Chào các bạn! Vì nhiều lý do từ nay Truyen2U chính thức đổi tên là Truyen247.Pro. Mong các bạn tiếp tục ủng hộ truy cập tên miền mới này nhé! Mãi yêu... ♥

Speranza

CAPITOLO 3

L'anno successivo, John tornò alla tenuta insieme all'amministratore. Era tempo di prepararsi a prendere il suo posto. Mancava poco meno di un anno al termine degli studi, perciò non c'era motivo di rinviare.
Sir Mortimer era un uomo saggio, che amministrava da tempo i beni del duca, in modo ineccepibile. Avrebbe seguito di persona l'avviamento del giovane ai propri doveri. Non c'erano speranze per il duca. Una serie di luminari l'aveva confermato, perciò, allo scadere dei dieci anni di infermità fisica e mentale, la camera dei lords avrebbe nominato John Seymour nono duca di Somerset.
Il ragazzo era agitato. Non aveva ancora compiuto diciannove anni. Sperava di poter godere della propria libertà almeno per un biennio, prima di accollarsi quel fardello. Ma, ahimè, non era possibile. Si immerse nei propri doveri con diligenza, nonostante l'animo furioso. I cavalli erano la sua unica soddisfazione. Si sarebbe dedicato a creare una scuderia di campioni. Zeus era troppo vecchio per competere, quindi l'aveva assegnato al ruolo di stallone da riproduzione.
Studiò un piano che gli permettesse di fare ciò che più amava, senza sottrarsi ai suoi obblighi. Sir Mortimer avrebbe continuato ad amministrare la tenuta, insieme a lui naturalmente, mentre la scuderia cresceva. Passava quindi la mattina con i suoi amati animali e il pomeriggio con l'amministratore. Vedeva il dottor Simmons tre o quattro volte a settimana. S'informava sulla condizione del paziente, ma quando il medico cercava di menzionare la madre, John chiudeva il discorso e se ne andava. Per lui era morta molto prima del duca. Si riteneva orfano.

Fu avvicinandosi al recinto, che la vide. Amy stava per raggiungere Apollo, il purosangue che John aveva portato con sé da Harrow. Con lui, avevano vinto parecchie gare. Da lì, l'idea di creare una selezione di campioni. Apollo non era mansueto e l'unico essere umano che sopportava era il suo padrone. Vedendo la ragazza giungere allo steccato, John iniziò a correre.
Amy guardò quel meraviglioso animale. Non ricordava di averlo mai visto.
"Ciao, orsacchiotto! Sei davvero bellissimo! Guarda, cosa ho qui per te!"
Porse un pezzo di mela al cavallo che la fissava, sbuffando con diffidenza.
"Se non lo vuoi, sono certa che qualcun altro sarà felice di mangiarlo".
Dall'altro lato del recinto, Pegaso nitrì tanto forte da farla sorridere.
"L'hai sentito?" bisbigliò. "Se fossi in te, lo prenderei in fretta, prima che venga a rubartelo!"
Apollo non se lo fece ripetere. Mangiò dalla sua mano, mentre Amy gli accarezzava la criniera.
"Bravo, sei proprio..." ma non finì la frase. John l'aveva presa da dietro e tirata via dalla staccionata, talmente in fretta che la ragazza era rimasta senza fiato.
"Sei impazzita, mocciosa? Volevi farti staccare una mano?"
Amy si divincolò.
"Ancora, con questa storia? I cavalli non mi hanno mai fatto niente!"
"Allora, sei stata fortunata! Pegaso non sarà irascibile come mi hanno detto, ma Apollo lo conosco da sempre. Nessuno può avvicinarlo, tranne me!" le urlò contro.
La ragazza incrociò le braccia.
"Quindi, è stato un caso che abbia accettato la mia mela e le mie carezze?"
John la fissava. Le braccia conserte, sotto al seno, non facevano che sottolinearne la pienezza. Si sforzò di guardarla in faccia, ma fu un errore.
Era stata una bambina carina, con guanciotte piene, occhioni enormi e la bocca a forma di cuore. Per questo, la servitù la trattava come un bambolotto. L'aveva vista l'anno prima e ne era rimasto colpito. Ma ora! Doveva avere quasi diciassette anni, ed era sbocciata! Dire che fosse bella, era troppo poco. C'era qualcosa in lei che non aveva mai visto in nessun'altra, anche se non capiva cosa fosse. Per un attimo, si fissarono senza parlare.

