bocca, un nome che gli schioccò sulla lingua e le procurò un altro brivido lungo la schiena.
Mentre dalla finestra che aveva dimenticato di chiudere il vento della notte inondava la stanza, cantando la sua oscura ninna nanna.
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