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Flames


Phoebe alzò gli occhi verso il cielo del Mugello.

Le nuvole dense e grigie stavano coprendo il sole. Merda. Non andava decisamente bene.

Aveva aspettato a lungo per quella gara. Non che avesse bisogno di darsi ancora più notorietà. Ma voleva dimostrare di essere brava anche in altre categorie, voleva dare un segnale: il suo talento era vero.

Lanciò uno sguardo nervoso alle tribune, sperando in qualche modo di poter incontrare gli occhi azzurri di Mick. Aveva fatto di tutto per portarlo a quella gara. Non era sicura di vincere, ma le sembrava un'ottima occasione per fare bella figura con lui.

Le aveva promesso che sarebbe venuto a vederla, ma Phoebe non nutriva grandi speranze. Conosceva bene Mick ormai, sicuramente si era dimenticato della sua gara. Di certo aveva altri pensieri per la testa, non si sarebbe offesa se lui non fosse stato presente. Ci sarebbe rimasta male, è vero. Ma aveva smesso di aspettarsi qualcosa dalle persone. L'unica dalla quale nutriva aspettative, era sé stessa.

"È la prima volta che corri nella Ferrari Challenge?"

Phoebe si voltò verso l'uomo dietro di lei con la tuta blu che si stava infilando la balaclava. Si trattenne dall'alzare gli occhi al cielo. Era incredibile come fosse l'ennesimo pilota che cercasse di essere fin troppo gentile con lei.

"No, -rispose per gentilezza- ma mi hanno chiesto se volessi partecipare come wild card in questa gara e ho accettato. Non coincideva con nessuna gara del mondiale di Formula 1 ed è un'ottima occasione per allenarmi". "Sono un tuo grande tifoso, sai- continuò lui- oltre ad essere una bravissima pilota, sei pure una bella ragazza". Phoebe cercò di non mostrare la sua espressione di disgusto, anche se non era brava a celare le proprie emozioni. Eccolo lì, l'ennesimo adulatore non richiesto. Questa era decisamente la parte che le piaceva meno del suo lavoro. Essere una donna non implicava dover essere sempre sottoposta a continui complimenti, più o meno ben accetti.

L'annuncio dell'inno italiano la salvò dal fastidioso rivale. Si schierarono tutti in riga, in religioso silenzio. Qualcuno cantava, altri accennavano alcune parole. Phoebe conosceva a memoria quell'inno, ma non apriva bocca. Non cantava nemmeno quando intonavano le note di God save the Queen e non si portava neppure la mano sul cuore, come tanti piloti facevano teatralmente. Lei odiava tutti quei siparietti inutili, contava solo la sostanza e quanto si potesse essere performanti una volta saliti in macchina.

L'applauso del pubblico la strappò dai suoi pensieri, riportandola alla realtà della pista. Non era la prima volta che guidava una vettura nel Ferrari Challenge, aveva già disputato una gara sostituendo un pilota infortunato. Non aveva brillato, ma il suo risultato era risultato comunque accettabile, segno che il suo era vero talento ma che esprimeva il meglio di sé nelle monoposto.

Quel giorno era consapevole di essere stata scelta come wild card unicamente per questione di sponsor e per aumentare la pubblicità relativa all'evento, ma non le importava molto. Tanti giornalisti la definivano cinica e priva di emozioni. Lei semplicemente non sentiva la necessità di esternarle. Ma sarebbe stata falsa se non avesse provato delle sensazioni forti ogni volta che stringeva un volante. E sarebbe stata ipocrita se avesse ignorato il suo cuore battere più forte dal momento che si trattava delle sue prime Finali Mondiali Ferrari.

Phoebe si infilò il casco. Era giunta l'ora. Tra poco avrebbero liberato la pista e sarebbero rimasti solo lei e la sua vettura, con cui non aveva ancora del tutto confidenza, ma di cui si doveva fidare ciecamente. Alzò la testa verso le tribune mentre sistemava le ciocche di capelli sotto la balaclava, nella speranza di cogliere qualche bagliore biondo emanato dai capelli di Mick. Ma c'era troppa gente per poterlo individuare tra la folla. Avrebbe risposto a quella domanda una volta terminata la gara, ora doveva dissipare ogni pensiero distraente dalla sua mente.