Amy aveva incontrato John, l'ultima volta, l'anno precedente. Aveva evitato di tornare, quando lui era alla tenuta, dopo il modo cui era stata trattata.
Non che l'avesse offesa o ferita volontariamente ma, che si fosse appartato con Bea, le aveva fatto capire di non contare niente per lui, perciò neanche lui avrebbe contato niente per lei. Ora, erano uno di fronte all'altra. Non fu facile per la ragazza ripetersi che non provava nulla. Era ancora più bello e forte dell'ultima volta. Non voleva tornare a pensare a lui in quel modo. Ci aveva fantasticato per anni, rimanendo terribilmente delusa. E poi, anche se non lo aveva più rivisto al villaggio, sentiva parlare continuamente delle sue storie d'amore con ogni ragazza dei dintorni. La prima era stata Bea, che non perdeva occasione per vantarsi. Poi la figlia del fornaio, Rosi, quella del lattaio, Dora e tante altre che non le avevano mai rivolto la parola, se non per deriderla. Il fatto che fosse stata cresciuta da Carrie, ritenuta da tutti una ritardata, le aveva conferito il titolo di tonta. Che poi le madri di queste ragazze la usassero, come esempio di bravura e serietà, non aveva aiutato la sua causa. Sapeva che John ci provava con tutte, ma non l'aveva mai fatto con lei, quindi, perché tormentarsi? Oltretutto, chi voleva un libertino, pronto a passare da una ragazza all'altra?

L'arrivo di Pegaso li riportò al presente. Il suo nitrito fece voltare i ragazzi. Amy si avvicinò, porgendo la frutta all'animale.
"Ehi, cucciolone, non sarai geloso? Lo sai che non ti trascurerei mai!"
John, ancora frastornato, la guardava coccolare quell'enorme frisone, come fosse un cagnolino. E lo baciò! Di nuovo!
Dio, quanto odiava quella mocciosa e i suoi baci! Apollo si avvicinò, pretendendo lo stesso trattamento.
"Anche tu, Apollo?! Non posso crederci!" gridò il ragazzo, buttando in aria le mani. Amy si voltò, sorridendo.
"Quindi, è questo il temibile Apollo!"
John davvero non capiva. Pegaso era irrequieto e imprevedibile con gli stallieri, ma con Amy diventava mansueto. Non lo conosceva troppo bene, ma Apollo sì! Non era mai stato docile con nessuno!
"Hai messo qualche sedativo nelle mele?" Questa fu l'unica spiegazione a cui pensò, ma anche la cosa più sbagliata da dire. Amy avvampò di rabbia:
"Come osi accusarmi di una cosa simile! Tu... tu... tu, brutto arrogante, villano, insensibile, zotico, incivile! L'unico calmante che ho mai dato ai tuoi cavalli si chiama gentilezza, affetto, amore! Oh, ma tu non conosci nessuna di queste parole, non è cosi? Beh, è un problema tuo! Per me, puoi andartene all'inferno!"
Non si fermò nemmeno a guardarlo, mentre gli lanciava contro i pezzi di mela e se ne andava.
John capì di averla offesa, ma tutta quella fiumana di emozioni l'aveva travolto, rischiando di farlo annegare. L'unico modo che conosceva per difendersi era attaccare, così aveva fatto. Raccolse gli spicchi di frutta. Erano tagliati con una precisione impressionate, affinché avessero tutti la medesima grandezza. Non avrebbe fatto preferenze, non era da lei. Amy Simmons era bellissima, dentro e fuori, mentre lui... quella mocciosa lo faceva sentire inferiore, incompleto, difettoso e non poteva permetterlo. Aveva combattuto queste emozioni fin dai primi anni di vita. Non ci sarebbe cascato di nuovo. Era riuscito a tenerla lontana per nove anni, lo avrebbe fatto ancora, per sempre!

