Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Aprile 1670 *

Non capitava raramente che al palazzo di Donna Isabella giungessero ospiti di passaggio; capitava ugualmente spesso che si trattasse di ospiti invitati esplicitamente dalla padrona di casa, mentre erano sporadiche le visite a sorpresa. Quella di quel giorno era una di queste. Galatea – che si era data il nome di Teresa, per non attirare troppi sospetti – stava scopando il pavimento quando vide entrare un uomo di quarant'anni, ben vestito e con una lunga parrucca, a passo ben disteso ed elegante. Indossava un completo che doveva essergli costato un occhio della testa e, a volerla dire tutta, l'uomo portava una benda giusto sull'occhio destro. Scoprì in seguito che si trattava di un nobiluomo che in gioventù era stato un promettente militare; l'incidente aveva nuociuto alla sua carriera, ma non alla sua fama di persona a modo e affascinante. Capì subito che, nonostante fosse ben più anziana di lui, la padrona doveva covare un fievole sentimento nei suoi confronti. D'altro canto, non le era del tutto indifferente e, se non fosse stata costretta a recitare la parte della serva, avrebbe fatto volentieri la sua conoscenza solo per godere un po' di quel temperamento misterioso e accattivante.

Forse l'avrebbe fatto anche con un altro scopo abbastanza ovvio: avere notizie. Benché i giorni passassero tranquilli, Galatea non si rassegnava a vivere in balia della sua salvatrice, visto che non si stava dimostrando affatto ben disposta: la situazione era sotto controllo, suo marito era vivo e libero, il processo tardava a cominciare, dando l'impressione che non dovesse cominciare mai... Cosa mancava affinché la vecchia nobildonna decidesse di lasciarla andare? Come se ciò non fosse bastato, il trattamento che le veniva riservato rasentava ormai il disprezzo: i suoi superiori, uomini o donne indifferentemente, si sentivano in dovere di rimproverarla, di caricarla di lavoro e di lamentarsi, qualora qualcosa non seguisse le loro disposizioni. La padrona, poi, aveva preso il vizio di parlarle con una supponenza tale da farla arrossire di stizza ad ogni parola. Insomma, se fosse stato per lei, Galatea sarebbe già scappata a gambe levate. Ma la sua condizione era troppo particolare per permetterle la fuga: la sua stanza era in soffitta e la soffitta, durante la notte, era controllata da servi istruiti allo scopo di non far entrare o uscire nessuno senza una ragione valida. Durante il giorno, le sguattere si controllavano a vicenda, da un lato per garantire un buon lavoro e dall'altro per pura e semplice gelosia. Rivelare la propria identità? Sarebbe stata una mossa almeno azzardata, se non proprio controproducente. Avrebbe attirato l'attenzione, avrebbe attirato l'avarizia di chi le stava intorno... Non avrebbe fatto altro che aizzare Ferdinando a una reazione. E Galatea non sapeva che Ferdinando aveva lasciato la corte.

«Teresa! Il pavimento non si spazza da solo!» la redarguì la sua superiora, avendola trovata ferma in piedi con la scopa in mano e un mucchietto di polvere tra i piedi. Galatea si riscosse dai pensieri turbinosi di quella mattina; l'affascinante sconosciuto non l'avrebbe distratta più con il suo alone di mistero.

Non avrebbe mai potuto immaginare che questi fosse lì solo ed esclusivamente per trovare lei. Il suo nome era Alessandro Ferraris ed era tanto affascinante quanto scaltro. La furbizia e la capacità di adattarsi a diverse contingenze l'avevano fatto diventare una delle spie più insospettabili del ducato e questo contribuiva ad accrescere il suo orgoglio e il desiderio di nuove sfide. La sua dote era tenuta in gran conto e per questo lo si inviava là dove ci fosse estremo bisogno di discrezione e delicatezza. La maggior parte del tempo, perciò, Ferraris non si trovava coinvolto in nessun tipo di affare e viaggiava, collezionava conoscenze e favori, sicuro di poterne fare buon uso in futuro. D'altro canto, molti litigavano per averlo dalla propria parte perché, all'apparenza, Ferraris non era che uno dei consiglieri militari del duca e uno dei più influenti uomini della capitale. Il fatto che avesse un occhio solo ingannava l'opinione di chi lo giudicava un altezzoso dedito alla moda e alle donne; questi ultimi erano, in fondo, gli invidiosi.

