Primi di gennaio 1670
Ottavio era in camera, eppure esitava di fronte alla porta chiusa: dallo spiraglio in basso capiva che di là c'era luce, ma già una volta era rimasto ingannato. Esitava perciò ad abbassare la maniglia, temendo di rimanere deluso di nuovo.
Maria gli aveva confidato quella mattina che la luna era passata dal giorno prima, ma che aveva atteso di essere sicura per comunicarglielo. Lui l'aveva ringraziata con sufficienza, come se non volesse dar peso a quella notizia; cosa niente affatto vera, ma Ottavio era un buon dissimulatore e l'ultima cosa che desiderava in quel momento era che Maria cominciasse a sospettare qualcosa. Aveva il timore che sarebbe diventata invadente e fastidiosa, che avrebbe fatto osservazioni, domande, e dispensato consigli non richiesti. C'era già Matteo a perseguitarlo e tanto gli bastava: nel corso di quella settimana non aveva fatto altro che blaterare cose che, a suo parere, gli sarebbero state utili. E a poco era servito protestare: volente o no, il duchino aveva dovuto ascoltare le lezioni del maestro.
Adesso era lì, fuori dalla sua stanzetta, con il dubbio se fosse sveglia o già addormentata, come era accaduto una settimana prima. Aveva avuto tempo sufficiente per riflettere e le paure erano state scacciate: era risoluto a compiere l'impresa. Nessun tentennamento sfiorava la sua mente da tre giorni, si svegliava al mattino sereno come un fringuello a primavera e non era più impaziente, perché sapeva che il momento sarebbe arrivato. Ed era arrivato. Eppure, anche questa volta, si trovava di fronte all'uscio di legno rozzamente squadrato da qualche falegname della zona, con gli occhi fissi sulla maniglia. Non voleva entrare e trovarla addormentata per la seconda volta. Non era così tardi, in fondo, e non aveva motivo di pensare che fosse così stanca o che non lo aspettasse con la stessa brama che aveva lui di entrare.
"Basta entrare" si disse appunto, per spronarsi all'ultimo passo che ancora lo divideva da lei.
Accostò l'orecchio alla porta, nella speranza di catturare qualche rumore che potesse dargli una conferma che fosse sveglia e gli evitasse un'altra delusione. Attese, attese a lungo, fino a che il tempo gli sembrò essersi fermato; poi udì un fruscio come di pagina. Tutto il suo corpo fu scosso da un brivido di emozione che prima si irradiò nelle braccia e nelle gambe e su per la schiena, e si concentrò poi sulla nuca e lo lasciò, estatico e sorridente, in uno stato di frizzante beatitudine. Afferrò la maniglia e la abbassò lentamente per non farsi sentire.
*
Galatea era immersa nella lettura del suo libretto di devozioni. Aveva preso l'abitudine di leggerne due o tre paginette ogni sera, prima di dormire. Aveva già concluso il momento di preghiera ed era quasi al termine della pagina prescelta.
Uno schiocco leggero attirò la sua attenzione: non appena ebbe voltato la testa alla propria destra, la porta comunicante con la camera di Ottavio si socchiuse. Abbassò il libretto, interrompendo la lettura. Teneva il segno con il dito indice, mentre la porta si apriva, pian piano, sempre di più. Alla fine, il varco fu sufficiente ad Ottavio per entrare. Galatea gli sorrise. Si erano salutati circa un'ora prima e aveva pensato che sarebbe rimasto nello studio dell'abate a discutere fino a tardi, come le sere precedenti. Indossava ancora il completo di quel giorno ma, verosimilmente, aveva già recitato le sue preghiere. Anche lui le sorrise timidamente, affrettandosi a richiudere la porta dietro di sé.
«Ti ho disturbato?»
«No, non preoccuparti. Ho quasi finito»
Ottavio si volse verso il letto di Maria e la vide addormentata; prese un profondo respiro e si mosse, con le mani dietro la schiena, verso Galatea. Aspettò prima di riprendere a parlarle: «Non c'è fretta - disse - Matteo questa sera mi ha lasciato in pace»
Galatea annuì e gli fece segno di sedere sull'orlo del materasso. Il duchino la assecondò e si sedette accanto a lei.
«Cosa leggi?» domandò, fingendo di non saperlo. Il suo tono si era fatto vellutato come una carezza. Galatea gli mostrò il frontespizio e insieme rispose: «Qualche parola edificante...»
Lui approvò soddisfatto e la osservò mentre terminava di leggere le ultime frasi al lume della candela poggiata sul comodino. Quando ebbe finito, Galatea richiuse il volumetto, lo ripose in un cassetto dello stesso comodino e si volse sul fianco per guardarlo.
«Ti sei scocciato?» chiese con un filo di voce, le mani giunte sotto la guancia destra. Ottavio minimizzò: «Un giorno più, un giorno meno...»
«Scusa se ultimamente non mi sono fatta viva»
«Non hai da scusarti. Si scusa chi fa qualcosa di male, ma tu...»
Galatea sorrise titubante: «Io...?»
«Maria mi ha detto che è passato»
«Mmh mmh» annuì.
Inclinando la testa sulla spalla, il duchino tese timidamente la mano destra, fino a posarla sulla guancia di lei. La accarezzò teneramente con uno sguardo dei più intensi, e Galatea si sentì avvolgere dai suoi occhi. La mano di Ottavio scese sul collo, poi sopra le coperte all'altezza del seno e si fermò in corrispondenza del suo fianco. Lei seguì il movimento con uno sguardo curioso, che guizzò a cercare gli occhi di lui non appena la sua mano si fu fermata.
