Imparare l'amore
CAPITOLO 5
Amy sedeva con Carrie nella veranda.
Da quando la madre di quest'ultima era morta, parecchi anni prima, la dolce cara signorina si era stabilita dai Simmons. Anche se al villaggio era trattata come una ritardata, Amy e il padre l'adoravano. Era molto brava in cucina, nelle pulizie e nel rammendare ogni cosa.
Il dottor Simmons riteneva che non avesse nessun ritardo mentale. Nonostante non fosse riuscita a imparare a leggere e a scrivere, apprendeva con facilità ogni lavoro manuale. Sapeva a memoria tutti gli ingredienti delle lozioni medicamentose e, conoscendo perfettamente ogni pianta, portava con sé Amy a raccoglierle. Poi, insieme preparavano gli unguenti.
Visto che girava sempre con Carrie, Amy veniva evitata dai suoi coetanei.
Se la donna era "la ritardata", la figlia del dottore era "la tonta".
La ragazza aveva sofferto particolarmente di questa cosa, rifiutandosi perfino di frequentare la scuola. Il dottor Simmons alla fine si era
arreso. Poteva istruire egli stesso la figlia, che si era dimostrata intelligente e rapida nell'apprendimento.
Amy si era ben presto consolata.
In fondo aveva un padre amorevole e Carrie era dolcissima. Inoltre, alla tenuta, la signora Garret, monsieur Bernard e Alvin erano sempre felici di vederla. E poi c'era John.
"Guarda Amy, il bel giovane dei tuoi disegni sta venendo da questa parte!" bisbigliò Carrie, intenta a sgranare i piselli.
Amy, che la stava aiutando, alzò gli occhi e lo vide.
John arrivò a casa Simmons portando con sè Ebe, la cavallina con cui Amy aveva imparato a cavalcare.
La vide seduta sotto al piccolo portico con la donna che viveva con loro. Scese da Pegaso, legò i cavalli e si diresse verso le due signore.
"Buongiorno" salutò sorridendo.
Amy era arrossita e imbarazzata, cosa che di solito non accadeva mai.
"Che succede, mammoletta? Sei sorpresa di vedermi?" la canzonò il giovane.
"Non sapevo saresti venuto stamattina!" lo riprese lei,
"Non ho avuto modo di prepararmi!" aggiunse, indicando il grembiule che copriva l'abito semplice. Fu Carrie a rispondere prontamente.
"Oh, fiorellino, tu sei sempre bellissima, qualsiasi cosa indossi!" affermò, sorridendo orgogliosa.
John era perfettamente d'accordo .
"Carrie ha ragione! Vi chiamate così, se non ricordo male?" chiese rivolto alla signora.
"Ricordi benissimo, bel giovanotto" ridacchiò la donna, "Sono la quasi mamma di questa deliziosa bambina!"
Amy guardò con tenerezza la donna che l'aveva accudita, coccolata e protetta per tutta la vita.
"È la verità!" confermò.
John s'inchinò sulla mano di Carrie, deponendovi un bacio.
"Allora, cara signora, devo ringraziare voi per l'ottimo lavoro svolto!"
Carrie arrossì come una ragazzina. Amy roteò gli occhi. Che gran ruffiano.
"Ho portato Ebe. Pensavo ti facesse piacere fare una passeggiata a cavallo, con me." le disse, cercandole la mano.
"Stavamo pulendo le verdure. Sono davvero tante, non voglio che Carrie debba sorbirsi tutto il lavoro da sola."
Ma la signora non la lasciò terminare.
"Vai pure, non ho altro da fare oggi, e tuo padre è andato dai Collins, per il parto. Dio solo sa quanto ci vorrà!" ammiccò alla ragazza.
Amy la fissò stupita. Carrie la metteva sempre in guardia, quando si trattava di ragazzi.
Non le permetteva mai di andate da sola in nessun posto. Era successo un'unica volta e solo perché Carrie non stava bene: il giorno in cui Neil l'aveva aggredita.
John non perse tempo. Le girò intorno e le slacciò il grembiule. Amy si voltò di scatto.
"Cosa stai facendo?" l'apostrofò.
"Non vorrai venire con il grembiule!"
