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3.

Daniel sospirò, accostò l'auto, ormai erano arrivati a casa, e spense il motore.
Mark si muoveva agitato sul sedile, coi denti si mordeva il labbro inferiore mentre il suo viso aveva preso un color porpora. Con lo sguardo puntato verso il suolo, fissava i piedi che tra loro si stuzzicavano, gli occhi già inumiditi, intanto con la mano destra si grattava la nuca.
-Mark...- sussurrò il marito, cercando inutilmente di trovare le parole adatte. Cosa dannatamente difficile.
-Daniel, ti prego- mormorò duramente, tirando su col naso e passandosi entrambe le mani sul viso.
-Scusami.- Disse, attirando finalmente l'attenzione del biondo, a cui gli occhi si incatenarono con quelli del corvino. -Sono solo stato un cretino, solo un guscio vuoto che vagava. Nient'altro. Non c'ero quando avevi bisogno di me. Non ci sono stato per tanto, troppo tempo. E mi manchi... oh, cazzo quanto mi manchi Mark.
Usavo la scusa del lavoro, quando in realtà ero solo io che mi comportavo in maniera sbagliata. Tutte quelle notti in cui avrei dovuto abbracciarti e starti accanto, e invece me ne stavo a consolarmi da solo, perché non sapevo che altro fare. So che non sarà facile per te, ma per favore, accetta le mie scuse. Ormai mi rimangono solo quelle- una lacrima lo tradì, velocemente la asciugò col palmo della mano, senza smettere di guardare Mark negli occhi.
-Come pensi che mi sia sentito per tutto questo tempo, Daniel? Tutti questi giorni sprecati, tutte le cose non dette, solo qualche parola o un minimo sguardo. Non mi sono mai sentito così solo e trascurato come in questo lungo e orribile mese. E non sto a colpevolizzare te, perché anch'io ne sono responsabile. Ma è così difficile guardarti negli occhi e non pensare a quanto mi manchi. Non ci riesco. Non posso. E so quanto sia difficile anche per te, siamo entrambi in ansia, il nostro rapporto non sarà più come prima, come quando eravamo semplici e spensierati ragazzini. Stiamo per rendere la nostra vita qualcosa di veramente grande. Per noi e per lui. Perciò è questo che davvero mi preoccupa, Dan, tu non ti senti pienamente pronto.- Ora i suoi occhi erano un cielo invernale; grigio, nebbioso e che prometteva solo pioggia. Daniel scrutava il suo viso, ora percosso da tremolii. Non lo aveva mai visto così e ed era solo colpa sua se ora poteva farlo. Sembrava sul punto di crollare.
-Forse non sono semplicemente pronto per questa enorme responsabilità, forse avremmo dovuto pensarci di più... ma il tuo viso, i tuoi occhi, il tuo sorriso, avresti dovuto essere al mio posto per vederli, Mark. Eri così emozionato alla sola idea di avere un bambino, così elettrizzato e io lo sono altrettanto. È che tu sei così sicuro di quello che fai mentre io sono pieno di dubbi, insicurezze e domande a cui non so dare le risposte.- Mark aveva gli occhi sgranati. Le lacrime ormai non potevano più essere contenute, rigavano lentamente le guance di entrambi. Daniel era così pieno di incertezze, così preoccupato, sapeva che quel comportamento era dovuto al fatto che loro figlio stava per nascere, come sapeva che quelle erano solo insicurezze e che infondo al suo cuore, Daniel sapeva cosa stava facendo. Era solo quella velata preoccupazione.
Daniel era pronto. Lui non si sentiva così, ma lo era. Solo che, Mark lo capiva alla perfezione, più erano vicino a quel giorno, più una parte di sé faceva venire a galla quelle inutili sensazioni di non potercela fare. Ma si ricordava tutti quei discorsi che aveva fatto, ed erano sinceri, era sicuro di sé in quei momenti. Queste erano solo debolezze, che presto sarebbero svanite, dopo aver visto suo figlio accoccolato tra le sue forti braccia.
-Dio, Daniel... vieni qui.-
Mark si esporse, con la mano accarezzò dolcemente la guancia del marito, mentre con un braccio si reggeva e si dava la spinta per avvicinarsi il più possibile.
-Ti amo, Mark- sussurrò quelle semplici parole, mentre le dita del biondo sfioravano le sue labbra. Nulla, oramai, aveva più importanza; non sentiva quelle parole da tempo. Di nuovo le lacrime spingevano per uscire, ma non ci badò più di tanto, avvicinò le labbra a quelle del marito, chiudendole in un bacio inizialmente casto.
Si staccò, perdendosi nei suoi occhi. Il più grande asciugò coi pollici le lacrime, ormai seccate, sul suo viso. Poi Daniel estinse nuovamente quella piccola distanza, ributtandosi sulla sua bocca carnosa, così invitante.
Si erano mancati così tanto che quel minimo e piccolo contatto, scaturì in loro una voglia reciproca sempre più forte. La lingua cominciò subito ad intensificare quel bacio, ormai molto profondo e coinvolgente.
In qualche modo, riuscirono ad uscire dall'auto, staccandosi il meno possibile. Avvinghiati, attraversarono il vialetto della piccola villa, classica casa a due piani americana. Si trovava in un bel quartiere, dove gli alberi erano perfettamente allineati e con la stessa distanza tra uno e l'altro, dove il vicinato si conosceva fin troppo bene e i giardini erano larghi e rigogliosi. Effettivamente era una casa da "ricconi" come la chiamava Mark, ma infondo era stata ereditata dal padre di Daniel, che non era affatto messo male coi soldi. Ma i tempi cambiano e quella casa era una delle poche cose della famiglia del corvino che gli erano rimaste.
