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The Real Phoenix


Bip.

Bip. Bip.

Era tutto ciò che Phoebe riusciva a sentire, un fastidioso suono ripetitivo.

Si sforzò di aprire le palpebre, sentendole troppo pesanti.

Ma doveva farlo.

Accidenti, era l'unica che una volta morta non riusciva ad aprire gli occhi per vedere il Paradiso? In effetti pensò di non conoscere molte persone a cui poterlo chiedere.

Ma voleva assolutamente aprire gli occhi. Perché in cuor suo sperava di ritrovarsi davanti suo padre, magari in un'altra forma, ma che l'avrebbe accolta e stretta a sé come quando era piccola ed era spaventata dal temporale.

Poi dentro di lei si formò un pensiero strano. La morte è tempo di bilanci, no? E riguardandosi indietro, non era convinta di aver condotto la più esemplare delle vite. Probabilmente si sarebbe ritrovata all'inferno. Il che sarebbe stato anche in linea con la sua filosofia, dal momento che non poteva esistere posto migliore delle fiamme per una Fenice.

Sempre che lei potesse ancora essere considerata tale.

Quale Fenice viene divorata dal suo stesso fuoco e annientata? Forse nel mondo era nata una Fenice più forte di lei e di conseguenza non era più utile.

I ragionamenti più folli continuavano a tormentarla. Ma c'era un solo modo di scoprirlo. Aprire davvero gli occhi.

Phoebe sospirò, poi iniziò a contare.

Uno...

Due...

Tre!

Aprì di scatto gli occhi, venendo accecata da una luce bianca sopra di lei. Strinse subito le palpebre, cercando di difendersi. Era forse quel tunnel luminoso di cui parlavano tutti e che conduceva all'eternità?

Poi nel suo campo visivo appannato comparve una figura. Phoebe cercò di voltare lentamente a fatica la testa, per metterla a fuoco.

Improvvisamente comprese che si trattava di Mattia.

"Oh cielo, sono proprio finita all'inferno se ci sei anche tu" commentò con voce biasciata e roca.

"Straparla!" esclamò Mattia voltandosi verso qualcuno che lei non riusciva ancora a vedere. Poi il ragazzo si chinò ancora su di lei "Mi senti? Come stai?".

"Spero solo di essere in un girone diverso dal tuo, non riuscirei a sopportarti per l'eternità" borbottò Phoebe, chiedendosi cosa davvero avesse fatto di così male nella sua vita per meritarsi la dannazione sottoforma di Mattia.

"Ascoltami bene, devo dirti una cosa- scandì piano il ragazzo pelato, avvicinandosi al suo orecchio- ho parlato personalmente con il Diavolo. Mi ha detto che nemmeno lui ha intenzione di vederti ogni giorno e di litigare con te, quindi ho dovuto riportarti indietro!". Phoebe sentì delle risatine di sottofondo.

Spalancò di colpo gli occhi, accorgendosi di essere distesa in un letto d'ospedale.

"Cretino" mormorò nei confronti di Mattia, cercando di colpirlo con una mano, nonostante non avesse forze.

"Lieto di vederti tornata in forma" commentò l'altra persona presente nella stanza. Phoebe cercò di inquadrarlo con la sua vista affaticata. Piuttosto corpulento, incredibilmente sudato e con un ridicolo riporto nero sulla fronte.

"Paul! Cosa ci fai qui!" esclamò stupita di vedere il suo manager. "Beh, -ribatté lui sistemandosi gli occhiali da vista sul naso- mi hanno avvertito che la mia pilota era in punto di morte. Cosa dovevo fare, rimanere a Londra? Dovevo assolutamente accorrere per disporre del tuo funerale".

"Cielo, quanto vi odio" sibilò Phoebe, gettando la testa indietro sul cuscino. Sentì dei cavi tirare sulla sua mano e notò come vi fossero attaccati tanti piccoli tubicini.

"Perché faccio così tanta fatica a respirare?" chiese lei, rivolta ai due uomini. Paul si avvicinò al letto "Hai respirato dei fumi tossici. Ti hanno sedata per tre settimane in modo da dare ai tuoi polmoni maggiore calma, ma ora che sei sveglia dovranno continuare ad asportare i liquidi riversati all'interno di essi. Ci è mancato davvero poco, Phoebe. Questa volta ti sei impegnata al massimo, ancora qualche minuto e saresti morta soffocata".

"Sono felice di saperlo" brontolò lei, muovendosi a disagio sul letto. Avvertì una fitta alla schiena, come se mille piccoli aghi le perforassero la pelle. Non riuscì a nascondere un'espressione di dolore. "Non ti muovere troppo- l'ammonì Mattia -hai la schiena completamente bruciata in alcuni punti. Il calore ha sciolto le barriere tec-pro che ti sono colate addosso".

"Mio Dio, che schifo" sussultò Phoebe, arrendendosi a rimanere distesa e immobile. "Forse dovremmo chiamare un dottore, aspettavano che si svegliasse" disse Mattia rivolto a Paul. Il manager annuì, uscendo dalla stanza.

"Come mi sono salvata questa volta? Sono volata fuori? Ho delle nuove ali?" chiese Phoebe cercando di abbozzare un timido sorriso. "No, devi ringraziare qualcuno che si è gettato tra le fiamme per salvarti il culo anche questa volta" rispose Mattia incrociando le braccia.

