4. La chiave
«Lo dico sempre: la chiave è partire presto. Mettete che troviamo un incidente: prima si parte, meno se ne trovano, prima si arriva.»
Ci siamo fermati a un Autogrill appena dopo Bologna per fare colazione.
Paolo è poggiato a uno di quei tavolini metallici alti da bar. Si è slegato i capelli castani e ora gli ricadono sulle spalle in boccoli disordinati, sembra reduce da una passeggiata in una galleria del vento. L'unico indizio di stanchezza sono le borse sotto gli occhi marroni.
Gianluca, invece, è conciato da buttare via. Non si è nemmeno tolto il cuscino da viaggio da attorno il collo, lo usa per riposare il capo non appena pensa che nessuno lo stia guardando. E io, come lo vedo socchiudere le palpebre, non perdo tempo e ricomincio a osservarlo.
«Che sbruffone, secondo me ci sarebbe andata bene anche partendo un'oretta dopo, invece che alle tre di notte.» borbotta Sam, emettendo uno sbadiglio che finisce per contagiare tutti.
«Quando guiderai tu partirai all'orario che ti pare.»
«Ma sentitelo, sembra di sentire mio padre.»
Gianluca apre un occhio, faccio in tempo a fingermi assorta a guardare altrove per non farmi sorprendere.
«E voi due mi sembrate una coppia prossima al divorzio.» s'inserisce.
Paolo si volta verso di lui.
«Uè! Buongiorno, bella addormentata nel bosco.»
«Buongiorno.»
Mi lascio sfuggire una risatina. Fuma mi lancia un'espressione vispa: si inumidisce le labbra con la punta della lingua e stira gli angoli della bocca come se stesse cercando di non sorridere. Paolo ci guarda.
«La lady del gruppo che ne pensa?» mi interpella quest'ultimo dopo una lunga pausa. «Sei del team di partire con largo anticipo, o di quello dei fuori di testa?»
«Ma che domande, cosa vuoi che risponda una abituata a calcolare tutto?» ribatte Sam.
«Sani di mente.»
«Eccola. Come chiedere se l'acqua è bagnata.»
«Emme, anche tu pensi sia meglio partire prima?» chiede Paolo.
«Sì.»
«Lo credi davvero?»
«Sì.»
«Non mi stai dando ragione solo per essere lasciato stare?»
«No.»
Marco, diciottenne da neanche una settimana, sembra un bambino incastrato in una fase emo. Queste sono le prime parole che gli sento pronunciare da quando siamo partiti.
Paolo si stringe la mano da solo per farsi dei complimenti. È una scena tristissima, ma nessuno osa farglielo notare. Sam borbotta che a lui piace vincere facile chiedendo il nostro parere. È proprio in questo momento che Gianluca, convinto che siamo troppo distratti per prestare attenzione a lui, chiude di nuovo gli occhi. Ha le guance piene, le labbra rosate, la pelle chiara priva di nei e lentiggini. Sembra un po' la versione maschile di una graziosa bambola di porcellana ottocentesca.
Ha fatto i diciassette due mesi fa, tre giorni prima che io compissi i miei diciotto. Il più grande di noi resta Paolo, con la sua classe 1995 e tre anni di differenza da Sam e Fuma.
Sto ancora osservando le curve dolci del viso di Gianluca, quando mi rendo conto che Paolo se n'è accorto. Mi guarda furbo, un sorriso a incurvargli la bocca. Non distoglie lo sguardo nemmeno quando io, troppo in imbarazzo, mi metto a fissare la tazza vuota di cappuccino davanti a me.
Siamo disposti a semicerchio attorno alla Panda di Fuma. Ci aspettavamo di tutto, tranne che potessimo forare in mezzo ai campi emiliani.
Ripenso alle parole di mio padre: chiamami se succede qualcosa.
Beh, quel qualcosa è appena successo.
Si è creata un'altra coda, ma questa volta siamo noi gli autori. Immagino che da qualche parte ci sia una macchina piena di ragazzi frustrati, a un passo dal mettersi a piangere perché la loro vacanza sembra più lontana che mai. Ancora una volta, Paolo aveva ragione: meglio partire prima per trovare meno incidenti. Una cosa che non aveva previsto, tuttavia, è che noi potessimo uscirne coinvolti.
Gianluca è livido. Ogni tanto trattiene il fiato così a lungo da diventare rosso. Sospetto che stia cercando di svenire come strategia di coping – Dante Alighieri che non sa come terminare i primi canti dell'Inferno. È in piedi di fianco a me, in silenzio, eppure è come se lo sentissi urlare.
«Ditemi che avete già cambiato una gomma.» inizia atono.
Si sta sforzando di rimanere calmo, ma non sta ottenendo grandi risultati. Se Gianluca ha un difetto, quello è la sua tendenza a innervosirsi facilmente. Per la serie che un attimo prima è tranquillo, quello dopo sbuffa e si arrabbia per questioni inutili. Non che questa la sia.
Ci passa tutti in rassegna con lo sguardo: io scuoto la testa, Marco solleva le spalle, e Sam replica:
«Non contare su di me.»
«Grandioso.» borbotta lui.
Lo osservo di soppiatto: ha i pugni chiusi, la mascella così serrata da assumere un aspetto più aspro.
«Tu no?»
Si gira verso di me, le sopracciglia chiare aggrottate.
«Se l'ho chiesto, evidentemente no.»
Mi sento offesa dal tono che ha usato con me. La mia domanda è stata stupida, ma non trovo giusto sentirmi rispondere in modo così sgarbato.
«Se l'avessi saputo, a quest'ora sarei già occupato ad armeggiare con la gomma, non credi?»
Lo guardo male.
«Non c'è bisogno di scaldarsi così tanto. Cosa credi? Che se non l'avessimo saputo fare noi, a quest'ora non ci saremmo già messi all'opera?» ribatto stizzita.
Il suo sguardo si addolcisce un po', ma io, infastidita dal modo in cui sono stata trattata, gli rivolgo il profilo e mi allontano da lui. Sento che continua a osservarmi, forse per tastare il mio livello di rabbia, ma non appena posso gli do le spalle.
«Stiamo tutti calmi, cerchiamo su internet.» interviene Sam, alzando le mani come in segno di resa.
Afferra il cellulare, digita; non mi sfugge il modo in cui le sue sopracciglia si flettono verso il basso.
«Beh?» lo esorta Gianluca, dopo un considerevole lasso di tempo.
«Non prende.»
Come se non fossimo già abbastanza nei guai.
Et-voilà! Ecco a voi i primi quattro capitoli di questa storia. Spero di aver stuzzicato la vostra curiosità e spero tanto che deciderete di darle una chances.
Per comodità organizzativa, ho deciso, io Somma Lily Bennet, di pubblicare 1 o 2 capitoli a settimana (in base a quanto sono brevi), e ho anche deciso che il giorno X sarà il sabato.
Sarà una storia breve, venticinque capitoli circa, ma spero comunque che riesca a farvi innamorare... o a farvi scendere una lacrimuccia 😏
Perciò lascio a voi ogni giudizio (ma se decidete di condividerlo, io non mi offendo).
A sabato prossimo!
Lily :*
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