«Perché non ti corichi un po' qui accanto?» sussurrò. Ottavio riportò l'attenzione sul suo volto e le dedicò un sorriso complice: «Il tuo letto è troppo stretto - osservò - Nel mio saremmo entrambi più comodi»
Galatea rimase senza parole: avrebbe voluto chiedergli di ripetere, di confermarle che davvero avesse detto una cosa simile. Gli occhi di Ottavio erano infinitamente profondi, carichi di desiderio. Sospirò e batté le palpebre velocemente, sentendosi un groppo alla gola, poi bisbigliò con una smorfia: «Non essere impertinente». Mentre parlava, si ritrasse leggermente, costringendolo a togliere la mano. Ottavio gettò un'occhiata indietro, verso Maria; e Galatea approfittò di quella sua distrazione per mettersi seduta contro la testiera del letto. Lui si volse di nuovo a lei un po' più sicuro di sé e domandò il permesso di avvicinarsi; permesso prontamente elargito. La mano di lui tornò nel suo posto naturale, l'incavo del fianco di lei, senza l'ostacolo delle coperte. La sua camicia era sottile e sotto si percepiva il tepore del suo corpo. Il respiro di Ottavio si fece spezzato e veloce, mentre quello di Galatea era impercettibile e lento; aspettava.
«Natale è passato» constatò il duchino, chinandosi verso di lei, forse per parlare più piano.
«Sì» replicò, ma era un assenso a tante cose quello che voleva dare, non certo la banale conferma del calendario. Ottavio colse al volo il suono trepidante della sua voce. Si chinò ancora di più senza mai distogliere lo sguardo dai suoi occhi grigi, quegli occhi grigi che lo chiamavano. Solo all'ultimo spostò l'attenzione sulle labbra leggermente socchiuse, rosse come mai gliele aveva viste. Poi chiuse gli occhi e trattenne il respiro.
Galatea, invece, non si perse nemmeno un secondo di ciò che accadde. Lo vide venire verso di sé, ricambiò i suoi sguardi, gli sorrise appena; poi le loro labbra si sfiorarono dolcemente. Il contatto si fece pian piano più intenso e alla fine anche lei cedette all'emozione e chiuse gli occhi. Da quel momento la passione covata nei mesi precedenti e sempre, in qualche modo, ricacciata in un angolo, prese il sopravvento, li travolse in un abbraccio che li vide stringersi e strattonarsi da una parte all'altra, come in una lotta in cui si sfogano le tensioni prima domate. Galatea gli mise le braccia attorno al collo, Ottavio gliele mise attorno al costato; ma per quanto si spingessero l'uno contro l'altra, nulla sembrava poterli soddisfare.
A un tratto lui si separò da lei, alzandosi di scatto in piedi. Galatea, prima di tutto, pensò che ci avesse ripensato, che si fosse pentito e ora volesse rifugiarsi nella propria stanza; invece Ottavio le tese la mano e, accennando a Maria addormentata, sussurrò: «Andiamo di là!»
Anche lei balzò in piedi, gli diede la mano e lui la tirò dietro di sé, la porta già spalancata.
«Aspetta!» sibilò trattenendolo; si sporse verso il comodino e, con un soffio, spense la candela. Si sorrisero, trattenendosi a stento, poi corsero nell'altra camera. La porta rimase socchiusa.
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Angolo Autrice
Ciao a tutti! Contenti che alla fine qualcosa sia successo? 😶😍
Ho da porvi una domanda e mi piacerebbe sentire il vostro parere prima di prendere una decisione: nel mio delirio ho tentato di mettere giù un capitolo aggiuntivo, non calcolato, che descrive la prima volta dei nostri due personaggi.
Ora, se credete di essere interessati, io sono disposta a pubblicarlo (anche se me ne vergogno un po', perché non è decisamente il mio genere), ma a una condizione: pubblicarlo al di fuori della storia principale. I motivi che mi spingono a questa decisione sono più o meno i seguenti:
1) Non tutti (io, per esempio, il 90% delle volte) gradiscono capitoli come questo. Siccome non voglio urtare la sensibilità di nessuno, soprattutto di chi si è appassionato alla storia, mi sembra più generoso lasciare la scelta al singolo lettore che, informato, andrà a cercare nel mio elenco di opere quella che gli interessa.
2) Non intendo cambiare il rating della storia principale: visto che il capitolo verrà connotato senza esitazioni come "per adulti", la decisione di pubblicarlo fuori dall'opera va incontro ai lettori minorenni (dai grafici mi risulta che siano abbastanza numerosi). Non vorrei che qualcuno, arrivato fino a qui e desideroso di continuare a leggere, si veda obbligato a rinunciare per un solo capitolo forse un po' spinto.
3) Non voglio turbare l'equilibrio della storia, che originariamente era stato pensato senza capitoli di questo tipo.
Se il capitolo incriminato vi piacerà, potrebbe darsi che, sforzando la mia musa, possa comporne altri sullo stesso tema, ma questo rimane a mia discrezione.
Detto ciò, a voi la parola: se siete interessati, comunicatemelo per messaggio privato o per commento a questo capitolo. Giuro che non è eccessivo (ho letto in giro roba molto più esplicita e, credo, meno delicata); rientra comunque nella categoria di "erotico".
Aspetto le vostre risposte, pro o contro indifferentemente! Al prossimo capitolo 😉
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