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Capitolo 17: Ritorno a casa

Alla fine non fu necessario andare dalla polizia per ritornare a casa.

Dopo tre giorni, passati a casa dei nonni, mio padre chiamò al cellulare la mamma, per comunicarle che sarebbe andato via da Roma per un po' e che lo avevamo ferito.

Sono stato il primo a cui lei lo ha detto e ammetto di essere rimasto di sasso in un primo momento.

Come osava pensare che fossimo noi ad averlo ferito? 

Dopo averci rimuginato sopra, ho anche pensato che fosse una trappola.

Come faceva uno come lui a rinunciare al sogno in politica, dopo tutto quello che era successo? 

Mi faceva imbestialire immaginare che la mamma potesse, ancora una volta, dargli una possibilità. 

Anche se ci aveva trattato come spazzatura, c'era ancora la remota possibilità che con le sue suppliche potesse intenerire la mamma.

La mamma in quel frangente, nonostrante la mia paura, dimostrò solo di pensare a tornare casa nostra.

Dopo aver comunicato ai nonni la nostra intenzione di tornare a casa, lo sconcerto prese possesso di loro. 

«Tesoro, non credo sia una buona idea tornare ora. Qui tu e Mirco state bene, lì non potrete difendervi in caso quell'uomo vole-»

«Lei a casa di quel farabutto e miserabile, non ci torna!» urlò mio nonno, mentre sbatteva un pugno sul tavolo del soggiorno.

La mamma e la nonna rimasero immobili e con la bocca semiaperta, mentre io dalla porta del soggiorno stavo combattendo contro la voglia di scappare.

Non mi piaceva sentir litigare le persone, specie se erano miei parenti, mi faceva male al petto ogni volta che capitava, ma in quel momento non potevo tirarmi indietro.

«Nonno ti prego, aspetta!» mi intromisi entrando a passo svelto nel soggiorno.

«Mirco... Non dovresti sentire questi di-»

«Mio nipote e mia figlia resteranno in casa mia. Fine del discorso!» tuonò mio nonno, interrompendo la mamma e col dito indice puntato verso la nonna.

«Perché indichi me? Anche io penso dovrebbero rimanere qui» ribattè la nonna con una mano sul petto e accigliata.

Il nonno, per tutta risposta, si mise a ridere, per qualche secondo. 

«Indico te perché sei troppo dilpomatica.» affermò, toccandole il braccio destro diverse volte col dito indice e col sorriso.

«Papà è una cosa seria. Io e Mirco non possiamo restare, lui deve tornare a scuola e in più sente mancanza di casa nostra» disse mia madre a braccia conserte.

Il nonno, per risposta, le fece segno di aspettare con una mano per poi togliersi gli occhiali con l'altra, dopodiché riprese a parlare con le lacrime agli occhi.

«Non so... non so quanto tempo mi resti e non so nemmeno chi è mio nipote. Voglio... Io voglio che restiate qui.»

Intenerito dal nonno mi avvicinai piano e lo abbracciai.

«Non ci perderai» gli sussurrai più volte all'orecchio.

La nonna si unì all'abbraccio subito dopo e affermò: «Abbiamo perso fin troppo tempo per poterci mettere a litigare.»

La mamma rimase a guardarci interdetta per un po' e alla fine con un sospiro alzò le mani e la testa in segno di resa. 

«Anche se non volete che torniamo lì, però dovremo lo stesso andare a prendere alcune cose» sentenziò mia madre, subito dopo, grattandosi la testa.

Io mi limitai ad annuire, mentre osservavo il nonno a braccia conserte con gli occhi chiusi e i denti stretti in bella vista.

Lui non sembrava proprio essere della stessa idea.

«Se si tratta solo di prendere  della roba, non c'è alcun problema. Del resto sono sicura che Mirco avrà lasciato tanti giochi e libri e che voglia riprenderseli» intervenne la nonna con una mano poggiata sulla spalla del nonno.

Lui sembrò rilassarsi subito dopo.

«Andremo con la mia Panda» disse, dopo aver sospirato.

Poche ore dopo, io e la mamma, accompagnati dal nonno, ci dirigemmo a casa nostra.

«Se vi servisse una mano, non esitate a chiedere» affermò il nonno, ancora seduto, non appena scesi dalla macchina.

Il grigiore del cielo e l'aria carica di umidità presagivano l'arrivo imminente di un forte temporale.

Non vedevo la mia casa da diversi giorni e provai un nodo allo stomaco nel rientrarvi, anche solo per poco.

Per fortuna, la mamma aveva con se una copia delle chiavi quando papà ci ha cacciato.

Dopo essere entrati, rimasi imbambolato per un pò all'ingresso a osservare ogni dettaglio della casa, mentre la mamma si precipitò al piano superiore.