"No, certo che no! Ma so togliermelo da sola!"
Carrie sorrideva.
"Avanti, fiorellino, voleva solo essere gentile."
"Esatto, Fiorellino, sono un ragazzo educato" la canzonò John, facendo l'occhiolino a quella simpatica donna.
Amy guardò prima uno poi l'altra. Che stava succedendo tra quei due?
"Andiamo?" la spronò il giovane porgendole il braccio. Lei lo guardò con diffidenza, non si era mai comportato in quel modo.
Accettò la sfida, prese il suo braccio e lo seguì. John la issò su Ebe. Poi salì su Pegaso e la incitò a seguirlo.
Amy frequentava ogni angolo del villaggio e dei dintorni, ma la strada presa da John li stava portando oltre la sua proprietà. Guardandosi intorno, non riconobbe nessuna delle zone abitate che aveva visitato con il padre. Arrivarono presso un cumulo di rovine di cui non conosceva neanche l'esistenza. Quando John fermò il cavallo, Amy lo imitò. Curiosa chiese:
"Che posto è questo? Non l'ho mai visto!"
Il ragazzo scese e andò ad aiutarla. Quando fu tra le sue braccia le sussurrò all'orecchio.
"Un posto in cui non ho mai portato e non porterò mai nessun'altra."
Amy fissava quei meravigliosi occhi verdi che brillavano di profonda sincerità.
"John?" sospirò intimorita, " Io... non sono sicura, non so davvero se dovremmo restare qui da soli!"
"Amy" sussurrò mentre le baciava il collo, "Non faremo niente che tu non voglia fare, staremo insieme, lontano da tutti, solo noi due, solo per un po', e quando vorrai, torneremo indietro. Anche subito, se è quello che desideri!" concluse, continuando a baciare quella gola morbida e delicata.
Se avesse detto che voleva andarsene immediatamente, sarebbe morto! Ma l'avrebbe fatto.
Amy si stava sciogliendo tra le sue braccia.
"John, non riesco a pensare se fai cosi!" lo rimproverò.
Lui sorrise stringendola a sé.
"Allora non farlo, mammoletta, lascia che pensi a tutto io!"
Si catapultò sulle sue labbra. Mentre la baciava con una passione mai provata prima, la fece stendere sull'erba calda e profumata, seguendola.
Non voleva spaventarla così si sdraiò di fronte, tenendola stretta. In quella posizione la differenza di altezza non esisteva più. John poteva baciarla senza doversi piegare e lei non doveva allungarsi sulle punte per poterlo raggiungere. Il bacio si fece profondo, intimo, quanto le carezze con cui John riveriva quel corpo sinuoso.
Amy si azzardò a sfiorarlo dalle spalle al petto, ripensando al giorno prima, quando non c'erano indumenti a celarne la perfezione. Il ragazzo si sfilò la camicia dai pantaloni, esortandola a toccare la pelle nuda del suo petto. Le slacciò i bottoncini del vestito, ringraziando che fossero sul davanti. Spostò il tessuto leggero che le copriva il seno e scese a baciare ogni lembo di pelle esposta.
Amy ansimava.
"John, io non ho mai.."
Lui la strinse.
"Lo so, fidati di me."
Vedendo la paura nei suoi occhi, il ragazzo si fermò. Estrasse dalla tasca un cerchietto d'oro.
"Amy, dammi la mano!" ordinò.
Lei fece come richiesto. Sentì l'anello infilarsi nell'anulare. Girò il polso per poterlo guardare.
Era una fede, con un brillante verde al centro. Spostò lo sguardo su di lui ed ebbe la conferma che la pietra aveva lo stesso colore dei suoi occhi!
"John, è bellissimo!"
Lui la fissava seriamente.
"Voglio sia chiaro che per me questa è più di una promessa, è un voto.
So di essere difettoso, imperfetto, carente. So di non meritarti, ma sono anche egoista e ti voglio! Nel tuo sguardo scorgo ammirazione e non parlo del mio aspetto fisico, anche se vedo che ti piace anche quello!" aggiunse sogghignando.
Ricevette un pugno sul braccio, ma continuò.
"Sei l'unica ad aver visto qualcosa di buono in me! Non scuotere la testa, è così! Non ero mai abbastanza per il duca. Ero insopportabile per mia madre e invisibile per mia nonna! Tu, invece, mi seguivi ovunque anche quando ti ferivo pur di allontanarti!"
Mentre le parlava, non staccava gli occhi dai suoi e le accarezzava il viso.
"John..." sospirò Amy.
"Tu sei perfetto, sono i tuoi familiari a non esserlo."
Lui posò il mento sul suo petto.
"Tu, mocciosa, riesci a vedere il buono ovunque, ma non è così." Amy stava per ribattere, ma lui non glielo permise.
"Lasciami finire. Se non riesci a vedere quanto sono incompleto è perché quando sono con te non lo sono più, capisci cosa voglio dire?"
Amy lo guardava con tenerezza. Era come i suoi meravigliosi cavalli. Bellissimo, imponente, maestoso e forte. Quasi sempre irascibile, scontroso, imprevedibile con tutti. Ma con lei... con lei era diventato adorabile. Sorrise, seguendo quel pensiero.
"Mammoletta, era un discorso serio! Si può sapere perché sorridi?" la riprese, corruciato.
"Perché" sussurrò lei distendendogli, con le dite, le rughe sulla fronte, "Sei come Apollo, e non hai neppure mangiato le mie mele!"
Scoppiò a ridere quando lui la distese sulla schiena, sdraiandosi sopra e ridendo con lei.
"In realtà le ho mangiate!" Confessò tra una risata e l'altra.
Vide la curiosità nei suoi occhi, così le spiegò:
"Quando te ne sei andata come una furia lo scorso anno, lasciandomi le mele per i cavalli, ero talmente distratto che le ho praticamente divorate!"
Amy sorrise carezzandogli i capelli.
"Se fossero state avvelenate, dopo tanto tempo l'effetto sarebbe svanito."
"Mmm... non lo so, non so per quanto tempo durano i filtri d'amore" contestò John, riprendendo a baciarle il collo.
"Quindi era un filtro d'amore, non un sedativo?" chiese la ragazza, tra un sospiro e un brivido.
"Ti sembro calmo e sonnolento?" Domandò strusciandosi sul corpo morbido sotto al suo.
"O... poco eccitato?" continuò, spingendo il bacino contro quello di lei.
La voleva, come non aveva mai voluto nessuna.
"Amy" ripeteva tra un bacio e l'altro, "Ho bisogno di te, lascia che ti ami come meriti."
Lei non ne era molto sicura. John lo capì dallo sguardo preoccupato e dal modo in cui tormentava quella ciocca di capelli. Non avrebbero fatto l'amore, non quel giorno, ma poteva farle provare sensazione a lei sconosciute.
Iniziò con le mani, accarezzando lievemente ogni parte di lei. Scese lentamente lungo quel corpo perfetto, seguendo lo stesso tragitto già percorso, ma le carezze vennero sostituite dai baci. Amy conosceva le dinamiche dell'accoppiamento, eppure quel genere di attenzioni le erano ignote! Rimase dapprima incredula, sconvolta! Dopodiché non ci fu che piacere. La sua sensualità fu sopraffatta dalla beatitudine.
Quando John tornò su, vide i suoi occhi languidi, il volto arrossato e l'espressione lieve.
Anche lui era appagato, in maniera imbarazzante. Non gli era mai capitato prima di esplodere mentre procurava piacere. Sarebbe stato difficile tornare a casa in quello stato.
"John? Cos'è... cos'hai...? Io non sapevo si potesse... si può fare?"
Amy era talmente imbarazzata da non riuscire a formulare una frase intera e non riusciva a guardare quella bocca.
Chiuse forte gli occhi.
John scoppiò a ridere, mentre la stringeva forte a sé.
"Ehi, mammoletta, non mi vuoi più guardare?"
"Non posso, John, davvero!"
"Certo che puoi. Non ti è piaciuto?"
"Io... io... sì, sì mi è... oddio! Non avrebbe dovuto piacermi?"
"Se non avessi goduto sarebbe stato mortificante, per me!"