Amy non tornò più alla tenuta. John vide i suoi amati cavalli soffrirne la mancanza. Erano nervosi, agitati, frustrati quanto lui. Ignorò per giorni la situazione, finché Pegaso non decise per tutti. Il calesse del dottore se ne stava andando. Il frisone aveva atteso, invano, l'arrivo della ragazza. Quando capì che non sarebbe venuta, saltò la staccionata e seguì il calesse.

John fu avvisato dell'accaduto, solo mezz'ora dopo. Senza perdere tempo, sellò Apollo e si diresse a casa Simmons. Appena oltre il boschetto, vide Amy camminare, seguita da Pegaso. Quando lo scorse, la ragazza alzò il braccio in segno di saluto. Sussurrò qualcosa al cavallo e si voltò per tornare indietro. Pegaso la seguì e la costrinse a fermarsi.
John la sentì ridere e qualcosa si mosse nello stomaco. Scese da cavallo e la raggiunse. Fu lei, però, a parlare per prima:
"Spero tu non voglia accusarmi di averti rubato il cavallo! Ti assicuro che è arrivato a casa seguendo mio padre! Te lo stavo riportando!"
John era incantato dallo sguardo indignato, le guance rosse per la lunga camminata e i capelli scompigliati.
"Perché l'hai riportato a piedi? Avresti potuto cavalcarlo, sarebbe stato meno faticoso" la rimproverò.
Amy scrollò le spalle.
"Mi piace camminare."
"Per sei miglia?" John sapeva che stava mentendo, "Non avrai paura di cavalcare?"
Lei alzò il mento:
"Io non ho paura di niente! Solo... nessuno me l'ha insegnato e mio padre dice che non serve, so portare il calesse!"
John la fissava, accigliato.
"Non sei mai salita su un cavallo?"
La ragazza negò, scuotendo la testa, poi ordinò:
"Prendi Pegaso, io vado, ciao."
Non aveva ancora finito di parlare, che si sentì sollevare. John l'aveva messa in groppa ad Apollo e ora stava montando dietro di lei.
"Cosa stai facendo, John?! Oddio, siamo talmente in alto! Se cado e muoio sarà solo colpa tua!" Farneticava, stringendosi alle braccia del ragazzo.
John scoppiò a ridere. Passandole un braccio intorno alla vita, mentre Apollo si agitava, le intimò:
"Smettila di muoverti, fai innervosite il cavallo! Stai ferma, mocciosa! Non ti lascerò cadere, fidati di me!"
Per un momento, i loro sguardi si scontrarono. Amy era ancora arrabbiata con lui e John... John era arrabbiato con se stesso. Quando Apollo cominciò a muoversi, la ragazza si guardò intorno. Era tutto diverso, da lassù. Istintivamente, artigliò il braccio che la teneva stretta.
John la sentiva tremare ma il sorriso, che aveva stampato in faccia, lo rassicurò.
"Ti tengo!" le sussurrò all'orecchio."Se ti fa piacere, potrei insegnarti io."
Amy si girò di scatto, colpendogli il naso con la fronte e facendo scartare Apollo. Si guadagnò uno sguardo severo e un'imprecazione.
"Scusa, non credo di aver capito bene. Ti sei offerto di insegnarmi a montare?"
Lui scrollò le spalle.
"I cavalli sentono la tua mancanza, sono animali molto sensibili. Potresti venire con tuo padre, io ti darei delle lezioni e tu porteresti le tue mele."
"Le mele avvelenate, vuoi dire?" Amy non riuscì a trattenersi.
"È difficile comprendere come tu riesca a rendere docili animali così scontrosi! Era una supposizione accettabile."
"No! Non lo era! Non ho bisogno di pozioni per conquistare qualcuno!" s'infiammò la ragazza.
"Sì, questo lo so!" brontolò lui. "Bastano i tuoi baci!"
Amy lo fissò incredula.
"Io non uso i baci per... blandire! Sono gesti affettuosi!"
"Se lo dici tu!" ribattè sarcastico.
Nessuno dei due aggiunse altro.