La porta si aprì di colpo.

"Ah, eccolo" commentò Mattia con un sorriso.

Phoebe si voltò verso il nuovo arrivato, sentendo il cuore scoppiarle nel petto per l'immensa gratitudine che provava. Qualche lacrima le sfuggì dagli angoli degli occhi, bruciandole la pelle del viso.

Aidan era in piedi davanti a lei, con il volto stravolto e i capelli neri scompigliati. Ma era lì. Era lui ad averla estratta dalle fiamme.

Phoebe si rese conto che aveva le mani fasciate. Forse si era scottato nel tentativo di estrarla dalle barriere.

Il ragazzo si avvicinò al letto, lentamente. "È sveglia? È cosciente?" chiese guardando Mattia.

"Guarda che ti sento, puoi rivolgerti a me" gracchiò Phoebe con voce più roca del solito. Aidan si precipitò verso di lei, sedendosi accanto e prendendole una mano tra le sue. "Phoebe, come stai? Hai male da qualche parte?" le domandò mentre i suoi occhi neri tradivano tutta la sua apprensione.

"No, sono in formissima direi, pronta per la maratona" replicò Phoebe accennando un sorriso. Aidan ridacchiò scuotendo la testa "Noto che nemmeno la vicinanza alla morte ti rende meno sarcastica". "È il mio marchio distintivo, baby" affermò Phoebe, ammiccando. I due ragazzi nella stanza scoppiarono a ridere. Phoebe cercò di unirsi a loro, ma iniziò a tossire.

Subito Aidan smise di ridere, cercando di sollevarla gentilmente per aiutarla a respirare meglio. Phoebe dal canto suo continuava ad annaspare in cerca di aria, ma la tosse sembrava essersi placata.

"Non ho dei gran bei polmoni, vero?" chiese poi con un filo di voce, tornando a stendersi sul letto. Aidan si portò la mano di lei alle labbra "L'importante è che tu sia viva. Il resto si sistema". "Ma ce l'abbiamo fatta, vero? Sono qui davvero?" chiese conferma Phoebe, con la voce incrinata dal pianto. "Assolutamente sì, siamo insieme" le sussurrò Aidan, stringendole la mano ancora più forte.

"Come hai fatto a salvarmi?" continuò lei, volendo conoscere i dettagli. Il ragazzo sorrise piano "Era la mia postazione. Pensa che segno del destino. Il tuo incidente è capitato proprio davanti a me. Siamo subito accorsi per aiutarti ma il fuoco è divampato in pochi secondi. Abbiamo cercato di placarlo e in parte ci siamo riusciti, però ho dovuto compiere la pazzia più grande della mia vita. Mi sono addentrato nelle fiamme per estrarti. Tutti mi hanno rimproverato dicendo che in questo modo ho messo in pericolo la vita di due persone. Ma in quel momento contavi solo tu. E nella realtà le due persone sono riuscito entrambe a salvarle".

Phoebe sorrise a sua volta, poi indicò le fasciature di Aidan "Ti fanno male?". Lui abbassò lo sguardo, come se le vedesse per la prima volta "No, non finché posso finalmente stringerti le mani tra le mie".

"Quindi sono una nuova versione della Fenice- ridacchiò a fatica Phoebe- sono rinata ancora dalle ceneri. Ma questa volta è stato solo grazie a te. E devo dirti che credo che questa versione della Fenice sia la mia preferita. Mi sento decisamente nata e risorta. Come se la vita mi avesse riservato un nuovo capitolo diverso da esplorare. Ma sei stato tu le mie ali, sei stato tu la vera Fenice".

"Io sono solo innamorato di te" sussurrò Aidan, baciandola lentamente sulle labbra, attento a non ferirla in nessun modo.

"Grazie. Grazie per tutto -iniziò Phoebe- non sarei mai sopravvissuta senza di te. Né tra le fiamme né nella mia misera vita. Grazie per essere arrivato e...". Non riuscì a completare la frase perché cominciò a tossire, non riuscendo a recuperare fiato.

"Chiama qualcuno!" sentì urlare da Aidan, mentre Mattia correva fuori dalla stanza. "Tranquilla, è tutto sotto controllo" disse poi cercando di rimanere calmo rivolto verso la ragazza. Ma Phoebe lo sentiva sempre più in lontananza, mentre la tosse continuava a peggiorare e le mancava sempre di più l'aria.

Un medico e due infermiere irruppero nella stanza, facendo spostare Aidan e ponendo una maschera con l'ossigeno sul volto di Phoebe. La ragazza sembrò recuperare un minimo di respiro, anche se si sentiva il catrame avvolgerle e stritolarle i polmoni.

"Aspetti fuori" disse un'infermiera ad Aidan, costringendolo ad uscire dalla porta. Phoebe voleva implorarlo di rimanere lì accanto a lei, perché non sarebbe più sopravvissuta senza di lui.

Ma la porta si stava chiudendo dietro il ragazzo, escludendolo dalla sua sofferenza.

Phoebe incatenò un'ultima volta i suoi occhi in quelli di Aidan, leggendovi solo lacrime e disperazione.

Forse la sua situazione medica era peggio di quello che le aveva detto.

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