Fine settembre 1670 pt. 4
Scorse con la coda dell'occhio una figura accanto a sé e, senza volerlo, trasalì, aggrappandosi al braccio di Ferraris. Lui le rivolse uno sguardo allarmato, ma si tranquillizzò dopo aver controllato che il lungo corridoio fosse ancora deserto come quando l'avevano imboccato. Alle guardie aveva mentito, dicendo di voler portare la fidanzata a sgranchire le gambe, perché così, forse, il bambino avrebbe sentito più urgenza di nascere. Invece era proprio il momento di aspettare, di essere pazienti e, soprattutto, prudenti. Per questo, pur non comprendendo la ragione del suo improvviso sobbalzo, le strinse la mano che ancora tratteneva la sua manica con una presa disperata.
«Va tutto bene» le sussurrò, accompagnando le parole con un movimento conciliante all'avanzare. Galatea prese un respiro e si voltò alla propria sinistra, gli occhi bassi e rassegnati.
«Dovresti dirgli che sono qui» le consigliava in quell'attimo la vocina civettuola di Fortuna. Non rispose per evitare a Ferraris un brutto spavento e negò piano con la testa, senza guardarla. Il suo sguardo correva sulle lastre marmoree del pavimento come se ci scivolasse sopra; non notava gli abbinamenti di colori e forme geometriche, non notava nemmeno le macchie che l'esperienza di serva le aveva fatto venire ancora più in odio.
«Avanti, non essere timida – la spronò ancora Fortuna, affiancandola sul lato sinistro – Non sei curiosa di vedere la sua faccia?»
Prese un altro respiro profondo mentre, lentamente, volgeva il viso nella direzione di lui: in effetti, perché nasconderglielo? Ormai aveva confessato i dettagli più scabrosi del suo dono.
«C'è qualcuno qui» sussurrò, temendo il suono della propria voce. Fu Ferraris, allora, proprio come si era aspettata, a innervosirsi, ad aggrapparsi alla sua mano ancora abbandonata sul suo braccio guizzante di muscoli.
«La Morte? Dove?» balbettò, non impaurito, quanto piuttosto elettrizzato. Ovviamente non si aspettava di vederla, ma sperava, insomma, di poter riconoscere un qualche segno della sua presenza.
«No, non lei. È la Fortuna» spiegò, indicandogli dove si trovava. La fanciulla bionda gli dedicò un generoso sorriso che lui non poté nemmeno immaginare. I suoi occhi la trapassavano con aria sperduta e avida, un'aria che la divertì molto. Galatea si sentì quasi offesa dalla sua risata sommessa.
«Non mancargli di rispetto – la rimproverò, traendoselo vicino – Alessandro merita ben altro»
Ferraris tornò a guardarla stupefatto, poiché mai, prima di allora, aveva difeso la sua reputazione manifestando con chiarezza l'affetto che gli portava. Fortuna, invece, ammiccò e si fermò di fronte a lei, costringendola ad arrestarsi sul posto e a frenare anche lui.
«Credi che io lo sottovaluti? – domandò sorniona la ragazzina, rigirandosi una ciocca intorno all'indice – Prova a chiedergli quante volte io l'abbia baciato» la sfidò, spostandosi di lato per poter ammirare Ferraris in tutta la sua prestanza. Con il dito gli accarezzò il bavero della giacca e il mento, quindi le labbra e infine le guance con entrambe le mani. I suoi piedini scalzi si sollevarono dal suolo e Fortuna prese a levitare a poche spanne da terra, sufficienti a permetterle di guardare l'uomo fisso in viso. Poi, senza togliergli le mani di dosso, pregò Galatea: «Digli di guardare verso di me»
Quando Ferraris si fu volto secondo la sua richiesta, Fortuna cominciò a passare il dito sul filo che reggeva la benda sull'occhio: «Chiedigli, per favore, se lo scherzo della ruota gli è piaciuto»
«Parla di uno scherzo della ruota... Chiede se ti è piaciuto» ripeté, fissando lo sguardo su di lui. Lo vide impallidire e, immediatamente, portarsi la mano all'occhio offeso, e singhiozzare. Turbata dalla sua reazione, cercò di confortarlo con la propria vicinanza, premendosi tutta contro il suo fianco. Lui le cinse la vita con il braccio e si piegò a baciarle la fronte, ma il suo orgoglio virile lo fece tornare immediatamente impettito e, in qualche misura, provocatorio. Stringendoglisi ancora di più, Galatea inveì tra i denti: «Cattiva! Che bisogno avevi di prenderlo in giro?»
