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Ventunesimo capitolo•••Tempio•••🥀

Le indicazioni di Moira erano state esatte. Attraverso la cripta della cappella si arrivava in uno dei tunnel che giungevano alle grotte alchemiche.
Sentiva che era da lì che giungeva il potere di Torino, l'enorme energia che chiudeva la città come uno scrigno, annebbiando i poteri dei vampiri.
Era come un cuore pulsante.

La luce che si rifletteva in quei freddi trafori era il riverbero di una luce lontana, riflessa chissà quante volte fra le pareti. Uno sguardo umano avrebbe visto solo buio.
Ma la vampira riusciva a vedere anche dei piccoli occhi luminosi, simili a quelli dei ratti, che si muovevano al buio. Erdie ebbe solo un leggero moto di disgusto nell'osservarli, ma continuó a camminare lungo il corridoio fino a giungere ad una piccola cripta illuminata da un pozzo in superficie.

Guardò il piccolo scorcio di cielo stellato, inondata dalla luce fredda della luna.
«Quanti di voi ne esistono qua sotto?» domandó la vampira.
A risponderle fu un uomo basso e tarchiato, instabile sulle gambe, dal capo calvo è il naso aquilino. Aveva i canini sporgenti, quasi a volerla intimorire. Sicuramente non poteva percepire l'enorme potere di un Vampiro Reale ed Erdie decise di non svelarsi subito.

«Voi domandate a me, ma io domando a voi. Cosa ci fa una dama della vostra bellezza qui sotto?»
«Suppongo semplice curiosità». Lo osservó girarle attorno, sorridere con un fare lascivì è disgustoso. Le fu impossibile mascherare il ribrezzo che provava.

Vampiri schiavi, ultimi della classe sociale degli immortali, residui di quello che era il vero potere. Creature parassite dei vampiri Comuni.
Nella sua lunga esistenza li aveva scorti di rado. Ignorava che alcuni di loro fossero addirittura riuniti in branchi. La cosa la lasciava stranamente sorpresa.

«Anche io sono curioso... Curioso di assaggiarvi!» le si gettò velocemente addosso, ma Erdie lo fermò tratenendolo per la gola. Lo alzó, lasciando che si divincolasse come una lepre.

Sentì che molti di loro erano fuggiti, altri si nascondevano negli angoli senza perdersi la scena che avevano di fronte.

«Non credevo foste un Vampiro... Nessuno della classe nobile viene qui giù da noi...»

Erdie lo scaraventó contro il muro, irritata da tanta sfrontatezza. Come poteva non aver ancora capito che si trovava davanti al Vampiro più antico del pianeta?

«Siete rivoltanti. Ai miei tempi neanche esistevate. Ma dimmi, cosa ci fate qua sotto?»

Il Vampiro schiavo si rialzò da terra tossendo e aggrappandosi alla roccia viva e brillante.
«Viviamo qui in pace, lontano dai ricatti degli altri vampiri».

Erdie lo ascoltava senza guardarlo. Oltre quello spazio se ne apriva un altro, più grande ma meno luminoso. Si incamminò, a passo felpato, fino a scoprire al suo interno una statua immensa e meravigliosa.
Una statua in oro che rappresentava suo padre, il Lord.

«Cosa significa...»
«Questo è il nostro Dio!» le gridó il vampiro alle sue spalle «Arriverà presto e ci salverà dai soprusi di voi vampiri superiori donandoci i vostri stessi poteri».

Erdie rimase sorpresa da quell'impeto, notando poi che un'altra decina di vampiri schiavi, tutti molto simili tra loro, si era riuniti attorno a lei.

«Lo spero vivamente» convenne senza prestare loro vera importanza.
Sembrava avere nuovamente suo padre davanti, con le immense ali di pelle ad avvolgerlo come un mantello, seduto su un trono di pietra scura. Il
Suo sguardo era chino verso il suolo, solenne ma misericordioso e le mani ferme ad afferrare i pomelli dei braccioli.

