Combustion
Phoebe entrò nel suo appartamento a Montecarlo.
Chiuse di colpo la porta dietro di sé e lanciò con foga la valigia contro il muro. Si sentiva come una bomba pronta ad esplodere da un minuto all'altro.
Il suo cellulare iniziò a vibrare. Come si aspettava, era Paul. Sinceramente non aveva voglia di sentire nessuno, meno ancora il suo manager che l'aveva infilata in quella scuderia, ma sapeva che doveva rispondere, anche solo per urlare contro a qualcuno.
Respirò a fondo, poi premette sul pulsante di risposta "Spero che tu abbia una valida ragione per chiamarmi, perché ho intenzione di chiudere la telefonata nel giro di un minuto". Sentì Paul sospirare all'altro capo del telefono "Phoebe, so che è stata una pessima gara ma..." "Pessima? - gridò lei allontanando il telefono dalla bocca- sono arrivata undicesima! Per l'ennesima volta fuori dalla zona punti. Quella monoposto è ridicola!" "Frena con le parole- la riprese Paul e lei lo immaginò mentre le puntava un dito contro- non devi lasciarti sopraffare dalla rabbia, sai che non è funzionale!".
Phoebe si buttò di peso sul divano del soggiorno, osservando distrattamente Niki che nuotava nel suo grande acquario, troppo grande per un solo piccolo pesce. Un po' come quell'appartamento enorme dove ci abitava solo lei. Insieme a tutto il suo passato.
"Ti avviso che hai due secondi prima che riattacchi- disse la ragazza- mi stai solo ripetendo cose che già so e non ho tempo da sprecare". Paul prese fiato "Frederic Vasseur mi ha telefonato poco fa". Phoebe scattò a sedere nervosa, ma cercò di mantenere un tono di voce indifferente "Ah, sì? E come mai?". Paul invece si mostrò indispettito "Ma davvero non lo immagini? Phoebe, nessun pilota sano di mente rientra ai box e cerca di distruggere i computer con i dati degli ingegneri buttandoli a terra sostenendo che il loro posto è nella spazzatura".
"Beh, in realtà sono stata fin troppo gentile" borbottò lei di rimando. Nel dopo gara era davvero andata fuori di sé. Si sentiva sprecata, sapeva che avrebbe potuto fare di più e non le veniva permesso da quella monoposto poco prestazionale. Non le importava nulla che il suo compagno di squadra fosse arrivato diciassettesimo. Lei guardava solo ai suoi risultati e voleva ottenere molto più di così.
"Basta, -tagliò corto Paul- a inizio carriera non puoi permetterti queste scenate da diva. Mi sono dovuto scusare molto con Vasseur per evitare che ti licenziasse immediatamente. Sei arrivata undicesima, ne hai lasciati nove dietro di te! Devi imparare ad apprezzare ciò che hai" "Ma dieci piloti hanno tagliato il traguardo prima di me-ribatté lei- è questa l'unica cosa che conta, non chi è più scarso di me. Dì a Vasseur che mi costruisca una vettura vincente e prometto che non mi lamenterò mai più nella mia vita".
Sentì il manager sospirare sconsolato. Phoebe era consapevole che fosse difficile dover lavorare insieme a lei, ma sapeva anche di essere il migliore investimento per Paul e lui non l'avrebbe mai lasciata naufragare. Non ora che era così vicina all'apice.
"In realtà ti chiamo anche per un altro motivo" le disse tornando a parlare pacatamente. Phoebe si sistemò sul divano, mettendosi in una posizione di attenzione. Non disse nulla, aspettando che il manager riprendesse a parlare. "Ti ricordi quella cena FIA a cui ho preso parte? – proseguì infatti lui- ero seduto accanto a Gerhard Berger. E tra un bicchiere e l'altro abbiamo iniziato a conversare liberamente. Lui mi ha confidato che ti ammira molto e ti sta tenendo d'occhio da un po' di anni perché gli piacerebbe poterti dare una macchina più adatta a te e alle tue capacità. Ora Berger è il direttore generale del DTM, ma ovviamente ha ancora grandi contatti con la Formula 1, soprattutto in ottica Red Bull".
"Non avevo dubbi che Berger fosse una persona intelligente. Anche lui è stato salvato dalle fiamme, è un figlio del fuoco come me" disse orgogliosamente Phoebe alludendo a ciò che le aveva raccontato Aidan. "Ecco, un altro punto- proseguì Paul- smettila con questa storia che sei figlia del fuoco. Non è una trovata pubblicitaria che rende, ormai. La stampa ti ridicolizza, nessuno lo prende più seriamente". "I piloti però mi temono. Tutti" replicò Phoebe. "Perché hai più palle di loro- disse Paul molto elegantemente- è per questo che ti rispettano, non per i tuoi sedicenti legami con le fiamme".
Phoebe si alzò in piedi, sentendo il sangue salirle al cervello e bruciarle nelle vene "Ascolta bene, tu non eri con me in quella macchina e non sai cosa è successo. Lasciami dire quello che voglio. I team manager mi assumono perché sono consapevoli che ritenendomi immune al fuoco io rischio molto di più degli altri piloti. E hanno ragione". Paul trasse un lungo respiro "Questo è vero, me lo ha confermato anche Berger. Ma io cerco di tutelare la tua immagine e non sempre tutta questa storia ti porta benefici".
