🍃Capitolo dieci𒀭
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Il Lord aveva scelto di gettarsi nuovamente in battaglia, deciso ad espandere il territorio ostile agli elfi ben oltre i confini della città stato di Kish.
Aveva creato una seconda spada in ferro, lucente come un raggio di luna, scoprendo che usandola con la prima forgiata, era in grado di incanalare meglio il suo potere.
E con esso lascio avanzare il deserto, inghiottendo città intere, soffocando le urla degli umani che provavano a fuggire.
Avrebbe reso i confini di Kish privi di qualsiasi forma di vita, distruggendo ogni ramificazione vegetale.
Nessun elfo o chi per loro sarebbe più stato in grado di muoversi in quel territorio.
Il vampiro poi spiegó le sue sue ali, tendendo le membrane te artiglio e artiglio, sentendo l'aria diventare sempre più fredda man mano che saliva.
Dinanzi a lui si aprìva un enorme distesa di terra senza vita eppure, verso est, dove la natura si srotolava come un enorme tappeto di smeraldi
Si rese conto, suo malgrado, che nonostante il suo enorme potere avrebbe dovuto impiegare troppo tempo per rendere sicuri anche quei confini. Era stato sciocco credere che si sarebbero arresi, che gli elfi avrebbero smesso di dargli la caccia. E, soprattutto, che avrebbero smesso di cercare lei, ora che sapevano dove si trovasse.
Da quando l'aveva trasformata, per loro Erdie era diventata impercettibile.
Ma non esistono solo occhi immortali per osservare il mondo e gli elfi avevano trovato un'alternativa incontrollabile.
Uccidere quella ragazza non sarebbe servito a nulla, lo sapeva, lei sarebbe tornata. Ne era certo.
C'era però un modo per sviluppare i suoi poteri oltre l'indicibile, un metodo che non credeva di dover mai usare anche lui.
Guardó in alto, oltre la coltre di fumi delle sabbia e la vide: quel grande squarcio di luna che compariva come un disegno sfumato.
Era da lì che risiedeva la chiave per aprire i suoi poteri, esattamente come aveva fatto sua moglie Isthar, tantissimo tempo prima.
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Erdie si risvegliò non appena il sole calò oltre l'orizzonte.
Uscì dal sarcofago, si sistemò i capelli e attese. Ur doveva arrivare a momenti per la loro lezione. Attese paziente, ma l'amico ancora non arrivava. «Forse dorme ancora» disse fra sé.
Erdie uscì dall'enorme tempio. La luna era uno spicchio poco più alto dell'orizzonte. In sella alla splendida Senaret, percorse la strada che portava al fiume Idiglat. La sua puledra bianca sfrecciava nella notte come una scia evanescente nella steppa.
Raggiunse in poco tempo quelle acque placide dove l'animale riuscì ad abbeverarsi nonostante la corrente, la criniera ne toccava la superficie. Il fiume scorreva silenzioso protetto da una cornice di monti scuri.
La via lattea si rifletteva su di esso insieme al suo viso, immagine speculare di qualcuno che non riusciva a riconoscere come se stessa.
Evitava spesso i fiumi, i mostri nascosti al loro interno la terrorizzavano. Eppure era l'unico posto dove riusciva a vedere il volto di sua sorella, terrorizzata dal dimenticarlo.
Come accadeva spesso nei momenti di solitudine, i ricordi incominciavano a risalire togliendole il respiro. Molto spesso lei e sua sorella si stendevano sul loro terrazzo e immaginavano di nuotare fra quelle acque splendenti che scorrevano nel cielo, restando a rimirare quel tappeto di stelle finchè gli insetti non diventavano talmente molesti da costringerle a rientrare. Da secoli nessun insetto la pungeva più. Dal corpo di un vampiro non può essere estratto alcun nutrimento.
Qualcuno si affacciò al fiume, un umano incantato dalla sua presenza e lei, senza proferire parola, lo invitó ad avvicinarsi. Una danza ipnotica che portava alla morte molte persone in quel morso letale.
