🪲Settimo capitolo 𓂀
Il giorno dopo i banditori si recarono per le strade annunciando l'inizio dei cinque giorni sacri della festa di Heru-Renpet. Gli egiziani avrebbero dovuto accompagnare il sorgere della stella Sopedet fino al quinto giorno, ricorrenza in cui l'astro avrebbe portato l'inondazione del Nilo.
Le due gemelle avevano impiegato tutto il giorno per prepararsi, scegliendo i gioielli da indossare nella cerimonia, sopportando le ore interminabili di trucco perfetto.
Il loro colore chiaro di pelle le aveva sempre distinte dal resto della popolazione come la loro altezza pari agli uomini rendendole emanazioni viventi della dea Iside. Per questo stesso motivo avrebbero dovuto presenziare alla prima cerimonia di quella sera.
Avevano ripassato le parole sacre che avrebbero dovuto recitare davanti a tutte le genti di Za'Net; fortunatamente erano sempre le stesse per quattro giorni, cambiando solo nell'ultimo giorno. E loro cantavano quelle invocazioni sin da quando avevano iniziato a parlare.
Il sole era oltre la metà del cielo, per le strade i banditori, vestiti solo di un candido perizoma e il simbolo dell'urobolo al collo in bronzo e turchese, annunciavano a gran voce per le strade che la piane era in procinto di arrivare.
Ogni abitante del paese era pieno di gioia. Non avevano calendari nelle loro abitazioni e il conto dei giorni veniva tenuto nel santuario insieme alle statue del dio Hapy.
Il dio della piena del fiume era raffigurato come una creatura obesa dai seni cadenti, emanazione del duale.
Ed era proprio quell'aspetto duplice del dio che le due gemelle rappresentavano nella cerimonia: ad Erdie la pelle fu colorata di nero con l'henne e il capo le fu coperto dal nemes arricchito con una corona di fiori di loto. Un grosso peso da portare sulla testa. Il busto invece era nudo, ma adornato da una grossa collana a girocollo che terminava proprio sopra i seni scoperti; dal ventre in giù aveva un perizoma a cui erano state cucite strisce di stoffa sul davanti lunghe fino alle ginocchia.
Mine invece conservava la sua pelle bianca coperta dallo stesso vestiario della sorella, solo che il nemes, la corona sacra che le copriva il capo, era cosparso di leggeri fiori di papiro.
Mine portava con orgoglio tutto quel peso sul proprio corpo, Erdie invece non la pensava allo stesso modo.
«Questi dannati fiori sono enormi! Non vedo l'ora che questa cerimonia sia finita» disse infatti la ragazza sistemandosi un fiore di loto sulla testa.
Le due sorelle si trovavano dentro il tempio, attendevano che il loro padre Imhotep terminasse l'inno principale al dio davanti alla popolazione scalpitante.
«Erdie dai, non esagerare come sempre».
«Parli tu che hai dei fiorellini minuscoli sopra il copricapo. Ovvio che siano meno fastidiosi! »
«Zitta. Ora dobbiamo uscire noi! »
Le due gemelle comparirono ai fianchi del padre con la pelle colorata di blu e adornato con tante specie di piante fluviali.
Recitarono il loro inno di lode con austerità, calate perfettamente nella loro parte e infine accompagnarono il corteo che portava la statua del dio Hapy in giro per il paese fino a toccare le acque del fiume con cui sarebbe stata bagnata.
Imhotep camminava solenne davanti alla statua, le sue figlie dietro seguite da uomini che rappresentavano i tanti spiriti del fiume, cantando e ballando.
Mine sobbalzò quando si sentì chiamare con insistenza da qualcuno fra la folla. Voltò il capo appena e vide il suo Hapy.
«Hapy! » sussurrò «Potrebbe vederti mia sorella! »
«Mi piace rischiare» le rispose con un sorriso furbo, comparendo e scomparendo tra la folla densa. «Dopo la processione vorrei vederti, ti prego Mine non dirmi di no».
La ragazza era spaesata. Suo padre era tornato da Iunu perciò allontanarsi era davvero rischioso; tuttavia era pur vero che dopo la cerimonia ci sarebbero stati i banchetti dove sarebbero fluiti litri di birra e vino.
Nessuno avrebbe davvero badato a lei, soprattutto il suo eunuco Daimaat che non perdeva mai l'occasione di imbottirsi di entrambe le bevande.
«Allora Mine? » incalzò il ragazzo «Ti prego voglio stare con te anche se per poco».
La decisione del padre di trasferirsi in quella terra lontana le tornò in mente; certamente quella sarebbe stata una delle ultime volte che poteva stare con lui.