C'erà più polvere rispetto all'ultima volta in cui ero stato lì e anche una pesante puzza di chiuso.

«Non ci posso credere! Che burino!» urlò mia madre, poco dopo essere salita al piano di sopra.

«Ma' tutto bene?»

«Tuo padre! Quel farabutto si è portato via tutti i soldi e i gioielli! Mi ha lasciato solo qualche vestito!»

Sospirai e scossi più volte la testa, per poi dirigermi a passi lenti verso il soggiorno.

Con enorme sorpresa vidi che era stato messo a soqquadro. 

Passati pochi secondi, la collera sostituì il mio sconcerto e per poco non mi fece esplodere.

Quell'animale aveva dato il peggio di se!

«Mirco... Resta dove sei! Non salire per nessun motivo!» mi ordinò la mamma, dopo un po'.

Senza stare ad ascoltarla corsi le scale, solo per trovare la mamma con le spalle rivolte verso la porta di camera mia.

Aveva gli occhi lucidi e stava tirando su con il naso. 

«Che altro hai trovato?» chiesi con il cuore che batteva all'impazzata.

«Mirco... piccolo mio» disse, mentre si avvicinava con passi lenti verso di me.

Rimasi immobile finché non fu abbastanza vicina da abbracciarmi.

«Ma' così mi fai paura» affermai mentre le toccavo le spalle.

Lei non disse nulla.

Stancatomi di quella situazione, mi divincolai dall'abbraccio e provai a entrare in camera mia, ma venni tenuto per un braccio.

Senza voltarmi verso di lei, chiesi: «Ha fatto qualcosa di brutto anche in camera mia?»

Lei, di tutta risposta, rafforzò la presa e si mise a singhiozzare.

«Prometto che resterò calmo, ma devo entrare, ho lasciato troppe co-» 

«Non farlo!» mi interruppe, in preda al pianto.

Con molta lentezza le misi una mano su quella che stava usando per trattenermi e con un sorriso le dissi:

«Non crollerò. Qualsiasi cosa abbia fatto.» 

Lei, dopo qualche secondo, a testa bassa, mentre si acciugava le lacrime con una mano, mi lasciò andare.

Aspettai qualche secondo, prima di mettere la mano sulla maniglia della porta.

Anche se avevo promesso di essere forte, sentivo dentro di me panico e paura per quello che avrei trovato.

Dopo un lungo respiro, con estrema lentezza posai la mano sulla maniglia e la girai, poi ho chiuso gli occhi e infine sono entrato nella stanza.

Rimasi con gli occhi chiusi per qualche attimo, mentre il mio cuore stava battendo come non mai.

Una volta riaperti, rimasi senza parole e immobile per un lasso di tempo indefinito.

Feci una fatica tremenda, per elaborare quello che stavo provando.

«Mi disp- dispiace tanto» affermò la mamma tra le lacrime per poi baciarmi sulla testa.

Quell'uomo aveva cancellato ogni cosa che avevo toccato, lasciando solo una stanza vuota e bianca.

Il letto, la scrivania, l'armadio, la playstation, la televisione, il computer e sopratutto i miei disegni non erano più lì.

«Non può averlo fatto sul serio... non può... Sono suo figlio» asserii a testa bassa e con i pugni serrati.

«Tranquillo, ci sono io» affermò mia madre, mentre mi accarezzava la testa.

«Spero che rimanga dove si trova. Andiamocene! Qui non c'è più nulla per noi» ribattei, subito dopo.

Lei, dopo qualche secondo, fece di sì con la testa e disse: «Dammi solo due minuti per fare una valigia.»

Dopo essere tornati in macchina, con solo una valigia contenente alcuni vestiti della mamma, ci lasciammo la casa alle spalle. 

Il nonno si arrabbiò molto nel vederci stravolti e nonostante la sua insistenza nell'ottenere delle risposte, dovette cedere.

Poco dopo, essere partiti iniziò a piovere.

«Sicuri di non esservi dimenticati nulla?» chiese il nonno, dopo aver percorso qualche metro.

«Abbiamo preso tutto quello che quell'essere ci ha lasciato!» rispose mia madre, subito dopo.

Il nonno, battè alcuni colpi sul volante e bestemmiò nel suo dialetto.

«Papà, per favore, non agitarti... Sono solo oggetti» lo rassicurò la mamma con una mano sulla sua spalla.

Aspettai qualche attimo, prima di unirmi anche io.

«La mamma ha ragione... Non serve agitarsi per quel pezzo di merda!»

Subito dopo aver udito le mie parole, il nonno borbottò qualcosa e si calmò.

Per il resto del viaggio non parlammo più di mio padre.

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