John stringeva quel corpo sinuoso e mille fantasie prendevano forma nella sua mente. Gli sembrava così naturale stringerla a sè, come se quello fosse il suo posto. E questo lo irritava.
Amy si teneva stretta al braccio del ragazzo, come aveva sognato di fare per anni. Insieme, sullo stesso cavallo che li avrebbe condotti verso la felicità. Ma i sogni finiscono all'alba e lei lo sapeva bene. Eppure, sentiva che quello era il proprio posto, le sembrava così giusto.
Quando arrivarono a casa Simmons, trovarono il dottore e Alvin ad aspettarli. Il valletto si fece avanti e aiutò Amy a scendere. A John non sfuggì lo sguardo adorante del giovane servitore.
"Che ci fai qui?" gli chiese, brusco.
"Milord, ero al villaggio e ho pensato di passare a salutare il dottor Simmons e la figlia. È stato il dottore a informarmi che uno dei vostri cavalli l'aveva seguito fino a casa. Stavamo appunto pensando di venire a prendere Amy con il calesse, quando vi abbiamo visti arrivare." Poi, rivolgendosi alla ragazza, aggiunse: "Stai bene?"
John sapeva che Alvin era molto affezionato alla famiglia Simmons, ma non l'aveva mai visto al di fuori della tenuta, senza la livrea. Doveva ammettere che era un bel giovane, non ancora trentenne e molto galante. Questa constatazione lo irritò ancora di più.

Amy riteneva Alvin un buon amico, molto protettivo nei suoi confronti.
"Sto bene, grazie Alvin". Innocentemete, lo baciò sulla guancia.
Il giovane valletto gongolava ogni volta che quella bella ragazza gli dimostrava affetto. John strinse i pugni, una strana sensazione di possesso lo invase.
Carrie scese le scale.
"Amy, vuoi sapere cosa ti ha portato Alvin, questa volta? Guarda! Zuccherini al miele!" esclamò la donna, prendendone uno dal sacchetto e infilandoselo in bocca.
"Sono buonissimi, i tuoi preferiti!" continuò, con la bocca piena. Amy sapeva che non c'era mancanza di rispetto nei modi di Carrie, lei era semplicemente così.
Fu John, non conoscendo la situazione, a commentare.
"Se li ha portati per la signorina, perché li mangiate voi?"
Carrie non capì il rimprovero, ma osservò per un attimo il ragazzo. Sgranando gli occhi, si girò verso la ragazza.
"Amy?! Ma, è uguale a quello dei tuoi disegni! Oh, ne sono sicura. È proprio lui!"
Amy arrossì fino alle orecchie. Poi, guardando John che la fissava curioso, si affrettò a mentire. "Il cavallo, sta parlando del cavallo!"
Carrie si avvicinò alla giovane.
"Sì, è quel cavallo, ma anche..."
Amy non la lasciò finire. In modo poco educato, le mise in bocca una caramella.
"Ti piacciono cosi tanto! Perché non ne prendi un'altra!" asserì, trascinandola dentro casa.
"Arrivederci, signori, abbiamo molto da fare" esclamò, chiudendo la porta.
I tre uomini si guardarono per un momento, confusi. Alvin sorrise al padre della ragazza, il quale si affannava a giustificare il comportamento insolitamente maleducato della figlia. Lo rassicurò, in fondo la conosceva da sempre.
"Sicuramente aveva qualcosa di importante da fare."
Solo John rimase in silenzio. Quella strana signora, Carrie, se aveva capito bene, non si riferiva ad Apollo, ne era sicuro. Amy aveva fatto un bellissimo ritratto a Zeus. John l'aveva incorniciato. Lo teneva nella sua camera, al dormitorio. Ma Apollo non era rimasto abbastanza nel Somerset, perciò non poteva trattarsi di lui. Si guardò alle spalle e vide Pegaso. Che intendesse quel cavallo? Eppure, il ragazzo aveva la certezza che si riferisse a lui. Amy l'aveva ritratto! La gioia di quella scoperta lo fece sorridere. Non le era indifferente, come voleva fargli credere. No davvero. Prese una corda dalla sella, legò Pegaso, salì su Apollo, salutò con un cenno del capo e, sempre sorridendo, tornò alla tenuta.

