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28.

Annoiato faceva tamburellare le dita sul piano della cucina, mentre aspettava pazientemente che il pollo fosse pronto. Tristemente, anche quella sera, avrebbe dovuto cenare da solo, anche se fortunatamente la famigliola felice presto sarebbe tornata. Si chiese quando lui se ne sarebbe ritornato a casa o se aveva ancora l'intenzione di trasferirsi lì a Seattle... aveva le idee piuttosto confuse e a inizio settembre doveva tornare a lavoro dopo un mese intero di vacanze, così lunghe grazie a tutte quelle arretrate.
Il suo cellulare emise un bip seguito da una vibrazione, il che significava che era arrivato un messaggio. Ricontrollò il pollo nel forno per vedere a che punto fosse la cottura, non era ancora pronto; afferrò il dispositivo. Il messaggio era da parte di Paul, il vecchio compagno del liceo che era cotto di lui. Sospirò, svuotò la mente da ogni cosa e aprì l'sms.
-Ciao Greg, come stai? Spero di non disturbare... che ne dici se domani ci vediamo, magari pranziamo insieme oppure andiamo semplicemente a fare una passeggiata al parco, ti va?-
Gregory pensò alla sera con le vecchie conoscenze e a come Paul gli disse senza peli sulla lingua che era ancora innamorato di lui. Si massaggiò la fonte con la mano, non voleva ferire i suoi sentimenti ma nemmeno fargli credere che lui era disponibile. Gli aveva persino lasciato intendere che lui era uno che se la spassava con gli altri uomini e che non era in cerca di una relazione. Cosa credeva di ottenere adesso Paul? Gregory non era stupido, ma di sicuro troppo buono.
Non poteva negargli di vedersi, infondo Paul era stato se stesso e gli aveva persino confessatto ciò che provava. E soprattutto, vista la situazione, era giusto dirgli la verità e spiegargli il motivo vero per cui non fosse in cerca di una relazione.
Controllò ancora il pollo per accettarsi che non si stesse bruciando e scrisse la sua risposta:
-Ciao Paul, va tutto bene e tu? Non mi disturbi affatto, anzi mi fa piacere sentirti. Domani sono impegnato per tutta la giornata, però se vuoi possiamo vederci la sera.-
-Grandioso! Ti vengo a prendere alle 20:00, spero ti piaccia la cucina cinese!-
Paul sapeva che Gregory al momento era a casa degli amici, glielo aveva  detto quella sera.
-Sicuro! Ma se ti fa più comodo possiamo vederci direttamente al ristorante.-
-Insisto, vengo a prenderti. Passo di lì comunque con l'auto, perciò non preoccuparti. Comunque sono contento che tu sia qui, è bello rivederti dopo tanto tempo... stavo perdendo le speranze.-
-Lo è anche per me. Mi mancava la mia vecchia città.-
Andarono avanti per poco, poi Paul chiuse la comunicazione e si diedero la buonanotte. Gregory sospirò pensieroso e finalmente poté gustarsi la cena, per fortuna non polverizzata come gli capitò l'ultima volta che aveva cucinato del pollo arrosto.

Quella notte fece un sogno, un sogno di cui non si dimenticò la mattina seguente, una volta sveglio.
Era nel suo letto, nella sua casa a Portland, fuori dalle finestre si intravedeva la luna insieme alle stelle, era notte fonda. Solo una lampada accesa sul comodino produceva una luce gialla in quella calda stanza. Grazie ad essa era in grado di vedere gli occhi celesti che aveva difronte a sé. Li vide sorridere, illuminarsi come le stelle in quel cielo cupo, brillare nel semibuio della stanza. Sorrise, nella maniera più dolce che potesse esistere, accompagnando l'atto ad una carezza sulla guancia dell'altro. La sentì soffice sotto alle proprie dita e amplificò il sorriso quando le dita dell'altro si intrecciarono sul proprio viso.
-Non te ne andrai mai vero? Resterai con me al mio fianco, per sempre... giusto?- mormorò con un filo di voce tremolante e leggermente insicura.
-Giusto?- ripeté in un sussurro, che forse aveva sentito solo lui stesso.
Ma quelle labbra continuavano solo a sorridere, chiuse, serrate, probabilmente anche se la luce fosse stata accesa, o se fosse stato pieno giorno lui il colore roseo su di esse non lo avrebbe mai visto.
Non passò un secondo di più, Greg chiuse gli occhi e lo baciò, premendo la bocca sulla sua, in un gesto disperato, alla ricerca di conforto che sembrava non volere arrivare. Fu inizialmente un bacio di sole labbra: delicato, lento, come sfiorare i petali di un fiore. Ma niente di più che un solo e semplice contatto freddo, senza una vera e propria risposta.
Ma man mano che il bacio si faceva più lungo anche i bisogni di Greg crescevano, così come quelli dell'altro. Improvvisamente sembrava che quel corpo avesse ripreso vita e il corvino poté distintamente sentire il suo respiro accelerato, le sue mani insistenti che vagano accarezzandolo ovunque. I mugolii che cercavano di uscire dalle sue labbra ma che andavano a scontrarsi contro quelle di Gregory. Era come se fuori dalla finestra, all'improvviso, i fuochi d'artificio avessero cominciato a scoppiare nel cielo, colorando quella tela nera più totale. Fu tentato di aprire gli occhi e assicurarsi che fosse solo frutto delle sensazioni che erano esplose nel suo petto. Ma non lo fece.
E mentre la lingua di uno esplorava la bocca dell'altro e viceversa, dimenticò le parole appena dette, le brutte sensazioni che un attimo prima aveva provato. Scacciò i pensieri negativi e pensò solo a quel meraviglioso corpo che aveva tra le braccia. Lo strinse e solo poco dopo entrambi capirono che avevano bisogno di riprendere ossigeno e tornare a respirare.
Gregory si staccò, rimpiangendo già quel calore, posò la fronte su quella dell'altro e sollevò le palpebre.
Di fronte si trovò un paio di bellissimi e brillanti, come quelli di un cerbiatto, occhi nocciola.
Non disse nulla, non ne ebbe il tempo perché qualcuno parlò al posto suo.
-Non guardare indietro e amalo, perché io sono qui- e sentì il petto attraversato dal dolore, simile a quello che si proverebbe quando ci si ustiona. Sentì la lontana e flebile voce di Liam sussurrare queste parole nella sua testa, come un trapano che si era intrufolato nel suo cervello.
Non ebbe il tempo di formulare una qualsiasi parola o di reagire difronte alla persona che inaspettatamente si trovava tra le sue braccia. Ma fissava incredulo quegli occhi e in tanti nella sua testa si ripeteva: "Amalo".
-Io sono qui- sentì per un'ultima volta quella voce, solo debole e sempre più lontana. Il cuore cominciò a pulsare, dolergli e pungere, a battere con forza nel suo petto. Come se un incendio fosse scoppiato dentro di lui ed ora divampava come un cavallo impazzito.
Lui era lì, nel suo cuore.

Spalancò gli occhi in preda al panico, guardando il soffitto, col respiro accelerato e un fischio nell'orecchio... come se gli fosse appena scoppiata una bomba accanto. Sentì il malditesta invaderlo come tante formiche assalirebbero una carcassa. Come lo stesso trapano nel cervello che aveva solo sognato.
Sentì distintamente, una per una, le lacrime riempirgli gli occhi e rigare le sue tempie, per poi finire sul cuscino sotto la su testa. Il petto doleva ancora e il cuore scalpitava veramente come un cavallo pazzo, si poteva sentirne il battito anche ad un metro di distanza.
Chi era questo ragazzo dai capelli rossi che si era improvvisamente presentato nella sua squallida vita, travolgendola? Che cosa stava accadendo? Perché ora persino nei sogni gli appariva?
"Amalo e non guardarti indietro" aveva detto la voce di Liam... la voce di Liam, oh come gli mancava. Come gli erano mancati quegli occhi celesti, quel sorriso dolce. Perché era apparso in quel modo? Qualcosa doveva pur significare quel sogno.
E si convinse che erano solo le influenze di Mark e l'atteggiamento palese di quel ragazzo innamorato a portarlo persino a sognarlo. Perché lui amava solo una persona e quella se n'era andata via tempo fa, lasciandolo solo a vagare nel nulla, perso e come unica compagnia erano rimaste le lacrime.

Il giorno seguente non riuscì nemmeno ad alzarsi e questo solo perché non era riuscito a rinchiudere occhio. Non era più riuscito a prendere sonno e dovette accontentarsi di quelle misere quattro ore. Per fortuna era abituato a dormire poco, perché se sei un chirurgo non sai mai cosa ti aspetta e il sonno è un povero bastardo che va e viene come gli pare.
Dopo aver passato tutta la notte a pensare e ripensare, sospirò cacciando definitivamente ogni cosa. Non ce la faceva più. Letteralmente, era stufo di ogni cosa. Delle pressioni, di sua madre e della solitudine. Di tutto.
Si alzò, distrutto, affranto e in balìa dei suoi pensieri impertinenti che non lo lasciavano mai tranquillo.
"Fattene una cazzo di ragione, idiota. È morto. Se n'è andato, non tornerà. Smettila e ricomincia."
Quella parte di sé che si era improvvisamente materializzata in lui lo spaventò parecchio e non volle andarsene.

♡♡♡

Holaaa!
Il gran fico nella foto è Gregory e, be', spero che il capitolo vi sia piaciuto, al prossimo! :D

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