«Va bene Hapy. Quando il corteo finisce aspettami nei dintorni del pozzo orientale, quello abbandonato».
Il ragazzo quasi si illuminò. «Ti aspetterò lì, non vedo l'ora di poterti abbracciare! »
Riuscirono a mettersi d'accordo giusto in tempo: la folla si fece più densa e Hapy non riuscì più a seguire Mine.
Ci volle molto tempo, lo spicchio di luna era ormai alto nel cielo, ma Hapy non perdeva le speranze. Erano troppi giorni che lui non riusciva a parlarle o anche solo ad avvicinarla e quella promessa gli dava la forza di continuare ad attenderla da solo, con l'eco della festa alle sue spalle.
Averla vista così riccamente adornata, nelle vesti del dio di cui lui portava il nome, l'aveva colpito. Era semplicemente bellissima tanto che le dee avevano molto da inviarle.
Seduto fra l'erba umida, il pensiero che Mine vivesse anche come una dea lo fece riflettere. Lui era un contadino e la sua pelle bruciata dal sole ne era la prova lampante.
"Togliti quella principessa dalla testa!" gli aveva detto il padre "tu non hai nulla da offrirle. Abitiamo in una casa fatta di fango che tua madre con immensa fatica cerca di rendere decente."
"Non posso vivere senza vederla, padre." Aveva ribattuto come se le frasi dell'uomo gli fossero scivolate addosso.
"Lei è figlia del vizir Imhotep, l'uomo che si trova al fianco destro della nostra maestà. Se dovesse scoprire che guardi con desiderio una delle sue figlie potrebbe anche farti uccidere!"
A quel punto Hapy era andato via stizzito.
Amava Mine ed era convinto che gli dei avrebbero sostenuto quel sentimento come lo avevano protetto quando era poco più che un neonato perso nel fiume ingrossato.
Quella sera però si era come reso conto della disparità del loro ceto sociale. Per un attimo, un istante, si domandò se fosse davvero degno di lei; se lui, semplice uomo di popolo avesse potuto ambire a quell'unione.
Ma poi Mine arrivò, dissipando in fretta qualsiasi incertezza.
Indossava un altro abito che la copriva fino alle ginocchia, ma aveva lasciato su di se la parrucca e i diademi ed il trucco non si era minimamente rovinato.
Hapy si alzò di scatto da terra e le corse incontro abbracciandola subito. Sentì il profumo del suo corpo, un misto di oli che lo inebriarono.
«Hai incontrato dei pericoli per venire qui? »
«No Hapy. Per fortuna sono tutti impegnati nella festa. »
«Ho temuto ti potesse accadere qualcosa».
Mine si avvicinò al viso del ragazzo e lo baciò. Era tutto un mese che desiderava farlo ancora, continuare quel bacio che sua sorella aveva interrotto.
Hapy si sentì colpito, il cuore iniziò a battergli all'impazzata nel petto, sorpreso dal gesto improvviso della ragazza. L'abbracciò come se non la dovesse toccare mai più, sentendo le curve dolci della sua schiena sulla pelle.
«Non mi sembra vero di essere di nuovo fra le tue braccia, lo giuro sugli dei. Mi sei mancato davvero tanto».
Hapy si scostò da lei, poggiando la fronte contro quella sua. «Sei bellissima Mine... »
La ragazza rimase ammutolita, arrossendo violentemente. Certo, tanta gente le aveva fatto i complimenti, la sua bellezza, come quella di Erdie, echeggiava di bocca in bocca. Ma averlo sentito da lui sembrò cambiare interamente il significato di quella parola. La rese indiscutibilmente vera.
«Ti va di fare un giro vicino al fiume? Lontano dai festeggiamenti però. »
«Andiamo! »
Sotto la luce della luna, i due ragazzi corsero giù dalla collina erbosa e si diressero verso un fiumiciattolo figlio del Nilo, uno dei tanti che bagnava la pianura fertile del delta.
Si rincorsero e si abbracciarono completamenti bagnati; e risero, risero tanto.
Mine non ricordava l'ultima volta che fosse stata così felice. Un piccolo scarabeo spuntò dalla terra umida e si avvicinò a loro due, sdraiati sulla ghiaia poco lontano.
«Credo sia di buon auspicio. » disse Mine guardando il piccolo insetto lucido.
«Lo spero, e vorrei tanto che benedica ciò che provo per te. »
«E cosa senti? » spostando il viso verso il suo per far incontrare i loro occhi.
«Amore, tanto amore Mine. Sei l'unica divinità che vorrei venerare».
Si baciarono ancora, sorrisero e continuarono ad abbracciarsi con tenerezza finché non fu ora per lei di andare.
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