Aveva giurato di tenerla lontana, di non permetterle di avvicinarsi, per evitare di tornare nel baratro della sua infanzia ma l'idea, che lei lo avesse addirittura ritratto, gli aprì gli occhi. Forse, non lo riteneva sbagliato! Magari, gli piaceva così com'era. La conosceva da sempre, come lei conosceva lui! Era l'unica ad aver visto la sua schiena devastata, ad aver curato le sue ferite. Sapeva di essere danneggiato, ne era certo ma, per la prima volta, sperò che per Amy non fosse così.

Come promesso, John insegnò alla ragazza a cavalcare. Scelse una docile giumenta non troppo alta, per consentirle di salire e scendere da sola, anche se non perdeva occasione per aiutarla. Ogni scusa era buona per toccarla! Gli piaceva ogni giorno di più. Non solo per il modo in cui si impegnava, ma per l'entusiasmo con cui affrontava ogni sfida. Non si scoraggiava mai. Se John la prendeva in giro per i suoi errori, non si offendeva, anzi si sforzava di migliorare, proprio come da bambina.

Dopo due settimane, Amy sapeva andare al piccolo galoppo. Era felice come non mai. Scese da Ebe, la bellissima cavallina bianca con cui si allenava. L'abbracciò ridendo. John si avvicinò per complimentarsi, ma s'impietrì quando lei si tuffò tra le sue braccia. Lo costrinse ad abbassare la testa, per premergli le labbra sulla guancia.
"Grazie!"
Il sorriso che gli donò fece scalpitare il suo cuore. Aveva ricevuto un bacio da Amy Simmons! Con lo sguardo fisso in quegli occhi scuri, luccicanti di gioia, non riuscì a trattenersi. La strinse a sé e la baciò, a sua volta.

Amy sentì le labbra di John sulle proprie. Per un momento non seppe cosa fare. Non era la reazione che si aspettava. Si dimenò, ricordando tutte le ragazze che aveva baciato. Pensava che fosse come loro? John la lasciò andare, continuando a guardarla intensamente. Amy fece un passo indietro.
"È questo che vuoi, in cambio delle lezioni? Se erano questi i tuoi piani, mi dispiace deluderti, ma io non sono così!"

John indietreggiò, come se l'avesse schiaffeggiato. Poi, la furia lo invase.
"Se non sbaglio, mocciosa, sei stata tu a baciarmi per prima!"
Amy spalancò gli occhi.
"Ti ho baciato una guancia! Era un gesto affettuoso, non un invito! Nessuno ha mai ricambiato il mio affetto in questo modo!"
Il rossore le copriva le guance, mentre cercava disperatamente di negare che, in realtà, aveva sognato mille volte che lui la vedesse come una ragazza desiderabile.
"Lo spero bene! Avanti, mocciosa, ammetti che lo volevi quanto lo volevo io!"
Anche John era irritato. Aveva guardato, per anni, quella ragazzina dispensare baci a tutti, tranne che a lui e, quando l'aveva finalmente fatto, non era riuscito a trattenersi.
"Solo perché sei bello, pensi di poter avere ogni ragazza! Ebbene ti sbagli! Io non sono come le altre!"
Quando lo vide sorridere, s'infuriò ancora di più.
"Cos'è che ti fa ridere? Mi credi anche tu una tonta?"
John scuoteva la testa, mentre si avvicinava.
"Trovi che sia bello?"
Amy cercò di allontanarsi, ma lui le prese i fianchi, avvicinandola a sé.
"Tu sei bellissima, mocciosa!"
La ragazza lo fissò corrucciata.
"Smettila, di chiamarmi così! Non sono più una bambina!"
"L'ho notato!" rispose serio, stringendola un po' di più.
"Ho intenzione di baciarti, gattina, quindi rinfodera gli artigli."
Non le lasciò il tempo di replicare. Scese sulle sue labbra lentamente, godendo dell'attesa del premio finale. Quando si toccarono, furono entrambi attraversati da una scarica di emozioni. Amy lasciò che il proprio sogno si avverasse, pensando che, in fondo, era solo un bacio!
Ma non fu cosi!

