Epilogo: Fire is my element
Phoebe teneva gli occhi chiusi chissà da quanto tempo.
I suoni che le giungevano quasi in lontananza erano davvero la cosa più simile al paradiso, o almeno a come lei se lo era sempre immaginato.
La risacca del mare.
Il vento che accarezza le foglie di una palma.
"Ecco il tuo drink!".
Phoebe spalancò gli occhi, voltandosi verso Aidan, che le porgeva un bicchiere con un liquido aranciato all'interno.
"Stavo quasi per definire questo posto come il più piacevole in assoluto, poi sei arrivato tu con il tuo tono di voce da venditore di cocco" sbuffò la ragazza sedendosi sulla sdraio.
"Non essere sempre così negativa -la riprese Aidan sedendosi sul lettino davanti a lei- non ringrazierò mai abbastanza i medici che ti hanno consigliato questa vacanza". Phoebe si strinse nelle spalle "Vivere un po' in un ambiente caldo è la decisione migliore per i miei polmoni in questo momento". Si guardò attorno, ammirando la spiaggia e l'oceano delle Canarie. Si chiese se quel trasferimento lo stesse vivendo più come un esilio che come una vacanza.
La verità è che ne aveva abbastanza del mondo delle corse. Aveva già rischiato troppe volte, era giunto il momento di ritirarsi. Senza contare che non sapeva quantificare la sua reale forma fisica.
"Lo sai cosa mi è successo prima?" disse Aidan, sorseggiando il suo cocktail direttamente da una noce di cocco tagliata, con l'umore a mille. Phoebe era felice che almeno lui stesse affrontando serenamente i postumi dell'incidente. Si meritava di rilassarsi dopo tutto quel tempo trascorso in ospedale ad assisterla.
"Raccontami" rispose in un sospiro lei. Il ragazzo indicò con la testa il bar sulla spiaggia "Quando sono andato a prendere da bere accanto a me c'erano due ragazzi che stavano facendo apprezzamenti sulla ragazza distesa a prendere il sole con un bellissimo costume arancione. Mi sono trattenuto dal raccontargli che stavano commentando la mia fidanzata e soprattutto che tu avresti spaccato loro la faccia se li avessi sentiti. Ma sarebbe stato divertente".
Phoebe ridacchiò, imbarazzata. Poi scosse la testa, diventando seria "Dicevano così solo perché non mi hanno vista completamente". Lo sguardo di Aidan corse irrimediabilmente verso la schiena di lei, devastata dalle cicatrici.
La ragazza deglutì a fatica, notando subito il punto in cui lui stava guardando. Cercò di darsi un contegno da persona forte, raddrizzando le spalle. "Non se ne andranno via, lo sai vero?" ribatté con voce dura, come per provocarlo.
Aidan spostò lo sguardo sul suo viso, intercettando i suoi occhi. "Non è mai stato un problema per me e lo sai. Credo invece che sia difficile per te accettare il tuo nuovo aspetto". Phoebe scrollò le spalle, gettandosi indietro sulla sdraio "È colpa del calore di quel dannato incendio. Le plastiche delle barriere sono colate dentro la macchina, lungo la mia schiena".
Vide Aidan rabbrividire, come ogni volta che affrontavano quell'argomento. Sicuramente non era una bella immagine, ma continuava a ripetersela per ricordarsi quanto era stata fortunata.
"Sto valutando tutta la questione da un punto di vista diverso- mormorò Phoebe, quasi più a sé stessa- ricordi le parole che i medici rivolsero a Niki Lauda dopo l'incidente?" "No" ammise Aidan, sporgendosi per ascoltarla. Phoebe trasse un sospiro, poi alzò gli occhi verso il ragazzo, recitando "Smetta di pensare a questo incidente come alla maledizione di un nemico, forse è una benedizione. Credo valga lo stesso per me. Per giorni in ospedale mi sono chiesta perché fosse accaduto proprio a me, per quale motivo il fuoco mi avesse tradita in questo modo. E soprattutto, perché avrei dovuto proseguire il resto della mia vita con delle cicatrici da ustione così terribili addosso. Poi ho capito. Il fuoco mi ha marchiata, ha voluto lasciare un segno sulla mia pelle. Ora non siamo più due elementi separati, ma uno unico, indivisibile. Sono una nuova versione di me stessa. Le cicatrici che porto sono solo l'innesto per le mie ali da Fenice. Finalmente posso davvero definirmi tale".
Aidan non commentò, preferendo rimanere in silenzio, ma stringendo tra le mani quelle della ragazza, come per comunicarle che era d'accordo con tutto ciò che stava dicendo. Lo aveva sempre commosso la forza di Phoebe e continuava a stupirlo anche dopo un incidente così grave. In alcuni giorni veramente era convinto che lei fosse immortale e indistruttibile. Ma era un'anima che non si dava mai pace e questo lo inquietava.