Donna Isabella era profondamente onorata della visita. Sapeva che si trattava di un'ottima occasione per far parlare di sé a corte e offrì all'ospite e ai suoi accompagnatori un soggiorno degno di un re: dilapidò le proprie ricchezze in pranzi e cene all'altezza del palato di un sofisticato gentiluomo abituato a essere servito bene; mise a disposizione le camere migliori, la servitù di più lunga esperienza; chiamò sarti e ogni genere di persone che potessero risultare gradite. La prudenza, però, le consigliava di evitare a Galatea di scambiare anche due innocenti parole con lui, nel timore che potesse rivelargli chi fosse. Per questo motivo la fece incaricare delle faccende più umili, con la scusa dell'ultima arrivata. Nessuno aveva avuto da ridire.

Alessandro Ferraris non ebbe nemmeno la possibilità di notare la figura fugace della giovane serva con la cuffietta bianca e i capelli corti; la vedeva da lontano, sempre presa in qualche faccenda, trattata in modo da non potergli sollevare il minimo sospetto. Cionondimeno, Ferraris era lì con il preciso incarico di ritrovare la moglie del duchino ed era risoluto a spendere tutte le proprie capacità per raccogliere qualche indizio sulla sua presenza o, almeno, sul suo passaggio da quelle parti. I primi tre giorni furono densi di attività; il quarto si concesse lunghe passeggiate, inframezzate da amabili conversazioni al tavolino, approfittando di un clima temperato molto gradevole. Al quinto giorno decise di cambiare tattica e di spiazzare la padrona di casa per cavarle le informazioni necessarie.

Optò per coglierla impreparata nel momento in cui meno si aspettava di essere posta sotto interrogatorio: la cena. Giocavano a suo favore la stanchezza della giornata, la preoccupazione per il perfetto svolgimento del programma, la sorpresa.

Afferrando al volo l'opportunità offerta da un'allusione velata al duca Antonio, uno dei tanti commenti che si suole fare a tavola, osservò superficialmente: «E dire che la sorte di suo fratello non è meno penosa: dopo un viaggio scomodo, dopo la minaccia del processo, nemmeno il piacere di scaldarsi nell'abbraccio di sua moglie»

Un'osservazione gettata brutalmente in pasto alla derisione generale, e in effetti questo suscitò: un coro di risolini e mormorii divertiti, da cui non si astenne nemmeno Donna Isabella. Anzi, la padrona, con un'occhiata ammiccante, replicò: «La corte è prodiga di fanciulle atte allo stesso scopo»

Ferraris ammiccò di rimando e sollevò la coppa per berne un sorso; si fermò con la mano a mezz'aria, fingendo di aver appena ricordato qualcosa, e posò nuovamente la coppa sul tavolo.

«Il vino non è di vostro gradimento?» domandò Donna Isabella, irrigidendosi.

«Assolutamente! È forse uno dei migliori che io abbia mai assaggiato – la blandì, poi si sfiorò la fronte e riprese il cucchiaio con cui stava sorbendo il brodo dal piatto d'argento – Pensavo semplicemente ai casi della mia vita, che mi hanno offerto tante donne, ma mai una moglie»

Donna Isabella annuì e rispose: «La mia sorte è simile alla vostra; per quanto mi riguarda, non posso dire di essere la moglie di nessuno»

Far breccia nelle debolezze dell'interlocutore era tanto importante per Ferraris quanto lo era stato, a suo tempo, aprire un varco nello schieramento nemico. Dal tono disinteressato della signora di fronte a sé capì che i sentimenti non gli avrebbero concesso molte possibilità. Doveva prestare attenzione a dosare le parole in modo da non far intendere di sapere qualcosa circa il rapimento della duchessina. E questo rischiava di riuscirgli quasi impossibile.