Fortuna rise, ammirando la fermezza d'animo di Ferraris; sempre levitando davanti a lui, gli si accostò fino a posare delicatamente le proprie labbra sulle sue, avvolgendo la sua testa nelle proprie braccia ornate di veli semitrasparenti.
«Tu non immagini nemmeno, Alessandro, quanto io abbia invidiato le tue donne... Vorrei tanto fare l'amore con te, Alessandro... E la mia stessa natura mi attizza e mi nega questo piacere...» gemette, prima di rinvigorire l'effusione con trasporto. Ferraris, ignaro di tutto questo, tuttavia percepiva una sorta di nuovo stimolo di rivalsa, di rivincita e fremeva dalla voglia di dimostrare il proprio valore, per nulla sminuito dalla cecità di un occhio.
«Oh, sì, Alessandro! – lo esortò Fortuna, eccitata come in un amplesso – Questo è ciò che voglio! Questo è ciò che mi fa godere tanto! Questo fuoco che ti brucia dentro, quest'audacia che non muore mai nel tuo cuore... Quanto vorrei avere un corpo solo per provare questa sensazione su di me, invece che limitarmi a leggertela in questa pupilla profonda come l'oceano, Alessandro!»
Ferraris si riscosse con un ansito sofferto e Fortuna si separò da lui appagata e ulteriormente stuzzicata, mordendosi languidamente il labbro inferiore. Gli concesse un'ultima carezza e uno sguardo magnetico, quindi ridiscese a poggiare le piante dei piedi sul pavimento; con un sospiro di piacere si rivolse di nuovo a Galatea che, relegata al ruolo di pura spettatrice sbigottita, attendeva di sapere cosa avesse in serbo per lei.
«Figlia di mercante – la apostrofò con un fare del tutto diverso, più pacato e solenne – Sono qui per dirti che, se farai la brava, sarò dalla tua parte»
Qualcosa brillò negli occhi accesi di lei e Galatea trattenne il fiato, pensando che avrebbe continuato a parlare; ma Fortuna era di per sé misteriosa ed enigmatica, perciò non si dilungò e rimase zitta a guardarla con espressione soddisfatta.
«E Ferdinando?» domandò con un filo di voce.
«Non voglio nemmeno sentirlo nominare, quell'idiota – sentenziò capricciosa – Questa volta l'ha fatta grossa, questa volta mi ha offesa: non gli basta più la mia condiscendenza? Mi disprezza perché pensa di potersi trovare di meglio? Cosa crede di farsene della Morte, che, detto tra noi è piuttosto frigida, quando non avrà più me, la Fortuna, la regina del mondo? Peggio per lui, ecco cosa dico»
«Ma non sei stata tu a rivelargli come incontrare la Morte?» replicò sospettosa.
«Certo – ammise scontata – Me l'ha chiesto e io gliel'ho detto. Ho infranto una regola fondamentale, lo so, ma credo che questa volta sarà spassoso perché quel patetico imbroglione non ha capito niente!» concluse in un crescendo di divertimento che la portò a ridere fragorosamente. Galatea rabbrividì, percependo una strana sensazione di freddo attorno a sé; anche Ferraris, che aveva seguito il loro dialogo cercando di intuirne il contenuto dalle espressioni della duchessina, sussultò e si guardò attorno disorientato.