"Chi ha una qualche disabilità oppure qualche segno sul corpo tende sempre a vergognarsene, come se fosse colpa sua -continuò Phoebe, con le fiamme che avevano ripreso ad ardere nei suoi occhi- ma non siamo noi che decidiamo come nascere o ciò che ci accade durante la vita. Non dovremmo nascondere i nostri difetti e vergognarci di ciò che siamo, del corpo che indossiamo. Quindi ho deciso. Mostrerò la mia schiena, le mie cicatrici. Voglio che la gente veda e capisca quanto sono fiera di esse, quanto mi rappresentano perché sono parte di me. Non le coprirò e meno ancora ricorrerò alla chirurgia estetica come mi avevano consigliato. Questa sono io. E la gente che mi guarderà e si volgerà dall'altra parte con un'espressione di disgusto non deve essere supportata dal fatto che io cerchi in tutti i modi di evitare a loro quella brutta visione. No, devono loro abbassare la testa e vergognarsi di avermi anche solo compatito".
"Credo che potresti essere d'esempio per molte persone" concluse Aidan, sorridendole e lasciandole un tenero bacio sul dorso delle mani. "Secondo te con un discorso del genere vincerei un Nobel per la pace?" chiese Phoebe sdrammatizzando la questione. Aidan scoppiò a ridere "Tu e la pace non potete comparire nella stessa frase, è troppo anacronistico".
Phoebe aprì la bocca per ribattere su quanto lei e il Dalai Lama fossero compagni di merende, ma il cellulare iniziò a squillare nella larga borsa di paglia appoggiata sotto la palma.
"Non avevamo detto di spegnere quegli aggeggi?" chiese Aidan sollevando un sopracciglio, riprendendola. "Sì, ma mi sono dimenticata" mentì Phoebe, che aveva trascorso tutta la mattina a guardare i risultati delle giornate dei test di Formula 1.
"Non rispondere- le intimò il ragazzo- sai che ti devi riposare". Ma lei aveva già premuto il pulsante verde. "Pronto?" disse con voce tremante, dal momento che aveva visto perfettamente chi la stesse chiamando.
"Evans, come stai? -gracchiò la voce di Helmut Marko- mi hanno riferito che sei a fare la bella vita alle Canarie, hai preferito il lusso a noi". Phoebe sorrise, mentre Aidan si sporgeva verso di lei per ascoltare. "Sarò lieta di ospitarvi qui, se lo desiderate" ribatté al manager austriaco. "Ho in mente qualcosa di meglio- replicò lui, come sempre non perdendo tempo- abbiamo intenzione di schierare tre macchine per team. Di conseguenza ti vorremmo in Red Bull".
Phoebe trattenne per qualche istante il fiato. Era forse quello il vero paradiso? Un sedile in Red Bull?
Poi sentì Marko ridacchiare e comprese che si trattava di uno scherzo. "Molto divertente, -replicò quindi abbozzando un sorriso- e per caso avrete anche le ruote a forma di stella?" "Lo possiamo valutare- rise l'altro- ma in realtà, tornando seri, volevamo lanciarti una proposta di lavoro. La tua stagione in Alpha Tauri è stata impeccabile e stavi dimostrando molto potenziale e talento. Quell'incidente può averti rovinato la carriera, ma noi abbiamo notato come ti sei risollevata subito e in breve tempo. È lo spirito che ci serve e che abbiamo sempre ammirato di te. Oltre a diventare la nostra brand ambassador, vorremo anche proporti di tornare in Formula 1 come terzo pilota e collaudatore. Sia di Alpha Tauri che di Red Bull".
La ragazza si aggrappò alla sdraio, reggendosi forte per l'emozione. Non avrebbe mai pensato di ricevere una simile offerta. Era incredibile, ma era una decisione che richiedeva tempo. "Non devi darmi una risposta subito, so che è un momento complicato" continuò Marko, indovinando i suoi pensieri. "La ricontatterò quanto prima, vi ringrazio per la fiducia" ribatté Phoebe, chiudendo la telefonata.
Aidan rimase in silenzio ad osservare una qualche sua reazione, che però non avvenne. "Hai intenzione di accettare?" le chiese temendo la risposta. Nel suo cuore aveva sempre sperato che la ragazza si ritirasse, non poteva sopportare di vederla correre ancora dei rischi così elevati. Ma non poteva nemmeno decidere per lei.
Phoebe continuò a guardare verso l'orizzonte, confondendo i suoi pensieri con le onde del mare che si infrangevano sulla riva. "No, assolutamente no. Non tornerò ad essere una pilota" mormorò con voce bassa e decisa, quasi come se fosse una proclamazione ufficiale.
Ma Aidan riconosceva bene quel fuoco che si era appena riacceso negli occhi di lei.
E sapeva perfettamente cosa significasse.
"Tu porti bellezza dove prima non c'era
e vedi l'incendio dentro una candela
tu porti il silenzio quando il vento grida
raggi di sole se il mio corpo gela
Tu porti sorrisi ad una depressione
tu porti il profumo ma senza indossarlo
la pelle che vibra se mi cammini accanto
tu porti una torcia al buio delle sere
l'oceano celeste dentro il mio bicchiere
la mano che stringo se sto per cadere
Tu porti la vita verso una risposta
soltanto portandola verso sé stessa
tu rispondi a tutto senza mai parlare
la parte mia che odio sai farla morire
Tu porti l'immenso dentro un mio discorso
e se scrivo di te non metterò mai un punto"
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