«La vostra sorte non mi pare meno invidiabile. Forse, vi dirò, siete voi ad essere invidiata» disse, tentandola nella vanità.

«Dite?» gli fece eco, soffermandosi più a lungo a guardarlo.

«Dico e confermo: molte mogli si sentono costrette e vorrebbero scappare da tutto, marito, famiglia, obblighi e limitazioni... Chissà che la duchessina non abbia fatto altrettanto, credendo di approfittare della miglior situazione che si possa prospettare a una giovane moglie scontenta: marito lontano, già promesso al boia; genitori anch'essi lontani, in una cittadina di provincia; parenti pronti ad allungare le mani su di lei. Non nascondiamoci, madama, la triste condizione delle nubili e delle giovani vedove. Da uomo, da fratello io vi dico che il bene di una donna è lasciarla così com'è e farle fare ciò che vuole. Voi siete l'esempio che questo è possibile mantenendo intatto onore, bellezza e ricchezza» argomentò, dandosi un tono di libertario.

«Fossero tutti come voi, gli uomini sarebbero più contenti e le donne più disponibili» concordò Donna Isabella.

«Io davvero credo improbabile che quella fanciulla sia stata rapita» considerò Ferraris con disinvoltura, prendendo un lungo sorso guardando da un lato, come sovrappensiero.

«Rapita?» domandò l'anziana padrona, pretendendo di non sapere a cosa si riferisse.

Ferraris annuì inghiottendo un sorso di minestra: «Questo è ciò che si dice a corte negli ultimi giorni: rapita, sentite questa, perché a detta dell'abate del monastero della Vergine stellata non si troverebbe nel rifugio preparato per lei... Quanto sono scaltri i monaci, quando devono fare i propri interessi!» concluse ridendo.

«Devo convenire con voi, signore. Sono le sciocche a farsi rapire. E quasi sempre lo vogliono! Probabilmente era l'amante dell'abate, che l'ha presa e portata via. Così, mentre loro la cercano in ogni dove, quei due possono divertirsi senza preoccupazioni» rincarò lei.

Ferraris intrecciò le dita sotto al mento e, con aria pensierosa, le andò dietro: «Molto probabile, in effetti. Una mercantina, figlia di mercante, saprà certo dove e a chi appoggiarsi; un abate non sarebbe da meno di lei»

«Mentre il povero marito è solo a rischiare la testa! – esclamò Donna Isabella fuori di sé – Se è vero, quella fanciulla non ha un briciolo di rispetto per nessuno»

«D'un tratto, sembra che ogni borgo abbia la sua duchessina scomparsa misteriosamente nel nulla – affondò Ferraris, ostentando scetticismo – La gente vede quello che vuole, quando è impressionata dalle ultime notizie. Pensate: c'è chi dice di averla vista anche da queste parti! Ma io non ci credo...»

Donna Isabella impallidì leggermente e forse cominciò a sospettare qualcosa. Ferraris, però, non diede a pensare di tenere in qualche conto l'argomento di cui si discuteva, chiedendo cortesemente un altro sorso di quel buon vino e allungando la mano a un pezzo di pane da intingere nella coppa. Non disse altro a riguardo per tutto il resto della cena, bastandogli il sottile cambiamento di colore che non era sfuggito al suo occhio attento. Donna Isabella si rilassò in fretta, presto dimenticò perfino di aver parlato della duchessina,e si coricò, quella sera, come se nemmeno la conoscesse. Ferraris invece aveva avuto la conferma che cercava: Donna Isabella sapeva qualcosa. Si trattava solo di scoprire cosa.    

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro