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Parte 12

Dominic girò la manopola della doccia. L'acqua calda che scorreva sulla pelle fu sostituita da un fiotto gelato. Ne aveva bisogno per lavare l'agitazione, la rabbia e lo schifo che il ricevimento a casa di don Carmelo gli avevano lasciato addosso.

La sera prima aveva dovuto indossare una maschera di gelo e indifferenza per non lasciare che Santi si avvicinasse troppo. Era abituato a mentire, a dissimulare, ma mai gli era costato tanto come qualche ora prima, quando aveva dovuto trattenere l'istinto di rivolgere a Santi un sorriso, di prenderlo tra le braccia. Quel giovane dall'aspetto angelico era riuscito ad abbattere la corazza che aveva costruito durante i lunghi anni di lavoro sotto copertura. Santi era come un fiore nato nel posto sbagliato, ma lui non poteva permettersi di toccarlo, di lasciarsi andare. Soprattutto non aveva potuto farlo al ricevimento dove ogni muro aveva occhi e orecchie, dove i guardaspalle erano più osservati del solito.

Uscì dalla doccia e avvolse il suo corpo in un asciugamano. Con una scusa si era allontanato dalla penthouse ed era arrivato al suo appartamento sulla Arthur Avenue. Portò via con il palmo della mano lo strato di vapore acqueo che si era accumulato sullo specchio. La sera prima era stata un disastro: aveva ottenuto poche informazioni, aveva ferito Santi e in più era stato costretto a vederlo andare via, mentre lui intratteneva la figlia di uno dei Calabresi. A Dominic non era sfuggito il fatto che Carlos, il capo dei Colombiani, fosse uscito di casa solo qualche minuto prima. La sola idea che quel mostro, capace dei crimini più feroci, potesse aver messo le mani su Santi gli faceva salire il sangue alla testa. Quando la festa era finita, aveva tentato più volte di raggiungere Santi nella sua stanza per assicurarsi che stesse bene, per fargli una scenata... non lo sapeva neanche lui, ma Salvatore era sempre tra i piedi e solo per poco non lo aveva beccato.

Un moto di rabbia gli agitò le viscere. La doccia fredda non aveva funzionato. Spinse via i pochi oggetti rimasti su una mensola di plastica. Il rumore di vetri infranti gli parve liberatorio, ma subito dopo se ne pentì: stava perdendo il controllo della situazione.

Un altro rumore, questa volta sordo, attirò la sua attenzione. Afferrò la pistola che portava sempre con sé e avvicinò l'orecchio alla porta. Uno scalpiccio irruppe nel silenzio dell'appartamento.

«C'è nessuno?», chiamò una voce.

Dominic si rilassò, abbassando le spalle mentre la tensione fluiva via dal suo corpo. Uscì dal bagno con l'asciugamano avvolto attorno ai fianchi.

«Sei in anticipo», disse a Frank, in piedi nel salottino.

L'altro sorrise. «È stata anticipata una riunione con i pezzi grossi e avevo bisogno di sapere da te se ci sono novità».

«Non c'è molto. Ieri sera c'è stato un ricevimento con il quale il boss ha cercato di assicurarsi voti favorevoli alla riunione. Credo che i Calabresi stiano tramando per scalzare don Carmelo, che non vedano l'ora di dare inizio alla faida e occupare un eventuale vuoto di potere».

«Credi che siano stati loro a tagliare male la droga nella zona del boss?», domandò Frank, le mani sui fianchi in una posa che spesso assumeva durante gli interrogatori.

«Se vuoi la mia opinione, sì. Per la nostra indagine sarebbe meglio che si evitassero inutili spargimenti di sangue. Se i Calabresi si impossessassero del carico di droga, per noi sarebbe perduto. Non è un clan che dà fiducia facilmente e di certo non la darebbero a me, guardaspalle di don Carmelo. La riunione è domani».

Frank gli si avvicinò, la luce che entrava dalla finestra rendeva evidenti le sue lentiggini e il rossore che gli affiorava sulle gote. Dominic sapeva cosa significava il suo sguardo, ma a differenza delle altre volte ebbe voglia di scappare, di tornare alla penthouse tra tutti i luoghi possibili.

Frank allungò le mani sui suoi fianchi, affondò il naso nell'incavo del suo collo. «Profumi di buono».

«È merito del bagnoschiuma», rispose lui laconico.

A Frank scappò una risata, poi sollevò il capo. «Sei stressato, lo vedo. So che è difficile, è successo qualcosa di cui non mi hai parlato?»

Dominic si morse le labbra, non sapeva da dove iniziare. Come poteva dire al suo compagno e mentore che il suo cuore cominciava a battere per un'altra persona? Per il rampollo di un boss mafioso, per di più. Sentì le mani di Frank salire lungo la sua schiena.

«Non posso trattenermi a lungo», disse.

«Non ho mai bisogno di molto tempo», replicò Frank, una mano già sul punto di infilarsi nell'asciugamano.

Lui avrebbe voluto respingerlo, ma non gli uscirono le parole. Frank lo spinse contro il divano, lo liberò dall'asciugamano, che finì a terra. Dominic avvertì un raggio di sole sulla pelle, ma aveva freddo, e capì che era il senso di colpa a non fargli pronunciare una parola. Frank aveva fatto così tanto per lui, lo aveva aiutato quando era arrivato a New York con pochi soldi e tante speranze e quando sua madre aveva deciso di lasciare il paese per tornare in Sicilia. Frank lo aveva aiutato quando aveva iniziato a lavorare sotto copertura, gli aveva insegnato tutto. Lo vide togliersi la maglietta, aprirsi i pantaloni.

«Ti aiuterò io a non pensare», disse l'uomo, sdraiandosi su di lui, baciandolo sul petto. Dominic riuscì a girarsi per non vederlo in viso, le immagini del corpo di Santi già nella sua mente. Risentì il sapore delle sue labbra quando nella penombra della sua stanza si erano baciati, il suo profumo mischiato a quello dei fiori del Conservatory Garden quando lo aveva stretto tra le braccia. E quelle immagini arrivarono dritte al suo membro. Strinse un cuscino. Il modo rude in cui Frank gli entrava dentro gli era sempre piaciuto, ma in quel momento non ce l'avrebbe fatta ad accoglierlo.

«Lascia che...», disse, voltandosi nuovamente e afferrando le sue natiche.

Frank capì, si spogliò velocemente e si scambiarono i ruoli. «Sulla pancia», gli disse Dominic, eccitato dalla sua fantasia più che dal corpo che aveva sotto di sé. Frank ubbidì, e Dominic dopo averlo preparato gli scivolò dentro. Si domandò quando a unirli era diventata soltanto la loro missione e non l'amore. Il corpo di Santi non era come quello di Frank, non era tanto muscoloso e possente, ma il modo in cui avrebbe stretto il suo membro in una morsa di calore doveva essere il medesimo. Chiuse gli occhi, nonostante si sentisse un verme. Immaginò gli occhi di un blu profondo e puro, i capelli dorati, i versi di una poesia di Verlaine, e spinse dentro l'uomo che un tempo amava, raggiungendo un orgasmo che sapeva di addio e frustrazione.

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