«Ora sbrigatevi, però – la richiamò la fanciulla – Le quattro scoccheranno tra poco e tutto dipende da voi. Ah, figliola di mercante, ricordati di dargli il segnale, quando io te lo dirò» alluse infine, evaporando. Galatea scambiò una rapida occhiata con Ferraris e lo invitò a proseguire, camminando il più in fretta possibile. In un bisbiglio confermarono il piano e poi, poco prima di raggiungere la porticina del giardino, si divisero con un ultimo, drammatico, baciamano.
*
Quando si affacciò sul giardinetto, Galatea intravide subito tra i cespugli di rose il profilo del principe. La aspettava osservando il cielo di un azzurro quasi irreale, tanto era puro. Per attirare la sua attenzione senza doversi avvicinare troppo, tossicchiò leggermente e ammutolì subito, non appena Ferdinando si fu voltato a guardarla. Un sorriso allucinato occupava la sua faccia, facendolo apparire più diabolico di quanto non fosse di solito. Galatea non poté reprimere un nuovo brivido che la scosse dalla testa ai piedi.
«Sola, dunque... Per quanto voi, da molti mesi, non siate più sola» constatò il principe indicando il suo grembo.
«Facciamo in fretta – sibilò di malavoglia – Non mi piace trovarmi così distante dalla mia camera»
Non ebbe il tempo di finire la frase che Fortuna fece capolino da dietro un alberello spoglio per metà; la fanciulla guardò prima la duchessina, poi il principe, decidendo solo dopo qualche istante di muovere due passi avanti sulla ghiaia bianca.
«Tutto dipende da quando arriverà la nostra illustre ospite. Fortuna, tu sai l'ora precisa?» rispose Ferdinando, lustrandosi un orologio da tasca sul giustacuore.
La ragazzina rise coprendosi la bocca con la mano: «Non sono io a decidere i suoi tempi» cinguettò con superficialità, accennando dei passi di corsa nella direzione del principe; Galatea la guardò sgomenta, immobile in cima ai due gradini che conducevano al viottolo di ghiaia del roseto. Ferdinando sorrise compiaciuto al vedere la dimostrazione di affetto di Fortuna: sorrise nonostante fosse scocciato dall'attesa. Considerava un enorme spreco quei minuti passati nel silenzio del giardino a rigirarsi una mano nell'altra per l'impazienza; l'arrivo di Galatea, poi, l'aveva in un certo senso infastidito, messo alle strette. Per questo il sorriso si piegò presto in una smorfia di scontento, e la sua voce uscì acuta quando aggredì Fortuna dicendo: «Quando ti chiedo cose importanti, o non sai o non puoi parlare; fa bene la Morte a conservare le parole, a differenza tua che ne sprechi a iosa»
La ragazzina incrociò le braccia sul petto esile e arricciò il naso: «Non ti permettere questa confidenza! – strillò – Sai benissimo che io dico tutto quello che posso dire!»
Chiusa la replica con una linguaccia, Fortuna alzò i tacchi e si diresse spedita verso Galatea, parandosi dietro di lei: «Lei mi tratta bene, molto bene. Tu sei solo uno scorbutico!» aggiunse capricciosa come una bambina viziata. Ferdinando abbozzò un sorriso di compatimento e osservò: «Siete due piccole ingenue, voi due. Ingenue, ma indispensabili – e poi – Vieni qui, Fortuna, fatti dare un bacino» la vezzeggiò, tendendole la mano. La fanciulla non se lo fece ripetere due volte, sgattaiolando fino a lui. Il principe le porse le labbra, ma lei fece la ritrosa e ammise: «Oggi ti sei comportato davvero male, quindi niente bacino» allontanandolo con due dita pigiate contro la sua fronte. Ferdinando incassò il rifiuto e fece buon viso: «Aspetta qualche minuto, quando sarò ancora più potente, e mi richiederai tanti baci quanti io stesso non te ne ho mai chiesti!»