John aveva baciato molte donne, provando piacere. Baciare era per lui più importante del sesso o, almeno, allo stesso livello. Forse, proprio perché l'aveva agognato per anni, quell'atto lo appagava. Ma mai, in vita sua, aveva provato tanto desiderio, tanta passione, tanta squisita eccitazione. Stava perdendo il contatto con la realtà che lo circondava. Non esistevano recinti né cavalli, solo Amy, solo la sua bocca perfetta, solo il piacere dell'unione delle loro labbra. Si arrischiò a passarle la lingua sul labbro inferiore, invitandola ad aprirsi a lui e, quando lo fece, un'esplosione lo colpì al centro del petto. Rafforzò la stretta, modellò il proprio corpo al suo e respirò la vita stessa che scorreva in lei.

Amy sentì la lingua di John infilarsi tra le labbra. Lo stupore le fece aprire la bocca. Quando quella punta sfiorò la propria, le parve che mille scintille si sprigionassero da quel contatto. Confusa, rispose toccandola a sua volta. Fu allora che il ragazzo la strinse a sè, chinandosi su di lei e allo stesso tempo sollevandola, in modo che i loro corpi si adattassero, incollati l'uno all'altra.
Non c'era spazio tra di loro. John la stringeva talmente forte da farla boccheggiare. Non che le facesse male, anzi le piaceva, ma le mancava il fiato. Girò la testa, in modo da poter respirare.

John ansimava, ma non era pronto a lasciarla andare. Le baciò il viso, il collo. Le accarezzò la schiena, i fianchi. La voleva.

Amy lo sentì spingere il bacino contro al proprio. Il desiderio del ragazzo premeva tra i loro corpi. Lei sapeva come funzionava l'accoppiamento, viveva in campagna dove gli animali non erano affatto discreti e suo padre era un medico progressista. Con molto tatto, le aveva parlato del concepimento, affrontando l'argomento con termini accademici e spiegandole le possibili conseguenze. Ma sentire, in pratica, quella parte anatomica maschile, era ben diverso dal conoscerla a livello teorico.
"John? Per favore, lasciami" sussurrò con il fiato corto.
"Amy, ti rendi conto di quello che mi fai?"
Lei fissò i suoi occhi. Erano talmente verdi da sembrare illuminati dall'interno, come le finestre delle case quando fuori è buio. Cercò di essere concreta, in fondo, aveva sempre saputo del numero infinito delle sue conquiste.
"Quello che ti fanno tutte le altre?" Il suo tono avrebbe dovuto essere neutro, ma suonò comunque petulante.
John sorrise, stringendola.
"Sei gelosa, mammoletta?"
Amy s'innervosì.
"Credi che non sappia delle tue storie? Hai una certa fama, al villaggio! E io non sono gelosa!" Vedendolo sogghignare, s'infuriò.
"Sarei gelosa se m'importasse qualcosa di te! Lo sarò, quando avrò trovato qualcuno per cui valga la pena esserlo e non sarai di certo tu!"
John s'incupì.
"Stai mentendo! L'ho sentito io e l'hai sentito anche tu, mentre ci baciavamo!"
Amy si staccò da lui.
"Oh, andiamo John, era solo un bacio! Ne hai dati parecchi, quindi dovresti saperlo!"
"È proprio grazie alla mia esperienza che posso assicurarti che non è stato solo un bacio!" contestò lui.
"Scommetto che lo dici a tutte. Beh, io non ci casco! Non è stato poi così speciale!"

Aveva esagerato, ma non c'era modo di rimangiarsi la parola. Quando John la feriva, era più forte di lei, doveva ricambiare. Anche quando non lo faceva, si sentiva in dovere di mantenere le distanze. Non voleva più soffrire per lui.
Non aveva previsto che il ragazzo, invece di offendersi, la sfidasse.
"Quindi, dimmi, quanti baci come questo hai dato?"
Amy mentì.
"Qualcuno!" bisbigliò, ma il rossore la tradì.
John la prese di nuovo fra le braccia.
"Fammi riprovare. Magari, riesco a fare di meglio, anche se ne dubito!"

Il no che stava per uscire dalle labbra di Amy, rimase intrappolato tra le loro bocche.
E tutto cominciò daccapo. Scintille, palpiti, sospiri! No, non era solo un bacio. Amy voleva piangere. Aveva sognato tutta la vita di provare un amore così. Aveva pensato che fosse proprio John il suo principe. Poi, tutto s'era infranto, quando aveva saputo di Bea, Rosi, Dora e tante altre, a cui non voleva pensare. Non sarebbe stata come loro. Quel pensiero le diede la forza di opporsi.
"Lasciami andare!" lo pregò, ma John la trattenne.
"Mai! Ho cercato di starti alla larga, bimba, ma non funziona, non più! Lo sapevo che non mi sarebbe bastato un assaggio. Che, una volta provato il tuo sapore, avrei voluto tutto da te, con te, e adesso è troppo tardi!"
Amy rabbrividì.
"Non puoi dire sul serio! Io non sarò un'altra delle tue conquiste! Non è quello che sono, né voglio esserlo!" Si contorceva, doveva allontanarsi.
"Stai ferma, non voglio farti del male. Dannazione, non hai capito una parola di quello che ho detto? Non ci sarà nessun'altra! Non ero io a cercarle, erano loro a venire da me! Io volevo sempre e solo te! Ti è chiaro ora?"
Le stringeva le spalle, scuotendola dolcemente, affinché capisse lo sforzo che stava facendo, aprendosi a lei.

Amy, però, non capiva. Rimaneva ferma su quello che aveva saputo del suo passato.
"Dovrebbe rassicurarmi, sapere che non sei tu a cercare altre donne ma che, quando ti si offrono, non sai rifiutarle?"
"Amy" cercò di calmarla, ma lei continuò.
"Quindi, se io fossi stata con chiunque mi volesse, ma avessi desiderato solo te, sarei da apprezzare?"
Per un attimo, la furia s'impossessò di lui.
"Non scherzare con il fuoco, mocciosa!"
"Oh, adesso sono di nuovo una mocciosa! Non sto scherzando affatto! Non esistono due pesi e due misure, per me!"
Si liberò da lui, ma non fece nemmeno due passi che la stava stringendo di nuovo, da dietro.
"Mammoletta, quello che ho fatto ti sembrerà sbagliato, ma non volevo ci fossero possibilità per noi. Pensavo di non essere abbastanza... per te!"

Amy tremava. Aveva sognato di sentire quelle parole per anni. Lui, figlio di un duca, futuro duca, si sentiva intimorito da lei, figlia di un medico di campagna! Poteva credergli? Il cuore le diceva di si, ma la mente no.
"Avresti dovuto dirmelo, non ho mai fatto niente per farti sentire così! Ho cercato di avvicinarmi in tutti i modi, ma tu mi hai sempre respinta! Come posso crederti?"
"Non ho mai lasciato avvicinare nessuno. Tu, più di chiunque altro, ne conosci la ragione. Se non puoi credere alle mie parole, credi almeno a ciò che hai provato mentre ti baciavo, perché è lo stesso che ho provato io!"
La lasciò andare.

Amy non si voltò. Non voleva che vedesse quanto l'avevano colpita quelle ultime parole. Trovò il padre sul calesse. Anche lui aveva l'aria stanca. Nessuno dei due parlò, nemmeno quando giunsero a casa.

Bạn đang đọc truyện trên: Truyen247.Pro