Si sentì abbracciare i fianchi all'improvviso e le mancò il fiato per la sorpresa. Si voltò, ritrovandosi tra le braccia di un Mick sorridente. "Quasi non ti riconoscevo vestita così di verde, sono troppo abituato al bianco e bordeaux dell'Alfa Romeo, ho percorso tutta la pit lane a piedi per trovarti". Phoebe sogghignò, arrogante "Non ti aspettavi di trovarmi in pole, eh?". Mick la strinse più forte tra le sue braccia. "Sei sempre più una sorpresa" le mormorò vicino al casco. Phoebe avvertì un brivido lungo la schiena. Si considerava invincibile. Ma non quando aveva accanto Mick. Era il suo unico punto debole. E ci teneva che nessuno lo scoprisse.

Si staccò dall'abbraccio di Mick, prima di abbandonarsi completamente e non avere le forze per affrontare la gara. Sorrise studiando per l'ennesima volta il volto del ragazzo, che conosceva da anni, sin da quando lui correva nascondendosi sotto al cognome della madre, Betsch, per non dover subire il peso di mantenere l'eredità talentuosa del padre. Ma era impossibile non accorgersi che lui era uno Schumacher, ne possedeva tutti i tratti caratteristici.

Il ragazzo biondo le appoggiò una mano sulla spalla, con un sorriso che risplendeva attraverso i suoi limpidi occhi azzurri "Fatti valere". Phoebe annuì con il capo, salendo in macchina. Spostò lo sguardo un istante verso lo specchietto a sinistra, incontrando i suoi stessi occhi neri, così scuri da far paura. Phoebe era certa che si fossero anneriti dopo l'incidente, prima non aveva ricordi di aver posseduto degli occhi così color ebano.

Il team manager la riscosse dai suoi pensieri, battendo una mano sul tettuccio e chinandosi nel finestrino per farsi sentire da lei "Tutto ok? Le cinture di sicurezza vanno bene?". Phoebe alzò un pollice per indicare che era tutto sotto controllo. In realtà non si sentiva molto sicura con quella macchina, la conosceva da poco e non ci aveva nemmeno percorso così tanti giri insieme. Lei invece aveva bisogno di entrare in relazione con la vettura, adattare il suo battito cardiaco ai giri del motore, fondersi in un'unica creatura. Per qualche ragione quel giorno non si sentiva così e temeva quindi che la potesse tradire in qualche modo.

"Preparati che si parte" disse ancora il team manager, prima di chiudere la portiera della vettura. Phoebe respirò a fondo, azzerando i suoi pensieri e riducendo la frequenza cardiaca. Dopo anni di allenamenti ormai le veniva piuttosto facile. Zero consumo di energia inutile, tutto il suo corpo doveva essere pronto all'azione.

Partirono per il warm up lap. Phoebe cercava di regolare il suo respiro prima della partenza lanciata. Percorsero tutto il circuito fino a giungere all'ultima curva prima del rettilineo. Vide i commissari esporre l'ordine di disporsi in due file e spostò leggermente la sua vettura. Era una partenza così strana rispetto a ciò a cui era abituata, ma sapeva che nelle gare GT i regolamenti erano diversi in alcuni punti.

Quando svoltarono nel rettilineo, Phoebe schiacciò a fondo sull'acceleratore. La vettura assecondò il suo cambio repentino di ritmo Si portò in testa qualche centimetro di metri dopo la linea del traguardo, sfilando la Ferrari rossa che occupava la seconda posizione. Frenò bruscamente alla San Donato sapendo quanto fosse importante frenare in quel punto il più tardi possibile, per poi gettarsi nella salita che portava verso le curve Luco e Poggio Secco.