Fortuna rise, ma Galatea percepì dell'affettazione nel suo modo di ridere. Infatti abbandonò il principe e si accostò nuovamente a lei, invitandola a scendere i due gradini. Nel farlo, la duchessina fu investita dai ricordi di un anno prima, quando un'altra persona a lei molto cara aveva percorso la stessa strada infiammato di gelosia.
«Psst! Sta arrivando!» le sussurrò Fortuna all'orecchio. Ferdinando la udì ugualmente e, sbigottendo, si guardò in giro spasmodicamente bofonchiando: «Dov'è?! Dov'è?! Non la vedo!»
Il viso di Fortuna cominciò a impallidire, mentre un paio di occhiaie bluastre si coloravano sotto i suoi occhi lucidi e dilatati. A Galatea bastò una sola occhiata per comprendere che qualcosa stava per avvenire e che una decisione rapida era necessaria a decidere le sorti della situazione.
«Non dimenticare il segnale, Galatea...» continuò la fanciulla, e la sua voce era un poco gracchiante.
«Dov'è?! Dimmelo, Fortuna!» si agitava Ferdinando, allontanandosi verso un cantuccio del giardino.
«Lui dov'è?» bisbigliò Galatea, approfittando della distrazione.
«Lui chi?» ridacchiò l'altra, intrigante.
«Alessandro!» ansimò, lì lì per cadere nel panico.
«Lui? Credevo ti premesse di più sapere di...» insinuò con un sorrisetto ambiguo e malaugurante. Galatea si volse a guardarla, gli occhi grandi e umidi di lacrime: «E' qui?»
«Ha appena salito gli ultimi gradini...»
«Dov'è? Dov'è?» smaniava il principe, troppo lontano per udire i loro bisbigli.
«Tra poco incontrerà il duca... – proseguì Fortuna, la voce sempre più strozzata e le occhiaie più nere – Tempo qualche minuto ci raggiungeranno insieme»
Galatea scosse la testa: «No! – singhiozzò – No, fermali! È troppo pericoloso»
Fortuna, facendo un passo avanti, alzò gli occhi a una delle finestre del piano terreno, il cui davanzale si elevava al di sopra del giardino più dell'altezza di un uomo adulto. Galatea seguì il suo sguardo e vide i vetri socchiudersi piano, il volto di Ferraris comparire nell'apertura.
«Lui è pronto – la avvertì Fortuna, tornando a guardare lei, l'espressione torva che prometteva guai – Ma tu? Tutto dipende da te, figlia di mercante... Perché lui aspetta un tuo segnale...»
La duchessina, impietrita alla vista di ciò che stava accadendo, nonostante avessero concordato il piano solo pochi minuti prima, non riuscì a ribattere. La fanciulla bionda la scrutò digrignando leggermente i denti, che ora apparivano cariati: «Dagli quel segnale, ragazzina. Ora o sarà troppo tardi» rantolò, quasi sfidandola. Galatea non ebbe la forza di sfilare il fazzoletto di pizzo dalla manica per sventolarlo in alto; per lo meno, non ebbe la prontezzadi farlo subito. Fortuna ringhiò adirata e, senza darle il tempo di realizzare, le voltò le spalle e cominciò a correre verso Ferdinando. Proprio allora, ripresasi, Galatea attuava il segnale e Ferraris si gettava giù conineguagliabile sprezzo del pericolo. Fortuna si volse prima dello schianto, immobilizzandosi sul posto e impedendo alla duchessina di vedere cosa fosse accaduto. Il suo aspetto era quello sciupato di un istante prima, ma le sue labbra disegnavano un sorriso malvagio: «Non dimenticarti, figlia di mercante – le confidò sottovoce – Che la Morte dovrà pur venire per qualcuno... Chissà per chi!»
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Chiedo scusa per il ritardo, ma ieri non ho nemmeno avuto il tempo di accendere il computer! Avviso già di stare tranquilli, perché anche domani sarà una giornata piena e non sarò praticamente mai a casa. Arrivederci a giovedì!
Lucille <3
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