Capitolo 13: Il giorno del compleanno
Nonostante quel litigio fosse stato feroce, la mia richiesta di smetterla, formulata con le lacrime agli occhi, avevano accettato di deporre le loro armi per il giorno del mio compleanno.
Arrivato quel "lieto" evento però non mancarono le ombre su quella giornata.
Il mattino dopo essermi lavato e aver risposto agli auguri mandati da mia cugina, Rebecca, Teresa e infine Asha scesi le scale per andare a fare colazione.
«Quante persone hai invitato per la festa di questa sera?» mi chiese mio padre mentre leggeva un giornale nel salotto.
Qualche secondo dopo averci pensato gli risposi vago.
«Poche.»
«Non avevo dubbi» commentò a bassa voce.
Quel commento al vetriolo mi spinse a reagire con una provocazione.
«Spero tu non abbia scordato il regalo che mi hai promesso, specie ora che la mamma si è st-»
«Manterrò la mia parola. Anzi sai cosa? Te li do ora» mi interruppe irritato.
«Tranquillo. Non ho fretta» dissi con una mano alzata per fermarlo.
Dopo essermi gustato per bene la mia vittoria, mi incamminai per raggiungere la mia camera, salvo poi fermarmi all'ultimo istante alla porta e voltarmi verso di lui.
«Verrà anche Asha, la mia vecchia compagna delle elementari» affermai celere con la consapevolezza di causare una sua reazione.
La rapidità con cui il suo volto mutò fu impressionante. Passò dall'incredulità alla rabbia e infine allo sconforto in pochi attimi.
«Le cose tra di noi sono... si sono... insomma si so-»
«Taci!» mi intimò a denti stretti e sguardo severo.
«Siamo amici ora.»
Mio padre infastidito, scattò all'impiedi e urlò «Finché non farai una delle tue so-»
«Cosa succede?» domandò mia madre con espressione preoccupata, accorsa nel frattempo.
Mio padre con fare combattuto e con una mano sulla fronte, dopo pochi secondi disse: «Mi spiace. Ho esagerato.»
«Credevo che almeno per un giorno saresti stato in grado di non dare in escandescenza.»
«Non l'ho fatto!»
«Mamma, stavamo so-»
«Mirco, ti prego potresti andare in camera tua?» mi interruppe mia madre con una mano sulla mia guancia destra.
«No. Ho bisogno che mi ascolti» risposi dopo aver fatto un passo indietro.
Mia madre stupita dalle mie parole si ritrasse e mi guardò con occhi afflitti.
«Ho detto di proposito qualcosa che a papà non è piaciuto. Scusami» ammisi con titubanza per poi fissare i miei occhi sul pavimento.
«Perché?» domandò mia madre stupita.
«Gli ho detto che ho invitato una ragazza con cui ho brutti trascorsi. La conosci.»
La mamma con espressione turbata e dopo qualche attimo di esitazione disse: «Non posso crederci.»
«Non succederà più» dissi sottovoce.
«Lo spero» affermò mio padre con fronte corrugata e sguardo omicida.
«Verrà anche Rebecca» asserii subito dopo, con la speranza di mitigare il suo umore.
«Rebecca Toscano?» chiese mio padre incredulo.
«Sì» risposi infastidito da quella reazione.
Subito dopo, lui si avvicinò e mise le sue mani sulle mie spalle e con un sorriso sghembo mi chiese: «Quindi... siete amici?»
«Sì, pochi giorni fa abbiamo trascorso un po' di tempo insieme» confessai, per poi uscire da quella stanza.
«Mirco, aspetta!» urlò mio padre, mentre salivo le scale che conducevano alla mia camera.
«Mi spiace pe-»
«Rebecca ti piace?» mi interruppe brusco.
«Come? Io non credo che... non credo siano affari tuoi.»
«Lei per te prova qualcosa?»
«Non ne ho idea, ma... io non... cap-»
«Lei può essere la chiave per il nostro successo. Te ne ho già parlato!» disse interrompendomi con una luce inquietante negli occhi.
Dopo quella agghiacciante affermazione, gli risposi con una minaccia che rimpiansi subito dopo.
«Se non la pianti oggi sarà l'ultimo giorno che passerai da sposato. La mamma non lotterà più per salvare il vostro matrimonio a pezzi.»
Mio padre con i pugni serrati ed espressione furente si avvicinò con lentezza verso di me, salvo poi fermarsi a due gradini e con un dito puntato sul mio petto affermò:
«Stai giocando col fuoco. Ti conviene piantarla o sarai tu ad aver distrutto la nostra famiglia!»
Non contento della mia reazione attonita rincarò la dose
«Soltanto tu! Nessun altro! Capito? Tu! So-»
«Leonardo piantala!» lo interruppe mia madre alla base delle scale.
Pietrificato da quella situazione, non potei fare altro che sentire l'ennesimo litigio dei miei genitori, che si concluse con la promessa di mio padre di impegnarsi nel migliore il suo carattere e di stare buono in quel giorno.