Phoebe camminò verso la finestra, abbassando la voce "Lo sai bene che non si tratta di una montatura o di un personaggio costruito. Io sono semplicemente così, è il mio marchio distintivo. Cerca di fidarti di me". "Va bene, - si arrese Paul come capitava sempre durante le loro discussioni- ma ti chiedo di fare attenzione soprattutto se vuoi cambiare scuderia, devi dimostrarti un ottimo elemento di squadra. Basta colpi di testa".
"Ma sei già in contatto con un altro team?" chiese Phoebe accennando un sorrisetto. Sentì anche Paul ridacchiare, a dimostrare che aveva colpito nel segno "Dopo quella chiacchierata con Berger ho deciso di parlare con Franz Tost". "E hai buone notizie?" continuò lei, con il cuore che ora batteva all'impazzata. Si aggrappò alla finestra, sperando di ricevere una conferma da parte di Paul.
Il manager fece una breve pausa, poi rispose "C'è uno sviluppo inatteso. Secondo le indiscrezioni che ho raccolto da lui, Daniil Kvyat passerà alla Ferrari come test driver lasciando di fatto un sedile vuoto in Toro Rosso per la prossima stagione". "E pensi che potrebbero scegliere me per sostituirlo?" ribatté Phoebe guardando distrattamente il traffico sotto di lei, sforzandosi di non illudersi.
"Purtroppo le dinamiche nel motorsport sono sempre molto variabili, -replicò l'altro- ma posso dirti per certo che non c'è un singolo pilota nel Red Bull Junior Team ad avere la superlicenza. Di conseguenza nessuno di loro può approdare in Toro Rosso. È una delle rare occasioni in cui il team deve cercare piloti al di fuori della loro academy. E noi ne dobbiamo approfittare".
"Franz Tost ti è sembrato bendisposto nei miei confronti?" tentennò Phoebe, mordendosi un labbro mentre si attorcigliava nervosamente i capelli lunghi e lisci attorno ad un dito. "Sì, parlare con lui mi ha dato speranza. Ma sai bene che la valutazione finale passa tra le mani di Helmut Marko. Ti prometto però che farò di tutto per farti vincere quel sedile consegnandoti anche la concreta possibilità di entrare nell'ambizioso progetto Red Bull". "Ottimo lavoro, Paul! Ecco perché continuo a pagarti" esclamò Phoebe ridendo sollevata, come se il temporale causato dentro di lei dalla pessima gara si fosse improvvisamente dissipato.
Dopo aver concluso la chiamata, Phoebe si distese sul grande divano fissando il soffitto con un sorriso stampato sul volto. Provò ad immaginarsi avvolta da una tuta blu chiaro invece che dalla solita bianca e bordeaux. Forse poteva essere una valida alternativa. Una nuova esperienza da iniziare.
Si rigirò sul divano, fissando Niki che si aggirava attorno al suo castello di plastica atossica. "Secondo te papà sarebbe stato orgoglioso di me? -gli chiese- avrebbe approvato questo cambio di scuderia? Il mondo Red Bull è cinico e spietato, ma io penso di esserlo più di loro". Come risposta ricevette un guizzo del pesce nell'acqua trasparente.
Phoebe si passò una mano sul volto, cercando di ricomporsi dopo la montagna russa di emozioni che aveva vissuto in quel weekend. Tutto era cominciato con l'incontro con Aidan e il loro chiarimento, poi era proseguito con un insolito Mick attento a lei per poi terminare con una misera gara ma una promessa di un eventuale cambio di scuderia. Era veramente tanto da metabolizzare in così poco tempo, soprattutto perché non aveva modo di analizzare che sensazioni scatenasse in lei ogni singolo particolare di ciò che aveva vissuto.
Si alzò dirigendosi in bagno. Aprì l'acqua del rubinetto, rinfrescandosi il viso. Il contatto con l'acqua gelata la riscosse un po'. Poteva concedersi quei rari momenti in cui si abbandonava alla debolezza e alla stanchezza solo quando era sola in casa sua. All'esterno doveva mantenere la sua corazza dura e impenetrabile.
Sollevò lo sguardo sullo specchio, ammirando il suo riflesso. Ad una prima vista vedeva solo un piccolo uccellino gracile pieno di ferite sanguinanti. Ma bastava chiudere gli occhi e riaprirli per notare come la sua figura mutasse rapidamente in quella di una splendida ed elegante fenice rosso fuoco.
Si sorrise timidamente, sentendo di nuovo la forza fluire in lei. Tornò nel soggiorno, spalancando le finestre ed uscendo nella terrazza. Respirò l'aria a pieni polmoni, trovando un po' di serenità nel rumore familiare del traffico che scorreva senza sosta sotto il suo appartamento.
Accese lo stereo che teneva lì accanto e iniziò la canzone "Centuries" dei Fall Out Boy. Phoebe alzò il volume finché la musica non sovrastò il suono dei motori delle vetture nella strada. La ragazza fissò lo sguardo verso il porto e il mare luccicante.
Some legends are told
Some turn to dust or to gold
But you will remember me
Remember me, for centuries
Le era sempre piaciuta quella canzone, rispecchiava totalmente ciò che lei voleva ottenere. Doveva risultare indimenticabile, la sua storia sarebbe dovuta risuonare nei secoli. Aveva sempre avuto sogni di fama, ma non per ottenerne denaro o favoritismi, semplicemente per lasciare un segno che sarebbe stato ammirato anche dai posteri. E lei voleva più di ogni altra cosa che il nome Phoebe Evans non venisse mai dimenticato.
We'll go down in history
Remember me for centuries
All'improvviso un pensiero le comparve nella mente, mettendola di fronte ad una strana verità. Avrebbe voluto essere ricordata per sempre da tutti...
...o da un ragazzo in particolare?
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