Arrivarono alla porta d'ingresso e Daniel tastò le proprie tasche in cerca delle chiavi di casa. Non le trovò. Mark si staccò un secondo, gemendo: -Nella tasca.- Il più grande non perse tempo, tolse una mano da sotto la sua camicia e la portò alla prima tasca che gli capitò, trovandole subito in quella posteriore. Afferrò le chiavi, approfittando per stringergli il sedere con la mano e strappargli un gemito più forte. Distrattamente aprì, entrarono senza nemmeno preoccuparsi di accendere la luce. Con un tonfo Daniel richiuse la porta, schiacciò contro la parete il marito, intrappolandolo col suo corpo. Le due erezioni ancora nei boxer si strusciavano una contro l'altra con foga, scaturendo i gemiti sempre più forti di entrambi.
-Daniel... ti prego...- lo supplicò il biondo, impaziente. L'altro prese a morderlo lievemente sul collo e sulla spalla, mentre velocemente si spogliavano a vicenda. Le mani del più alto si posarono sul sedere ancora ricoperto dai boxer, unico indumento che ancora li separava, dell'altro. Lo sollevò, inducendolo a circondare la propria vita con le sue gambe. Incollati e già ansanti, si diressero verso la camera da letto, cadendo sul morbido materasso. Era da tempo che il letto non lo usavano solo per dormire.
Con un movimento veloce, Daniel riuscì ad accendere la lampada sul comodino che aveva alla sua destra.
Una lieve luce opaca andò ad illuminare parte del viso di entrambi. Daniel poté finalmente intravedere il viso dell'altro, trovandolo semplicemente perfetto. Gli occhi chiari ora sembravano di un grigio scuro scagliato d'oro, sotto quell'unica fonte di luce che sembrava fare a botte col buio circostante. I suoi capelli erano soffici, pensava Daniel, che non perdeva occasione per affondarci le dita.
Quando finalmente anche i boxer volarono a terra, raggiungendo gli altri vestiti sparsi sul pavimento, nessuno dei due ormai poté contenere l'eccitazione.
-Non ce la faccio più, Dan!- riuscì a dire, mentre le dita del corvino cominciavano a farsi spazio nella sua fessura, preparandola. Quando Daniel le sfilò, Mark si sistemò meglio a cavalcioni sull'altro, non aspettò oltre, lasciando che la possente erezione di Daniel lo penetrasse, prima solo con la punta.
Tirò indietro la testa ansimando e spalancando gli occhi da quel piacere che tanto gli era mancato. E Daniel non poteva non perdersi con quella visione; il corpo snello e muscolo il giusto di Mark che ora si muoveva a ritmo col suo. Un ritmo all'inizio lento, ma poi veloce e costante.
Intrecciò le dita del più grande con le proprie, tendendo le braccia contro il materasso. -Ahhh, D-Daniel!- gemette, mentre quest'ultimo ringhiava come se fosse un animale. Poi ribaltò le posizioni e Mark allacciò di nuovo le gambe attorno ai suoi fianchi, lasciandosi trasportare dal corpo perfetto del marito. Perfetto col suo.
-Oh mio Dio, Dan! Sì!- quasi urlò, sentendosi riempire fino in fondo, gemendo al contatto dell'erezione del marito col suo punto più sensibile.
Daniel lo baciava, mangiando ogni suo gemito e spingendo con sempre più forza. -Ti amo! Ti amo, Mark!- ansimò, sentendo i muscoli del compagno contraersi, che riversò il proprio sperma caldo tra i loro corpi incollati. Contemporaneamente, il corvino riversò il liquido chiaro dentro il marito, strappandogli l'ennesimo gemito che subito andò a confondersi con i suoi.
I gemiti si trasformarono poi in respiri corti, sempre meno profondi, mentre il corpo di Daniel si lasciò andare su quello altrettanto sudato del biondo, per stringerlo forte.
-Sei... bellissimo, Mark- ansimò col fiato corto, nell'orecchio del marito, stravolto sotto il suo corpo sudato e stretto fra le sue braccia.
-Ti amo... Daniel- sussurrò con voce tremante, mentre una piccola lacrima gli rigava la tempia ancora sudata. Daniel sollevò il capo, lentamente si sfilò dal marito, adagiandosi poi al suo fianco.
Col braccio si reggeva per poter guardare l'altro negli occhi, che era sdraiato di schiena a riprendere fiato. Andò ad asciugargli la lacrima col pollice, sorridendo teneramente, per poi baciarlo con dolcezza sulla fronte.
-Sei bellissimo- ripeté, mentre col braccio riuscì a raggiungere la coperta del letto ormai sfatto, con cui ricoprì i loro corpi nudi.
-Buonanotte Dan- rispose solamente in un sussurro, dandogli le spalle, poggiando poi la schiena sul petto del corvino.
Daniel lo abbracciò da dietro e intrecciò le proprie gambe con le sue.
I respiri tornarono lentamente ad un ritmo normale, le palpebre troppo pesanti dei due non diedero spazio per altre parole e, così, col profumo di uno sul corpo dell'altro e viceversa, caddero entrambi in un profondo e dolce sonno.

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