Marion XIV
Stesa sull'erba, Marion sentì l'umidità della notte farsi strada attraverso la coperta, ma le sue membra erano troppo pesanti perché potesse spostarsi. La corsa disperata lungo la riva aveva prosciugato le sue ultime energie e ora fissava le stelle, lontanissime lucciole oscurate dalla luna piena, nella speranza che scacciassero le ombre che si erano addensate su di lei negli ultimi giorni.
A riscuoterla fu il basso gemito di suo marito, rannicchiato accanto a lei.
«Come vi sentite?» mormorò, chinando il volto verso il suo.
Poi colse un fremito nelle braccia dell'uomo e d'istinto si tirò indietro, raccogliendo le ginocchia contro il petto: quelle mani, così aggraziate e pallide e inerti, potevano animarsi da un momento all'altro e all'improvviso la foresta sembrava protendere verso di lei i suoi rami nodosi e la gelida aria notturna le trafisse la pelle come un coltello. Perfino le stelle sembravano meno luminose.
Roux socchiuse gli occhi, che la luce della luna aveva reso quasi trasparenti, nascondendo il fondo torbido.
«Marion?» borbottò, confuso. «Pensavo fossi Henri, o Étienne. Come hai fatto... Come mi hai tirato giù?»
Marion non lo sapeva.
Ricordava a stento cosa fosse successo dopo che aveva realizzato che suo marito voleva togliersi la vita. Forse l'agitazione l'aveva spronata oltre i limiti del suo fisico minuto, forse era stato l'intervento di Dio. O forse Roux non era così fermo nel suo proposito come aveva pensato quando lo aveva visto sul bordo di quella roccia.
«Cristo!» ringhiò lui, passandosi una mano sul viso. Gli tremarono le spalle, ma Marion non avrebbe saputo dire se per il riso o il pianto.
«Perché sei qui?»
«Le Loup era preoccupato per voi. Non lo è mai, perciò... Immagino che se vi fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato.»
«Le Loup, eh? E tu? Anche tu eri preoccupata per me?»
Prima che Marion potesse trovare una risposta a quella domanda, Serge voltò il viso verso di lei e arricciò le labbra in un ghigno triste.
«No, certo che no, perché dovresti? Non sono stato un buon marito.»
Una parte di lei pensò che dovesse essere ancora molto ubriaco per parlarle a quel modo; ma il suo sguardo era limpido, la sua espressione greve. Era sobrio, ed era sincero come non lo era mai stato. Aver sfiorato la morte sembrava avergli sciolto la lingua più di quanto non avesse già fatto l'incidente al fiume.
«Mi dispiace. Per tutto. Sei una brava donna, accidenti a te! Vorrei che tu non mi avessi mai incontrato.»
«È un po' tardi per questo, non vi pare?» mormorò lei, confusa da tanta schiettezza.
«Che ci vuoi fare... Nella mia vita i pentimenti superano di gran lunga i successi.»
Marion non riuscì a trattenere una smorfia d'insofferenza nell'udire quel tono rassegnato, ma quando nella penombra vide una lacrima scorrere lungo la guancia di suo marito e perdersi nella barba distolse lo sguardo e rimase in silenzio.
Il vento era calato e ora le foglie ondeggiavano sotto la spinta di una brezza più leggera: pareva di essere circondati da centinaia di bocche che parlavano la lingua misteriosa delle piante, un mormorio gentile che si confondeva con lo scrosciare del fiume rabbioso.
"Se ne sono andati" realizzò la donna, osservando la direzione da cui lei e i due amerindi erano venuti. Quell'incontro aveva i contorni sfumati del sogno: non avrebbe saputo descriverli, né ricordava ciò che si erano detti. Rammentava solo una voce cortese che la chiamava madame, un dettaglio talmente bizzarro da restarle impresso nonostante la confusione e il timore.
Quasi contro la sua volontà, i suoi occhi furono attirati verso la roccia a pochi passi da lei: un masso lungo alto almeno sette braccia, coi bordi lisci e scavati dal continuo rollio dell'acqua e la superficie resa scivolosa dall'umidità.
"L'avrebbe fatto davvero?" si chiese. "Avrebbe dannato per sempre la sua anima pur di sfuggire a questa vita?"
Poi le sovvenne che Roux era un assassino che avrebbe comunque bruciato all'inferno per l'eternità e si diede della sciocca.
«Sarebbe stato meglio se mi fossi buttato, nevvero?»
L'uomo aveva seguito la direzione del suo sguardo.
«Come potete dire una cosa del genere?» sibilò Marion, inorridita.
«Non fingere che t'importi, sono pur sempre l'uomo che ti ha quasi ammazzata, e la mia morte avrebbe risolto tutto.»
«Voi delirate.»
«Davvero?»
«Davvero!» sbottò lei, alzandosi in piedi e iniziando a passeggiare avanti e indietro lungo la riva.
«Non mi potrei mai rallegrare della morte di un uomo!»
«Anche se la morte di quell'uomo ti liberasse da un destino che non vuoi?» la incalzò Roux, rizzandosi a sedere sull'erba bagnata di rugiada.
Per un istante, Marion fu tentata di dargli ragione. Per quanto fosse sollevata dal saperlo ancora vivo, a malapena sopportava la vista di suo marito.