Il pomeriggio trascorse lento e tedioso, tra qualche disegno fatto controvoglia e qualche partita a Fifa sulla playstation.
Era il mio compleanno eppure in casa non si respirava aria di festa, è la colpa era anche mia.
Mi chiesi più volte sul perchè abbia voluto irritare mio padre. Vendetta? Divertimento? O forse solo un tentativo di scappare via da quella situazione?
Desideravo sul serio che Asha venisse al mio compleanno e che avremmo passato tutti una bella serata.
Verso le cinque, mia madre bussò alla porta della mia camera.
«Mirco ho bisogno di parlarti.»
Con titubanza ed estrema lentezza, dalla mia comoda posizione sul letto le feci cenno di entrare.
«Come mai... hai invitato proprio quella ragazza?»
«Voglio lasciarmi il passato alle spalle» risposi risoluto.
«Invece Rebecca? Lo hai fatto per accontentare tuo padre?»
«No!»
Dopo un lungo sospiro e con gli occhi rivolti a terra, lei affermò:
«Voglio chiedere a tuo padre di abbandonare le sue ambizioni politiche. Credo sia l'unico modo per salvare la famiglia.»
Sconcertato da quella rivelazione mi alzai di scatto dal letto con gli occhi sgranati e dopo aver inspirato abbastanza aria le risposi con:
«Non accetterà mai! Così si arrabbierà e basta!»
«Devo provarci» affermò con espressione mesta e gli occhi lucidi, per poi uscire dalla mia camera.
Ero sul punto di gridare, ma mi trattenni per non peggiorare quella giornata.
Pochi minuti dopo, mio padre entrò in camera mia con più foga del solito.
«Ecco i tuoi soldi, spero non li spenderai tutti per qualche quisquilia» affermò con in mano una busta, che gettò sulla mia scrivania, subito dopo aver finito di parlare.
Con espressione confusa provai a rispondergli a tono.
«Anche se volessi queste quis... quiqug-»
«Lascia stare. È una parola complicata da pronunciare, comunque significa qualcosa di poco conto» mi interruppe seccato.
«Perché non lo hai detto subito?»
«L'ho fatto, non è colpa mia se sei ignorante» affermò con tono di superiorità.
«Hai finito di vantarti? Bene, ora puoi sloggiare.»
Mio padre per tutta risposta si mise a braccia conserte e con la testa inclinata di poco verso il basso mi chiese in maniera innocente:
«Si può sapere che ho fatto a te e a tua madre?»
Allibito da quella domanda posta in maniera da farlo sembrare un agnellino indifeso, sbottai.
«Non fai altro che parlare di te e far sentire gli altri degli esseri inferiori! È un miracolo che la mamma non ti abbia ancora scaricato!»
Mio padre, colpito da quella affermazione provò a difendersi.
«Decanto solo i miei successi e comunque non ho mai fatto sentire ness-»
«Scherzi? Ma se non fai altro da quando io... ho fatto quelle cose in quinta elementare» lo interruppi amareggiato e con lo sguardo che vagava da un punto all'altro della stanza.
«Cose?» affermò divertito, per poi rincarare a denti stretti e con una vena pulsante sul collo:
«Tu hai bullizzato una bambina su una sedia a rotelle. Ho dovuto fare i salti mortali per risolvere la cosa!»
Risentito da quella verità così amara, decisi di trincerarmi nel silenzio mentre mio padre mi elencava tutte le cose che aveva fatto per la famiglia.
A un certo punto, stancatosi di elencarmi tutte le sue gesta, cambiò tono.
«Tra poche ore festeggierai con tutti i tuoi amici e Rebecca perciò è meglio se lasciamo stare.»
«Stalle lontano» gli intimai con sguardo truce e pugni serrati.
Dopo pochi secondi dalla mia dichiarazione, trascorsi in un silenzio tombale, lui riprese a parlare.
«Non farò o dirò nulla di disdicevole.»
«Sarà meglio» gli risposi mentre usciva da lì.
Arrivata l'ora stabilita la maggior parte degli invitati era lì.
Teresa e Asha erano vestite in maniera semplice, un maglioncino, un paio di jeans e delle snickers mentre Rebecca si era agghindata con un grazioso completo blu notte e degli stivaletti neri.
Ognuna di loro aveva portato piccoli regali. Rebecca aveva portato una palla di vetro con dentro un simpatico pupazzo di neve, Teresa aveva optato per un profumo, invece Asha per un album A4 per disegnare.
Mio padre e mia madre non ebbero reazioni imbarazzanti nel vedere Asha, anzi recitarono in maniera perfetta la loro parte di genitori con sorrisi e complimenti alle invitate.
Quella sera mangiammo tutti bene, visto che il cibo e la torta erano stati tutti comprati da fuori.
Purtroppo in quella piacevole festa c'era qualcosa di fuori posto, o meglio, qualcosa che mancava.
Mia cugina non era venuta.
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