"È facile per te dire queste cose, l'hai già fatto, quindi non ti sconvolge ma io? Accidenti, non posso pensare che tu l'abbia fatto ad altre! Mi viene da vomitare!"
John cercava di rilassarla accarezzandole la schiena.
"Tranquilla, non l'avevo mai fatto prima!"
Amy aprì di scatto gli occhi.
"Stai mentendo!"
"E perché dovrei?"
"Se non l'hai mai fatto, come sapevi cosa fare?"
"Istinto? Ne avevo sentito parlare. Non mi era sembrato poi così piacevole, ma mi sbagliavo! Volevo assaporarti e ti assicuro che sei dolcissima!"
Amy nascose il viso sul suo collo.
"Smettila! Morirò di vergogna!"
"Non devi, non con me! Ti amo, amo tutto di te, specialmente vederti sopraffatta dal piacere, perché quando lo sei, lo sono anch'io."
Allo sguardo confuso della ragazza, cercò di spiegare:
"Nel momento in cui sei arrivata al culmine, ci sono arrivato anch'io." Affermò, indicandosi il cavallo dei pantaloni.
Amy guardò giù, poi risalì fino ai suoi occhi.
"É... normale?" chiese impacciata.
"No, non per me! Non mi era mai successo prima, ma quando ci sei di mezzo tu, tutto diventa speciale. Hai sentito quando ho detto che ti amo?"
Amy annuì.
"Ho ancora paura di svegliarmi e scoprire che è tutto un sogno!"
"Vuoi che ti dia un pizzicotto?"
Mentre lo diceva le stava già strizzando il fondoschiena. All'urletto incredulo che emise, John riprese:
"Ora sai che non è un sogno, hai niente da dirmi?"
Amy lo guardò storto, le aveva pizzicato un gluteo!
"Ti avrei detto che ti amo anch'io, ma non lo farò!"
John la strinse a sé e cominciò a rotolare con lei sul prato, ridendo. Quando si fermò Amy era sopra di lui.
"Ti amo mocciosa, non ho mai provato niente di simile per nessuno! Mi rendi felice, migliore!."
Amy gli prese il volto tra le mani.
"Ti amo, mio meraviglioso destriero!"
"Preferirei mi chiamassi Stallone!"
"Non è un cavallo da riproduzione?"
"Esattamente!"
"Forse, un giorno ti chiamerò cosi!"
"Non metterci troppo, guarda che guaio ho combinato! Dovrò imparare a lavare i calzoni o diventerò lo zimbello del villaggio!" la informò sorridendo.
Amy alzò le spalle
"Vedremo..."
Fu l'estate più bella della loro vita. Si vedevano tutti i giorni, andavano spesso nel loro rifugio tra le rovine della vecchia abbazia.
Non arrivarono mai fino in fondo, ma si scoprirono a vicenda.
C'era qualcosa di magico nell'imparare cosa rendeva felice l'altro.
John non la spingeva mai a fare qualcosa che non voleva, ma la sfidava spesso a superare il suo innato pudore, soprattutto riguardo al suo corpo formoso e procace. Questo lo appagava più di qualunque amplesso senza amore. L'amava ogni giorno di più.
Amy si fidava ciecamente.
Scoprì che, nei loro giochi, aveva parecchio potere su di lui.
Era inebriante sapere di essere così desiderata e questo aumentava la sua brama. A John sembrava piacere il suo corpo tanto quanto a lei piaceva quello di lui. Lo amava ogni giorno di più.
Settembre arrivò fin troppo presto. John sarebbe ripartito quello stesso giorno e Amy era inconsolabile. Quando giunse alla tenuta, il ragazzo la prese per mano e la portò all'interno.
La trascinò, senza troppe cerimonie, nel salottino più vicino. Chiuse a chiave la porta e ve la spinse contro.
Si immerse sulle sue labbra.
La baciò con un'intensità che sapeva di disperazione.
Amy rispose nello stesso modo, mentre lacrime amare le scendevano lungo le guance fino alla bocca, dove entrambi ne saggiarono il sapore.
"Non piangere, mocciosa, tornerò presto." le sussurrò il ragazzo con voce strozzata.
Amy tirava su col naso mentre si stringeva a lui.
"Ti aspetterò, come sempre."
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