"Sarà così per sempre? Per tutti i giorni e tutte le notti che ci separano dalla morte?"
Qualcosa dei suoi pensieri dovette trasparire nella sua espressione, perché Roux sogghignò con il suo solito fare arrogante. Allora un guizzo d'orgoglio e rabbia le incendiò il petto, spingendola a protestare con una veemenza di cui non si credeva capace.
«Non si tratta solo di me o di voi! Avete pensato cosa avrebbe significato la vostra morte per i vostri servitori? O cosa accadrebbe a una vedova in questa terra ostile? Dipendiamo tutti da voi e voi stavate per buttarci in mezzo a una strada – perciò perdonatemi, ma non crederò mai che abbiate tentato di uccidervi per farci un servigio! E Keme... Dite di volerla proteggere, ma eravate pronto a renderla orfana una seconda volta. Come avete potuto far questo a una bambina innocente?»
«Attenta a come parli, donna. Alcune mogli vengono battute per molto meno» ringhiò lui a mezza bocca, irritato; ma la sua voce mancava di convinzione, come il brontolio di un vecchio cane insonnolito, e Marion non fu neanche sfiorata dal pensiero di arretrare.
«Picchiatemi, uccidetemi pure se pensate che vi farà stare meglio, ma questo non vi farà riavere vostra figlia. Voi potete essere un uomo migliore di così: se non volete farlo per me che sono vostra moglie, se non volete farlo per voi stesso... Almeno cercate di esserlo per lei.»
L'uomo si strinse nelle spalle:
«Non so come fare. Yarhata... Lei sì, sapeva sempre quale fosse la cosa giusta da dire, o da fare. Io riesco solo a mandar tutto a puttane.»
Marion trasse un respiro profondo.
"Non si parla in questa maniera al proprio marito!" la rimproverò una voce dai meandri della sua mente. Assomigliava molto a quella di sua madre. Eppure lei non era affatto pentita: aveva bisogno di dire quelle parole tanto quanto suo marito necessitava ascoltarle e sapeva che non ci sarebbe mai stato un altro momento come quello, in cui le stelle e la luna erano gli unici testimoni.
«Ognuno si fabbrica il destino con le proprie mani.»
Roux arricciò le labbra e scoppiò a ridere come un pazzo.
«Pensavo avessi molta fede in Dio e che ti rimettessi a Lui in materia di destino.»
La donna socchiuse gli occhi: suo marito aveva più volte dimostrato di saper apprezzare il suo acume, ma era certa che in quel momento stesse cercando di coglierla in fallo, per poi trascinarla nella sua stessa rete di dubbi e recriminazioni.
«Egli ci indica la strada, ma sta a noi seguirla o meno. Di questo sono piuttosto certa» mormorò, scegliendo le parole con cura.
«Oh, certo, ci indica la via... Una via di sofferenze! Io non volevo che Yarhata morisse, eppure è accaduto. Non avrei mai voluto che Adélaïde impazzisse, non avrei mai immaginato che sarei arrivato a ucciderla. Dimmi, avanti, se davvero sono io l'unico artefice della mia sorte, in che modo avrei potuto impedire tutto questo?»
«In che modo avrei potuto impedire al vaiolo di sfigurarmi?» ribatté lei. «In quale maniera avrei potuto impedire alla Morte di strapparmi via i miei cari uno a uno? Non ho la risposta alle vostre domande, o alle mie: essere liberi non significa certo essere onnipotenti. Non ho neanche la pretesa di sapere perché il Signore ci abbia costretto ad affrontare tanti lutti e avversità.
So tuttavia qual è l'insegnamento che ne ho tratto: la vita è così fragile e mutevole che non sempre abbiamo la possibilità di scegliere. Ed è proprio questo a rendere le nostre decisioni, anche le più piccole e insignificanti, così preziose.»
Il suo corpo fu scosso da un brivido, dovuto in parte al freddo e in parte al turbamento che le stringeva l'animo in una morsa ferrea. Nel silenzio rotto solo dallo stormire degli alberi e dal rombo sordo delle rapide, tacere era un'impresa impossibile.
«Non ho scelto io di ammalarmi e cadere in miseria, ma ho deciso io di accettare il dono del Re. Non era mia intenzione sposarmi, ma ho cercato di trarre il meglio dalla nostra unione.
Ho dubitato di ogni passo che ho compiuto, ma se non l'avessi fatto, se mi fossi lasciata fermare dall'angoscia e dalla paura, sapete dove sarei adesso? Ancora in un convento a Parigi, a vivere della carità di padre Bernard. Io... Io comprendo il vostro dolore, ma non condono le vostre azioni, poiché esse sono dettate solo dalla paura!»
«Io non ho paura di un bel niente!» scattò lui.
«Voi siete solo un uomo e tutti gli uomini hanno paura. È nella natura delle cose. Tuttavia, voi avete Keme a cui badare e a lei non potete voltare le spalle, non importa quanto grande sia il vostro timore. È questa la differenza tra un uomo e un padre.»
Come promesso, ecco qui la seconda parte del dialogo più teso e difficile che io abbia mai scritto 🙈
Sarà il periodo che è un po' così, ma non mi piace per niente ahahah
Anyway, dite che stavolta Serge riuscirà a darsi una svegliata? O le parole di Marion sono cadute nel vuoto? 🤔
Enjoy ❤️
Crilu
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