L'aura di suo padre le sfiorò la schiena, poi il Lord le baciò il capo con amore. «Bambina mia, perché non riesco a vederti felice? »
«Ma sono felice Padre» gli sorrise, pulendosi con cura dal sangue umano che le aveva imbrattato mento e petto, scivolando i sottili linee nel tessuto del suo abito.
Il lord guardó l'uomo accasciato al suolo, morto e pallido, già preda degli insetti che popolavano la notte.
«Vieni figlia mia, sediamoci qui».
I due vampiri raggiunsero una zona ghiaiosa dove il fango non aveva attecchito. Il Lord si sedette a terra mentre Erdie si accucciò al suolo, poggiando il capo sulle sue gambe. La lunga gonna del padre, fatta in Kaunakès, un tessuto intrecciato con ciuffi di lana, era morbida e soffice.
«Mi avevi detto che non avresti accettato altre alleanze con gli uomini, padre» gli disse quasi con rimprovero.
«Ed è quello che ho fatto. Il Sommo Sacerdote non è un uomo come tutti gli altri».
La vampira girò il capo verso suo padre, quegli occhi gialli la guardavano sereni mentre un venticello leggero si infiltrava fra quei capelli d'argento.
«Chi è in realtà? »
«Qualcuno che può aiutarci contro i nostri nemici. Questi luoghi sono stati resi inospitali per gli elfi, trovarci qui per loro è molto difficile» le svelò accarezzandole il capo. La mente della vampira si fece leggera.
«Ho capito padre... Ma non mi fiderò di lui».
Il Lord le sorrise. «Non fidarti di lui, ma fidati di me. Ti ho promesso che non ti avrei più messo in pericolo» seguì una piccola pausa nella quale il Lord contemplò il viso di sua figlia. «Non sopporterei ti accadesse qualcosa».
Gli occhi della vampira si inumidirono. «Padre, finchè sarai al mio fianco, nulla potrà mai farmi del male» concluse alzandosi a sedere, abbracciando suo padre e poggiando il capo sul suo petto nudo. «Prima mi hai chiesto perché non riusciate a vedermi felice, ma io sono felice. Sono felice perché so che non mi abbandonerai».
«Mai figlia mia, mai».
Erdie rimase da sola, come accadeva ormai fin troppo spesso. Al suo ritorno nel tempio decise di fermarsi dinanzi ad una delle feritoie dell'ala privata del gran sacerdote.
Lo vide farsi spogliare come di consuetudine dalle sue spose, mostrando loro la possanza del suo fisico.
E c'era qualcosa in lui che la attirava come mai avrebbe creduto, facendole perdere perfino il senso del tempo. E del cielo che pian piano iniziava a schiarirsi.
Prima che le luci dell'alba la colpissero la sua carne, la vampira si precipitò all'interno dell'enorme stanza, nascondendosi in un angolo buio.
Il Sommo Sacerdote fu il primo a vederla, senza esserne sorpreso, avvicinandosi a lei.
«Qualcosa ti ha distratta?» le domandó con un sorriso, abbassandosi alla sua altezza.
Erdie in quel momento non riuscì a parlare, così incantata da quella presenza.
«Sei ancora sporca di sangue, piccola immortale» le sussurrò pulendole il mento con la stessa premura di un amante, guardandola intensamente. La vampira avvampò ricordando come quel giorno l'aveva toccata nella piscina, frenando nuovamente il desiderio del suo corpo di essere nuovamente sfiorata in quel modo.
«Posso pulirmi anche da sola» cerco di mantenere salda la voce. Eppure... sentiva il cuore batterle così forte nel petto che quasi temeva le bucasse le ossa.
«Però è la mia ombra che adesso ti sta impedendo di prendere fuoco... Non è abbastanza per te?».
L'immortale non rispose, le tremava anche lo sguardo. Trasformandosi nuovamente in una colomba e seguì il sentiero fatto di ombra per allontanarsi e tornare nella sua stanza.
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