Erdie si tramutò in una colomba per raggiungere il suo viso. Si sentì emozionata nel poterlo osservare nuovamente. Chissà quale artista immortale lo aveva creato, e chissà per quale motivo.

La sua assenza nel periodo della Luna Madre durava molto giorni, ma lei non gli aveva mai chiesto cosa facesse. Era sempre occupata in altro, convinta che suo padre non l'avrebbe mai abbandonata. Convinta che lui ci sarebbe sempre stato.

Tornó umana sulla sua spalla e lì poggió la testa sulla sua guancia fredda e polverosa.
«Padre... Sento che ci siete ancora...Siete ancora su questo pianeta, da qualche parte... Prometto che vi troverò...»

***

Aveva interrogato ancora i Vampiri schiavi che si trovavano in quel luogo, a metà fra la terra e l'inferno. Ma senza ricevere nessun tipo di nuova informazione. Erano vampiri schiavi troppo giovani per conoscere il Lord, devoti però a lui da un clima comune di speranza.
Gli schiavi erano spesso usati dai vampiri fino alla loro morte. Erano considerati meno importanti di un oggetto, l'ultimo anello della catena degli immortali.
Umani che avevano perso le loro sembianze originarie, giovando solo dell'immortalità.

Era stato un nuovo fallimento. Aveva sperato di trovare qualche indizio importante, ma tra le mani aveva solo popolo di fanatici.

Però, guardando quell'esercito di Vampiri schiavi sotto di lei, comprese di poterli sfruttare: sarebbero state le sue orecchie nei bassifondi.

***

Erdie tornó a casa prima che il sole si affacciasse alle porte dell'orizzonte.
Lucas era seduto sul letto ad aspettarla, gli occhi viola circondati da uno spesso alone scuro. Non aveva chiuso occhio, glielo leggeva sul volto.
La vampira gli si avvicinò, ma non abbastanza da toccarlo. Era ancora arrabbiata, anche se le riusciva difficile mantenere con lui un atteggiamento distaccato.
«Scusami...» mormorò l'umano.

Ed era ancora più difficile per l'immortale non cedere a quello sguardo mortificato. Quelle iridi d'ametista che brillavano di lucciconi la scossero. E quasi dimenticó il motivo del loro battibecco.

«Discutere ci aiuta a capirci. Abbiamo due nature diverse e due modi di osservare ciò che ci circonda».
«Ancora una volta mi fa male non poter essere io colui che può proteggerti... Vorrei essere io il tuo scudo, il tuo porto sicuro dopo ogni tempesta...»

«Lo sei già. Non è solo il corpo che ha bisogno di protezione, ma anche la mia mente, la mia anima e il mio cuore. E tu le custodisci meglio di chiunque altro...»

Lucas si chinó sulle sue labbra per baciarla, stringendola a sè quasi con disperazione.
«Io ti amo...» le sussurrò ancora, come se fosse una verità che aveva bisogno di esternare ad ogni costo. E con quelle parole la foga del bacio divenne impetuosa, affamata.
E in poco tempo i due amanti si trovarono nudi e sdraiati nel letto, pelle contro pelle, un cuore mortale che batteva all'impazzata contro uno ormai quasi fermo.
Il calore di quel corpo umano poi sulla sua schiena, mentre il ventre era poggiato fra le pieghe del lenzuolo candido, era già in grado di mandarla in estasi. E il sentirsi possedere da lui, ingabbiata fra quelle grandi braccia umide di sudore le procurava quella vampata di piacere in grado di incendiarla.
Sentire quel membro caldo dentro di lei, muoversi freneticamente, sembrava concederle quel calore che con la morte aveva perso.

Lucas era quella metà mancante di cui spesso aveva sentito sussurrare tra i simposi dei grandi filosofi, lui era la fine della sua ricerca.
Quella labbra erano l'ossigeno di cui il suo corpo necessitava.
Alle prime luci dell'alba si addormentarono insieme, abbracciati l'uno all'altra come fusi insieme.
Vita e morte che finalmente avevano trovato l'incastro perfetto.



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