Dopo qualche giro aveva già imposto il suo ritmo al resto del gruppo, staccandosi di qualche secondo. Niente di irrecuperabile, ragion per cui non doveva distrarsi ma continuare a combattere. Anche se una piccola parte di lei si poteva concedere il lusso di gioire per come si stesse dimostrando ancora una volta all'altezza della situazione. Phoebe affrontò l'Arrabbiata 1 e l'Arrabbiata 2. Erano le sue curve preferite. Cieche, molto veloci ed impegnative. Il massimo per dimostrare il proprio talento. E in parte apprezzava soprattutto il loro nome pittoresco. Un po' perché anche lei viveva perennemente arrabbiata.

Sollevò leggermente il piede avvicinandosi alla curva Scarperia. Quello era il suo unico punto debole nell'intero circuito. Ma quella forte decelerazione, dovuta al suo raggio limitato, metteva sempre in difficoltà Phoebe. Probabilmente perché alla guida, come nella vita, era sempre stata più brava ad accelerare che a frenare.

Dopo qualche giro, notò una Ferrari blu iniziare a recuperare terreno su di lei. Non ricordava di aver visto una vettura di quel colore vicino a lei in griglia di partenza, per cui si trattava sicuramente di qualche pilota che stava rimontando e non aveva nessuna intenzione di accontentarsi.

Riportò la concentrazione sulla pista, ma la macchina avversaria iniziava a farsi fastidiosamente sempre più vicina. Phoebe trattenne un gesto di stizza, perché si era ripromessa di non lasciarsi mai prendere dalle emozioni quando guidava. Ma davvero non capiva come in pochissimi giri, quel pilota fosse riuscito ad annullare tutto il vantaggio che lei aveva guadagnato.

Ad un certo punto, ad altezza del Palagio, avvertì un colpo da dietro. Spostò rapidamente lo sguardo nello specchietto, maledicendo il pilota nella Ferrari blu. L'aveva toccata leggermente per farle capire che lui era lì, pronto a superarla. Era una mossa tipica nelle gare GT, ma a cui lei non era assolutamente abituata. In un flash, Phoebe capì che si trattava dello stesso pilota che l'aveva avvicinata prima della partenza, riempiendola di complimenti. "Per fortuna che mi adoravi" sibilò a denti stretti la ragazza.

Lo vide affrontare Biondetti 1 e 2 ad una velocità impressionante. Troppo, persino per lei. E finalmente comprese cosa stava accadendo. Lui le aveva detto di essere un suo grande fan. Ma nella realtà si trattava di un avvertimento. L'aveva studiata. Conosceva il suo stile di guida. E anche i suoi punti deboli.

Phoebe respirò a fondo, completando un altro giro. Ora sapeva dove lui avrebbe tentato il sorpasso. Alla Scarperia. E lei avrebbe fatto di tutto per impedirglielo.

Ma quando giunsero in prossimità di quella maledetta curva, la Ferrari blu iniziò ad infilarsi all'interno. Phoebe aveva inconsciamente commesso un errore, allargandosi troppo e regalando margine al suo avversario. Ma all'interno non ci poteva stare, non alla Scarperia. Phoebe tentò di chiuderlo, ma metà vettura era già passata. Affrontarono la curva appaiati, sportellandosi. Il pilota nella Ferrari blu assestò un colpo più forte a Phoebe, che perse totalmente il controllo. La sua Ferrari finì nella ghiaia galleggiando.

Phoebe tentò di non darsi per vinta e di rimettersi in pista, ma la vettura non ne voleva sapere di ripartire. Intravide del fumo bianco uscire dal retro della Ferrari. Sganciò velocemente le cinture di sicurezza e scese dalla macchina. Si voltò verso la pista, sperando di vedere una Ferrari blu ferma contro le barriere nel lato opposto della pista, ma con sua enorme sorpresa non c'era nulla. Aveva fatto solo lei la figura dell'incompetente. Non era giunta nemmeno a metà gara.

Tornò a guardare la macchina, assestandole un calcio furioso alla fiancata. Maledetto il giorno in cui aveva deciso di partecipare a quella gara. Non le serviva affatto crearsi pubblicità negativa.

La sua attenzione venne attirata però da una figura vestita di rosso che si avvicinava alla macchina, con un estintore in mano.


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